“Anima Mundi” di Marsilio Ficino #9: De miseria hominis
“[…] l’immagine di Platone che Ficino, con il passare degli anni, viene a delineare con sempre più chiarezza è quella di un filosofo-teologo capace di indicare (o meglio di ‘vaticinare’) la via da seguire per scendere nelle regioni ineffabili del divino, di quel Dio che si presenta, al sommo contemplatore, quale Uno-bene sovra-essenziale.” ‒ Raphael Ebgi
La nona puntata della rubrica “Anima Mundi” dedicata al sommo Marsilio Ficino presenta al lettore accorto il quarto capitolo, De miseria hominis, della Parte Seconda, Firenze Atene, del tomo “Anima Mundi”. De miseria homins è a sua volta suddiviso in due sezioni Sermoni morali (comprendente dieci sermoni) e Consilio contra la pestilentia.
Marsilio Ficino (1433-1499) è ricordato come il primo traduttore delle opere complete di Platone, seguace del neoplatonismo commentò le Enneadi di Plotino in modo esemplare (si ringrazia Pico della Mirandola), equiparò Ermete Trismegisto a Zoroastro, Pitagora, Orfeo, Filolao, Zalmoxis: ogni sapiente del passato fu sul tavolo di lavoro di Marsilio Ficino, vero promotore del pensiero umanista ed influente esponente del Rinascimento. Giamblico, Porfirio, Avicenna, Averroè, Niccolò Cusano, Macrobio, Agostino, Apuleio, Dionigi Aeropagita, Lucrezio, Dante Alighieri (et cetera) sono solo alcuni dei nomi degli autori che Marsilio Ficino interpretò e promosse come menti illustri da osservare da vicino per riuscire a “cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori”.
“Anima Mundi” (Einaudi, 2021) curato dal professore di Storia della Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Raphael Ebgi, autore dell’approfondita – ed appassionata –introduzione intitolata “Marsiltrismeio Ficino: l’amore del pensiero”; si presenta come una selezione di lettere, traduzioni, riflessioni e commenti del famoso filosofo connesso alla famiglia de’ Medici.
È suddiviso in cinque parti denominate: “Gli anni del piacere” (capitoli: Un circolo lucreziano; Furor et voluptas; Dio, anima, natura; Virtù e fortuna), “Firenze Atene” (capitoli: Platonismo e repubblicanesimo; Pietas et sapientia; Poeti platonici; De miseria hominis), “Eros filosofico” (capitoli: Misteri d’amore; Del bello, o della grazia; Immortalità e resurrezione; Il regno dei nomi), “Il tempo della magia” (capitoli: Anima mundi; Il mondo delle immagini; Sui demoni; Fatalia; Medicina del corpo, medicina dell’anima); “Cristianità e presagi della fine” (capitoli: Sul male; Profezia; Preghiera e sacrificio; De Trinitate; Lode al sole). Nell’intervallo tra la prima e seconda parte è presente una serie di tavole illustrate rappresentanti alcuni dei pittori del tempo di Ficino (Piero del Pollaiolo, Antonio del Pollaiolo, Piero di Cosimo, Iacopo del Sellaio, Luca Signorelli, Sandro Botticelli, Bertoldo di Giovanni, Leonardo da Vinci, Maestro di Griselda, Domenico Ghirlandaio, Cosmè Tura, et cetera).
Si è deciso di aprire una piccola rubrica suddivisa in puntate che riprendono i capitoli presenti nel volume, così da poter donare al lettore piccoli frammenti auspicando che sia curioso e provvisto della passione necessaria per intraprendere la conoscenza di Marsilio Ficino, il “nuovo” Orfeo che, a differenza del suo “predecessore”, ebbe successo perché dal suo viaggio portò seco “numerosi tesori”.
Nella prima puntata si è scelto di pubblicare un brano estratto dall’introduzione di Raphael Ebgi, nella seconda si è presentata una delle due lettere presenti nel primo capitolo intitolato Un circolo lucreziano all’amico, poeta e suonatore di lira Antonio Serafico; nella terza puntata proseguendo con i capitoli della prima parte intitolata “Gli anni del piacere” e precisamente dal secondo capitolo Furor et voluptas si è optato per la pubblicazione di un estratto dalla Epistola sul divino furore all’amico e studioso di eloquenza Pellegrino Agli; nella quarta ci si è soffermati su un estratto tratto da Trattato di Dio et anima ed uno tratto da Le quattro sette dei filosofi; nella quinta puntata si è preso in oggetto un estratto della lettera all’amico Antonio Canigiani presente nel capitolo Virtù e fortuna; nella sesta puntata si è presentato il primo capitolo Platonismo e repubblicanesimo della Parte seconda del volume intitolata “Firenze Atene”; nella settima lo spazio è stato riservato ad un estratto dal secondo capitolo Pietas et sapientia della Parte seconda intitolata “Firenze Atene”, capitolo suddiviso in sei sottocapitoli; nell’ottava puntata si è scelto di sottoporre all’attento lettore una selezione tratta dal terzo capitolo della Parte seconda intitolato Poeti platonici con un lungo estratto tratto da Argomento allo «Ione» di Platone.
In questa nona puntata De miseria hominis si presentano due estratti tratti dalle due sezioni e, precisamente, il Sesto Sermone e Fuggi presto et dilungi et torna tardi entrambi redatti in volgare fiorentino.
Estratto da Sermoni Morali ‒ Sesto Sermone
Aristotile le quistioni della natura delle cose introdusse, io al presente apresso di voi muovo le quistioni della natura degli uomini. Deh, ditemi, per qual cagione si gloriano gli huomini d’essere rationali et niente di meno ad caso vivono, desiderano et temono molte cose, imprima che bene sappino se quelle debbono temere o domandare o in contrario, ad le cose etherne et inmense le brevissime et minime antepongono? et perché all’uomo ubidire non vogliono, né fare quello che il sapiente loro comanda, et ad le bestie et a’ vitii niente di manco volentieri servono? et perché agli altri c’ingegnamo di comandare, non comandando noi medesimi? et perché, per la volontà del dominare, ogni giorno caggiamo in servitù et isforzianci di conseguitare le degnità più presto che di quelle farci degni? et oltre a questo, veggendo noi le bestie dalle bestie non potersi rectamente, sanza custodia de l’huomo, regiere, in che modo arbitriamo noi gli uomini da l’huomo, sanza il consiglio et adiuto di Dio, potere felicemente governarsi? che fa di noi in tanta superflua copia di cose ramaricosi et poveri? che fa che ad molti habbiamo invidia, essendo la conditione de’ mortali degna di misericordia? perché de’ beni sì facilmente ci dimentichiamo et non mai de’ mali, et, con ciò sia che contrarii co’ contrarii si caccino, per qual cagione e mali co’ mali tentiamo curare? perché molte volte speriamo alla gloria per infamia pervenire?
La virtù negli altri amiriamo, ma noi di parere maravigliosi più presto che d’essere ci sforziamo. Dispiaceci l’altrui vitio, et non pensiamo in che modo noi non dispiaciamo a noi et agli altri. Chiudiamo gli orecchi al vero, et alla bugia gli apriamo.
Che dirò di quegli i quali, d’amore o d’alcuna persona o d’altra cosa presi, loro stessi hanno in odio, abandonano sé per acquistare un altro? o stolti, o miseri, non possedendo per altro mezo che per voi stessi le cose aliene conseguitare, perché et in che modo, havendo perdute le proprie, dell’altrui vi farete possessori? perché da lunga cercate e beni, o peregrini, essendovi quegli dapresso, anzi dentro in voi?
Maravigliarmi di questo molte volte soglio, con quale ragione sempre una morte sola temiamo, cioè quella che la fine è di morire, et le continove morti non già mai; sanza dubbio in qualunque momento di tempo la tempera del corpo si varia et la passata vita finisce.
Finalmente, come mi pare, le virtù in dimostratione, i vitii in facto exercitiamo, però, quanto per noi si possa, falsamente felici et veramente miseri divegniamo. Queste cose rise Democrito, queste pianse Eraclito, curare le volse Socrate, curare le può Iddio. O quanto misero animale è l’uomo, se già qualche volta non vola sopra ad l’huomo, cioè racomandi se stesso a Ddio, Iddio ami per Idio e l’altre cose a fine di Dio. Questa è l’unica solutione delle quistioni preposte et riposo de’ mali.
Estratto da Consilio contro la pestilentia ‒ Fuggi presto et dilungi et torna tardi
Io t’o serbata nel fine del libro la dicharatione delle regole principali in questa materia, cioè che tu fugga le conversationi, maxime a digiuno, et quando conversi, stia discosto dal conpagnio due braccia almeno et alluogo aperto; et quando è di sospecto, stia etiam più dilungi almeno sei braccia et allo scoperto et fa’ che ‘l vento non venga da llui inverso te; intra te et lui sia sole, fuoco, odori o vento che soffi inverso lui.
La mensa et el lecto et luoghi strecti et molti fiati insieme sono di gram pericholo. Ancora ti dichiaro che ove è procinto di mura o case continuate, multiplica la contagione. Sopra tucto fuggi dal luogo pestilentiale presto et dilungi et torna tardi. Presto dico: ipso facto che appariscono e segni di peste, che sono l’aria quando escie fuori del suo naturale di tale luogo, pendendo inverso caldo et humido et nebbie et nugoli spessi et polverii et venti grossi tiepidi, come è avenuto in questi tempi preteriti; ancora quando l’acque et campi fumigano spesso et rendono odore non buono; e pesci non hanno buono sapore et odore et abondano animali nati di putrefactione, fugacci et herbaccie puzole; e fructi della terra et animali sono insipidi et conservonsi poco; e vini diventono torbidi; molti animali di terra et aria da esso luogo si dilungono; nascono infermità di febbri inusitate, continue, nascoste, furiose, fallaci, con afanno di pecto, cadimento di polso et farnetico et orine torbide, scorticamenti di palato et d’intestine, rossori d’occhi, migniatti, vaiuoli et rosolie et sconciature di donne asai, ire et risse rabbiose et guerre crudeli, miraculi di natura o di Dio molto nuovi.
[…]
Questi et simili sono segni di peste propinqua. Allora fuggi in prima che sia el primo de’ dodici milia segnati, imperò che se aspecti tanto ne sia segniati molti, etiam se tu non sarai segniato in decto luogo, quanto ti partirai, sarai forse segniato poco poi, per due modi: o perché già harai peso qualceh contagione dagli amorbati, o perché harai preso la qualità di quella aria sì poco a poco che ti sarà facta quasi familiare per qualche tempo, in modo che la natura non insurgerà contra a essa, né essa contra la natura, ma andanno tu con essa all’aria aliena, fuggendo, quando harai preso l’altra aria, non ti sarà più familiare la prima, però la natura insurgerà contra essa et essa contra la natura, onde nascie el morbo.
Ancora ti dico che fugga dilungi cioè in luogo che né persona né cose di tale luogo pervenga a te, et sia luogo ove non si oda né suono né romore alcuno del luogo morbato, et che vi sia monti alti in mezo che inpedischino ‘l vapore velenoso, o per vento che di là soffi o pure per dilatatione et amplificatione, non vi aggiungha.
[…]”
Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali “impolverati”; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).
Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Marsilio Ficino.
Info