Significato dei sogni #14: responsabilità ed inconscio di Massimo Recalcati
“[…] il movimento che la psicoanalisi promuove intorno al concetto di responsabilità mi pare analogo a quello che realizza nei confronti della ragione: non si discredita la ragione in quanto tale, ma la si invita ad aggiornare i suoi limiti per ampliare la sua funzione.” ‒ Massimo Recalcati
Quattordicesima puntata con la rubrica “Significato dei sogni” nella quale si potrà leggere un estratto intitolato Responsabilità ed inconscio tratto dal capitolo Quarto argomento ‒ Una responsabilità radicale del libro “Elogio dell’inconscio” di Massimo Recalcati edito da Castelvecchi editore con una nuova edizione aggiornata del 2024.
Nella prima puntata della rubrica si è presentato un estratto tratto dal primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno” del libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella seconda un estratto tratto dal primo paragrafo intitolato “Il rapporto tra sogno e veglia” dello stesso capitolo; nella terza puntata si è presentato un estratto tratto dal secondo paragrafo intitolato “Il materiale onirico. La memoria nel sogno” dello stesso capitolo; nella quarta si è selezionato un estratto da “Relazione, imago e proiezione” del febbraio 1959, tratto dal capitolo “Attività medica e analitica” del libro “In dialogo con Carl Gustav Jung” di Aniela Jaffé, che mostra il sogno in rapporto con l’ex partner; nella quinta si è ripreso il discorso con Sigmund Freud con un estratto estratto tratto dal quarto paragrafo intitolato “Perché si dimentica il sogno dopo il risveglio” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella sesta si è selezionato un estratto dal primo capitolo intitolato “Sogni lucidi e la loro impostazione filosofica” del libro “Sogni lucidi” dalla parapsicologia e scrittrice britannica Celia Green; nella settima si è presentato un estratto tratto dal secondo capitolo “L’uomo e l’esperienza” del libro “Sogni, profezie e apparizioni” di Aniela Jaffé affrontando la tematica della precognizione della morte; nell’ottava si è ripreso il libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud con un estratto tratto dal terzo paragrafo intitolato “Stimoli e fonti del sogno” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella nona un estratto tratto dall’introduzione del libro “Alchimia” di Marie-Louise von Franz mettendo l’accento sulla trascrizione del sogno; nella decima si è presentato un estratto tratto dal libro “La schizofrenia” di Carl Gustav Jung, dal capitolo “Psicogenesi della schizofrenia”; nell’undicesima si sono mostrate “Le peculiarità psicologiche del sogno” tratto del libro “L’nterpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella dodicesima si è parlato del libro “Il codice dei sogni” di Charles Maillant finendo nel paragrafo Diventare ciechi; nella tredicesima il capitolo Anatomia di un sogno tratto dal libro “I sogni” di Edgar Cayce e Mark Thurston.
La letteratura prodotta nel corso dei millenni sui fenomeni chiamati “sogni” è molto variegata, e si è pensato in questa rubrica “Significato dei sogni” di invitare alla lettura di alcuni testi scritti dai maggiori esponenti della stessa, augurando al lettore di trarne beneficio.
Estratto da “Elogio dell’inconscio” ‒ Responsabilità ed inconscio
“[…]
Dobbiamo però precisare che l’esistenza dell’inconscio non agisce come un deus ex machina, come una nuova divinità che impone i suoi capricci a un soggetto ridotto a marionetta di un copione già scritto. Piuttosto, con l’invenzione freudiana dell’inconscio si apre una questione eticamente vertiginosa: se il soggetto non è nemmeno padrone in casa propria, che ne sarà del concetto etico di responsabilità?
L’inconscio diventerà un alibi che solleverà la coscienza morale dal peso delle sue responsabilità?
Se in effetti l’inconscio è questo Altro che abita il soggetto e sul quale il soggetto non ha potere di governo, sembrerebbe logico attendersi una deresponsabilizzazione etica del soggetto stesso.
L’etica verrebbe declinata solo paranoicamente: il colpevole, il maligno, il cattivo, l’impuro è sempre l’Altro (il proprio vissuto come nemico o minaccia, lo straniero lontano, lo sconosciuto vicino, l’ignoto)!
Indubbiamente la psicoanalisi e gli psicoanalisti corrono questo rischio; corrono il rischio di autorizzare l’inconscio come ciò che determina passivamente le scelte di un soggetto. In questo caso l’etica della psicoanalisi non sarebbe altro che il prolungamento laicizzato del servo arbitrio, darebbe luogo ad un vero e proprio determinismo.
Era questa indubbiamente una possibilità immanente alla dottrina freudiana. Ci ritorneremo.
Per il momento soffermiamoci ancora un po’ sul punto che ci interessa: il rischio di assimilare l’inconscio a una volontà trascendente che s’impone dall’alto e che può giustificare una deresponsabilizzazione etica del soggetto. L’esistenza dell’inconscio diventa ciò che mi libera dal peso delle mie scelte e dei miei atti. È l’alibi che giustifica la mia inettitudine o la mia violenza. Infatti, se il soggetto dipende dall’inconscio, ne consegue che non gli si possa imputare alcuna responsabilità.
Tuttavia, il vero passo compiuto da Freud consiste nel tenere insieme una nozione indebolita del soggetto (che non è mai padrone nemmeno in casa propria) con una radicalizzazione della sua responsabilità etica. Ed è proprio in questo passo paradossale che dobbiamo reperire un punto di straordinaria forza dell’inconscio freudiano e che giustifica il mio quarto elogio.
Tra gli esempi che possiamo citare per illustrare meglio ciò di cui stiamo discorrendo, possiamo riferirci a uno utilizzato da Freud stesso. È l’esempio dei nostri sogni, i quali, come la psicoanalisi insegna, sono manifestazioni cifrate dei nostri desideri inconsci. Dunque anche dei nostri desideri meno civili, più scabrosi, refrattari all’educazione culturale e al principio di realtà.
Ebbene, giunge a chiedersi Freud, siamo noi davvero responsabili di questi desideri? Più precisamente, siamo noi responsabili del contenuto inconscio dei nostri sogni, siamo responsabili del nostro inconscio?
La risposta di Freud è che nei sogni, nel loro contenuto latente, si manifesta una verità che nella dimensione ordinaria della nostra vita diurna non assumiamo come qualcosa che ci concerne. Questa verità dalla quale ci allontaniamo ‒che è legata a doppio filo con il desiderio inconscio ‒ ritorna in forme simboliche, dunque cifrate, nei nostri sogni. Il ragionamento di Freud procede definendo implicitamente un primo livello di responsabilità del sognatore: riconoscere o meno il valore di verità dei propri sogni. Un primo livello di responsabilità concerne dunque la nostra volontà di sapere: vogliamo, o meno, sapere qualcosa di questa verità rimossa che ritorna? Vogliamo sapere il significato dei nostri sogni, la loro posta in gioco, cosa c’è in essi che ci riguarda? Oppure scegliamo la via della scissione, della non integrazione, dell’«ipocrisia», insomma, del rigetto fuori di noi stessi di ciò che del sogno ci riguarda?
Ecco allora definirsi un secondo livello di responsabilità: presa la decisione di voler sapere il senso dei miei sogni, di escludere la via della scissione preferendole quella dell’integrazione, del riconoscimento che ciò di cui il sogno parla mi concerne, c’è un secondo passo da compiere: cosa me ne faccio della verità dei miei sogni?
Voglio, o meno, assumere ciò che nel sogno, pur manifestandosi in modo bizzarro e apparentemente scombinato, è qualcosa che mi concerne radicalmente? Quella verità che ora ho conosciuto, e che mi rivela qualcosa di significativo sul mio desiderio più particolare, voglio davvero riconoscerla come mia, voglio davvero assumermi la responsabilità di riconoscerla, oppure decido separatamente come se riguardasse qualcun altro?
La prima via ‒ quella dell’assunzione soggettiva della verità rimossa ‒ è quella indicata dall’analisi, la seconda riguarderebbe invece quell’ipocrisia che mantiene distinto l’io dal suo inconscio e che anziché assumere la verità inconscia tende ad abolirla, a negarne l’esistenza, a misconoscerla, a rifiutarla.
Questo esempio chiarisce come la psicoanalisi non alimenti affatto l’idea di inconscio come alibi, ma al contrario, operi un’estensione del concetto di responsabilità sino a implicare in esso l’esistenza stessa dell’inconscio, il quale, da questo punto di vista, non è tanto una riserva selvaggia di immoralità, ma pone il problema di un’etica dove la responsabilità è confrontata con il suo limite più pungente.
Non si tratta dunque di scegliere tra la moralità ipocrita di chi misconosce l’appartenenza dell’io all’inconscio e lo scatenamento immorale e trasgressivo dell’inconscio, ma di spingersi a toccare le parti più scabrose di noi stessi, a riconoscerle come proprie, a tenerne conto nei nostri comportamenti e nelle nostre scelte.
Da questo punto di vista il movimento che la psicoanalisi promuove intorno al concetto di responsabilità mi pare analogo a quello che realizza nei confronti della ragione: non si discredita la ragione in quanto tale, ma la si invita ad aggiornare i suoi limiti per ampliare la sua funzione.
Lo stesso vale per la categoria di responsabilità; se, infatti, l’inconscio non è solo il luogo “privato” del soggetto, ma anche il luogo in cui il soggetto si è inscritto simbolicamente, il luogo dell’Altro, il contesto familiare, sociale e storico in cui si è cresciuti, un luogo, insomma, fatto di significati che hanno fabbricato la mia esistenza, allora la responsabilità si dilata, giunge al suo punto più estremo: sono responsabile non solo in rapporto alla mia coscienza, ma di tutto ciò che l’Altro ha fatto di me stesso, o più precisamente sarò responsabile di aver fatto o meno qualcosa di ciò che l’Altro ha voluto fare di me stesso.
[…]”
Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali impolverati; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).
Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Massimo Recalcati.
Un ulteriore consiglio: un bel quaderno (cartaceo) con penna (o matita) posto sul comodino per annotare i sogni al risveglio (con data ed orario). È importante non perdere l’uso della scrittura sia per la manualità delle dita sia per la stimolazione del cervello astratto e creativo.
Inoltre, è possibile partecipare al nostro nuovo studio sulla casistica del sogno in contatto con la tecnologia dei social inviando un’e-mail ad oubliettemagazine@hotmail.it nella quale allegare un file .doc con un sogno connesso alla tecnologia (smartphone, internet, pc, social, intelligenza artificiale, et cetera). Il sogno raccontato sarà salvato in forma anonima e servirà per la compilazione di un testo in comparazione alla letteratura del passato.
“[…] Per l’occhio e l’orecchio i piacenti emblemi sono disposti,
Ma guidar ti sappia la ragion ai segni arcani,
Questo a sensi recai, a che il destato ingegno
Discopra i preziosi tesori qui raccolti.
Il ben del mondo, il Farmaco salvifico
Avrai con dovizia dal duplice Leone.” – Michael Maier dall’Epigramma dell’autore di Atalanta Fugiens
Bibliografia
Massimo Recalcati, Elogio dell’inconscio, Castelvecchi editore, 2007, nuova edizione aggiornata 2024, Responsabilità ed inconscio
Michael Maier, Atalanta fugiens, Edizioni Mediterranee
Info
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