“Pillole matematiche” di Piergiorgio Odifreddi: i numeri tra umanesimo e scienza
Questa è un’opera così ben fatta, acuta, stimolante, esauriente ed essenziale, soprattutto per chi non è un matematico, né uno storico delle scienze, che ti fa rimane a bocca spalancata, senza che tu possa proferire parola, esprimere concetti, azzardare opinioni, per cui… faccio un fischio di richiamo per il mio malnutrito Ronzinante e, fingendo d’essere Tex Willer che monta il suo Dinamite, e non uno sbandato cavaliere, ecco che ho deciso di partire all’avventura, dapprima al passo, poi al piccolo trotto, quindi al lesto galoppo e infine in una travolgente gran carriera. E che il dio dei ciuchi me la mandi buona! In verità, mi sento un po’ simile all’ironico Sancho, il Sanctius.

Il saggio Pillole matematiche di Piergiorgio Odifreddi (non lo è soltanto, essendo anche un libro di narrativa) è diviso in 2 sezioni: Umanesimo e Scienza. Il sottotitolo infatti è: I numeri tra umanesimo e scienza. Ognuna di esse è suddivisa in 6 capitoli, ciascuno dei quali contiene 10 articoli che l’autore ha scritto ispirandosi a quelli che ha scritto per 20 anni per la rivista Le Scienze. In tutto sono 120 pillole, che io mi sono ingurgitato in 4 giorni, con una media di 30 al giorno. Per cui sto cominciando a dare i numeri.
Divulgare: sono esaminati vari esempi di trasmissione delle parole, e un titolo (per me) migliore poteva essere Comunicare. Riporto solo la prima frase: “Divulgare significa portare a conoscenza del volgo, intenso nel senso più nobile di una popolazione generica, un pensiero che appartiene a un individuo o a un gruppo specifici.” – il che può significare: appartenente alla tua tribù oppure a quella che vai a conoscere perché non c’è uomo, primitivo o raffinato che sia, che non si senta un mezzo antropologo, curioso dell’altrui umanità. Perché l’autore ha scelto il termine divulgare? Perché è un uomo di scienza. La comunicazione è un atto, almeno per principio, paritetico. La divulgazione no. Chi sa parli e che l’altro ascolti.
Raccontare: citando La Montagna incantata (un libro che mi ha dapprima annoiato, finendo poi per esaltarmi) e Il giovane Giuseppe, entrambi opere eccelse di Thomas Mann, Odifreddi scrive che “nelle mani di un grande scrittore anche l’apparentemente arida scienza può diventare letteratura.” – come tutto, forse perfino una seduta parlamentare.
Quella di Odifreddi è una banalità che è assai difficile da falsificare. Lo ringrazio molto per avermi rammentato che ho da tempo raccolto in vari mercatini la tetralogia Giuseppe e i suoi fratelli, e che non posso più fingere di non ricordarlo.
Di Cent’anni di solitudine di Marquez, Odifreddi dice che “è considerato il più grande capolavoro della letteratura in lingua spagnola dopo il Don Chisciotte di Miguel De Cervantes…” – e qui tale giudizio poteva essere omesso, essendo tutti gli autori di valore diverso e non esistendo una misura certa del valore di un’opera d’arte (lo stesso capita per una particella subatomica). Si pensi a Giovan Battista Marino, così osannato in vita e così disprezzato dal mio insegnante liceale e oggi riscoperto. Si sa soltanto che si tratta di valori diversi, fra loro incommensurabili. So, poiché lo cita varie volte, che l’autore conosce e ammira Borges (che vagheggiò dell’“insieme dei libri possibili”).
Rappresentare: nell’articolo Musica irrazionale, l’autore dice tante cose interessanti, ma non spiega cosa significhi numero irrazionale: sono i decimali non periodici, non ricoducibili a frazione. Una situazione analoga esiste in musica, nel rapporto fra ottava e quinta. La musica e l’aritmetica sembrano gemelle (eterozigote) separate alla nascita. E mi domando come sia possibile (e se sia vero) che Beethoven non capisse la matematica. Ogni genio è assurdamente limitato, per fortuna.
In La divina proporzione, l’autore scrive che “Leonardo è stato uno dei grandi artisti del Rinascimento, ma non uno dei grandi scienzati della storia…” – e su questo il Ronzinante scalpita, sollevando addirittura gli arti anteriori. Né lui né il suo fantino capiscono cosa s’intenda con tale frase. Il suo Genio non ha realizzato grandi scoperte, ma ha stabilito, prima ancora del più giovane Machiavelli, un nuovo rapporto con la verità effettuale, col metodo sperimentale, abbandonando dopo vari millenni i si dice e gli ipse dixit. E non mi pare picciol cosa. Per quanto attiene agli “schizzi fantasiosi” di macchine e invenzioni, certo, non sono stati sperimentati ma, ipotizzo, il mio Leonardo non aveva dei grandi sponsor a disposizione. Basti dire che il più munifico era Ludovico il Moro, che però lo destinava ad altre incombenze (regie teatrali, mi pare). Leonardo aveva il desiderio d’imparare la realtà e di rappresentarne gli effetti al mondo. La sua prospettiva aerea fu un’acquisizione non soltanto estetica.
Giocare: nell’ultima pagina del capitolo, si parla degli infiniti di Conway: “tre versioni canoniche dell’infinito (potenziale, attuale e assoluto), e l’infinito potenziale risulta essere la radice assoluta dell’infinito attuale.” – poco prima l’autore aveva scritto qualcosa che mi ha lasciato perplesso: “L’aritmetica infinita di Cantor era dunque solo una sbiadita versione dell’aritmetica finita, ma i numeri surreali di Conway rimediano al problema…” – non potendo, immagino, soddisfare la mia domanda: si tratta di teorie scientifiche o religiose? Il loro Dio è infinito più per l’uno o per l’altro?
Curiosare: essendo Piergiorgio un tipo faceto, e io manco scherzo, anzi, amo scherzare, mi occupo del proverbiale quesito: “È nato prima l’uovo o la gallina?” – L’autore scrive “che si va dall’informazione genetica alle proteine, ma non viceversa: dunque, è nato prima l’uovo della gallina.” – mi oppongo Vostro Onore! facendo riferimento alle 18.922 uova e alle 2.934 gallina presenti nelle aie del comune di Sesso (poco prima di Cadelbosco di Sopra; più tardi mi recherò nel territorio di Bagno, poco prima di Rubiera, per un’analoga cernita), posso dire che, conferendo 21.856 punti al primo classificato, cioè al più anziano, e via via fino a 1 all’ultimo, il più giovane, le uova vincono per un pelo, anzi, una piuma: 11.442 contro 10414. Non posso ahimè riportare i dati di Bagno, perché le aie erano al momento tutte occupate.
Ulteriore domanda: per uovo s’intende il primo uovo a prescindere dalla specie, o quello della prima gallina francesina? Allonsanfan de la patrie!
Vivere e morire: ora, caro Piergiorgio, citi le parole del matematico André Weil, fratello di Simone: “Come insegna la Bhagavad Gita, si giunge alla conoscenza e all’indifferenza allo stesso tempo. la metafisica è diventata metamatica, pronta a formare la materia di un tratto la cui fredda bellezza non saprà più emozionarci” – il che mi pare un un atto di fede commosso che non mi sento né di condividere, né d’invidiare. Io non so nemmeno se so (e in questo sono andato oltre il Socrate platoniano), figuriamoci se ho idea di che fine abbia quella materia in cui ero bravino ma che non mi ha mai esaltato più di tanto. Debbo ringraziare te per il riporto e André per la scrittura. Lessi quel capolavoro indiano quasi 40 anni fa e, ahimè, poco lo rammento. Panta rei, specie l’effetto dei libri letti. Altro riporto da André: “La matematica non è altro che un’arte, una specie di scultura in un materiale estremamente duro e resistente, come certi porfidi usati a volte dagli scultori.” – e mi chiedo se, come Michelangelo, anche lui cavasse con lo scalpello il superfluo, mirando all’essenziale.
Descrivendo la figura della matematica iraniana Maryam Mirzakhani, scrivi: “Benché un enfant prodige spesso si essere un prodige quando cessa di essere un enfant, e in genere rientri tristemente nei ranghi degli adulti, a volte riesce a superare la condizione di Ex prodigio…” – adeguandosi a una realtà non difforme da quella precedente, ma esercitata in modo diverso, quale, mi si perdoni il termine, professionista. Quello del matematico, come diceva del suo Gino Paoli, è un mestiere, un ministerio, termine che deriva a sua volta da minus, da piccolo genio che è in grado di elargire un carismatico servizio al popolo: la scoperta e la conseguente divulgazione di cui si diceva sopra. È necessario che un matematico rimanga in fondo al suo cuore un bimbetto curioso, condizione che gli consente di voler andare oltre.
Ho avuto la curiosità di cercare Maryam su Google: è veramente, e infantilmente, bella.
Geografia: “La scienza si distingue dall’umanesimo per la sua concentrazione sull’oggettività dei dati, invece che sulla soggettività delle impressioni.” – spiegami quali dati (nel senso di acquisiti definitivamente) siano gli infiniti di quei due di poc’anzi, Cantor e Cinway, nonché i numeri irrazionali, gli impossibili e ancora di più i complessi (che sono miracolosamente necessari per taluni calcoli relativi alle particelle sub-atomiche).
Cosa succede al di sotto dello spazio di Planck? Cosa determina la scelta della particella che viene emessa e che arriva lo si sa alla fine dove arriva? La probabilità di un evento è un dato? Bohr dice che la particella esiste solo quando la si attesta. L’ho però detto alla poetesca, arruffando le parole. Rileggo il Capitolo XIV di Quantum di Manhit Kumar: secondo Bohr, “un atto di misurazione causa una perturbazione fisica”, e, poche pagine più in là, leggo ancora: “finché non viene compiuta una misurazione, né l’elettrone A né l’elettrone B hanno uno spin preesistente in nessuna direzione”: non girano? Girano senza esistere? Cosa significa esistere?
La misurazione li tramuta, li traduce in un dato? Sembra che la misurazione misuri se stessa! Cosa dice la scienza che cos’erano, quegli elettroni, prima di essa? Soltanto un’onda di probabilità? Prendiamo l’entropia: a volte (non in questo saggio) viene definita come la misura del disordine, a volte come il disordine stesso, a cui pare condannato il cosmo. È una funzione, o il calcolo della stessa?
Ancora: le particelle virtuali esistono oppure no? Brulicano o no? Pare che aiutino quelle reali a formarsi, svolgendo un così nobile lavoro, tanto che mi viene da chiedermi se qualcuno versa loro i contributi.

Parlando di quell’accidente d’essere canagliesco, cioè dell’umana specie, scrivi: “Se la nostra è così stupida da suicidarsi, distruggendo le condizioni ambientali necessarie alla propria sopravvivenza, forse merita appunto di scomparire. Ma la Terra rimarrà indifferente, e farà semplicemente posto a…” – a qualche altra canaglia? – “… a qualcun altro più adatto e meno autolesionista di noi.” – Amen e Così Sia!
Astronomia: “… sembra che la Luna si comporti più come un pianeta del Sole che come un satellite della Terra, visto che la sua attrazione verso il Sole varia mensilmente…” – il Sole attrae la Luna più della Terra. Se il sole “sparisse, la Luna continuerebbe a orbitare attorno alla Terra più o meno nello stesso modo.” – sono turbato: quante cose l’uomo ignora, nell’indifferenza degli astri!
Galileo ha scritto: “Concludo per tanto, il solo movimento cicolare poter convenire ai corpi naturali integranti l’universo e costituiti nell’ottima disposizione.” – e questo riporto tratto dal Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, del 1632, l’opera più famosa dello scienziato pisano mi pare quasi preannunciare lo spazio curvo di Einstein. Il moto, per Galileo, secondo quanto scrivi, è “circolare uniforme” e non “rettilineo”.
Bisogna ammettere che ogni tanto spari un titolo originale del tipo: Oggi le coniche, Attrazione fatali, Formule ecumeniche, I Fisici danno i numeri, dimostrando di essere un buon umorista.
Fisica: “In realtà, oggi diremmo che Galileo aveva torto nella sua maniera di aver ragione, o ragione nella sua maniera di aver torto.” – perché usava “sì una lingua matematica, ma con caratteri dell’analisi, invece che della geometria.” – e mi domando se sia mai esistito un essere umano che non abbia mai avuto torto in maniera ragionevole e ragione in maniera tortuosa.
“… nel caso dell’equazione di Schrodinger si capì che tutto ciò che sta nel passato è una particella di materia, e tutto ciò che sta nel futuro è un’onda di probabilità: è solo nel presente che le due realtà si incontrano, dando luogo al dualismo onda particella.”
Nelle equazioni di Maxwell, “tutto ciò che sta nel passato è una corrente, e tutto ciò che sta nel futuro è un campo: l’onda che va dal passato al futuro corrisponde al campo elettromagnetico causato da una corrente, e l’onda che va dal futuro al passato corrisponde alla corrente causata da un campo elettromagnetico.”
Fisici come Julian Barbour e Carlo Rovelli affermano che il tempo non esiste. Per Rovelli lo spazio non è che un grumo che gira su di sé secondo il proprio loop. Esiste una diatriba (si fa per dire, perché quei due umani erano assai poco social) fra Dirac e Majorana sul neutrino proveniente dal futuro che, secondo il parere espresso da João Magueijo in La particella mancante vide la vittoria (sempre si fa per dire) del grande ed enigmatico fisico catanese.
Nel tuo saggio non è emerso che esistono diverse teorie della fisica che determinano tante Chiese diverse e contrastanti: la meccanica quantistica classica, espressione che pare un ossimoro, che si contrappone alla relatività generale; la gravità quantistica a loop che tenta di unificare le due scuole di pensiero scientifiche, rischiando di fare la fine dei sikh che, tentando di conciliare induisti e islamici, furono da entrambi quasi sterminati. Poi ci sono i fisici delle stringhe, detti stringaroli da chi li disprezza, come i rovelliani sono detti lupparoli. Leon Lederman, premio Nobel, in La particella di Dio, ammise che i fisici teorici trattavano quelli sperimentali con supponenza. La fisica, in fondo, è bella e affascinante perché è confusamente varia.
Feynman, ispirato da Dirac, propose “di interpretare l’antimateria come materia che viaggia all’indietro nel tempo…” – e io rammento l’immagine di una particella e un’antiparticella che, incontrandosi, s’annichilano fra loro, liberando un fotone, per il quale il tempo è nullo. Chiaro, no?
Chimica: nell’articolo Orologi geniali, scopro finalmente come, col carbonio 14, si riesce a misurare l’età appossimativa di un fossile. Potrò mai ringraziarti?
Parlando del grafene, ammetti che “per andare oltre queste sottigliezze, c’è solo un modo: lasciare questo mondo, e smaterializzarsi nella pura matematica.” – dopo di te…
Biologia: “Alcuni risultati classici dimostrati da Fisher sono che la probabilità di adattabilità di un organismo in seguito a una mutazione è inversamente proporzionale alla grandezza della mutazione, e la probabilità di sopravvivenza di una propolazione è proporzionale alla sua varianza genetica.” – e questo tu lo sai sintetizzare in modo mirabile: “… un grande cambiamento è pericoloso per un individuo, ma una grande diversità è vantaggiosa per una popolazione.” – e forse una percentuale non bassissima di babbei sarebbe platonicamente utile. La vergognosamente battuta che ne consegue è: ma se tutti fossero geni chi lavorerebbe la terra?
“… la matematica da sola non basta, nelle applicazioni, perché non tutto ciò che può esistere in teoria esiste effettivamente in pratica. Ma questo, lungi da essere un difetto, è un pregio che rende il gioco più interessante.” – e questo pensiero dà l’idea della capacità che hai di affascinare il lettore, riuscendo a mostrare, uno dopo l’altro, tutti i lati delle questioni, anche dei cerchi.
“… l’attrazione che esercitiamo su un’altra persona non dipende dal numero di aspetti su cui lei concorda con noi, ma dalla loro percentuale rispetto al totale…” – e qui annuisco scuotendo la testa, essendo abbastanza d’accordo, pur ricordando che talvolta si prova kam’a, termine sanscrito che indica passione (da cui amore, amicizia, kāmasūtra) per un particolare celato e ignobile (che probabilmente possiede un valore altissimo) e per null’altro.
Intrigante è quanto dici sul “prezzo da pagare” per raggiungere una “stabilità” nei matrimoni, e qui saggiamente non mi curo di te ma guardo e passo.
In quanto a Romeo e Giulietta che citi poco dopo, mi son sempre domandato che sarebbe accaduto al loro menage se fossero convolati a giuste nozze; e perché la coppia di Andy Capp e mogliettina duri da così tante strisce: merito solo di Flo?
Economia e Politica: pensa che da principio avevo scritto, per lapsus linguae, Economia e Finanza, essendo la Politica pressocché svanita in questa penosa temperie, seppellita dalle due voraci bestie.
Un plauso alla memoria della “Jeanne Calment di Arles”, 90 anni suonati, che “barattò la propria casa nel 1965 per un vitalizio, e morì nel 1997 a 122 dopo aver incassato il doppio del suo valore” – e su Zio Google scopro che era alta metri 1,52. Ed era anche carina! A Pixuntum direbbero di lei che era zica e mal ‘ncavata.
Poco sotto leggo che prima del vaccino effettuato nel 1796 con sieri derivati da vacche ammalate di vaiolo, si propinava agli umani una dose “debole di vaiolo umano”, che talvolta causava dei decessi. Non so se sarei stato un novax all’epoca. Penso di sì.
Proponi un bieco esperimento mentale: “un trattamento medico” ti può “procurare la morte”, ma se sei più fortunato può allungarti la vita “fino a 200 anni”. Lo accetterei? Forse sì. Lo consiglierei a un figlio? La logica direbbe di sì, il cuore rimarrebbe nell’angosciante e ondulatoria incapacità di scegliere. Anche se sarebbe logico proporlo a chi non vuoi vedere morire.
Quando dimostri “che la democrazia non è altro che un flatus vocis: cioè, sarebbe una bella idea, ma purtroppo non ha alcun riscontro nella realtà.” – mi trovi d’accordo al 101%, ma sono convinto che le sue deficienze siano preferibili alla dittatura o all’anarchia del potere, come la chiamava Pasolini.
Ogni Costituzione di leggi vale al pari di un postulato necessario, anche se non sufficiente. O di un assioma, o di un dogma. Come vuoi tu. È il fondamento su cui è edificata una società democratica, e null’altro. Che sia poi possibile realizzare la democrazia, anzi, la politeia, lo ignoro. Tendere a essa all’infinito, sì.
Ti do una bella notizia: finalmente sono riuscito a non comprendere una tua descrizione: quella sul “coefficiente” di “Corrado Gini” – e avendo capito quasi tutto (può essere che abbia poi dimenticato la maggior parte delle nozioni testé imparate), il non capire nulla a proposito di un unico argomento, per la legge delle probabilità, è necessariamente un fatto causato dalla tua incapacità di spiegarlo. Per dimostrare la mia non colpevolezza, guardo su Zio Google. No, non capisco ancora. Anche Zio Google sta purtroppo invecchiando, poveretto.
Rido, fortemente, quando parli di “Bush I” – a cui fece seguito Bush II, e mi auguro che non abbia visto la luce il III. Ti pongo una domanda improvvisa, che non c’entra nulla. Hugh Everett III ha ideato la teoria dei multi mondi (IMM). Gli altri due in che mondi vivono?
In Un risultato che scotta, ridicolizzi un noto comico-politico. Mi domando se saprà mai che l’hai definito “malato di mente”.
In Economia verde, descrivi e falsifichi la formula che Bill Gates ha concepito per salvare il mondo: “P x C x E x A”, dove le quattro lettere stanno per: “popolazione mondiale”, “quantità media di servizi e beni consumati”, “energia media richiesta per la produzione”, “quantità media di anidride carbonica liberata dalla produzione di energia”. Secondo Bill, il prodotto dovrà essere pari a 0. E tu mi hai convinto che ciò è impossibile.
Concludi il saggio con queste frasi: “Chi vivrà, vedrà. Per ora, noi ci fermiamo qui.” – io no, che devo andare al più presto a scriverne.
Le lettere sono come i numeri. Le parole sono come le cifre. Le equazioni matematiche sono come i racconti: prima s’imballano e poi conviene sballarli. E con quest’ultima fesseria ti ringrazio e ti saluto.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Piergiorgio Odifreddi, Pillole matematiche, Raffaello Cortina Editore, 2022