FEFF 2018: Sezione Competition – “Last Child” di Shin Dong-seok
Ponendolo in competizione per il Gelso bianco alla miglior opera prima o seconda, il Far East Film Festival di Udine segue l’esempio di Berlino presentando l’esordio nel lungo del regista sudcoreano Shin Dong-seok.
“Last Child” parla di una coppia che ha da pochi mesi perduto il figlio adolescente Eunchan in un tragico incidente avvenuto lungo il corso di un fiume. Le testimonianze dipingono il giovane come un eroe, in quanto avrebbe sacrificato la propria vita nel tentativo di salvare Kihyun (Seong Yu-bin), un amico che stava affogando: per tale motivo gli viene tributato un attestato di riconoscimento postumo, mentre ai genitori si destina un cospicuo indennizzo.
All’amico strappato alla morte non resta nel frattempo alcuna figura di riferimento, abbandonato da ogni parente e oppresso dalle spese di un affitto che a malapena riesce a saldare coi magri guadagni derivanti dal lavoro part time che s’è trovato, peraltro in alcun modo intralciato dagli impegni scolastici cui il ragazzo ha deciso di rinunciare inderogabilmente.
Sung-cheol, il padre della vittima (Choi Moo-seong), riesce ad avvicinarlo e in pochi giorni ne vince le ritrosie portandolo con sé in cantiere: gli insegna il mestiere di artigiano tappezziere e lo sprona a studiare con l’obiettivo di conseguire almeno un certificato valido a livello nazionale. Il nuovo corso degli eventi sembra prendere una piega positiva, al punto che anche la moglie Mi-sook (Kim Yeo-jin) accoglie progressivamente Kihyun fra le sue grazie, gettandosi alle spalle l’astio che gli portava considerandolo la causa principale della morte di Eunchan.
Questo il succo del primo atto, in cui si ha modo di prendere le misure con lo stile asciuttissimo di Shin, spogliato di qualsiasi orpello scenico e raffinatezza pur di per sé potenzialmente feconda che generalmente sono incaricati di ornare specifiche inquadrature e strutturazioni delle unità narrative, o di qualsivoglia manipolazione della consequenzialità temporale del racconto.
A sostegno della poetica adottata, che (non lo si negherà) nella propria lentezza e vuotezza di contenuti appariscenti in prima battuta potrebbe anche scoraggiare lo spettatore, un’assoluta sobrietà nelle tinte fotografiche, nell’arredamento e nell’elementare montaggio favorisce la completa concentrazione sulle dinamiche di interazione umana che costituiscono il fulcro vitale dell’intera opera.
È però con l’inatteso turning point, per cui le ferite mai del tutto rimarginate che il lutto ha lasciato si riaprono e i due genitori sono portati a rileggere la disgrazia da una prospettiva drammaticamente opposta, che “Last Child” stringe la morsa, riuscendo a destinare l’interesse suscitato ad un climax che atipicamente non si alimenta mai di scene chiave contraddistinte dallo sfogo e dall’acquietarsi di una tensione apicale (fatta eccezione magari per il sensazionale epilogo), preferendo il regista considerare l’evolversi dei sentimenti del trio costantemente nella sua globalità e mai costringendolo a servire le logiche più tradizionali dello storytelling.
Dapprima appassiona infatti lo studio del rapporto fra Sung-cheol e Kihyun, il quale, seppur arrendevole, lento nelle operazioni e testardamente introverso, arriva a rappresentare un poco alla volta l’occasione per riscattare l’affetto improvvisamente troncato, anzitutto quello paterno indirizzato verso una disincantata pianificazione dell’avvenire, nonché successivamente quello materno una volta esternato un genere di dolcezza fatta di premure tutt’altro che ricercate, ma non per questo meno sentite, e qualche semplice carezza.
D’altra parte convince e conquista la ricerca ossessiva dell’occultata verità da parte di una coppia che, impossessata da un dolore sempre più atroce e resistente ad ogni anestetico, fomentato per di più dall’atteggiamento impietoso dei pochi personaggi ancillari, si vede irrimediabilmente gettata in una desolazione senza fine, nondimeno abilmente evocata dalla quasi totale assenza di musiche, ove presenti molto discrete, lamentose e soffuse.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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Rubrica Far East Film Festival