“L’amica geniale” di Elena Ferrante: l’autrice è molteplice?
Secondo il New York Times “L’amica geniale” di Elena Ferrante è il miglior libro del primo quarto di secolo. Il merito maggiore di quest’affermazione è d’avermi spinto a chiedere a una mia consanguinea di imprestarmi quel libro e poi a leggerlo.
Sotto sotto, uno dei miei intenti è scoprire chi sia l’autore che si cela dietro quello pseudonimo. Al termine della lettura ho solo una (forse stolta) certezza: si tratta di una donna. Perché? Non lo si chieda a me, ma al libro L’amica geniale, che si occupa di ogni questione. Al lettore rimane il diritto di fraintendere le eventuali risposte.
Per agevolare il suo compito, il Prologo s’intitola Cancellare le tracce.
Esso senz’altro mi condurrà dove al momento non ho intenzione di recarmi: alla lettura conclusiva della tetralogia. Un unico riporto, per dare un’idea: “Lila come al solito vuole esagerare, ho pensato.” – che voglia uscire dall’argine e dalla golena del fiume, ove scorre l’esistenza dei suoi cari? Lila, del resto, è già Altrove, dove è sempre stata. Come posso dir questo? La conosco appena. Non so se mi basta aver letto di lei poche centinaia di pagine per riuscire a individuarne l’anima.
La prima parte è Infanzia – Storia di don Achille.
“… Lila si comportò in modo inatteso. Si fermò ad aspettarmi e quando la raggiunsi mi diede la mano. Questo gesto cambiò tutto tra noi per sempre…” – che strana creatura, l’umana, che usa quell’avverbio di tempo come se fosse mirato a quel breve attimo che è la sua vita!
“I piccoli non sanno il significato di ieri, dell’altro ieri, e nemmeno di domani, tutto è questo, ora…”: hic et nunc – e se tenessero ragione loro?
“… a me sarebbero piaciuti i modi gentili che predicavano…” – gli altri, i docenti… – “… ma sentivo che quei modi non erano adatti al nostro rione, anche se eri femmina.” – una specie di giustizia sessuale?
Il comportamento di Lila è duplice: è ancora onda, o è già particella? Chi mi può rispondere? Lila desidera vedere l’amica frequentare la nuova scuola, oppure no? “O – mi chiedo oggi – aveva voluto in momenti diversi tutt’e due le cose?” – il che conduce a quell’hic et nunc. Lila era adulta già al suo esordio nel mondo? Era diversa da tutti gli altri?
Chi sia don Achille poco importa a chi ora scrive, ma solo a chi, leggendo, rivive la storia altrui… È una delle tante casualità immaginarie che compongono il Kósmos, e poco più.
Si passa ora al periodo successivo: Adolescenza – Storia delle scarpe.
Cos’è la “smarginatura”? Un mistero, uno dei tanti. Lila “… aveva già avuto spesso la sensazione di trasferirsi per poche frazioni di secondo in una persona o una cosa o un numero o una sillaba, violandone i contorni.” – attestandone l’illusorietà, immagino, senza capire del tutto… Qualcosa di simile capitava a me quando, dal terzo piano, fissavo una porzione ristretta del cortile, quasi fosse l’immagine di un Tutto in cui m’immergevo, per un minuto o due, per poi riaffiorare nella normalità, più confuso di prima.
“C’era qualcosa di insostenibile nelle cose, nelle persone, nelle palazzine, nelle strade, che solo reinventando tutto come in un gioco diventava accettabile…” – e non più insostenibile, che ne dici, Milan Kundera? Senti mo’ che illusione va riportando ‘sta ragazzina autonarrante: “L’essenziale, però, era saper giocare e io e lei, io e lei soltanto, sapevamo farlo.” – finché restano dentro di noi ‘sti fraintendimenti, ci rimane in serbo un’illusione d’eternità.
L’io narrante, “Elena Greco, detta Lenuccia o Lenù” e la sua solidale Lila ogni tanto si lasciano e poi si incontrano di nuovo, come due particelle per sempre correlate.
“‘Siamo ancora amiche?’ ‘Sì’.”
Il Kósmos, nel contempo, a che mondo conduce?
“Tutto insomma tremolava, si inarcava come per cambiare i connotati, non farsi riconoscere negli odi accumulati, nelle tensioni, nelle brutture, e mostrare una faccia nuova.” – sicuramente truccata…
“Ciò che doveva cambiare, secondo lei, era sempre la stessa cosa: da povere dovevamo diventare ricche, da niente che avevamo dovevamo arrivare al punto che avevamo tutto.” – un altro, infame, miraggio?
Lila dice: “A me non mi toccano perché sono brutta e non ho il marchese.” – e ‘sta lentezza di crescita mi dà da pensare. Il cucciolo d’uomo, rispetto al puledro appena nato, ci mette un anno per drizzare le reni e iniziare, goffamente, a camminare. Per poi finire per credersi il re dei viventi!
“Lila…” – questa sconosciuta – “… avrebbe detto qualcosa di cattivo…” – e discorsi ogni volta collegati a “scarpe, calzaturificio, soldi…” – questi erano gli attuali sogni…
“Fu anche la prima volta che sentii come, dovendo cercare le parole per un tema per il quale non avevo parole pronte, tendessi a ridurre il rapporto tra me e Lila ad affermazioni tutte sopratono e di esclamativa positività.” – chiamala, se vuoi, retorica: una delle armi più rischiose, sta’ attenta, cara!
“… volevo che si rendesse conto che ero più unica che rara e che, se pure fosse diventata ricca fabbricando scarpe insieme a Rino, non avrebbe potuto fare a meno mai di me come io non potevo fare a meno di lei.” – due particelle entangled, due consanguinee acquisite…
Dice Lila ne L’amica geniale: “La settimana scorsa m’è venuto il marchese.” – ma che notizia catartica! Panta rhei!
“Se il racconto di quella giornata lo avesse fatta lei, mi ci sarei intrufolata con un controcanto indispensabile e…” – sì, tu sei la scrittrice nascosta! come ti com-patisco!, così direbbe un personaggio goldoniano. Anch’io sono come te: m’intruffolo nella narrazione altrui e non sempre ne esco indenne.
“Lei invece mi ascoltò senza curiosità.” – non è un’affabulatrice bensì una che suole pontificare, che decide, rompendo l’anima al prossimo pur di procedere dove intende lei! E solo lei!
“Con le orecchie di sicuro mi ascoltava, ma con gli occhi, con la mente, era saldamente ancorata alla strada, alle poche piante dei…” – certo, a tutto, ma non alla tua anima, gemente o luminosa. Il suo cammino, per lei, era tutto quel che valeva…
“Lila era cattiva…” – diversamente virtuosa, mettiamola così, al momento… Ma è ovvio, che presto o tardi: “sprigionerà qualcosa di ancora più malvagio, e ricorrevo alla parola maleficio…” – ora non esagerare. Non so se tu abbia ragione, vedremo, dai!
Mira quest’insolita immagine e poi mi dirai: “… pianse Lila, che non avevo mai visto piangere, mai.” – di doman non c’è certezza! Anche Lila ha le sue lacrime!
Tu provi ogni dì “l’ansia di non aver studiato abbastanza, di non essere in grado di rispondere ai professori…” – ho la mia amata consanguinea che è come te. Io ammiro entrambe! Senza invidiarvi! La vostra è una strada tanto lunga per andare dove dovete andare…
“Se invece vedevo lei in persona, da lontano, per l’angoscia cambiavo strada. Ma poi non resistevo e le andavo incontro come a una fatalità.” – quasi fosse prevista dal Kósmos, che vuol dire Ordine, che non è lecito trasgredire!
Ti senti ingrassata, brufolosa, e ora anche occhialuta!, mentre Lila sta fiorendo come un’orchidea… Allora: perché io penso soprattutto a te e così poco a lei?
“Lila sapeva parlare attraverso la scrittura…” – e – “… non lasciava traccia di innaturalezza, non si sentiva l’artificio della parola scritta.” – che sia lei l’autrice? Ma che Kaosino! L’Ordine di cui sopra prevede una Fine, che forse mai accadrà, avvolta nel disordine entropico, che aleggia come una minaccia che mai, mi auguro, diverrà reale!
Se l’Universo è molteplice, forse lo è anche l’autrice del romanzo. Devo alla lettura della Saga di Harry Potter di J. K. Rowling l’idea che l’autore spezzi la propria psiche, come fece il malvagio Lord Voldemort con la propria anima, in tanti, essenziali horcrux, dispersi nelle righe del romanzo. Lo stesso discorso vale forse per te, misconosciuta Elena Ferrante.
Come si può essere delicata e benevola come te, Lenù, e aspra e cinica come te, Lila? Non vorrei essere né te né Marcello, e nemmeno assistere (eppure ci sono costretto da quella micidiale pagina 247 de L’amica geniale) alla scena di quando tu, Lila, lo getti via, come si fa con uno straccio inutile!
“… pur vivendo entrambe il nostro quindicesimo anno, eravamo finite all’improvviso in due mondi diversi…” – intimamente collegati, però…
Dice lei di te: “… La differenza tra me e te, da sempre, è che di me la gente ha paura e di te no.” – lei sarebbe scollegata dal mondo se non ci fossi tu e ti vuole appresso a sé. Solo per ciò? Chissà?
A pagina 294 de L’amica geniale, anche tu mostri al mondo le tue capacità retoriche. Finalmente le hai imparate per bene. Lila ti confessa che non vuole più leggere le cose che scrivi, ché il farlo le reca dolore. E poi ti ride in faccia. Eppure è la verità.
Poi insiste a dire: “… tu sei la mia amica geniale, devi diventare la più brava di tutti, maschi e femmine.” – e questo le devi, un horcrux della sua smisurata ambizione. Sei tu la geniale, non lei! Oppure no. Siete due geni complementari.
Nino – l’uomo del tuo destino? – ti squalifica i romanzi. Stallo pure ad ascoltare, ma poi decidi tu. Nel bene o nel male, lui è un uomo sociale, un politico. Tu ignori ancora chi sei.
“… mi sento mezza e mezza…” – merito, immagino, di quell’altra umana mezza e mezza.
“Avevamo sedici anni…” – anch’io, fra non molto, e ancora non ho deciso se leggerò il prossimo capitolo della tua storia. Il Prologo è stato messo là per questo, immagino.
Ogni volta che mi si propone di recarmi a Napoli, dentro di me mi dico: Ancora! No! Mio Dio!
Poi, quando vi piombo come un pacchettino scaraventato giù dal quarto piano, nel rialzarmi, così sgualcito e impolverato, mi dico: Ma che bella che è ‘sta inclìta e disastrata città! E, nel fuggirla per l’ennesima volta, le vado gridando: A quando, geniale amica mia!
Anche tu, mia autrice, ti senti ogni volta sospesa, ‘n ponte, in spicajòun, come si dice nella mia Reggio Emilia, allorché passi, per caso misto a necessità, in quell’Eterna e sempre Nuova Città? O forse non l’hai mai lasciata?
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Elena Ferrante, L’amica geniale, Edizioni e/o, 2011