Significato dei sogni #16: maternità in carcere di Lella Ravasi Bellocchio
“In carcere le donne madri possono tenere il loro figlio fino ai tre anni. Poi il bambino viene staccato dalla madre e consegnato ad altri all’esterno, prassi questa attuata in quasi tutte le carceri italiane. Era appena successo a Caterina nel momento in cui stavamo lavorando in gruppo.” ‒ Lella Ravasi Bellocchio
Sedicesimo appuntamento con la rubrica “Significato dei sogni” nel quale si potrà leggere un estratto da noi intitolato Maternità in carcere tratto dalla Prima parte Perché il dolore del saggio “I confini del dolore – È possibile arginare la sofferenza psichica?” dell’analista junghiana Lella Ravasi Bellocchio edito da Raffaello Cortina Editore nel 2024.
La costante riflessione sul mondo del sogno è necessaria tanto quanto quella sul mondo della veglia. Nell’epoca attuale, così frenetica, è ancora più difficile rispetto ad un secolo fa ‒ ad un o due millenni fa ‒ perché storditi dai social network e dell’eccessivo scrolling di immagini non riusciamo facilmente ad “essere presenti” a noi stessi, ma soprattutto presenti al nostro inconscio che sovente ci “parla” attraverso i sogni.
Nel corso dei millenni si è prodotta una quantità notevole di letteratura dei sogni, in questa rubrica “Significato dei sogni” si è pensato di invitare alla lettura di alcune selezioni tratte dai libri dei maggiori esponenti degli scrittori, poeti, psicoanalisti. Di seguito si potrà leggere sull’argomento della maternità in carcere.
Estratto da “I confini del dolore” ‒ Maternità in carcere
“In carcere le donne madri possono tenere il loro figlio fino ai tre anni. Poi il bambino viene staccato dalla madre e consegnato ad altri all’esterno, prassi questa attuata in quasi tutte le carceri italiane. Era appena successo a Caterina nel momento in cui stavamo lavorando in gruppo.
[…]
Ma l’angoscia del periodo in cui Caterina è appena stata separata dal bambino, con cui aveva vissuto in modo simbiotico fino ad allora (in una stanza di San Vittore c’è l’asilo interno infantile), è dominante per lei e per le compagne di pena le quali avevano vissuto in qualche modo la maternità “surrogata” attraverso di lei.
[…]
La vita di Caterina è compromessa dall’appartenenza a una famiglia mafiosa.
All’inizio del percorso di gruppo di analisi, in un sogno Caterina si muove tra terra e mare: “Esco da un palazzo, scendo una scala lunga. Mi piacerebbe andare al mare. Vedo il mare agitato. Una ragazza mi dice che potrei fare il bagno, io non voglio. Una fila di spighe di grano mi separano dal mare”.
La libertà comincia a farsi strada nell’inconscio di Caterina, ma è ancora troppo pericoloso immergersi nell’acqua alta dell’interiorità agitata. La fila di spighe di grano è allo stesso tempo una barriera reale, una dimensione molto concreta del suo materno, quello che la tiene ancora alla realtà del rapporto con il suo bambino, ma forse è l’immagine di un altro tipo di protezione o di difesa di cui si serve per non rischiare situazioni pericolose, esposte all’onda agitata del ventre del mare.
Attraverso una serie di sogni Caterina comincia a delineare un futuro in cui potrà vivere in autonomia con il suo bambino, ma la paura di trovarsi fuori dal carcere, senza lavoro e senza denaro, è grande e del tutto pertinente, reale: «Non sono in colpa per le cose fatte prima, ma mi sento in colpa di allontanarmi dalla famiglia, di tradire le regole della famiglia, eppure non posso stare con loro, alle loro regole, che sono quelle che mi hanno portato in carcere».
[…]
La trasgressione di Caterina è la strada solitaria di chi cerca una vita pulita: il suo cammino etico è messo a dura prova dalle leggi di appartenenza interiorizzate, e lei va muovendo per terra e per mare la bussola, orientata con fermezza verso il figlio.
Il male di vivere si presenta anche in questi versi di Giobbe
“E Satana uscì dalla faccia del Signore
E Piagò Iob con l’Ulcera del Male
Dalla pianta dei piedi fino al cranio” (2,7)
E poi c’è l’acqua limacciosa del cervello, quella in cui si entra quando la parola si fa scura, l’angoscia non trova una via per defluire. Elena Ferrante, in un suo libro, ha una parola per descrivere questo stato: la “frantumaglia”.
[…]
È proprio questa l’immagine di Caterina in un sogno prognostico, fatto al termine di un percorso doloroso e incerto sulle acque pericolose del suo inconscio: “Devo andarmene assolutamente da una casa. Esco, ma fuori c’è un’onda di fango e detriti: sono con il mio bambino e mi dico che potrei anche farcela a nuotarci dentro, ma lui no. Allora sto fuori sui bordi, e aspetto che l’onda defluisca, per poter trovare la strada”.
“Prenderò la mia carne coi miei denti
Metterò la mia vita tra le mie mani […]
Anche per questo sarò salvato” (Libro di Giobbe, 13, 14-16)
Il sogno muove in Caterina sentimenti molto forti: è lei come madre che sceglie di resistere alla frantumaglia ‒ stando ai bordi e aspettando il defluire dell’acqua ‒, che si impedisce di andare alla deriva o di salvarsi in qualche modo da sola, senza il bambino (il figlio della realtà, ma anche il progetto di sé nel mondo).
La strada si trova nel saper attendere la fine dell’onda di fango e detriti, una volta fuori da una casa in cui non si può stare.
Ed è forse l’immagine più toccante che racconta l’angoscia, lo spaesamento di chi si trova sommerso dal fango del carcere, eppure sa di dover trovare la strada, un’altra volta, daccapo.
L’attesa ha un senso se la si sopporta per qualcuno, per un amore che tiene al mondo.
“Chi è senza colpa sarà salvato
Mostra che hai mani pure
Ti salverai” (Libro di Giobbe 22,30)”
Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali impolverati; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).
Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Lella Ravasi Bellocchio.
Un ulteriore consiglio: un bel quaderno (cartaceo) con penna (o matita) posto sul comodino per annotare i sogni al risveglio (con data ed orario). È importante non perdere l’uso della scrittura sia per la manualità delle dita sia per la stimolazione del cervello astratto e creativo.
Inoltre, è possibile partecipare al nostro nuovo studio sulla casistica del sogno in contatto con la tecnologia dei social inviando un’e-mail ad oubliettemagazine@hotmail.it nella quale allegare un file .doc con un sogno connesso alla tecnologia (smartphone, internet, pc, social, intelligenza artificiale, et cetera). Il sogno raccontato sarà salvato in forma anonima e servirà per la compilazione di un testo in comparazione alla letteratura del passato.
Nella prima puntata della rubrica si è presentato un estratto tratto dal primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno” del libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella seconda un estratto tratto dal primo paragrafo intitolato “Il rapporto tra sogno e veglia” dello stesso capitolo; nella terza puntata si è presentato un estratto tratto dal secondo paragrafo intitolato “Il materiale onirico. La memoria nel sogno” dello stesso capitolo; nella quarta si è selezionato un estratto da “Relazione, imago e proiezione” del febbraio 1959, tratto dal capitolo “Attività medica e analitica” del libro “In dialogo con Carl Gustav Jung” di Aniela Jaffé, che mostra il sogno in rapporto con l’ex partner; nella quinta si è ripreso il discorso con Sigmund Freud con un estratto estratto tratto dal quarto paragrafo intitolato “Perché si dimentica il sogno dopo il risveglio” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella sesta si è selezionato un estratto dal primo capitolo intitolato “Sogni lucidi e la loro impostazione filosofica” del libro “Sogni lucidi” dalla parapsicologia e scrittrice britannica Celia Green; nella settima si è presentato un estratto tratto dal secondo capitolo “L’uomo e l’esperienza” del libro “Sogni, profezie e apparizioni” di Aniela Jaffé affrontando la tematica della precognizione della morte; nell’ottava si è ripreso il libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud con un estratto tratto dal terzo paragrafo intitolato “Stimoli e fonti del sogno” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella nona un estratto tratto dall’introduzione del libro “Alchimia” di Marie-Louise von Franz mettendo l’accento sulla trascrizione del sogno; nella decima si è presentato un estratto tratto dal libro “La schizofrenia” di Carl Gustav Jung, dal capitolo “Psicogenesi della schizofrenia”; nell’undicesima si sono mostrate “Le peculiarità psicologiche del sogno” tratto del libro “L’nterpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella dodicesima si è parlato del libro “Il codice dei sogni” di Charles Maillant finendo nel paragrafo Diventare ciechi; nella tredicesima il capitolo Anatomia di un sogno tratto dal libro “I sogni” di Edgar Cayce e Mark Thurston, nella quattordicesima si è presentato il tema della resposanbilità ed inconscio dal libro “Elogio dell’inconscio” di Massimo Recalcati; nella quindicesima si è parlato dell’assenza di sonno trattata da Simon Monneret.
“Si scavi una tomba profonda per il velenoso Drago,/ E a lui nel suo abbraccio stia ben avvinta la donna:/ Mentr’esso coglie le gioie del letto nuziale,/ Ella muore, ed insieme son ricoperti di terra./ Ciò uccide il corpo del Drago e di sangue/ Lo tinge: questa è la vera strada dell’opera tua.” – “Atalanta fugiens”
Bibliografia
Lella Ravasi Bellocchio, I confini del dolore – È possibile arginare la sofferenza psichica?, Raffaello Cortina Editore, 2024
Michael Maier, Atalanta fugiens, Edizioni Mediterranee
Info
Acquista “I confini del dolore” su Amazon