“Il mondo di ieri” di Stefan Zweig: contro la guerra

Perché l’hai fatto, Stefan Zweig, poco dopo aver scritto questo (certamente esaustivo!) romanzo-verità, Il mondo di ieri? Me lo dirai, alla fine?

Il mondo di ieri di Stefan Zweig
Il mondo di ieri di Stefan Zweig

Ora sono a pagina 260 de Il mondo di ieri e the long way to Tipperary-Petrópolis è ancora lunga da percorrere, e c’è l’oceano di mezzo. Scorgo la tua bella faccia sul web e provo per te un’immensa pena e simpatia. Chissà se ci rivedremo, spero di sì! Di là, su uno scaffale, avevo Sull’orlo dell’abisso. Ora lo tengo vicino a me. Ma non è questo che intendevo. Alludevo a un’ipotetica partita a scacchi in quel bistrot ceruleo, con Rainer M. Rilke e Romain Rolland, e anche James Ensor!, che ci stanno accanto, a tifare, tutti, anch’io per te. Io avrei come solidali Carmelo Bene (anche lui ottimo giocatore), Henry Miller e Guido Morselli e forse Albert Camus, e forse Jack Kerouac. Come tifoseria forse ti batterei.

Il tuo libro Il mondo di ieri è di seconda mano, nel senso che è stato comprato usato! Ci sono varie sottolineature (forse di una donna giovane); una per esempio è a pagina 10: “Ogni atto radicale, ogni violenza apparivano come impossibili nell’età della ragione.” – in quel mezzo paradiso in cui vivevi, non altrove, mi sa. Il titolo del capitolo è Il mondo della sicurezza, e chi mi ha preceduto ci ha scritto a fianco le parole: progresso “pace”.

“Il genio di Vienna infatti, un genio specificatamente musicale, aveva sempre armonizzato in sé tutti i contrasti etnici e linguistici, facendo della propria cultura una sintesi di tutte le culture occidentali. Chi viveva a Vienna si sentiva libero da ogni angustia e pregiudizio.” – faro di un mondo, se non perfetto, almeno tendente all’idealità.

“Con dolore e con gioia abbiamo vissuto il tempo e la storia al di là della nostra piccola esistenza personale, mentre quei vecchi erano limite a se stessi.” – e forse in grado di capire sé, più che gli altri… non so…

“Nulla però ci fu donato: ne abbiamo dovuto pagare l’intero prezzo.” – e il tuo lettore si propone, nei suoi limiti esistenziali, quale obbligato in solido dei debiti che, vivendo, tu hai maturato.

A pagina 33 de Il mondo di ieri ti scopro quasi gemello: “L’unico momento di vera, intensa felicità che io debbo alla scuola fu quello in cui poter chiudere per sempre alle mie spalle la sua porta.” – pensa che, nella prima mattinata delle mie vacanze estive, verso mezzogiorno, solevo dirmi: ecco che metà giornata di libertà se n’è ormai, purtroppo, andata per sempre! Anch’io, come te, odiavo i voti. Non ne darei mai nemmeno mezzo, soprattutto a un figlio. Sono loro che li danno, spesso, a me!

“Eravamo colti come da una febbre di sapere tutto, e di conoscere tutto quanto accadeva nel campo dell’arte e della scienza.” – sapessi quanti pomeriggi passavo, anche nelle giornate più afose, a studiare le pagine delle enciclopedie Vedere e Sapere e Capire! E, subito dopo, volavo in un campetto, a giocare a pallone con gli amici!

La tua precedente lettrice ama sottolineare tutti i nomi inclìti che proponi, sia quelli più celebri che quelli sconosciuti, almeno da me, come, per esempio, Hermann Bahr. M’hai fatto venir voglia di leggere il “giovane Hofmannsthal” – che manco sapesse fosse vissuto. Chissà se troverò qualcosa di lui, nei mercatini. E poi c’è “la più calma e normale ascesa di Rilke” – di cui ho già letto qualcosa, nel ‘74 e nel ‘94!, e ora ho rintracciato in garage Due storie praghesi!

“Ma noi giovani, immersi nelle nostre ambizioni letterarie, a malapena ci accorgevamo di quelle pericolose trasformazioni: vedevamo soltanto libri e quadri.” – e questo lo capisco, essendo l’errore in cui sono precipitato io. Di questi tempi, una prova d’accesso per chi si butta in politica è di aver letto poco e confuso la maggior parte.

A pagina 81 de Il mondo di ieri, parli dei tuoi compagni, ognuno sconvolto da qualcosa ma non parli mai di te, perché? A pagina 84 usi la prima persona plurale, con frasi del tipo “La maggior parte di noi si…”, oppure: “eravamo oramai” e “avremmo dovuto”. Mai dici io

A pagina 102 de Il mondo di ieri parli degli “occhi azzurri” del “settantenne” poeta, Peter Hille; e poi, in quella a fianco, degli “occhi scuri” di Rudolf Steiner. Parli ancora di Rilke a pagina 126 e seguenti:amava i libri come muti animali” – ma che splendida metafora!

“Più volte i nostri cammini si incontrarono, ma sempre, se ripenso a Rilke, lo vedo nella sua diletta Parigi, di cui gli fu risparmiato di vivere l’ora più triste.”quella che volge al rio destino.

Quanto ti capita quel giorno passato insieme a Rodin è terribile e significativo (lo si può leggere intorno a pagina 130), perché ti fa scoprire: “l’eterno segreto di una grande arte, anzi in realtà di ogni grande opera terrena…” – di cui, ora, il tacere è bello. Chissà se a Rodin sarebbe piaciuto Celine, che Charles Bukowski adorava. Ho pensato di chiamarli tutti e tre a fare un pokerino in quel bistrot, dopodiché indagheremo. Ah! Lo sai che noi arşân tésta quêdra diciamo dopodicui? Pensa te! Ogni tanto mi tocca correggere i miei balzani refusi!

“Era invece già l’igneo riflesso dell’enorme incendio che s’avvicinava…” – e di cui non so quanto dirò. Mi fa troppo schifo! La guerra è un cancro idiota! Concordi, eh!? Tu dai questa meno sudicia definizione: il “più grande delitto del tempo nostro.” – che dura da un milione o due di anni…

Certo che la tua descrizione di James Ensor (a pagina 190 de Il mondo di ieri) risveglia la curiosità del lettore!

Colgo, a pagina 195, queste tue frasi: “… i giovani nutrivano sincero timore di rimanere esclusi da quell’esperienza meravigliosa ed eccitante e per questo accorrevano impazienti sotto le bandiere.” – e io, come un saggissimo anziano, salirei sul Monte Cusna a meditare seduto sul zerbino di casa, opportunamente trasferito in salotto. Io e la guerra non ci meritiamo a vicenda. Ci facciamo schifo!

“Ma soltanto l’illusione, non la verità, rende felici.”felice e fertile derivano dalla stessa radice greca (phýô = produrre). Chi non è felice è forse arido? O chi è felice è destinato a innaffiare i fiori altrui? Io bramo la saggezza. La felicità è istantanea: dura lo spazio-tempo di un battito di nulla… scoppiando poi come un petardo (o una bomba): Bum! Quante illusioni, Nume mio!

“La guerra non può essere messa d’accordo con la ragione e con il senso di giustizia; essa esige entusiasmo cieco per la propria causa e odio contro l’avversario.” – inteso come gregge nemico e vile. Il dio di cui ci si entusiasma è il becco al momento più grasso e lanoso che c’è.

“Ma la coscienza appunto di essere tanto pochi e tanto soli ci stringeva ancora più petto contro petto, cuore contro cuore.” – è quel battito che va salvaguardato, è lui che ci fa fremere di gioia (e di terrore).

“Non si considerava la guerra da un punto di vista politico, bensì da quello europeo, quale evento di crudeltà e di violenza, destinato a mutare non soltanto un paio di linee di confine sulle carte geografiche, ma la forma e l’avvenire del nostro mondo.” – sono d’accordo che occorre difendere fino all’ultimo noi stessi e i nostri cari ma di quei confini non so che farmene. Anzi, lo so: li brucerei, ché sono la causa di tante follie omicide. Tutte le guerre, in primis quelle europee che hanno irrorato di miliardi di litri di sangue i nostri antichi campi, sono nate per difendere delle nullità. Solo la loro abolizione potrà risvegliare il sacro spirito che è in noi! Sono forse anarchico? Ma pensa soprattutto a star bene!

“… mai in Austria abbiamo tanto amato l’arte come in quegli anni del caos, perché il tradimento del denaro ci insegnava che soltanto ciò che è eterno in noi stessi può restare veramente saldo.” – alludi alla perniciosa inflazione che colpisce il tuo paese, e poi, ancora più gravemente, la Germania. Dà l’idea della menzogna in cui viviamo, fatta di finzioni mirate all’interesse di pochi vili caproni, e mai del resto dell’armento.

Intorno a pagina 256 e seguenti, parli dell’entropia cosmica e comica dell’arte: “In tutti i campi cominciò un tempo di sconsiderati esperimenti, che volevano superare con un unico balzo impetuoso quel che era stato.” – e meno male che sorse nel tuo “mondo nuovo” quel ribollio che a volte pareva così idiota ed è in quel modo che il rivo strozzato della poesia raggiunge fin anche l’oceano!

“… io, con i miei trentasei anni, ero già parte della generazione anziana, ormai già morta, visto che mi rifiutavo di scimmiottarli per assimilarmi.” – fai bene a non imitare quei vanesi primati, ma osserva ogni cosa e non gettar via mai nulla, se non il conflitto armato.

“Era raggiunto il mezzo del cammino della vita, trascorsa l’età delle mere promesse; conveniva rafforzare con i fatti quelle promesse, affermarsi oppure rinunciare per sempre.”sempre e mai sono le parole più odiose che siano mai state inventate da noi miseri omuncoli.

“Tutti i valori erano sconvolti, e non soltanto nel campo materiale; i regolamenti statali venivano derisi, non si rispettavano più costumi o morale: Berlino divenne la Babele del mondo.” – alla cui allegoria biblica, se ci pensi, ci si riferisce come alla causa della diversità delle genti, da un punto di vista della comunicazione, del differenziarsi delle lingue, che tu tanto ami e che io vorrei conoscere quanto te, che discorri bene in tante di esse. Nella vita occorre scegliere il modo di vederla pian piano consumarsi davanti ai nostri sempre più lividi occhi.

“Il popolo tedesco infatti, un popolo dell’ordine, non sapeva che fare della nuova libertà e fissava gli sguardi impazienti verso colui che gliel’avrebbe tolta.”: è un fatto comune, poi si giunge a venerare chi sogna di scardinare le tue certezze, su cui non riesci più a confidare. Ed è la fine, a volte, della tua morale e della tua indipendenza.

Intorno a pagina 272 e 273 de Il mondo di ieri parli dell’importanza di “decisi tagli di quanto è superfluo” nella scrittura, “tanto che una volta esposi a un editore il piano tenerario di offrire in una collana tutta la letteratura mondiale, da Omero, attraverso Balzac e Dostoevskij, sino alla Montagna magica, con decisi tagli di quanto è superfluo.” – e io li divorerei uno a uno, questi nuovi mostri, ma non in ‘sta vita e nemmeno nella prossima, ma in una che (forse) verrebbe prima o poi. Io amo tutto quel che scorre, che pare volermi quasi soffocare, che mi spinge a proiettarmi verso l’alto. Dimmi ora se hai letto Ulisse del tuo amico Joyce e se c’è qualcosa a cui rinunceresti di quel tanto essenziale capolavoro! Questa è la prima sciocchezza esagerata che ho colto nel tuo libro, per cui l’amo, la venero anzi, e l’avvolgo sacralmente con la mia saliva.

“… io invece ho l’ambizione di sapere sempre molto di più di quanto non appaia.”perché non hai scritto chimera, oppure delirio? La tua modestia è di natura metafisica…

“Nell’ambito del mio lavoro, la tecnica del cancellare è in fondo la più divertente.” – questa mi piace e vorrei trasmetterla all’amico Silverio, scrittore, a cui inoltro il messaggio. Quando rileggo quanto ho scritto, a ogni vocabolo che sacrifico (e che magari cambio) ho un piccolo gemito di orrore misto a gioia. Sono quasi certo che tu mi capisca.

Tutto è relativo, diceva Albert: “… talvolta viene lodato nei miei libri il ritmo travolgente, tale dote non deriva affatto da una mia speciale passionalità, ma dal metodo sistematico con cui tolgo di mezzo ogni pausa e ogni superfluo suono disturbatore.” – secondo te, caro, e a volte, non sempre, secondo gli altri. Io punto al mio coinvolgimento, confidando in quello altrui.

“… l’anonimato dell’esistenza in ogni sua forma è per me un bisogno assoluto.” – per me lo è, ma relativo, ma fortissimo. Di assoluto c’è il Nulla e il Tutto, che ben poco m’intrigano.

“… pubblicherei cioè le mie opere sotto un altro nome inventato: se la vita è già in sé piena di attrattive e di sorprese, quanto più lo sarebbe una doppia esistenza!” – con analoga logica, affiderei la mia opera omnia (che orrida espressione!) al mio alter ego sopravvissuto, postumo a me di un decennio o due…

Amo la frase che dedichi alla “tomba di Tolstoj”: “L’ultima quiete del grande inquieto è affidata soltanto alla venerazione degli uomini”; nel suo estremo giaciglio, l’autore di Guerra e Pace “è sepolto senza nome” – come lo è, a Roma, chi scrisse il versetto più che biblico: A thing of beauty is a joy for ever…

“… questa tomba silenziosa e anonima, perduta nella foresta, che ode solo il ussurrio del vento, e non ha essa stessa né una parola né un motto.” – mentre quella di John ce l’ha, eccome!, vero Algo detto Roy, amico mio, che mi ci hai portato quel santifico dì?

Intorno a pagina 197 de Il mondo di ieri parli della tua folle collezione, che io ben capisco nello spirito, essendo anch’io un raccoglitore di stranezze. Per te sono i “fogli di tutti i grandi poeti, filosofi e musicisti, simili pagine che testimoniano la lotta del loro lavoro.” – a te interessa il conflitto interiore che è covato nell’alveo di ciascuno di essi.

“La mia raccolta era quindi in perenne divenire…” – e tu insieme a lei! Ognuno di quei fogli era “ricco di eternità” – e anche qui quel John ti sarebbe accanto e annuirebbe, carezzandoti nel viso.

“Superfluo dire che non mi sentii mai vero possessore di quei tesori…” – in questo confido perché mi fa capire quanto tu sia diverso da me e da quella mia amica di nome Annamaria che, colta da un infarto, poi per fortuna risolto, prima dell’operazione, ebbe l’ultimo pensiero per le sue gallinelle di terracotta: che fine faranno?!, si chiese.

“La mia gioia fu sempre il creare, non la cosa creata.” – ti stimo, ti amo, ma non ti comprendo.

La spiegazione che dai dell’Incipit Hitler, titolo del tuo nuovo capitolo, mi fa pensare, mutatis mutandis, quello che può sorgere in un paese in teoria democratico, in pratica soggetto alla mistificazione, al fake, al fegen, alla spazzatura retorica, al bâli grôsi cme ‘na cà

“Chi prometteva ordine – Goethe medesimo ha detto che il disordine gli spiaceva ancora più di un’ingiustizia – aveva subito centinaia di migliaia di tedeschi al suo seguito.” – io, che amo? Tu?

Vorrei un mondo tutto similmente diverso, ma sono certo che il mio è un sogno idiota, da principe Myškin. Per cui ora vado a letto, a concluderlo con calma.

“Ben poco bagaglio portavo con me, ben poche speranze…”piuttosto che niente, mi diceva mamma, è meglio piuttosto

Quanto amo questa tua frase ridondante: “Come Sorrento non rappresentava un esilio per Gor’kij così l’Inghilterra non fu per me, nei primi anni, un esilio.”repetita iuvant, caro restrittore di testi!

“Nella mia casa di Salisburgo stavano ancora intatti i miei libri…” – essendo ancora casa tua. Ma per quanto ancora? Sei in grande ansia…

“Ogni possesso significa un legame, per questo non acquistai una casa, ma presi in affitto un appartamentino, che bastasse ad accogliere il mio scrittoio e, in due librerie, i pochi libri ai quali non ero disposto a rinunciare.” – anch’io ne ho pochi: tre (migliaia) da leggere e un paio (di migliaia) già fatti miei. Come si dice dei soldi, di libri ce ne saranno anche troppi quando non ci saremo noi.

“Soltanto non avevo più così vivi la fede e l’entusiasmo, un riflesso grigio si stendeva sui capelli e una lieve ombra di scoraggiamento sull’anima stanca.” – le cose lievi sono le prime e le ultime a svanire.

Stefan Zweig citazioni
Stefan Zweig citazioni

A pagina 335 de Il mondo di ieri inizi a descrivere il duello dialettico-retorico fra Bernard Shaw e H. G. Wells – il quale mi fa venir in mente quello al primo sangue fra Giuseppe Ungaretti e Massimo Bontempelli: sciocchezze di veri artisti che fanno sorridere e poco più.

Accenni poi all’orrore di quella lotta fratricida in Spagna: “… vidi quei ragazzi senza colpa forniti di armi da misteriosi istigatori, perché andassero a combattere altri non meno innocenti ragazzi della loro stessa patria.” – e quando dico che sogno un’Europa che inizi in Portogallo, contempli l’Inghilterra, i paesi scandinavi, quelli mediterranei, e a est, fino alla Russia, mi si dice che sono uno sciocco idealista. Peggio ancora mi vien detto quando confesso che sogno un’unica Pangea, dal Manzanarre all’Australia, al Sud Africa, al Cile, alla Corea, al Canada. Ognuno di questi paesi sta producendo bimbi che diventeranno ragazzi, alcuni dei quali agiranno come mostruosi guerrieri.

Questo è il Mondo di ieri, di oggi e, salvo miracoli, di domani.

A pagina 341 distingui le due tendenze umane: il desiderio di “libertà” e di “indipendenza” delle nazioni; e la necessità “di un legame in una unità sovraordinata di tutti gli Stati piccoli e grandi…” – che bel sogno! Il tuo romanzo m’ha spinto alla lettura di un mattone che avevo finora evitato accuratamente: Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt. Il titolo inizialmente previsto dall’autrice era The Burden of Our Time: così uscì per la prima volta nel Regno Unito. Riusciremo mai a gettare nel pozzo quella greve imposizione? Leggendo te e lei il mio intento è uno solo: capire cosa ci sia di sbagliato nell’anima umana. Quale sia la colpa iniziale rintanata in essa. Non sono nemmeno certo che ve ne sia una. Forse è così perché dev’essere per forza così? È la natura?

Tu parli del “rancore” che Hitler provava quando era a Vienna, “che lo aveva veduto nella più umiliante miseria e dove voleva ritornare da trionfatore” – è lui l’Uomo che deve trattare l’Altro come uno delle innumerevoli bestie che non valgono nulla, nemmeno un’oncia di se stessi? Carne che deve servire unicamente ad ammassarsi, un corpo in cima all’altro?

Se ti capita vedi un cartoon di Bruno Bozzetto: Vip – mio fratello superuomo. Tu capisci l’italiano anche meglio di me, ma capiresti anche se lo vedessi doppiato in russo o in malgascio. Che pena che mi fanno l’uomo, la donna e i loro eredi italiani, austriaci o cinesi che siano.

Anche tra pagina 344 e 345 parli del sogno di odio di Adolf Hitler, quand’egli avesse occupato da trionfatore la città che l’aveva espulso povero e disgraziato.” – che pena mi fa anche lui, povero passerotto austriaco costretto alla fuga da quel suo negletto nido.

Il fatto della “panchina” negata a tua madre è terribile.

“Ma ogni ombra in fondo è anche figlia della luce e solo chi ha potuto sperimentare tenebra e luce, guerra e pace, ascesa e decadenza, può dire di avere veramente vissuto.” – è questo il ragionamento che ti ha spinto al tuo ultimo atto?

Hai soltanto accennato alla tua famiglia, senza entrare mai in particolari. Avevi ben altro da dire. In un paio di passi hai fatto cenno a qualcosa che m’ha disturbato, in quanto criticava una libertà individuale, una forma legittima di psiche.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Stefan Zweig, Il mondo di ieri, Mondadori, 2013

 

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