“Racconti arabi antichi” a cura di Virginia Vacca: una tradizione quasi del tutto anonima

Una massima di Maometto dice:Se Dio ha destinato un suo servo al Paradiso, fa in modo che ad ogni suo peccato segue rapidamente il castigo mentre è ancora in questo mondo. Se invece lo vuole dannare, rimanda la resa dei conti al Giorno del Giudizio, e non lo punisce su questa terra.”

Racconti arabi antichi - Virginia Vacca
Racconti arabi antichi – Virginia Vacca

Racconti arabi antichi” è un interessante libretto edito nel 1958 dalle Edizioni Paoline e curato da Virginia Vacca.

La curatrice, nell’introduzione, ci guida attraverso la sua personale selezione di racconti del periodo pre e post Maometto con un excursus sulla tradizione orale araba molto ricca e quasi del tutto anonima. Ne esce un quadro nel quale si esalta il precetto arabo dell’ospitalità e della carità contrapposto alla figura dell’avaro.

I racconti hanno le loro radici nella Persia, India ed Egitto con arricchimenti e modifiche degli originali, come per esempio il famoso Le Mille e una Notte, opera vastissima i cui racconti risalgono per lo più ad una origine indiana. In Europa arrivarono solamente dopo la conquista degli Arabi della Spagna o tramite traduzioni latine di traduzioni greche ed ebraiche.

Ma l’Europa cristiana non si preoccupò nel Medioevo di conoscere l’Islam perché lo considerava nemico e non ne studiò la cultura e tradizione, ad eccezione di rari casi di filo-arabismo dei Normanni e degli Svevi d’Italia (si ricorda il caso di Viaggio di Ibn Giubayr).

Oggi non si esclude che ne Il Novellino di Masuccio Salernitano, pubblicato postumo nel 1476, ci siano racconti di origine araba. Per fare solo un esempio, nella novella XXVII si trova “uno grande moaddo”, una parola di sicuro chiara per il lettore di allora ma oscura per noi. Moaddo proviene da “mu’addab e ha il significato di “uomo istruito, di belle maniere”.

Virginia Vacca espone al lettore il perché della scelta di alcuni racconti a discapito di altri ed il criterio che ha utilizzato per una traduzione in lingua italiana fedele all’originale araba. Nella grande varietà di tematiche ha ben pensato di selezionare racconti brevi, di agevole lettura, talvolta comici così da far avvicinare l’europeo alla cultura araba dispensando sorrisi ed ammirazione.

Il libretto è così suddiviso: “Storie fantastiche e umoristiche”, “Storie del Re Salomone”, “Storie di sovrani musulmani”, “Storie delle virtù arabe”, “Storie della vita d’oltretomba – Storie di Angeli”, Racconti edificanti” e “Brevi leggende di taumaturghi egiziani”.

 

Da “Storie fantastiche e umoristiche” – Aneddoto dal “Libro degli Avari”

Gli abitanti di Merv, nel Khurasàn, passano per le persone più avare del mondo. E si racconta che parecchi di loro abitavano insieme: finché le giornate erano lunghe, facevano a meno del lume e andavano a letto appena era buio. Ma quando venne l’inverno e si accorciarono le giornate, dovettero decidersi, malgrado l’avarizia, a versare ognuno qualche soldo, per comprare una lucerna e un po’ d’olio. Uno, più avaro di altri, rifiutò di associarsi a questa spesa. Succedeva quindi che, venuta la notte, i compagni appena accesa la lampada lo bendavano, perché non approfittasse di quel che non aveva pagato. E gli levavano la benda dagli occhi soltanto quando spegnevano il lume.

 

Da “Storie del Re Salomone” – “Davide e un antico re morto di fame”

Il re Davide entrò in una caverna, e vi trovò un morto; aveva accanto una tavoletta su cui stava scritto:

– Sono vissuto mille anni, ho costruito mille città, ho sposato mille donne, ho sconfitto mille eserciti. In seguito la sorte è giunta a tale estremità, che offrivo un canestro d’argento per avere un solo pane, e non trovavo pane. Ho offerto un canestro di gemme e non ho trovato pane. Allora ho stritolato le gemme e ho sparso la polvere al vento. Poi sono morto, qui dove mi trovo. Dunque, in verità, chi possiede un pane e crede che vi sia sulla faccia della terra persona più ricca di lui, Iddio lo faccia morire che ha lasciato morire me!

 

Da “Storie di sovrani musulmani” – “Omar e i bambini”

Impero Islam - mappa
Impero Islam – mappa

Un governatore di provincia andò in casa del Califfo Omar, e lo trovò disteso per terra, con i suoi bambini che giocavano ad arrampicarsi sul suo corpo. Ne restò impressionato, e Omar gli domandò:

– Come ti comporti in famiglia?

– Quando entro io, chi parlava tace.

– Allora dà le dimissioni: tu che non hai dolcezza per la tua famiglia e i tuoi figli, come ne avresti per la nazione del Profeta?

Da “Storia delle virtù arabe” – “I tre generosi”

Tre amici discutevano quale fosse la persona più generosa del loro tempo, e ciascuno sosteneva i meriti di un uomo diverso. Dopo lunghi discorsi, decisero di fare una prova: ognuno sarebbe andato dal suo generoso e gli avrebbe domandato aiuto: quello che dava di più, sarebbe stato indiscutibilmente il migliore.

Andò il primo e arrivò mentre il suo uomo stava salendo sul cammello per mettersi in viaggio. Gli disse:

– Cugino del Profeta, sono un viandante smarrito, soccorrimi!

L’altro aveva già posato il piede sul dorso del cammello; saltò a terra e disse al supplicante:

– Prendi questo cammello con tutto quel che ha addosso.

L’animale era coperto di drappi di seta e sopra la sella c’era una borsa che conteneva duemila monete d’oro.

Il secondo si presentò in casa del secondo generoso, che in quel momento riposava. Bussò alla porta, e aprì una schiava, che gli disse:

– Che cosa desideri? Il mio padrone dorme.

– Sono un viandante smarrito che cerca un mezzo di continuare il suo viaggio.

– Non voglio svegliare il padrone, penderò io ad aiutarti.

Gli diede una borsa con trecento monete d’oro, e gli disse:

– Va’ alla stalla dei nostri cammelli, scegli la bestia che preferisci e va’ in pace.

Quando il padrone si svegliò, la schiava raccontò tutto. Fu così contento di quel che lei aveva fatto, che le fece dono della sua libertà.

Il terzo trovò che il suo generoso era diventato cieco. Usciva di casa per andare alla moschea e aveva a destra e a sinistra due schiavi che lo guidavano e lo sostenevano. Alla domanda di aiuto rispose:

– Che peccato! Facendo la carità, come la nostra religione comanda, mi sono ridotto senza una sola moneta d’oro. Fratello, prenditi questi schiavi, te li regalo.

L’altro rifiutò: – Se li accettassi mi sembrerebbe di tagliarti tutte e due le ali!

Ma il generoso fu irremovibile: – Li devi prendere. Ormai non sono più miei, e se li rifiuti li dichiarerò liberi.

Così dicendo si staccò dagli schiavi e tornò a casa traballando e battendo la faccia contro i muri.

I tre amici si ritrovarono, raccontarono ognuno la sua avventura, e tutti riconobbero che il più generoso era il terzo.

 

Da “Storie della vita d’oltretomba” – “Due angeli si incontrano”

Due angeli volavano spediti nel quarto cielo; le loro strade si incrociarono ed il primo disse al secondo: – Dove vai?

Rispose l’angelo: – Vado a eseguire un ordine singolare: nel tal paese c’è un peccatore in punto di morte. Ora gli è venuta voglia di mangiare un pesce e nel mare di quel paese non ne trovano. Il Signore mi ha comandato di andare laggiù, sorvolare il mare e spingere tutti i pesci dalla sua parte: così gli pescheranno il suo pesce e sarà soddisfatto. Questo perché ogni volta che quell’uomo, carico di colpe, ha fatto un’azione buona, Dio l’ha premiato in questo mondo. Ora gli rimane soltanto una piccola buona azione non compensata, e Dio vuole che la sua voglia del pesce sia soddisfatta, perché uscendo dal mondo senza neppure una lieve privazione a suo credito, riceva intero, nel mondo di là, il castigo dei suoi peccati.

Disse il secondo angelo: – Anch’io sono comandato dal Signore ad una impresa strana. Nel tal paese c’è un uomo pio, e non ha mai peccato senza che Iddio lo punisse subito. Gli rimane soltanto un piccolo peccato inespiato. Ora il Signore mi ha ordinato di andare a casa sua e rovesciare il vaso dell’olio, così il moribondo ne resterà privo, l’unico suo peccato sarà cancellato da questa pena, e potrà entrare in Paradiso completamente immune da ogni cattiva azione.

 

Da “Racconti edificanti” – “L’eterno viandante”

Fu domandato a Khidr[1]:

– Qual è la cosa più meravigliosa che hai visto in vita tua?

– La cosa più straordinaria è questa: attraversai un deserto arido e selvaggio; non vi tornai più per lo spazio di cinquecent’anni, poi ripassai di lì e vidi una vasta e splendida città, ricca di alberi, percorsa da acque correnti. Domandai ad uno degli abitanti: – Da quanti anni fu fondata questa città?

Rispose: – Gloria a Dio! È sempre stata così, a memoria mia, di mio padre e dei miei avi.

Camminai per altri cinquecent’anni, tornai in quel luogo e vi trovai un grandissimo lago e sul lago un solo pescatore. Gli dissi: – Buon uomo, dov’è la città che stava qui?

– Gloria a Dio! Forse qui c’era una città? Noi, i nostri padri e i nostri avi, non l’abbiamo mai sentita ricordare.

Passarono altri cinquecent’anni, ritornai, ed ecco di nuovo una città popolosa come la prima. Sia glorificato Iddio, che non cessa e non muta!

 

Da “Brevi leggende di taumaturghi egiziani” – Aneddoto sull’alchimia

Alchimia araba - Sufismo
Alchimia araba – Sufismo

Un tale andò a trovare un capo di confraternita e gli disse:

– Sono povero e carico di famiglia, ho molto bisogno di danaro. Insegnami l’alchimia, perché possa procurarmi dell’oro.

Gli disse lo sheikh[2]: – Vieni a vivere nella mia comunità un anno intero.

L’uomo rimase con lui, e quando mancava un giorno alla fine dell’anno, ricordò la promessa allo sheikh, che rispose: – Domani avrai soddisfazione.

Il giorno dopo lo sheikh gli ordinò di attingere acqua nel pozzo. Calò il secchio, lo tirò su pieno; era molto pesante. Venne fuori pieno di oro.

Ma la vista di quell’oro non lo commosse.

– Dopo aver passato un anno sotto la tua direzione spirituale – disse – il danaro mi è divenuto indifferente: non c’è più nel mio corpo un solo capello che desideri l’oro!

Rispose il maestro: – Allora butta l’oro nel pozzo e torna al tuo paese. Non puoi negare di aver imparato l’alchimia!

Quell’uomo tornò al suo paese e si dedicò alla predicazione, chiamando la gente a Dio con grandissimo frutto.

 

“Odo e obbedisco”

 

Note

[1] al-Khiḍr (in arabo: ﺍﻟﺨﻀﺮ‎), o al-Khaḍir, oppure Khezr in persiano e Khidr in arabo, è un semi-misterioso personaggio del Corano che compare nella Sūra XVIII, ai versetti 59-81. Viene anche chiamato il “verde” o il “verdeggiante”. Si consiglia di leggere il seguito su Wikipedia.

[2] Vocabolo arabo che, oltre al primitivo significato di “vecchio”, ha assunto nell’età musulmana altri sensi legati all’idea di rispetto; quindi capo (di tribù o sottotribù, di villaggio, di confraternita religiosa, di corporazione di mestiere), maestro di scuola (in Algeria e nel Marocco), professore o persona eminente in scienze musulmane o anche in mistica, caposcuola in discipline religiose o filologiche; in Egitto e nel Marocco anche cantante di merito (con il femminile sheikhah). Continua a leggere su Treccani.

 

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