“Anima Mundi” di Marsilio Ficino #3: Furor et voluptas

“[…] Ficino definì Cosimo de’ Medici un «secondo padre». Dal primo nacque, scrive, e fu introdotto alla medicina; dal secondo rinacque e fu consacrato al «divino Platone».” – Raphael Ebgi

Anima Mundi - Marsilio Ficino #3 - Furor et voluptas
Anima Mundi – Marsilio Ficino #3 – Furor et voluptas

Anima Mundi” di Marsilio Ficino è un saggio di estremo valore pubblicato da Einaudi nel 2021 che presenta una selezione di lettere, traduzioni, riflessioni e commenti del famoso filosofo connesso alla famiglia de’ Medici.

Davanti alla vasta mole di opere che ha lasciato Ficino (1433-1499) si resta allibiti: egli dedicò tutta la vita alla traduzione dei filosofi antichi, alla loro comparazione ed al commento dei loro testi (soprattutto grazie all’aiuto finanziario dei de’ Medici).

È ricordato come il primo traduttore delle opere complete di Platone, seguace del neoplatonismo commentò le Enneadi di Plotino in modo esemplare (si ringrazia Pico della Mirandola), equiparò Ermete Trismegisto a Zoroastro, Pitagora, Orfeo, Filolao, Zalmoxis: ogni sapiente del passato fu sul tavolo di lavoro di Marsilio Ficino, vero promotore del pensiero umanista ed influente esponente del Rinascimento. Giamblico, Porfirio, Avicenna, Averroè, Niccolò Cusano, Macrobio, Agostino, Apuleio, Dionigi Aeropagita, Lucrezio, Dante Alighieri (et cetera) sono solo alcuni dei nomi degli autori che Marsilio Ficino interpretò e promosse come menti illustri da osservare da vicino per riuscire a “cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori”.

La raccolta “Anima Mundi” è curata dal professore di Storia della Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Raphael Ebgi, autore dell’approfondita – ed appassionata – introduzione intitolata “Marsilio Ficino: l’amore del pensiero”.

“Anima Mundi” è suddiviso in cinque parti denominate: “Gli anni del piacere” (capitoli: Un circolo lucreziano; Furor et voluptas; Dio, anima, natura; Virtù e fortuna), “Firenze Atene” (capitoli: Platonismo e repubblicanesimo; Pietas et sapientia; Poeti platonici; De miseria hominis), “Eros filosofico” (capitoli: Misteri d’amore; Del bello, o della grazia; Immortalità e resurrezione; Il regno dei nomi), “Il tempo della magia” (capitoli: Anima mundi; Il mondo delle immagini; Sui demoni; Fatalia; Medicina del corpo, medicina dell’anima); “Cristianità e presagi della fine” (capitoli: Sul male; Profezia; Preghiera e sacrificio; De Trinitate; Lode al sole). Nell’intervallo tra la prima e seconda parte è presente una serie di tavole illustrate rappresentanti alcuni dei pittori del tempo di Ficino (Piero del Pollaiolo, Antonio del Pollaiolo, Piero di Cosimo, Iacopo del Sellaio, Luca Signorelli, Sandro Botticelli, Bertoldo di Giovanni, Leonardo da Vinci, Maestro di Griselda, Domenico Ghirlandaio, Cosmè Tura, et cetera).

Essendo complesso recensire un testo così lungo senza tralasciare importanti tematiche, si è deciso di aprire una piccola rubrica suddivisa in puntate che riprendono i capitoli presenti nel volume, così da poter donare al lettore piccoli frammenti, bagaglio necessario per poter intraprendere la conoscenza ravvicinata di Marsilio Ficino, il “nuovo” Orfeo che, a differenza del suo “predecessore”, ebbe successo perché dal suo viaggio portò seco “numerosi tesori”.

Nella prima puntata si è scelto di pubblicare un brano estratto dall’introduzione di Raphael Ebgi, nella seconda si è presentata una delle due lettere presenti nel primo capitolo intitolato Un circolo lucreziano all’amico, poeta e suonatore di lira Antonio Serafico; in questa terza puntata, invece, proseguendo con i capitoli della prima parte intitolata “Gli anni del piacere” e precisamente dal secondo capitolo Furor et voluptas si è optato per la pubblicazione di un estratto dalla Epistola sul divino furore all’amico e studioso di eloquenza Pellegrino Agli.

 

Estratto dalla Epistola sul divino furore a Pellegrino Agli

“[…] Platone – come anche Pitagora, Empedocle ed Eraclito prima di lui avevano sostenuto – ritiene che la nostra anima, prima di cadere nel corpo, dimori nelle sedi celesti, dove si nutre e gode della contemplazione della verità, come Socrate afferma nel Fedro. Ora, dal momento che quei filosofi sopra ricordati avevano appreso da Ermete Trismegisto, il più sapiente di tutti gli Egizi, che il sommo Dio è fonte e luce nella quale risplendono gli esempi di tutte le cose, che chiamiamo idee, essi ritenevano necessario che l’anima, la quale contempla in modo assiduo l’eterna mente di Dio, intuisse in modo ancora più chiaro la natura di tutte le cose.

«L’anima dunque vedeva – dice Platone – la giustizia stessa, vedeva la sapienza, vedeva l’armonia (harmonia)» e una certa meravigliosa bellezza della natura divina. Egli nomina tutte queste realtà ora «idee», ora «essenze divine», ora «nature prime presenti nell’eterna mente di Dio», delle quali, con perfetta cognizione, le menti degli uomini, fin quando conducono lassù la loro esistenza, felicemente si nutrono.

Le anime, però, causa il pensiero e il desiderio delle realtà terrene, sono spinte nei corpi, e se prima si nutrivano di ambrosia e nettare (ossia della conoscenza di Dio e di una perfetta gioia), si dice che nel corso della discesa bevano dell’acqua del fiume Lete (ossia della dimenticanza delle cose divine). Perciò esse non possono tornare nelle regioni celesti, da cui sono cadute per il peso dei pensieri terreni, a meno che non sorga in loro il ricordo di quelle divine nature di cui hanno perduto memoria.

Per tornare lassù, così pensa il divino filosofo, possiamo far leva su due virtù, una che pertiene alla condotta morale, l’altra alla contemplazione; chiama la prima, con termine comune, «giustizia», l’altra «sapienza». Per questo dice che le anime volano alle dimore celesti con due ali (intendendo ciò, a mio giudizio, queste due virtù); in modo simile Socrate, nel Fedone, sostiene che noi otteniamo queste ali con le due parti della filosofia, quella attiva e quella contemplativa. Così scrive poi nel Fedro: «Giustamente, solo l’anima del filosofo mette le ali».

Riacquistate nuovamente quelle ali, l’anima si separa dal corpo, e piena del Dio, è rapita verso le regioni celesti e molto si affatica in questa impresa.

Platone dà a questo sforzo e a questa separazione dal corpo il nome di «divino furore». Egli lo divide poi in quattro specie. A suo avviso, gli uomini non possono ricordarsi delle realtà divine, se non vengono risvegliati dalle ombre e dalle immagini di quelle realtà, le quali si percepiscono per mezzo dei sensi corporei.

Perciò Paolo e Dionigi, i più sapienti dei teologi cristiani, affermano che le perfezioni invisibili di Dio sono palese nelle sue opere (Rm, I, 20) che si scorgono quaggiù. E certo Platone considerala sapienza degli uomini immagine (imago) della sapienza divina, e ritiene l’armonia composta da voci e strumenti musicali immagine delle divina armonia, e la convenienza e la grazia prodotta dalla perfetta disposizione delle parti e delle membra del corpo immagine della divina bellezza.

Marsilio Ficino - ritratto da Cosimo Rosselli
Marsilio Ficino – ritratto da Cosimo Rosselli

Dal momento che la sapienza non si trova in alcun uomo, o certo in pochissimi, e che non viene percepita da alcuno dei sensi corporei, ne consegue che pochissime, presso di noi, siano le similitudini con la divina sapienza – e che quelle poche restino nascoste ai nostri sensi e risultino a noi del tutto ignote. Per questo Socrate, nel Fedro, dice che mai il simulacro (simulacrum) della sapienza può essere visto con gli occhi; se lo fosse, infatti, susciterebbe in noi un meraviglioso amore per quella divina sapienza di cui è simulacro.

L’immagine della bellezza divina, quella sì che la vediamo con gli occhi, e con le orecchie percepiamo l’eco dell’armonia divina: vista e udito, i due sensi corporei che Platone giudica i più perfetti. Accade così che, attinte dall’anima per mezzo dei sensi corporei quelle cose che si trovano nei corpi come simulacri, ci torni in qualche modo alla memoria ciò che avevamo conosciuto quando ci trovavamo fuori dal carcere corporeo. L’anima s’infiamma in virtù di questi ricordi, le ali crescono, ed essa via via si purifica dalle sozzure del corpo e si colma di divino furore. […]”

 

Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali (forse impolverati); se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).

Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Marsilio Ficino.

 

Info

Rubrica Anima Mundi

 

7 pensieri su ““Anima Mundi” di Marsilio Ficino #3: Furor et voluptas

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *