“Deserti” di Carla Perrotti: viaggi ed emozioni irripetibili

Deserti di Carla Perrotti mi dà, credo volontariamente, una spiegazione esistenziale. Ogni libro è un maestro che ha il dovere di in-formare i suoi allievi-lettori. L’importante è saper evitare non i cattivi maestri, ma quelli che se ne fregano di te e il cui unico motivo per scrivere è d’acquisire parte delle sostanze e della mente del prossimo.

Deserti Carla Perrotti
Deserti Carla Perrotti

Sto pensando a vari esempi di tali insetti (con tutto il rispetto per tale classe di animali), no, per tali vermi, peggio ancora, ma possibile che non si possa fare a meno di tirare in ballo gli animali quando si depreca l’operato di certa gente?

Leggendo Amare gli animali di Joanna Bourke mi sono reso conto di un paio di verità collegate fra loro: l’uomo è l’animale più feroce e, al contempo, quello più disposto ad amare le altre specie. Comprese le zanzare, perché no?, magari cercando di evitarle più che di schiacciarle. Immagino che anche il buon giainista non apprezzi la puntura di un dittero o la punzecchiatura di chi ti fa notare ironicamente che hai un livido rossastro su un braccio (un néss in arşân).

Vuoi mettere però quel microscopico incidente con gli effetti distruttivi della bomba atomica per cui creparono alcune centinaia di migliaia di giapponesi nel ‘45?

Che dire della storia umana in cui è dichiarata la nazione vincente quella che ha causato più lutti?

Sto leggendo Con la legge e con la spada, romanzo storico di Michela Rivetti, in cui si rievocano le lotti tribali di alcune famiglie facoltose di Reggio Emilia del XVI secolo. C’è da vergognarsi a essere non solo reggiani ma umani e (cosiddetti) civili, facenti parte della fetta di popolazione più ricca (e più causa di disgrazie) del mondo. Piuttosto che Reggiani, Modenesi, Parmigiani etc, ma anche Romani, Berlinesi, Newyorchesi, Londinesi etc, non sarebbe più salubre, per chi abita ‘sto umido pianeta, essere Tuareg, Chipaya o Boscimani? Non lo so.

Quei popoli, si dice, stanno sparendo. Noi rimarremo fino alla probabile rovina finale. Immagino il viaggio umano di Carla Pedrotti, proseguito anche altrove e descritto in un altro paio di reportages, come la ricerca di un’eventuale risposta. Se c’è!

Il Ténéré, il Salar de Llyuni e il Kalahari sono i tre luoghi da lei visitati e affrontati col cuore, le gambe e con tutta se stessa, e con Tuareg, Amerindi e Boscimani.

Leggo nella Prefazione alla muova edizione de Deserti:Quando Deserti è stato pubblicato nel 1998, non avrei mai immaginato che avrebbe avuto una vita così lunga, ventiquattro anni, tutto sommato ben portati.” – come uno zaino sulle spalle, immagino. Questa è la prima immagine che ho di te, Carla, in copertina, dove ti vedo seduta su una duna, bardata quasi dappertutto al fine di limitare al massimo le scottature, immagino. Se non fosse per le braghe, sembreresti un’islamica avvolta nei suoi stretti indumenti.

La prima frase del lungo esergo ne Deserti è:Non è vero che i fatti succedono per caso, sono convinto che siano frutto di una predestinazione” – e questa è la domanda che più abbonda di (sempre e solo ipotetiche) risposte, nessuna delle quali ha un senso compiuto. Non meno deficitaria delle altre, la mia è che anche la più sperduta delle particelle insegue una sua traiettoria, come è teorizzato nel paradosso del tunnel quantico. Se emetti un numero sufficiente di particelle è altamente probabile che almeno una di esse possa oltrepassare la più densa delle barriere, perché a essa basterà la speranza, che alla fine diventa certezza, di poterla oltrepassare. Tu sei quella particella.

“Se c’è una cosa che non mi è mai mancata, questa è la determinazione nel raggiungere un obiettivo nel quale credo.” – e poi parli “di predestinazione” – e, tanto per scrivere la prima piolata, ti dico che, per andare dove si deve andare (questo era anche il fine milanese di Totò e Peppino), occorre che qualcuno o qualcosa sappia dove favorirci il percorso. Allorché saliamo su un pullman o su un aereo la nostra aspettativa è che l’autista sia informato della traiettoria da seguire.

Dall’auto, “Ne esco vestita come una nomade, con larghi pantaloni da cammello e casacca lunga sino alle ginocchia.” – e mentre tutti intorno a te ridono e strepitano per il tuo abbigliamento, non puoi esimerti dall’unirti allo schiamazzo “tanto per fare qualcosa” – al di là dell’imbarazzo che dici di provare. Ormai, sento che un po’ mi mancherà il tuo ilare senso di accettazione di te.

Ti aspetta una specie di polveroso Eden: “Chi ha visto le saline non le dimentica più. Se mai esiste l’inferno, io lo immagino così.” – in cui sono i demoni che lo abitano a temere la nostra prossima, inevitabile, invasione…

“Per la prima volta mi trovo di fronte un’entità della quale non sospettavo neppure l’esistenza: l’altra parte di me.” – e questi momenti, che ognuno di noi prima o poi sarà costretto ad affrontare, mi costringono alla seconda piolata: speriamo che solo la prima volta ti dolga un po’.

“Anche il più umile dei tuareg conserva un’eleganza e una regalità non comune.” – forse perché tutto dev’essere in ordine se si vuole sopravvivere in un mondo che è già disperso per conto suo? Noi occidentali siamo abituati a produrre un’immensa entropia, tanto ogni mattina passerà chi smaltirà i nostri rifiuti umani, tanto che arriviamo a narrarci la menzogna che più consumiamo più risorse ci aspettano dietro l’angolo.

Il mondo di questa desertica gente mi pare regolato dall’essenzialità, che ai nostri occhi può parere mistica, e che è invece sorta dall’umana necessità di sopravvivere in un ambiente in cui i problemi, pur molteplici e mai del tutto programmabili, sono sempre gli stessi, alternandosi con una certa regolarità.

“… intanto come farebbe un animale comincio ad annusare l’impasto…” – e questo, presso tutti i popoli, è l’inizio dell’integrazione fra le diverse persone: a tavola non s’invecchia, e si lotta con la morte, questo ho imparato nutrendomi nel nord e nel sud della mia nazione.

“Non abbassano il velo per metterli in bocca, ma li fanno passare dal collo e così non riesco a capire se siano di loro gradimento o meno, l’espressione degli occhi non sembra manifestare un particolare disgusto e nessuno li sputa.”: hanno gradito il cibo che dona loro la sopravvivenza.

Come hanno gradito te. Qualcuno ti dice, mostrandoti simpatia: “Comunque no, non ti avremmo abbandonata.” – perché sei parte della tribù, ormai, anche se a tempo determinato.

A pagina 44 de Deserti confessi che non puoi fare a meno della tenda, perché sei l’unica donna e perché pure a te scappano alcune “piccole necessità” – per cui invochi un minimo di privacy.

In quelle circostanze il cammello è un con-sorte: “la cosa più importante è imparare a caricarlo…”.

Un compito che ti aspetta è che: “per prima cosa devo infilargli la corda in bocca!” Ti lascio un po’ sola, ora, che hai tanto da fare e da patire in silenzio.

“Essere nomadi vuol dire sì essere liberi, ma con regole molto rigide da rispettare per se stessi e per gli altri. È questa la grande lezione che si impara dal deserto.”

Una frase viene ripetuta a pagina 58 e a pagina 59: “Ciò che il deserto vuole è del deserto.”

Ognuno dà quel che ha perché, se ama il suo prossimo, è giusto che lo doni. Anche tu.

“Ci salutiamo con un abbraccio, contro ogni regola tuareg.”

Un altro luogo ti attende: la Bolivia col suo Salar de Uyuni.

“I Chipaya non cacciano per divertimento, ma soltanto per procurarsi il cibo.” – sicuramente anche i giaguari e le zanzare. “Per la maggior parte i Chipaya sono di religione cattolica, pur mantenendo vivi ancora oggi numerosi riti pagani…” – beh, sono cattolici romani quasi al 100%!

“… fa un certo effetto muoversi in un ambiente sahariano a 5000 metri di altezza.” – forse ci credo.

“… la mia mente è già partita per una delle sue fantastiche avventure, allora incomincio a seguirla…” – e io ti vengo dietro, aspramente seduto sul mio sofà…

Ti sfugge ancora un po’ d’autoironia, mentre descrivi il tuo necessario modo di camminare: “ne viene fuori una camminata ciondolante e anche un po’ buffa che ricorda quella delle papere, ma funziona.” – tanto da rimanerti per sempre nell’anima.

“… e alla fine arrivo alla conclusione che deve esserci qualche forza superiore a proteggermi…” – chiamala, se vuoi, religione: se dio muore, si può sempre programmare un miracolo perché torni a proteggerci. Trattasi di scelta-legame, e non ci sono né santi né madonne: essa ci terrà imbrigliati, a volte per sempre, a volte no. A volte mi dico che sono felice che mi sia andata bene fino a qua e se talvolta m’è andata male l’importante è che ancora ne possa parlare. Vivere per raccontarla di Gabriele Garcia Márquez è uno dei libri che ho più amato.

“Ritengo che sia l’equilibrio, tanto interiore quanto esteriore, la vera forza che governa il mondo: quando per qualsiasi motivo viene a mancare è il caos.” – la singolarità e l’entropia, fingendo di litigare, sempre collaborando in ambito locale, danno una sensazione di sicura insicurezza.

“Ogni tre ore consulto il GPS…” – questo mi fa pensare al fatto che, ovunque ci recassimo in gita, mio papà non perdeva mai il suo senso della navigazione. Ne Deserti citi ogni tanto Ambrogio Fogar, che attraversava ogni sorta di ambiente marino o ghiacciato, eppure confessava di perdersi un po’ allorché gli capitava di andare in una città che traboccava di segni umani. Forse il segreto è di smettere di pensare a se stessi come a un centro, ma come a un lato che si prolunga obbligatoriamente verso una figura globale. Facile a dirsi…

Mi piace come saluti i tuoi compagni di ventura: “Grazie, Chico, senza te non sarei mai arrivata a realizzare il mio sogno, mi mancherai.”

Si va ora nel Kalahari. Se t’interessa, ho rinvenuto un refusino a pagina 130 de Deserti. Poco importa, dai.

“Ho letto molto sulle capacità medianiche dei boscimani.” – io no, ma grazie a te sono ormai collegato alla loro umanità; entangled dicono i fisici laureati.

È uno dei popoli più simpatici che abbia conosciuto, sia pure su ‘sti fogli di cellulosa.

“Questa gente ha un concetto di tempo molto diverso dal nostro, non sembrano attribuire grande importanza al trascorrere delle ore.”this is the problem!

Cogli un paio di misteri nel viso di ciascuno di loro: l’assenza di “espressione annoiata” e l’abbondanza di “gioia”. In più aggiungerei: l’assenza di elementi caratteriali, essendo tutti fra loro solidali e tranquilli. Ma siamo sicuri che siano umani come noi?

“Nessun boscimane uccide un animale se non è necessario per sopravvivere e quando sono costretti a farlo si scusano con la vittima.”questo ti dice Kansi, il tuo compagno di viaggio, e “… riescono a trasformare ogni gesto, anche il più semplice, in poesia.”

Sto pensando all’âqua druvêda dei nostri paesi montani, che era destinata a infiniti usi, non solo per lavare o cucinare: “Per i boscimani ogni cosa ha valore e non sprecano mai niente, utilizzano tutto fino in fondo.”

I pellerossa non buttavano via nulla dei bisonti uccisi. A Reggio diciamo che del porco nulla va gettato, men che meno i loro grassi (che servono a produrre i ciccioli).

“Ricordati che la vita è gioia, qualsiasi cosa succeda durante la nostra esistenza fa parte del percorso da seguire.” – se fosse vero, forse mi sparerei (una mezza cannetta).

È che non potremo mai accertarlo, soltanto augurarcelo. La fede non m’appartiene, al momento almeno, ma a un pizzico di speranza non intendo rinunciare.

Repetita juvant:Ricordati, qualsiasi cosa succeda, la vita è gioia!”

Carla Perrotti citazioni deserti
Carla Perrotti citazioni deserti

Un altro insegnamento (tuo, stavolta): “Il vero campione è quello che sa perdere.” – e il vero lettore è quello che sa perdersi leggendo. Per poi ritrovarsi nel prossimo tomino. So che ne hai scritti altri due. Questo l’ha regalato la cugina Paola a mia sorella Mariagrazia per il suo compleanno. E che anche gli anni prossimi festeggerà a circa metà aprile. In me sonnecchia un vispo parassita, lo so.

“… però ho tutta la faccia bagnata e la pelle beve avida l’umidità rimasta.” – allora mi alzo e vado a berne un goccio.

“… ho avuto di nuovo la prova di quanto piccoli e inermi siamo noi esseri umani al cospetto della natura.” – e sento che anche lei ogni tanto fa finta di essere al nostro cospetto.

A te, che vorresti innalzare al sommo grado “Il Piccolo Popolo”, dico che anch’io intendo collaborare, nel mio piccolo: solo chi è boscimano o aspira a diventarlo può giungere a capirci.

Leggo le varie uscite della collana Exploit. Il mio commento è: Mamma mia, quanti sono gli umani ex-agerati!

Pensa che il titolo che più m’intriga è: Le cose che ho imparato cadendo di Claire Nelson!

L’importante, ogni volta, è, come Gabriel sta ancora narrandoci da lassù, saperla raccontare…

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Carla Perrotti, Deserti, Corbaccio, 2022

 

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