Significato dei sogni #17: i sentimenti morali nel sogno di Sigmund Freud
“Essi potrebbero tranquillamente respingere il tentativo di attribuire a chi sogna la responsabilità dei suoi sogni, di dedurre dalla loro perversità un suo malvagio istinto naturale, esattamente come respingono il tentativo, in apparenza equivalente, di provare con l’assurdità dei sogni l’assenza di valore delle prestazioni intellettuali durante il giorno.” ‒ Sigmund Freud
Diciassettesima puntata della rubrica “Significato dei sogni” nella quale si illustra un estratto da “I sentimenti morali nel sogno” tratto dal Capitolo I La letteratura scientifica sui problemi del sogno del libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud.
Da millenni l’essere umano si interroga sugli avvenimenti del mondo onirico, ognuno di noi ne fa esperienza ogni giorno ma, il più delle volte, condurre una vita frenetica provoca la rimozione immediata al risveglio. La mente è gravida di preoccupazioni, doveri, interessi e non presenta la concentrazione adatta al recupero dei brevi frammenti dei sogni in cui ci si è rifugiati per circa nove ore.
La rubrica presenta, ogni mese, un argomento che potrebbe invece ridestare l’interesse verso l’inconscio ed i suoi modi “sensazionali” di comunicazione.
Estratto da “I sentimenti morali nel sogno”
“Per molti motivi che risulteranno comprensibili solo dopo aver preso conoscenza delle mie indagini sul sogno, ho separato dal tema della psicologia onirica un problema parziale: se e fino a che punto si estendono alla vita del sogno le attitudini e i sentimenti morali dello stato vigile.
Anche qui ci colpisce quel medesimo contrasto di opinioni che siamo stati costretti a registrare con sorpresa nella trattazione di tutte le altre capacità psichiche. Alcuni assicurano con decisione che il sogno nulla sa delle esigenze etiche, altri invece, con altrettanta decisione, che la natura morale dell’uomo permane nella vita onirica.
Il richiamo all’esperienza di ogni notte pare confermare senza alcun dubbio l’esattezza della prima affermazione.
Jessen[1] dice: “Nel sogno non diventiamo migliori né più virtuosi, anzi sembra che la coscienza ammutolisca, perché non proviamo compassione e possiamo commettere con sublime indifferenza, e senza alcun pentimento successivo, delitti gravissimi, furti e assassini.”
Radestock:[2] “Bisogna tener presente che nel sogno le associazioni si susseguono, le rappresentazioni si uniscono fra loro senza che la riflessione e la ragione, il gusto estetico e il giudizio morale possano minimamente intervenire; il giudizio è assai debole e prevale un’indifferenza morale.”
E Volkelt:[3] “Come tutti sanno, ogni riferimento al sesso è nel sogno particolarmente sfrenato. Privo egli stesso di ogni pudore e di ogni capacità di sentimento e giudizio morale, chi sogna vede anche tutti gli altri, persino le persone più stimate, coinvolte in azioni che nella veglia non oserebbe attribuir loro neppure mentalmente.”
In netto contrasto con queste opinioni, troviamo Schopenhauer, il quale afferma che ognuno agisce e parla nel sogno in piena armonia col suo carattere.
Per Ficher,[4] i sentimenti e le aspirazioni individuali, gli affetti e le passioni, si manifestano nella spontaneità della vita onirica, e le caratteristiche morali della persona si rispecchiano nei suoi sogni.
Haffner[5] dichiara: “Salvo rare eccezioni… un uomo retto sarà retto anche nel sogno: egli resisterà alle tentazioni, impenetrabile all’odio, all’invidia, all’ira e a tutti i vizi; il peccatore invece ritroverà di regola anche nel sogno le immagini che gli balenavano innanzi nella veglia.”
Scholz:[6] “Il sogno è verità: nonostante ogni nobile o vile travestimento riconosciamo sempre il nostro io… L’uomo onesto neppure in sogno può commettere un delitto disonorante o, se giunge a tanto, ne rimane inorridito come di cosa estranea alla sua natura. L’imperatore romano che fece condannare a morte un suo suddito perché questi aveva sognato di decapitare l’imperatore, non aveva poi tutti i torti, quando giustificò la condanna dicendo che chi faceva sogni di quel genere certamente aveva pensieri simili durante il giorno. Di qualche cosa che non può trovar posto nel nostro animo, diciamo, ed è significativo: «Ma nemmeno per sogno!»”
Per Platone invece, gli uomini migliori sono quelli che si limitano a penare in sogno ciò che gli altri fanno da svegli.
[…]
Nel breve scritto di Hildebrandt[7] ‒ che ho già ampiamente citato e che rappresenta a parer mio il contributo formalmente più compiuto e più ricco all’indagine onirica ‒ il centro della ricerca è costituito proprio dalla moralità del sogno. Anche per Hildebrandt vale la regola: quanto più pura la vita, tanto più puro il sogno e viceversa. La natura morale dell’uomo permane nel sogno: “Ma mentre nessun errore di calcolo per quanto grossolano, nessun capovolgimento scientifico per quanto romantico, nessun anacronismo per quanto ridicolo, ci offendono o anche solo ci insospettiscono, non perdiamo mai la distinzione fra bene e male, fra giusto e ingiusto, fra vizio e virtù. Per quanto molta parte della realtà che ci accompagna durante il giorno possa sparire nel sonno leggero, l’imperativo categorico kantiano ci sta talmente alle calcagna da non abbandonarci mai neppure nel sonno… Ma ciò si spiega solo col fatto che l’essenza morale, base fondamentale della natura umana, è troppo saldamente costituita per poter prendere parte al caleidoscopico disorientamento che subiscono nel sogno fantasia, intelletto, memoria e tutte le altre facoltà di pari importanza.”
Nel seguito della discussione si sono verificati strani spostamenti e incongruenze nelle due correnti di studiosi. A rigore, per tutti coloro che nel sogno costatano lo sgretolamento della personalità morale dell’uomo, l’interesse per i sogni immorali dovrebbe considerarsi a questo punto esaurito. Essi potrebbero tranquillamente respingere il tentativo di attribuire a chi sogna la responsabilità dei suoi sogni, di dedurre dalla loro perversità un suo malvagio istinto naturale, esattamente come respingono il tentativo, in apparenza equivalente, di provare con l’assurdità dei sogni l’assenza di valore delle prestazioni intellettuali durante il giorno. Gli altri, per i quali l’imperativo categorico si estende anche nel sogno, dovrebbero accettare senza limitazioni la responsabilità di sogni immorali; e si potrebbe soltanto augurar loro che sogni così riprovevoli non abbiano a turbarli nella valutazione che essi stessi operano abitualmente della propria moralità.
[…]
Anche coloro che sostengono il permanere della moralità si guardano bene però dall’assumere la piena responsabilità dei propri sogni. Così Haffer: “Noi non siamo responsabili dei nostri sogni, in quanto al nostro pensiero e alla nostra volontà è stata tolta l’unica base su cui poggiano la verità e la realtà della nostra vita… Appunto per questo nessuna volizione o azione del sogno può essere virtù o peccato.”
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Hildebrandt analizza molto più a fondo questo miscuglio di rifiuto e di accettazione della responsabilità per il contenuto morale del sogno. Dopo aver spiegato che l’esposizione drammatica del sogno, la concentrazione dei più complicati processi di riflessione nel minimo tempo, la svalutazione e la mescolanza degli elementi rappresentativi, che egli pure ammette, debbono essere distinte dall’aspetto immorale dei sogni, egli riconosce che il semplice rifiuto di responsabilità per i peccati e le colpe del sogno dà luogo perlomeno a seri dubbi.
“Quando vogliamo respingere decisamente una qualunque accusa ingiusta, in particolare un’accusa riferita alle nostre intenzioni e opinioni, usiamo l’espressione: non l’ho pensato neanche per sogno. Così dicendo intendiamo, da una parte, che la regione onirica è la più remota, l’ultima dove saremmo tenuti a rispondere dei nostri pensieri perché là questi pensieri e il nostro vero essere sono in un rapporto così debole e incerto che appena dovrebbero essere considerati come nostri; ma, d’altra parte, il fatto che noi ci induciamo a negare espressamente l’esistenza di simili pensieri persino nel sogno costituisce l’ammissione indiretta che la nostra giustificazione non sarebbe completa, se non comprendesse anche il sogno. Credo dunque che in questo caso, anche se inconsapevolmente, parliamo il linguaggio della verità.”[8]
[…]
Un’altra osservazione di Hildebrandt illumina più chiaramente la posizione psicologica di questi pensieri contrastanti: qualche volta il sogno ci permette di scrutare in quelle profondità e sinuosità del nostro essere che di solito ci sono precluse nello stato vigile. Anche Kant sembra dello stesso avviso, in un punto dell’Antropologia (1798) in cui afferma che probabilmente il sogno esiste per rivelarci le disposizioni celare e renderci manifesto non ciò che siamo, ma ciò che saremmo forse diventati e avessimo avuto un’educazione diversa;[9] e Radestock dice che spesso il sogno ci rivela soltanto ciò che non vogliamo confessare a noi stessi, e quindi a torto viene ritenuto bugiardo e impostore.
Erdmann[10] scrive: “Il sogno non mi ha mai rivelato che cosa dovesi pensare di una persona, ma solo quel che ne pensavo e la mia disposizione nei suoi confronti.” In modo simile si esprime Fichte: “Il carattere dei nostri sogni ci dà un’immagine dell’insieme delle nostre disposizioni assai più esatta di quella che potremmo ottenere da una prolungata auto-osservazione durante la veglia.”
[…]”
Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali impolverati; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).
Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Sigmund Freud.
Un ulteriore consiglio: un bel quaderno (cartaceo) con penna (o matita) posto sul comodino per annotare i sogni al risveglio (con data ed orario). È importante non perdere l’uso della scrittura sia per la manualità delle dita sia per la stimolazione del cervello astratto e creativo.
Inoltre, è possibile partecipare al nostro nuovo studio sulla casistica del sogno in contatto con la tecnologia dei social inviando un’e-mail ad oubliettemagazine@hotmail.it nella quale allegare un file .doc con un sogno connesso alla tecnologia (smartphone, internet, pc, social, intelligenza artificiale, et cetera). Il sogno raccontato sarà salvato in forma anonima e servirà per la compilazione di un testo in comparazione alla letteratura del passato.
Nella prima puntata della rubrica si è presentato un estratto tratto dal primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno” del libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella seconda un estratto tratto dal primo paragrafo intitolato “Il rapporto tra sogno e veglia” dello stesso capitolo; nella terza puntata si è presentato un estratto tratto dal secondo paragrafo intitolato “Il materiale onirico. La memoria nel sogno” dello stesso capitolo; nella quarta si è selezionato un estratto da “Relazione, imago e proiezione” del febbraio 1959, tratto dal capitolo “Attività medica e analitica” del libro “In dialogo con Carl Gustav Jung” di Aniela Jaffé, che mostra il sogno in rapporto con l’ex partner; nella quinta si è ripreso il discorso con Sigmund Freud con un estratto estratto tratto dal quarto paragrafo intitolato “Perché si dimentica il sogno dopo il risveglio” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella sesta si è selezionato un estratto dal primo capitolo intitolato “Sogni lucidi e la loro impostazione filosofica” del libro “Sogni lucidi” dalla parapsicologia e scrittrice britannica Celia Green; nella settima si è presentato un estratto tratto dal secondo capitolo “L’uomo e l’esperienza” del libro “Sogni, profezie e apparizioni” di Aniela Jaffé affrontando la tematica della precognizione della morte; nell’ottava si è ripreso il libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud con un estratto tratto dal terzo paragrafo intitolato “Stimoli e fonti del sogno” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella nona un estratto tratto dall’introduzione del libro “Alchimia” di Marie-Louise von Franz mettendo l’accento sulla trascrizione del sogno; nella decima si è presentato un estratto tratto dal libro “La schizofrenia” di Carl Gustav Jung, dal capitolo “Psicogenesi della schizofrenia”; nell’undicesima si sono mostrate “Le peculiarità psicologiche del sogno” tratto del libro “L’nterpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella dodicesima si è parlato del libro “Il codice dei sogni” di Charles Maillant finendo nel paragrafo Diventare ciechi; nella tredicesima il capitolo Anatomia di un sogno tratto dal libro “I sogni” di Edgar Cayce e Mark Thurston, nella quattordicesima si è presentato il tema della resposanbilità ed inconscio dal libro “Elogio dell’inconscio” di Massimo Recalcati; nella quindicesima si è parlato dell’assenza di sonno trattata da Simon Monneret; nella sedicesima si è toccato il tema della maternità in carcere con Lella Ravasi Bellocchio.
“Si narra che la serpe si divora la coda per assorbire la parte di sé mobile, velenosa e umida, sicché senza coda pare più voluminosa e lenta, avendo gran parte della sua agilità e speditezza origine nella coda. Tutti gli altri animali s’appoggiano sulle zampe, ma serpenti, draghi e vermi le rimpiazzano contraendo e svolgendo il loro corpo, e descrivono, come l’acqua che scorre, curve precise, piegandosi or da un lato or dall’altro nei fiumi che serpentinamente flettono il loro corso.” – “Atalanta fugiens“
Note
[1] Peter Willers Jessen (1793 – 1875) è stato psicologo tedesco. “Il contenuto dei sogni viene sempre determinato, in misura maggiore o minore, dalla personalità individuale, dall’età, dal sesso, dalla condizione sociale, dal livello culturale, dal modo di vivere abituale, dagli avvenimenti e dall’esperienza di tutta la vita passata.”
[2] P.W. Radestock è stato uno psicologo del 1800.
[3] Hans Volkelt è stato uno psicologo e pedagogista tedesco nato a Basilea il 1886 e deceduto a Bissingen (Württemberg) nel 1964. Fu professore a Lipsia di psicologia evolutiva e di pedagogia, diresse, nella stessa città, l’Istituto di pedagogia (1933-36) e l’Istituto psico-pedagogico (1939-45).
[4] K. P. Fischer fu un autore di saggi di antropologia (non sono riuscita a rintracciare altro).
[5] Potrebbe essere Paul Leopold Haffner (21 gennaio 1829, Horb am Neckar – 2 novembre 1899, Magonza) sacerdote cattolico romano tedesco.
[6] Potrebbe essere Heinrich Scholz, teologo e logico tedesco (Berlino 1884 ‒ Münster 1956).
[7] Freud cita spesso Friedrich Wilhelm Hildebrandt di cui si è trovato il libro scannerizzato “Il sogno e la sua utilizzazione per la vita” in tedesco QUI.
[8] Cit. Hildebrandt.
[9] Nel libro “L’interpretazione dei sogni” è presente una nota che sostiene l’inesistenza di questa affermazione di Freud sul libro Antropologia di Kant. Io, non avendo letto il libro menzionato, non posso aver parere a proposito ma, dovendo scegliere, ritengo che sia corretta l’avvertenza nella nota.
[10] Johann Eduard Erdmann (Wolmar, 13 giugno 1805 – Halle sul Saale, 12 giugno 1892) è stato un filosofo tedesco influenzato dal pensiero di Hegel.
Bibliografia
Sigmund Freud, L’interpretazione dei sogni, Mondadori
Michael Maier, Atalanta fugiens, Edizioni Mediterranee