“Racconti paralleli” di Uemon Ikeda: quando i disegni narrano e i testi luccicano

“Il Giappone è una Società maschilista?” – (a impressionarmi è la S Maiuscola) e la risposta è sì ma… “nel periodo medioevale ‘Heian’ le donne giapponesi, libere dalla nobiltà dominante maschilista, hanno creato una vera letteratura giappone.”

Racconti paralleli di Uemon Ikeda
Racconti paralleli di Uemon Ikeda

Il Genji monogatari di Murasaki Shikibu è un’eloquente e quasi infinita risposta al quesito.

Essendovi, almeno fino a oggi, libertà d’espressione, l’asserire qualsiasi presunta verità è un diritto legittimo per chiunque, figuriamoci per un artista. Per il quale è anche un dovere.

Tre esempi consecutivi:
“In Giappone i giovani vivono le contraddizioni dell’epoca post-industriale.
La metropoli è piena di cose: consumano quello che vogliono.
Forse anche le religioni sono diventate prodotti da consumare?”

Sì, preferibilmente a temperatura ambiente.

La scrittura di Uemon Ikeda è così lieve e sincera che anche i refusi appaiono come quieti fenomeni naturali: “Lui è un famoso maestro Rakugo, un comico barzelletiere tradizionale”nato, per farla corta, nel 1937. Per farla lunga: “nato nel centro di Tokyo nell’anno 12 nel periodo dell’imperatore Showa (1937).”

Leggo ancora: “Amavo tutte quelle donne di giugno, leggere, indugianti e rassomiglianti, che si erano liberate degli abiti pesanti dell’inverno.” – come dire che erano un po’ scamiciate. Essendo donne, erano leggere, indugianti e rassomiglianti e si erano liberate degli abiti pesanti dell’inverno.

L’artista si rende consapevole che “alla fine, i miei ricordi erano i loro, come quelli dell’infanzia che a volte scoprivo essere soltanto immagini di foto scattate dai miei genitori o tratte dai loro racconti.”e si fatica un po’ a distinguere le une dalle altre. Potrebbe anche essere il mio scopo esistenziale.

Uemon ha l’anima metafisica e non so se lo sa (penso di sì): “Ho visto spesso Giorgio De Chirico nella stessa sala.”

Racconto L’enigma, non certo il più lungo, forse nemmeno il più corto, ma breve senz’altro, è metafisico più degli altri: “Lui, che è un assassino agevolato dall’oscurità, nella cadenza del tempo nasconde un coltello affilato come il suono dei giorni.” – e qui sfiderei un logico razionalista a trarre le sue farneticanti considerazioni.

Perché è metafisico e non surreale? Mi pare, ma dovrei chiederlo direttamente a lui, che cerchi di andare oltre la fisicità che incontra, attimo dopo attimo, secolo dopo secolo, minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, eone dopo eone. E così passa le settimane e i mesi, e anche gli anni.

In Incantesimo, poco più esteso nel tempo e nello spazio, lui pensa. Lei, invece, dice: “Non importa che non mi capisci, quello che conta… lo capisco io.” – uno dei due deve compiere lo sforzo. E poi rimirarlo.

“… Era un algoritmo parallelo che presentava una presenza…” – e il lettore dev’essere presente se vuol intendere l’essenziale.

“L’incontro si è sciolto come un gelato sull’asfalto di Roma…” – lo stesso si sarebbe sciolto, nella mia città, d’agosto, a Tokyo già a luglio, a Pixuntum di maggio, a Brisbane di febbraio, a Nairobi tutto l’anno.

Dice lei: “… sono la migliore fra le peggiori…” No! mi sono sbagliato, si corregge: “… sono la peggiore tra le migliori e non il contrario.”

C’è differenza solo nella sua mente. Lui la illude, minacciandola: “… Tu sei l’unica eccezione…”

Tasca, di cui non riporto nulla, comincia con un haiku col brodino allungato, molto saporito (il brodo, come quello dei caplêtt, è di manzo e di cappone).

Riporto la fine dell’inizio: “Ho spento subito.”

Due volte almeno, forse tre, leggo: “Io appartenevo alla generazione del movimento studentesco giapponese che contestava il rinnovo del contratto di sicurezza tra Giappone e Stati Uniti d’America.”anche a me quell’ignominia avrebbe trasmesso insicurezza.

“Quando si parla di pittura giapponese si fa spesso riferimento alla differenza tra pieno e vuoto. Io, artista giapponese, ho considerato sempre il vuoto come un volume…” – e ci credo, lo è, così opimo di particelle virtuali!

In La cucitura dell’abito: “Non importa che non mi capisci, quello che conta… è che capisca io.” – la variazione mi stupisce, in ogni caso uno dei due deve compiere lo sforzo.

“Il tempo slitta velocemente” – avendo fame, sento l’odore penetrante dell’imogayu di Goi.

“Io e lui apparteniamo alla generazione del movimento studentesco che contestava il rinnovo del contratto di sicurezza tra Giappone e Stati Uniti d’America.” – ci mancherebbe altro, che ognuno decida a casa sua!

Nella fascetta leggo: “Se per Cartesio l’uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma è una canna che pensa.”

In Caffè doppio, una coppietta discetta (rima baciata alla francese) su una frase di Cartesio. Pascal si approprierà poi della frase. Ora la donna grida: “No! L’ho detto io!”

L’essenziale è che la verità non sia mai celata, ma ricoperta da un velo. È il ruolo di chi a volte dipinge e in altre occasioni predilige le parole. Quel che conta è avere qualcosa da dire, che poi dirlo diventa una necessità.

Si tratta di un’opera autobiografica?

Sì, mutatis mutandis, che è quel che ci si cambia la mattina oppure quando si esce in strada.

SMS da telefono a Sim ne è una variegata e valida conferma.

A metà libro sono inseriti sedici acquerelli su carta del pittore Uemon Ikeda, che non è un altro, è sempre lui, Uemon.

Un giorno Ryūnosuke Akutagawa, oppure un suo avatar, si era recato a una mostra, dove rimase abbagliato da un quadro singolare, intitolato Palude, poiché, nonostante la luce che usciva dal dipinto, l’autore, “nel dipingere le piante lussureggianti, non aveva utilizzato neppure una pennellata di verde”. Un analogo fremito l’ho provato io quando ho visto che in It’s raining in the room la pioggia ha reso, come per gratitudine, rosa fucsia l’aere. Che stia piovendo me ne accorgo toccando la carta del libro: è umida.

Non credo che quando Eva diede (metà del) la mela ad Adamo volesse donargli la dimensione del creato. Però ora ci sto ancora pensando. In this occasion I regret di non averti conosciuto prima.

Uemon Ikeda
Uemon Ikeda

Il Boxer esibisce i pugni per dire che non li vorrebbe usare, ma che ci saranno sempre per chiunque.

Take a shower, mi sussurra sbraitando una voce. Al che torno al quadro di cui sopra, ché ancora sta entrando acqua dalla finestra.

Any love è una doccia che sembra non finisca mai, finché l’ente erogatore si accorgerà che non stai pagando la bolletta da mesi. E non resterà che andare alla finestra, confidando in Giove Pluvio.

Una sorta di Trance lo provavo quando da piccolo stavo alla finestra (quando c’era il sole) a rimirare il nulla che non si evolveva.

L’erba del signor Suzukie, diversamente dalle piante di Akutagawa, è verde e pallida.

Colgo un ipotetico refuso nella seconda immagine di Autore e Autrice. E questo mi bloccherà per qualche millennio.

La differenza fra La stanza della ragazza ordinaria e il Vello d’oro è indicata nel testo annesso a lei, nella seconda immagine. appena riuscirò a decifrarlo, ne discorrerò direttamente con l’artista. Su alcune opere ho preferito tacere.

Perché mai finire?

Chi ci attenderà?

Dov’è l’Autore?

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Uemon Ikeda, Racconti paralleli, Bordeaux edizioni, 2022

 

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