“Oltre il muro Gaza” di Beatrice Benet e Shadi AlQarra: la prefazione di Moni Ovadia
“Una normale giornata di mare se non fosse che qui siamo a Gaza dove nulla è normale e dove all’improvviso ogni scenario può cambiare e diventare luogo di tragedia.” ‒ tratto da “Oltre il muro Gaza”
Citazioni, racconti, poesie, interviste e fotografie. “Oltre il muro Gaza – Beyond the Wall Gaza” si presenta al lettore nelle varie sfaccettature dei due autori: Beatrice Benet e Shadi AlQarra. Un’opera che mostra la resistenza di un popolo, quello palestinese, che affronta ogni giorno dal 1948 la condizione di incertezza di appartenenza alla terra natìa.
Ogni fotografia di Shadi AlQarra è accompagnata da un inserto letterario in lingua italiana ed inglese, una miscellanea di brani dell’autrice, alcune preghiere in arabo ed una selezione di citazioni di persone che hanno cercato di cambiare il mondo mostrando la concreta possibilità di pace fra i popoli.
Il progetto nasce dalla volontà dell’autrice Beatrice Benet di aiutare l’amico fotografo Shadi AlQarra che, attualmente, è accanto alla famiglia in Palestina. Infatti, il ricavato dalle vendite del libro sarà devoluto in beneficenza in Palestina.
In anteprima, vi presentiamo l’attenta prefazione dello scrittore Moni Ovadia dal titolo “Siamo tutti palestinesi”.
Prefazione di Moni Ovadia ‒ “Siamo tutti palestinesi”
“Gaza è un’anima pura, è il battito del cuore di ogni essere libero.
Ogni muro sarà demolito, un giorno, ma il silenzio è l’accettazione del male.”
Con questa frase si chiude “Oltre il muro di Gaza” un libro prezioso di immagini e di scritti che ci interrogano, ci chiamano alla nostra responsabilità di esseri umani e a non farci complici volontari o involontari di uno dei più atroci crimini del secolo scorso che perdura con feroce accanimento nel nostro secolo.
Già Antonio Gramsci in un suo celebre pamphlet “Odio gli indifferenti”, segnalava uno dei crimini più odiosi che si possano perpetrare: “l’indifferenza!!!”.
Anche Liliana Segre, Senatrice a vita, vittima e testimone della Shoà ha ripetutamente detto che l’indifferenza le ha creato terribile sofferenza.
I crimini atroci perpetrati ininterrottamente per molti decenni dai governi, dall’autorità militare e dai coloni israeliani, sono stati inflitti a un popolo indifeso e solo, nell’indifferenza criminalmente complice dei paesi cosiddetti democratici e segnatamente gli atlantisti con in testa il co-criminale statunitense.
Parlo di oppressione diuturna, colonizzazione, demolizione di case, assassinii a freddo, distruzione di case e di edifici, eradicazione di ulivi, furto dell’acqua, violenze selvagge, sconvolgimento delle topografie esistenziali, torture, arresti per anni senza processi.
I democratici “del mondo libero” hanno lasciato fare, hanno taciuto o collaborato garantendo ai governanti israeliani non il “diritto alla difesa” ‒ falso mantra recitato ogni volta che Israele commette atrocità ‒ bensì il diritto all’impunità distruggendo in questo modo ogni parvenza di legalità internazionale. Ad ogni successivo passo criminale si scivolava verso posizioni sempre più reazionarie e fascistoidi fino ad arrivare all’attuale Capo di Stato che è il vero volto del Sionismo. Perché con lui il sionismo ha rivelato la sua natura di ultra-nazionalismo colonialista e razzista.
Questa breve opera di Beatrice Benet è densissima e fortemente intensa. Ogni foto ci guarda e ci sollecita, ogni racconto, cronaca, o narrazione tradizionale ci chiede di uscire da un orizzonte statistico dell’orrore per farci ricordare che il nostro primo dovere è quello di restare umani, di riconoscere il nostro simile nella sua dignità.
È ora di capire che l’edificazione di una società di giustizia si fonda sull’accoglienza dell’altro del tu. Il primo crimine dei governanti israeliani e del sistema occidentale ciecamente e capziosamente pro israeliano è stato quello di non riconoscere il palestinese come persona e come popolo.
I più lungimiranti di noi avevano previsto che prima o poi lungo questa deriva luciferina avrebbe preso forma il massacro genocidario che scorre sotto i nostri occhi.
Oggi e nel prossimo futuro la Palestina sarà lo spazio-tempo decisi-vo per capire se l’Occidente saprà uscire dalla propria barbarie economico-tecnologica o sprofonderà nell’abisso dell’infamia.
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