“Arguzia da musicante”: storiella yiddish sulle speciali note ebraiche
“Il marshalek andava dignitosamente avanti e indietro per la sala, controllando i musicisti. Effettivamente i klezmorym stavano guardando sui libri, di conseguenza stavano suonando seguendo lo spartito, come nei patti, e suonavano bene, lo dicevano tutti.” ‒ “Arguzia da musicante”
“Arguzia da musicante” è la duecento ventunesima storiella yiddish sita nel Capitolo VI intitolato Motteggiatori e mattacchioni presente nel volume “Racconti e storielle degli Ebrei” edito in Italia da Bompiani, curato da Elena Kostioukovitch e tradotto dal russo da Benedetta Sforza.
L’autore di questo mirabile volume, Efim Samojlovič Rajze, malgrado la notevole prefazione nella quale si presenta una ricca biografia, è avvolto dal mistero, non c’è alcuna traccia sul web ed è sprovvisto di una pagina Wikipedia malgrado il successo di questa raccolta di storielle.
Il libro ebbe e ha un discreto successo perché presenta uno sguardo aperto e variegato su una tradizione ormai scomparsa dall’Europa dell’est. Rajze ‒ si legge nella prefazione ‒ morirà senza veder stampata questa interessante testimonianza che palesa le sfaccettature culturali dell’epoca e la commistione tra ebraismo e folclore russo, polacco ed ucraino.
Si consiglia vivamente la lettura de “Racconti e storielle degli Ebrei” e si ricorda che il dialetto yiddish, formatosi su base dell’antico tedesco, fu utilizzato nell’Europa Orientale dal XIII secolo sino alla Seconda guerra mondiale, periodo nel quale gli yiddish furono sterminati e con loro la straordinaria capacità di commistione tra umorismo e religiosità, malasorte e ricchezza.
Dopo aver presentato “Il peccato venduto”, “La calunnia del sangue”, “Lo sposo promesso nell’altro mondo”, “Lo zar e l’ebreo”, “La verità viene a galla come olio sull’acqua”, “Il principe stupido” è la volta del racconto intitolato “Arguzia da musicante” nel quale ad un gruppo di musicisti ebrei viene richiesto per intrattenere gli invitati della maggiolata, il primo ballo di maggio che apre la stagione delle feste primaverili.
“Arguzia da musicante”
“Questa storia avvenne in tempi lontani, quando le terre ucraine erano di proprietà di possidenti, fra cui noto per le sue ricchezze era il conte Potocki. Solo in Ucraina ne aveva circa trecento, di possedimenti, e molti zuccherifici. L’ufficio principale del conte si trovava tuttavia allora a Šepetovka in Volinia.
In quell’ufficio c’erano dei polacchi, i quali, di tanto in tanto, organizzavano balli e festicciole. Le danze avevano inizio a maggio con un grande ballo, chiamato per l’appunto ‘la maggiolata’. È ben noto che non può esservi un ballo senza musica, ma a Šepetovka non c’erano orchestrine. Era invece nota in tutto il circondario l’orchestra klezmer[1] di Zaslavl, con alla testa il famosissimo violinista reb Yankl-Fidele.
Così fu che all’inizio della primavera il marshalek[2] del pan invitò reb Yankl.
In una bella mattinata, molto presto, dopo la preghiera e la colazione, reb Yankl se ne partì alla volta di Šepetovka. Il marshalek lo accolse cordialmente e gli chiese di mettere insieme un’orchestrina per “la maggiolata”.
«Pongo però due condizioni», disse, «primo, che i musicisti siano i migliori, secondo, che sappiano suonare seguendo uno spartito.»
Reb Yankl accettò di buon grado la prima condizione, mentre la seconda lo turbò alquanto. Ma non lo diede a vedere e accettò anche questa. Accordatisi sul numero di musicisti e sul pagamento, reb Yankl si accomiatò dal marshalek e, fortemente preoccupato, fece ritorno a casa.
Come potevano suonare seguendo uno spartito, in effetti, dei musicisti ebrei visto che non conoscevano l’uso delle note e che da che mondo è mondo suonavano a orecchio? Ma un po’ alla volta reb Yankl si tranquillizzò.
«Niente di grave», pensò, «qualcosa inventeremo.»
Arrivato a casa, mandò a cercare i klezmorym, prese il suo violino, lo guardò con amore, lo appoggiò sotto il mento e cominciò a suonare. Il violino era l’anima del vecchio musico che lo amava più dei soldi, più della vita, più di Dio stesso.
Arrivarono i klezmorym. Yankl raccontò loro del ballo imminente e dell’inaspettata condizione posta dal marshalek. Al che i klezmorym cominciarono a preoccuparsi e a far baccano: nessuno di loro era in grado di leggere uno spartito. Reb Yankl li lascò strepitare per un po’, infine disse:
«Di che vi preoccupate? I signori vogliono che suoniamo seguendo uno spartito e noi seguiremo lo spartito!»
«E come?»
«È molto semplice! Basterà che ognuno di voi prenda da casa un qualsiasi libro: il libro delle preghiere, il Khumesh, la Gemarah, la Mishnah, la Tzenerene, uno qualsiasi che abbiate in casa. Quei libri ci faranno da spartiti.»
Ai klezmorym si tolse un peso dal cuore. Tutti apprezzarono l’ingegnosità di reb Yankl.
Il giorno stabilito i klezmorym arrivarono a Šepetovka. Era già tutto pronto per il ballo. Tutti i locali erano illuminati a giorno; lungo le pareti della grande sala da ballo erano state disposte delle poltrone, a un angolo era stata costruita una pedana per l’orchestrina e in appositi ambienti erano stati preparati dei tavoli per i buffet con le bevande e i cibi. Arrivarono molti invitati da tutto il circondario e persino dalla stessa Varsavia.
Si diede inizio alle danze. I musicisti iniziarono a suonare. Gli archetti scivolavano sulle corde; il clarinettista, il flautista, il trombettista e il cornista soffiavano a più non posso, il suonatore di tamburo batteva accanitamente sul suo strumento. Il marshalek andava dignitosamente avanti e indietro per la sala, controllando i musicisti. Effettivamente i klezmorym stavano guardando sui libri, di conseguenza stavano suonando seguendo lo spartito, come nei patti, e suonavano bene, lo dicevano tutti. Quindi era tutto a posto.
I klezmorym se la ridevano sotto i baffi e lodavano il loro capo.
Fra i ballerini c’era un giovane ufficiale di Varsavia, anch’egli musicista, il quale conosceva la complicata scienza delle note. Gli sembrò strano che i musicisti avessero davanti dei libri. Sapeva bene che in genere suonavano a orecchio.
Nell’intervallo, mentre gli ospiti si sparpagliarono nelle varie stanze e davanti al buffet, l’ufficiale si avvicinò ai klezmorym, gettò un’occhiata ai loro libri e si stupì ancora di più.
«Che strana notazione, sembrano proprio dei geroglifici.»
I klezmorym avevano il cuore in gola. Cosa succederà ora?
«Pan Yankl», l’ufficiale si rivolse al direttore del coro, «che razza di note sono mai queste? Non ne ho mai viste di simili.»
Ma reb Yankl non si scompose:
«Queste signor ufficiale, sono delle speciali note ebraiche che solo i musicisti ebrei sono in grado di leggere.»
Era una novità per l’ufficiale. Si strinse nelle spalle e si diresse al buffet.
I klezmorym tirarono un sospiro di sollievo:
«Che vada a quel paese! Cosa mia aveva da ridire sulle note? È sbucato fuori proprio nel momento sbagliato! L’abbiamo scampata per miracolo!»4
Reb Yankl notò con fare dignitoso:
«Vedete! Le nostre note ebraiche l’hanno avuta vinta!»
Tutto ciò accadde molti anni fa. Questa storia si raccontava dalle parti di Starokonstantinovo, di Vinnica, di Zitomir, di Berdicev, di Zmerinka e di altre città ancora, passava di bocca in bocca, inizialmente solo fra i klezmorym, poi anche fra la gente comune. Gli ebrei ne ridevano e chissà che non sia giunta alle orecchie dello stesso marshalek!
Eh già, nei tempi andati sì che si amavano i tiri birboni e gli scherzi. E si doveva rischiare, altrimenti non si viveva.”
***
Questa storia narrata ha tutti gli ingredienti per essere trasferita nel calderone della realtà, è probabile che ci sia stato un episodio identico a quello sopra descritto. Sintomatica l’ultima frase della necessità della menzogna ai fini della sopravvivenza del gruppo dei musicisti ma queste menzogne/scherzi/birbonate possono essere estese anche in altri campi lavorativi nei quali se si vuole “vivere” bisogna rischiare, ingegnarsi. Di certo alla base fu inappropriata e futile la richiesta del marshalek.
Note
[1] Il klezmer è un genere musicale tradizionale degli ebrei aschenaziti dell’Est Europa.
[2] Dal polacco: ordinatore, amministratore
Info
Un pensiero su ““Arguzia da musicante”: storiella yiddish sulle speciali note ebraiche”