“Lo zar e l’ebreo”: storiella yiddish sull’abilità nel commercio
“«Il mio guadagno», gli rispose l’ebreo, «lo suddivido in tre parti. Un terzo lo do in prestito, con un terzo pago un debito e un terzo lo butto al vento.»” ‒ “Lo zar e l’ebreo”
“Lo zar e l’ebreo” è la novantaduesima storiella yiddish sita nel Capitolo V intitolato Novelle di come il mondo gira presente nel volume “Racconti e storielle degli Ebrei” edito in Italia da Bompiani, curato da Elena Kostioukovitch e tradotto dal russo da Benedetta Sforza.
Nella prefazione del libro si narra ampiamente dell’autore Efim Samojlovič Rajze ma sul web non se ne trova traccia, neppure su Wikipedia è presente una pagina dedicata malgrado l’enorme fortuna del libro ed il pregio della sua ricerca; infatti durante la sua vita si prefisse il compito di catalogare il maggior numero di “storielle” della tradizione yiddish. Morirà senza veder stampata questa interessante opera che testimonia le sfaccettature culturali dell’epoca e la commistione tra ebraismo e folclore russo, polacco ed ucraino.
Si consiglia vivamente la lettura de “Racconti e storielle degli Ebrei” e si ricorda che il dialetto yiddish, formatosi su base dell’antico tedesco, fu utilizzato nell’Europa Orientale dal XIII secolo sino alla Seconda guerra mondiale, periodo nel quale gli yiddish furono sterminati e con loro la straordinaria capacità di commistione tra umorismo e religiosità, malasorte e ricchezza.
Dopo aver presentato “Il peccato venduto“, La calunnia del sangue” e “Lo sposo promesso nell’altro mondo” è la volta del racconto intitolato “Lo zar e l’ebreo” nel quale troviamo uno zar incuriosito sul modo di vivere del suo popolo, al ché decide di travestirsi per non essere riconosciuto e curiosare in un mercato, teatro di numerose attività. L’incontro con l’ebreo è fatidico. La storiella mostra un indovinello particolare che lo zar ed i suoi ministri non sapranno svelare senza l’aiuto del mercante ebreo.
“Lo zar e l’ebreo”
“Una volta visse uno zar. Venne in mente a quello zar di andare a vedere come vivessero i suoi sudditi.
Indossò delle vesti meno sgargianti e andò in un mercato.
Dopo aver gironzolato in lungo e in largo si imbatté in un ebreo, commerciante di aringhe.
Lo zar si accorse che l’uomo vendeva le aringhe a un prezzo inferiore rispetto agli altri mercanti.
Se ne stupì: possibile che commerciasse a proprio svantaggio?
Gliene chiese il perché. Gli rispose l’ebreo che benché fosse vero che egli chiedeva un prezzo inferiore, tuttavia non era in perdita perché vendeva un numero di aringhe maggiore e ciò che perdeva nel prezzo lo recuperava nella quantità di merce venduta.
Lo zar si rese conto che l’ebreo era un uomo intelligente, perciò gli chiese:
«E come spendi il tuo guadagno?»
«Il mio guadagno», gli rispose l’ebreo, «lo suddivido in tre parti. Un terzo lo do in prestito, con un terzo pago un debito e un terzo lo butto al vento.»
Lo zar rimase perplesso: cosa voleva dire? Ma per quanto si sforzasse non riuscì a indovinare cosa avesse avuto in mente l’ebreo.
Lo zar tornò al palazzo, chiamò tutti i suoi ministri, raccontò loro dell’incontro con l’ebreo, della sua intelligenza e della sua abilità nel commercio e disse loro come l’ebreo avesse risposto alla sua domanda.
«Chi di voi», chiese lo zar, «è in grado di spiegarmi per filo e per segno cosa abbia voluto dire l’ebreo con quella risposta?»
I ministri tacevano.
Nessuno era in grado di spiegargli quelle parole. Visto che dai suoi ministri non otteneva nulla, lo zar li rispedì a casa e mandò a chiamare il mercante ebreo affinché fosse lui stesso a spiegargli la sua risposta.
«È molto semplice», spiegò l’ebreo.
«Un terzo del guadagno lo do in prestito: nutro mio figlio. Quando sarà diventato adulto sarà lui a provvedere a me. Con un terzo pago un debito: nutro mio padre, che mi ha cresciuto; un terzo lo getto al vento: nutro mia figlia, che presto volerà via dal nodo familiare e si trasferirà in casa di estranei.»
Lo zar fu sorpreso dall’ingegno dell’ebreo e lo nominò suo primo ministro.”
***
Il motivo del re, imperatore, divinità o zar che si incuriosisce del popolo è largamente diffuso nelle culture, non solo come leggenda ma anche come reale attività dei sovrani, che non solo mossi da curiosità ma anche da intraprendenza sfidavano la sacralità della propria persona per mischiarsi con la gente in luoghi che, a prima vista, sarebbero potuti diventare inopportuni e pericolosi. E proprio nei mercati si ha il palcoscenico delle città.
“Lo zar e l’ebreo” vede l’ebreo innalzarsi di ruolo da mercante a primo ministro, così come in altre storielle del libro nelle quali l’intelligenza e l’ingegno sono sempre premiati.
La suddivisione in tre parti uguali del denaro denota l’importanza data alla famiglia: sia ai figli maschi sia alle figlie femmine. L’immagine del vento è poetica e richiama tutte le caratteristiche positive del vento: dallo spargere i semi sulla terra all’acqua che cade dal cielo grazie al movimento delle nuvole.
Per cercare di comprendere l’humour degli ebrei si può prendere in prestito il titolo della stimolante Postfazione di Giacoma Limentani “Piangere ridendo” dalla quale si cita:
“«Ci sono risate e risate» sbottò infine «se lei non sa capire che riso e pianto provocano uguali suoni e lacrime, la smetta di prendere appunti! Che noi ebrei si sappia ridere su noi stessi, non la autorizza a far scadere ogni nostra risata in barzelletta.»”
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