Donne contro il Femminicidio #44: le parole che cambiano il mondo con Selene Pascasi

Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile.

Femminicidio

Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, varie Donne che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.

Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo. Non sono intervenuta chiedendo ulteriori specificazioni né offrendo un canovaccio.

Alcune hanno scritto molto, raccontando e raccontandosi; altre sono state sintetiche e precise; altre hanno cavalcato la pagina con piglio narrativo, creando un discorso senza soluzione di continuità.

Non tutte hanno espresso opinioni univochecontribuendo, così, in modo personale alla “ricerca sul campo”, ma tutti si sono dimostrati concordi nell’esigenza di un’educazione sentimentale e di una presa di coscienza in merito a un fenomeno orribile contro le donne, che necessita di un impegno collettivo.

Oggi è il turno, per Donne contro il Femminicidio, di Selene Pascasi, avvocata, giornalista per Il Sole 24 Ore, scrittrice, poetessa, paroliera e critica musicale. Ha pubblicato il romanzo Dimmi che esisto, contro la violenza di genere, sillogi poetiche e saggi, conseguendo numerosi premi.

 

Femmina

La scelta di un termine specifico per descrivere un essere di sesso femminile, secondo me, pesa come una piuma sulla bilancia del sentire sociale. Ad incidere, piuttosto, è la prospettiva da cui si osserva il mondo. Lo sguardo con il quale si indaga attorno e dentro noi stessi. Del resto, gli occhi dell’anima sono infallibili e non possiamo relegarne la funzione a mera catalogazione. Per questo, respingo gli affanni tesi a marcare la differenza tra femmina e uomo, e tra femmina e donna. Ogni persona è una combinazione di pelle, emozione e logica che la rende unica. Accade, infatti, di incrociare uomini dalla spiccata sensibilità femminile e donne che hanno perso quel valore aggiunto, quella grazia e quella garbata sensualità che la natura aveva regalato loro. Ecco. Penso che femmina stia a significare un’essenza – fatta di resilienza e di capacità reattiva – che va oltre il corredo genetico o la capacità di procreare, che supera gli stereotipi e che si lega, a doppio filo, alla dinamicità culturale. Femmina, è uno stato mentale.

Femminismo

Selene Pascasi

Se femmina è uno stato mentale, il femminismo trova casa nella frase di Simone de Beauvoir: «non si nasce donna, lo si diventa». Un’affermazione scomoda, che sposta il baricentro della questione dal corpo alla ragione, dalla materia alla spiritualità, che mi trova concorde. Letto nella sua classica accezione, il femminismo non mi appartiene. Mi spiego. Sono grata alle attiviste che, con tenacia e forza, sono riuscite – a beneficio della società tutta, e non soltanto delle donne – ad afferrare i loro diritti, ma non mi sento “femminista” se per ciò si intende il voler affermare ad ogni costo la totale uguaglianza uomo-donna. Uomo e donna sono inevitabilmente diversi. Perché negarlo? È l’uguaglianza di genere quella in cui auspico. È la lotta alle pari opportunità che sento davvero mia. Pari chances lavorative. Crollo delle barriere, soprattutto psicologiche, che ostacolano la nostra realizzazione. Pensiamo al ricatto, esplicito o subdolo, di chi ci pone di fronte ad una scelta/non scelta: scendere a compromessi per poter avere un impiego o un incarico che, invece, meritiamo pienamente. Pensiamo al dover, ogni volta, dimostrare il nostro valore. Pensiamo al fatto che siamo ancora vittime di molestie sul lavoro. Beh, è ora di dire basta.

Femminicidio

Sono eccessivamente critica? Può darsi, ma neanche questo termine mi convince. Spesso lo si usa per definire il gesto di un uomo che uccide una donna. Se, però, scaviamo nel suo vero significato, scopriamo che per femminicidio si intende, più correttamente, l’omicidio motivato da avversione sessista: uccidere una donna in quanto tale. Ma, dati di cronaca alla mano, possiamo veramente sostenere che gli uomini che hanno ucciso le mogli, le compagne, le amanti o le fidanzate, siano stati spinti a farlo per puro odio generico nei confronti del genere femminile? Se così fosse, avrebbero puntato il coltello contro una donna qualsiasi e non contro la madre dei loro figli, contro la donna che dicevano di amare e che li aveva respinti, traditi, abbandonati “marchiandoli” come perdenti. Sono omicidi. Aggravati, orribili, omicidi.

Educazione sentimentale

Parola chiave. Fondamentale sollecitarla per contrastare il massacro cui assistiamo quasi quotidianamente. Ogni tre giorni, viene uccisa una donna. E quel che più impressiona, è il “vizio” di scavare fra i motivi sottesi all’omicidio, come a voler trovare una giustificazione ad una barbarie che scusanti non ha. “Voleva lasciarlo”. “Si batte la pista dell’omicidio passionale, la vittima aveva un amante”. “Uccisa per gelosia”. Titoli ad effetto, sì, ma pericolosissimi non solo per il rischio di emulazione che ne potrebbe derivare ma soprattutto perché, aprendo le porte alla ricerca di presunte “colpe” di chi si è vista spezzare la vita dalle mani spietate di un mostro, ne diventiamo complici. Finché si parlerà di “amore malato”, finché non si dissocerà la parola amore dalla parola omicidio, non si fermerà il fiume del sangue. L’amore che uccide non è amore. L’amore che lascia lividi non è amore. Il possesso e il controllo non sono amore. L’ossessione non è amore. Questi, sono i concetti da far veicolare, da far assorbire fin dall’infanzia. Ben venga, allora, l’educazione sentimentale se letta come “educazione emotiva”: insegnare ai propri figli a conoscere e gestire le emozioni primarie (rabbia, tristezza, disgusto, paura, sorpresa e felicità) e secondarie (ansia, timore, terrore, angoscia, desolazione). Serve un impegno serio da parte di famiglie ed educatori nel formare gli uomini e le donne del futuro, insegnando ai maschietti ad accettare le sconfitte, a non viverle come fallimento, e sensibilizzando le femminucce ad esigere rispetto. Un cambiamento culturale che parta dall’alfabetizzazione emozionale, è la sola àncora di salvezza che conosco.

 

Written by Emma Fenu

 

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7 pensieri su “Donne contro il Femminicidio #44: le parole che cambiano il mondo con Selene Pascasi

  1. ogni giorno, tutti i giorni decine,decine e decine di migliaia di uomini violentati dalle donne scrivono su internet…. Sul sito violenza donne troverete oltre 10mila notizie di donne violente che hanno ucciso, accoltellato, violentato mariti,compagni, bambini e donne…..10 mila notizie non sono una opinione.
    In Italia il femminicidio non esiste, esiste l’omicidio e..le donne non sono meno violente degli uomini.

  2. gli uomini non sono violenti….uomini e donne insieme e non, sono una bella cosa.
    La parità di genere è assolutamente un percorso che deve raggiungersi perchè uomini e donne sono PERSONE e…tutte le persona hanno gli stessi diritti.

  3. É la violenza che occorre contrastare e sostituirla con sensibilità e rispetto, empatia ed attenzione, per una convivenza pacifica a prescindere dal sesso di appartenenza. Identificare il maschile come violento ed il femminile come non violento non é sempre vero, anche se é il maschile che é più facilmente violento.

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