“Anima Mundi” di Marsilio Ficino #14: Il tempo della magia
“Noterai poi che il mondo deve avere due anime; una in qualche modo separata, che presiede al corpo, come un demiurgo (artifex), la seconda invece congiunta ad esso, la quale è presente nel corpo, come sua forma. È necessario che l’anima separata sia presente, sia perché un ente simile scaturisce immediatamente dal puro intelletto, sia perché un demiurgo di natura mista non ha il pieno governo della sua opera.” ‒ Marsilio Ficino
Quattordicesima puntata della rubrica “Anima Mundi” che presenta il primo capitolo della Parte Quarta Il tempo della magia suddivisa in Anima Mundi; Il mondo delle immagini; Sui demoni; Fatalia; Medicina del corpo, medicina dell’anima.
Anima Mundi, primo capitolo de Il tempo della magia, è a sua volta suddiviso in tre sezioni: De vita e due Commenti alle «Enneadi» di Plotino.
Nel 1486 Marsilio Ficino iniziò la stesura del commento alle “Enneadi”, subito dopo aver terminato la traduzione dell’opera. Fu sotto sollecitazioni di Giovanni Pico della Mirandola che Ficino si interessò di questo importante lavoro, dopo aver commentato la seconda Enneade, però, mise da parte il progetto per dedicarsi alla traduzione de “De Mysteriis” di Giamblico, “De sacrificio et magia” di Proclo, de “De somniis” di Sinesio ed altre opere di altri filosofi della scuola platonica.
La rubrica Anima Mundi propone al lettore una selezione di brani come invito ad intraprendere la conoscenza di Marsilio Ficino, il “nuovo” Orfeo che, a differenza del suo “predecessore”, ebbe successo perché dal suo viaggio portò seco “numerosi tesori”. Il filosofo Marsilio Ficino (1433-1499) è ricordato come il primo traduttore delle opere complete di Platone, seguace del neoplatonismo commentò le Enneadi di Plotino in modo esemplare (si ringrazia Pico della Mirandola), equiparò Ermete Trismegisto a Zoroastro, Pitagora, Orfeo, Filolao, Zalmoxis: ogni sapiente del passato fu sul tavolo di lavoro di Marsilio Ficino, vero promotore del pensiero umanista ed influente esponente del Rinascimento. Giamblico, Porfirio, Avicenna, Averroè, Niccolò Cusano, Macrobio, Agostino, Apuleio, Dionigi Aeropagita, Lucrezio, Dante Alighieri (et cetera) sono solo alcuni dei nomi degli autori che Marsilio Ficino interpretò e promosse come menti illustri da osservare da vicino per riuscire a “cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori”.
“La consapevolezza di vivere un’epoca di crisi segna il pensiero di Marsilio Ficino. Da questo dato occorre partire, per inquadrare il valore della sua filosofia e il ruolo da essa svolto nel quadro dell’Umanesimo italiano.” – Raphael Ebgi
“Anima Mundi” (Einaudi, 2021) curato dal professore di Storia della Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Raphael Ebgi, autore dell’approfondita – ed appassionata –introduzione intitolata “Marsilio Ficino: l’amore del pensiero”; si presenta come una selezione di lettere, traduzioni, riflessioni e commenti del famoso filosofo connesso alla famiglia de’ Medici.
Nella prima puntata della rubrica si è scelto di pubblicare un brano estratto dall’introduzione di Raphael Ebgi, nella seconda si è presentata una delle due lettere presenti nel primo capitolo intitolato Un circolo lucreziano all’amico, poeta e suonatore di lira Antonio Serafico; nella terza si è optato per la pubblicazione di un estratto dalla Epistola sul divino furore all’amico e studioso di eloquenza Pellegrino Agli; nella quarta ci si è soffermati su un estratto tratto da Trattato di Dio et anima ed uno tratto da Le quattro sette dei filosofi; nella quinta puntata si è preso in oggetto un estratto della lettera all’amico Antonio Canigiani presente nel capitolo Virtù e fortuna; nella sesta puntata si è presentato il primo capitolo Platonismo e repubblicanesimo della Parte seconda del volume intitolata “Firenze Atene”; nella settima lo spazio è stato riservato ad un estratto dal secondo capitolo Pietas et sapientia della Parte seconda intitolata “Firenze Atene”, capitolo suddiviso in sei sottocapitoli; nell’ottava puntata si è scelto di sottoporre una selezione tratta dal terzo capitolo della Parte seconda intitolato Poeti platonici: Argomento allo «Ione» di Platone; nella nona si sono presentati due estratti dal capitolo De miseria hominis; nella decima Misteri d’Amore si presentano due estratti da El libro dell’amore e dalla Lettera ai confilosofi ed a Ermolao Barbaro; nell’undicesima Del bello o della grazia un estratto da Argomento all’«Ippia maggiore» di Platone; nella dodicesima Immortalità e resurrezione un estratto da Argomento al «Fedone» di Platone; nella tredicesima Il regno dei nomi un estratto da Argomento al «Cratilo» di Platone.
In questa quattordicesima puntata Il tempo della magia si presenta un estratto dal primo Commento alle «Enneadi» di Plotino.
Estratto da Commento alle «Enneadi» di Plotino ‒ Il tempo della magia
“La duplice anima del mondo, le due Veneri, i due amori che non sono passioni, ma realtà esistenti.[1]
Vedendo che l’intelligenza, in noi, si perfeziona nella misura in cui l’atto di conoscere e l’oggetto conosciuto sono separati dalla materia e dalle sue condizioni, è lecito congetturare che il primo intelletto, in sé, sia in massimo grado estraneo alla materia. Si può inoltre congetturare che l’anima intellettuale, non possa associarsi alla materia nella forma comune di un composto. Essa infatti è in parte intelletto, ma in sé anima. Però, la vita che da lì subito nasce, in quanto è in parte anima, ma in sé natura, può ormai aggregarsi alla materia.
Per questo chiamiamo «prima Venere» quell’anima intellettuale nel mondo; si chiami invece «seconda Venere» la vita da lì pienamente infusa nel mondo. In entrambe vige perpetuo amore, che s’accende attorno alla bellezza della mente divina; nella prima, al fine di generare in sé una simile bellezza; nella seconda, al fine di manifestare la bellezza, per quanto possibile, nella materia.
Plotino crede, in accordo con Platone, che l’anima intellettuale del mondo, allorché opera intimamente attorno a Dio, conoscendolo e desiderandolo, concepisce in se stessa qualcosa non di immaginario, ma di naturale e sussistente, imitando qui (come credo) il mistero della Trinità cristiana. Ritiene poi che al modo in cui brillare e ardere sono due aspetti distinti nel fuoco, ma sono uno nel sole, così conoscere e amare, nella potenza razionale, sono diversi, ma sono un unico atto nella sostanza intellettuale.
Un simile atto, nell’anima del mondo, è intimo, riguarda ciò che è intimo, ed è efficacissimo, ragione per cui da qui, presso l’anima, si forma una prole conforme a tale atto. Tale prole, poiché nata dall’intelligenza, è per questo in certo modo intelligibile; poiché procede dall’amore ha in sé qualcosa delle cose d’amore, anzi, è lo stesso amore sussistente[2] prodotto da un atto d’amore. Infatti, dal momento che là lo stesso è esistere e agire, senza dubbio, in virtù di questo intimo agire, a essere prodotta è una forma intima di esistenza.
[…]
Noterai poi che il mondo deve avere due anime; una in qualche modo separata, che presiede al corpo, come un demiurgo (artifex), la seconda invece congiunta ad esso, la quale è presente nel corpo, come sua forma. È necessario che l’anima separata sia presente, sia perché un ente simile scaturisce immediatamente dal puro intelletto, sia perché un demiurgo di natura mista non ha il pieno governo della sua opera. Inoltre, occorre che l’anima si trovi nel mondo, e che sia a esso congiunta, sia perché la prima anima è dotata della potenza di generare quest’anima da sé, sia perché occorre che il mondo sia un composto perfettissimo.
[…]
Del resto, l’unità, nel mondo, non deriva propriamente dall’unione tra anima intellettuale e materia, come vuole Plotino, poiché l’intelligenza, per mezzo di azione e passione, muove in senso opposto rispetto alla materia. Allo stesso modo ritiene che non ci possa essere unità in noi, se mai in noi l’anima intellettuale non comunica con il copro per via delle passioni proprie del corpo, né il corpo comunica con l’anima per via delle azioni che propriamente si addicono a una simile anima. È lecito tuttavia dire che l’anima intellettuale è mondana nel mondo, ed è umana in noi, e che tra essa e il vivente si formi un’unità, poiché dall’incontro tra il suo influsso e la materia sorge un vivente sensibile, in cui essa ispira continuamente vita ‒ una vita destinata a svanire qualora venisse meno il suo spirito. Ricorda perciò che questa duplice anima nel mondo corrisponde alle due Veneri, accompagnate da una simile coppia di amori. Ricorda anche che l’amore, in questa seconda anima del mondo, non soltanto genera l’intera bellezza nella materia del mondo attraverso la forza generativa, ma alza anche lo sguardo verso la forma divina, e incita, per quanto può, verso quella medesima forma divina sia il mondo, sia le cose che sono nel mondo, attraverso l’attiva potenza dell’immaginazione.
[…]
Ma le anime dimorano talvolta fuori del corpo celeste, talvolta nel puro corpo del cielo, altre volte sotto il cielo. Nella misura in cui l’anima assume un diverso abito al suo interno, essa assume anche una diversa figura all’esterno. Per questo talvolta giunge in un uomo celeste, talvolta in uno aereo, altre ancora in uno terreno, e qui di nuovo, nella misura in cui si allontana di più o di meno da una simile condizione, perviene in un uomo divino, in uno umano o in uno ferino. Certo, noi correggiamo di solito così le parole di Plotino, perché i platonici non trovano accettabile che l’anima razionale possa diventare forma del corpo di un bovino o di un suino. Questo, però, neppure Plotino doveva concederlo, dal momento che aveva stabilito che il mutamento, nell’anima, si origina dall’immaginazione, giacché essa nella sua essenza non può mutare specie.
Si ammetteva invece l’idea secondo cui esistono tanti intelletti nella specie umana quante anime. Non sembra discordare del tutto da Giamblico la dottrina secondo cui il nostro intelletto se ne rimanga beato nelle realtà divine, una volta che la potenza razionale sia caduta a terra ormai oltremodo immiserita; Porfirio, invece, discepolo di Plotino, la rigetta; Proclo la critica, affermando che la potenza della mente beatissima presso Dio sarà tanto elevata da trattenere una potenza a sé contigua e una ragione a sé del tutto simile, nella misura in cui essa stessa non sia caduta, e a patto che in questa vita on vado a commettere peccati.
[…]
Porfirio aggiunge che la caduta dell’anima non ha avuto origine dall’immaginazione o dalla natura, ma dall’intelletto; le cose superiori infatti non sono attratte dalle inferiori, ma per quanto possono esercitano la virtù superiore.
[…]”
Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali “impolverati”; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).
Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Marsilio Ficino.
Note
[1] Enneade III, 5, 2. Approfondisci nell’articolo “Enneadi – Eros”.
[2] Concetto dell’amore sussistente proviene dalla tradizione scolastica, ad esempio da Tommaso d’Aquino.
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