“Anima Mundi” di Marsilio Ficino #7: Pietas et sapientia

“La potenza della grazia soggioga e rapisce con la stessa violenza di un dio. Come insegnava Platone: chi incontra il bello incontra il frammento di un mondo altro.” Raphael Ebgi

Anima Mundi - Marsilio Ficino #7 - Pietas et sapientia
Anima Mundi – Marsilio Ficino #7 – Pietas et sapientia

Anima Mundi” di Marsilio Ficino è un saggio di estremo valore pubblicato da Einaudi nel 2021 che presenta una selezione di lettere, traduzioni, riflessioni e commenti del famoso filosofo connesso alla famiglia de’ Medici.

Davanti alla vasta mole di opere che ha lasciato Ficino (1433-1499) si resta allibiti: egli dedicò tutta la vita alla traduzione dei filosofi antichi, alla loro comparazione ed al commento dei loro testi (soprattutto grazie all’aiuto finanziario dei de’ Medici).

È ricordato come il primo traduttore delle opere complete di Platone, seguace del neoplatonismo commentò le Enneadi di Plotino in modo esemplare (si ringrazia Pico della Mirandola), equiparò Ermete Trismegisto a Zoroastro, Pitagora, Orfeo, Filolao, Zalmoxis: ogni sapiente del passato fu sul tavolo di lavoro di Marsilio Ficino, vero promotore del pensiero umanista ed influente esponente del Rinascimento. Giamblico, Porfirio, Avicenna, Averroè, Niccolò Cusano, Macrobio, Agostino, Apuleio, Dionigi Aeropagita, Lucrezio, Dante Alighieri (et cetera) sono solo alcuni dei nomi degli autori che Marsilio Ficino interpretò e promosse come menti illustri da osservare da vicino per riuscire a “cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori”.

La raccolta “Anima Mundi” è curata dal professore di Storia della Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Raphael Ebgi, autore dell’approfondita – ed appassionata – introduzione intitolata “Marsilio Ficino: l’amore del pensiero”.

“Anima Mundi” è suddiviso in cinque parti denominate: “Gli anni del piacere” (capitoli: Un circolo lucreziano; Furor et voluptas; Dio, anima, natura; Virtù e fortuna), “Firenze Atene” (capitoli: Platonismo e repubblicanesimo; Pietas et sapientia; Poeti platonici; De miseria hominis), “Eros filosofico” (capitoli: Misteri d’amore; Del bello, o della grazia; Immortalità e resurrezione; Il regno dei nomi), “Il tempo della magia” (capitoli: Anima mundi; Il mondo delle immagini; Sui demoni; Fatalia; Medicina del corpo, medicina dell’anima); “Cristianità e presagi della fine” (capitoli: Sul male; Profezia; Preghiera e sacrificio; De Trinitate; Lode al sole). Nell’intervallo tra la prima e seconda parte è presente una serie di tavole illustrate rappresentanti alcuni dei pittori del tempo di Ficino (Piero del Pollaiolo, Antonio del Pollaiolo, Piero di Cosimo, Iacopo del Sellaio, Luca Signorelli, Sandro Botticelli, Bertoldo di Giovanni, Leonardo da Vinci, Maestro di Griselda, Domenico Ghirlandaio, Cosmè Tura, et cetera).

Essendo complesso recensire un testo così lungo senza tralasciare importanti tematiche, si è deciso di aprire una piccola rubrica suddivisa in puntate che riprendono i capitoli presenti nel volume, così da poter donare al lettore piccoli frammenti, bagaglio necessario per poter intraprendere la conoscenza ravvicinata di Marsilio Ficino, il “nuovo” Orfeo che, a differenza del suo “predecessore”, ebbe successo perché dal suo viaggio portò seco “numerosi tesori”.

Nella prima puntata si è scelto di pubblicare un brano estratto dall’introduzione di Raphael Ebgi, nella seconda si è presentata una delle due lettere presenti nel primo capitolo intitolato Un circolo lucreziano all’amico, poeta e suonatore di lira Antonio Serafico; nella terza puntata proseguendo con i capitoli della prima parte intitolata “Gli anni del piacere” e precisamente dal secondo capitolo Furor et voluptas si è optato per la pubblicazione di un estratto dalla Epistola sul divino furore all’amico e studioso di eloquenza Pellegrino Agli; nella quarta ci si è soffermati su un estratto tratto da Trattato di Dio et anima ed uno tratto da Le quattro sette dei filosofi; nella quinta puntata si è preso in oggetto un estratto della lettera all’amico Antonio Canigiani presente nel capitolo Virtù e fortuna; nella sesta puntata si è presentato il primo capitolo Platonismo e repubblicanesimo della Parte seconda del volume intitolata “Firenze Atene”; in questa settima, invece, ci si appresta a leggere un estratto dal secondo capitolo Pietas et sapientia della Parte seconda intitolata “Firenze Atene”, capitolo suddiviso in sei sottocapitoli (Argomento al «Pimandro» di Mercurio Trismegisto; Della christiana religione; Epitome al «Politico» di Platone; Proemio al volgarizzamento della «Monarchia» di Dante; Lettera a Iacopo Antiquario; Lettera ad Antonio Zilioli) dal quale si è scelto di proporre due brevi estratti: il primo tratto dall’Argomento al libro di Mercurio Trismegisto a Cosimo de’Medici ed il secondo dalla prima parte della lettera all’ambasciatore veneto Antonio Zilioli datata 1482.

 

Estratto dall’Argomento al «Pimandro» di Mercurio Trismegisto

“L’astrologo Atlante, fratello del fisico Prometeo e avo per parte di madre del primo Mercurio ‒ di cui Mercurio Trismegisto era nipote ‒, fiorì nel tempo in cui nacque Mosè. Così scrive Agostino, sebbene sia Cicerone che Lattanzio ritengano essere esistiti, in ordine, cinque Mercuri. Quinto di loro sarebbe stato il Mercurio, chiamato «Them» dagli Egizi, «Trismegistus» dai Greci.

Fu lui, dicono, a uccidere Argo, a governare gli Egizi, a dare loro le leggi, a istituire i characteres delle lettere in figure di animali e alberi. Egli fu venerato a tal punto da essere considerato annoverato tra gli dèi. Moltissimi templi furono edificati in suo onore. A causa della reverenza nei suoi confronti non era consentito pronunciare apertamente, e a sproposito, il suo nome proprio.

Presso gli Egizi il primo mese dell’anno porta il suo nome; egli fondò poi una città, chiamata ancora oggi, con termine greco, «Hermopolis», ossia la «città di Mercurio». Venne chiamato «Trismegistus», tre volte sommo, poiché fu sommo filosofo, sommo sacerdote, sommo re. Era infatti costume degli Egizi, come scrive Platone, eleggere i sacerdoti dal novero dei filosofi e il re dalla classe dei sacerdoti.

Quale filosofo egli superò tutti i suoi predecessori per acume e dottrina. Divenuto così sacerdote, si mostrò capace di condurre una vita più santa e dedita al culto del divino di tutti gli altri sacerdoti. Ottenuta allora la dignità regale, oscurò la gloria dei precedenti re, sia per la sua abilità nell’amministrare le leggi sia per le sue imprese. Non a torto, dunque, fu chiamato tre volte sommo.

Fu lui il primo dei filosofi a rivolgersi dalle realtà fisiche e matematiche alla contemplazione del mondo divino. Per questo fu detto primo fondatore della teologia (auctor theologiae). Lo seguì Orfeo, poi Aglaofemo fu iniziato alle cose sacre da Orfeo. A lui succedette Pitagora, a sua volta succeduto da Filolao, che fu precettore del nostro divino Platone.

[…]

Entriamo però nel merito degli scritti di Mercurio. Il suo libro s’intitola Pimandro, perché dei quattro personaggi che dibattono in questo dialogo, a Pimandro sono attribuite le prime parti.[1] Egli scrisse il libro in lingua egizia, per poi tradurlo (lui che sapeva di greco), trasmettendo così ai Greci i misteri degli Egizi. Scopo di quest’opera è quello di trattare della potenza e della sapienza di Dio; dal momento che le loro operazioni sono sorelle ‒ la prima delle due permane stabile nella natura stessa di Dio e concepisce il mondo primo ed eterno, la seconda invece muove verso l’esterno e partorisce il mondo secondo e temporale ‒, egli discute con grande autorevolezza di entrambe, e di entrambi i mondi, e di cosa sia la potenza di Dio e cosa la sapienza, e in che modo queste concepiscano il primo mondo nel loro intimo, e con quale ordine generino il secondo all’esterno, e inoltre come si rapportino tra loro le cose che sono state prodotte, e come si accordino o siano in discordia, e in che modo si rivolgano al loro creatore. Il volume si divide in quindici libelli.[2]

Le prime battute del dialogo spettano a Pimandro; le successive, in ordine, a Trismegisto, Esculapio e Tat. Mercurio, dunque, intende insegnare a Esculapio ed a Tat le dottrine divine. Ma non può insegnare cose divine a chi non le abbia prima apprese. Confidando nella mente umana, infatti, non possiamo scoprire ciò che è superiore alla natura umana. Perciò è necessario il lume divino, così da fissare lo stesso sole con la luce del sole. Mai però la luce della mente divina s’infonde nell’anima, a meno che essa non si converta completamente alla mente di Dio, come la luna al sole. L’anima, del resto, non si converte alla mente, se non diventando essa stessa mente. Ma non può diventare mente prima d’aver abbandonato gli inganni dei sensi e le nuvole della fantasia.

[…]”

 

Estratto dalla Lettera ad Antonio Zilioli

Marsilio Ficino - ritratto
Marsilio Ficino – ritratto

“[…]

Se qualcuno tenesse sempre davanti agli occhi un’immensa opera, meravigliosa a vedersi, la quale è costruita con straordinaria tecnica, in base ad un ammirevole ordine, ed è in movimento, e predisposta all’uso e al desiderio di chi la guarda, ecco, se costui non s’avvedesse che una tale opera fu un tempo costruita e messa in movimento con somma potenza, ragione e bontà, non lo crederemmo forse privo degli occhi della ragione?

O se anche gli capitasse talvolta di avvedersene, senza però mai con questo temere, venerare e onorare l’architetto di un’opera tanto bella e armonica, non è forse necessario ritenerlo segno del profondo odio sia degli altri spettatori, sia dello stesso architetto?

Fra tutte le arti e le facoltà degli uomini, solo la filosofia provvede, sempre e con ogni cura, a che noi non precipitiamo in una tanto misera cecità e non ci attiriamo un tanto grande odio.

Null’altro è il compito del vero filosofo, se non quello di scoprire e insegnare tutte le ragioni e le cause sia delle parti che del tutto, e, nell’assegnare le ragioni e le cause delle cose, elevarsi infine alla somma ragione e causa di tutto, e condurre infine con sé gli altri alle cose superne, per quanto gli è possibile. Ed ecco, mentre mostra con quanta sapienza è retto il mondo, allo stesso modo dimostra con quale vantaggio per il genere umano sia ordinato da certe ragioni provvidenziali.

[…]”

 

Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali “impolverati”; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).

Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Marsilio Ficino.

 

Info

Rubrica Anima Mundi

 

Note

[1] Nell’originale greco “Pimandro” è il titolo del primo dialogo del Corpus Hermeticum, Ficino lo attribuisce all’intera traduzione.

[2] Le edizioni moderne contano diciotto trattati, gli altri tre trattati furono tradotti in seguito dal poeta e filosofo Ludovico Lazzarelli (San Severino Marche, 4 febbraio 1447 – San Severino Marche, 23 giugno 1500) e furono ignoti a Ficino.

 

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