“Secondo natura” di Eva Cantarella: l’essere umano è bisessuale?

Secondo natura di Eva Cantarella è un’indagine necessariamente complessa su un tema infinito, cioè non limitato a un discorso meramente sessuale, ma che coinvolge tutti gli aspetti culturali connessi alla civiltà umana.

Secondo natura di Eva Cantarella
Secondo natura di Eva Cantarella

Come già definito da Herbert Marcuse in Eros e civiltà, reazione sui generis a Il disagio della civiltà di Sigmund Freud, occorre trovare un modo per conciliare quel che è tenuto a fare l’umanità per gestire se stessa e per rendersi, al contempo, soddisfatta di sé. Il quale problema ha avuto riscontro nella maggior parte dei tempi e dei luoghi.

Che ne è oggi della cosiddetta rivoluzione sessuale che ebbe luogo alla fine degli anni 60? La domanda presuppone che molto sia cambiato dagli inizi del secolo scorso, allorché esisteva un’oppressione dei costumi che riguardava tutti, soprattutto le donne. Si pensi alle Mura delle Cattive (leggi captive, prigioniere), che era la terrazza dove erano tenute a pascolare le vedove, manco fossero armenti, che oltre quel recinto non avevano l’opportunità di recarsi.

Oggi né l’uomo né la donna ha raggiunto, e non pare sia intenzionato a farlo, la spontaneità sessuale di un felino in calore. Il motivo è semplice: è una bestia umana, non in sintonia con le altre. È un animale culturale, com’è stato definito nel suo saggio dall’etologo Danilo Mainardi. È la cultura quel che ci frega, spedendoci magari sulla Luna e illudendoci di credere d’essere superiori a tutte le altre bestie e meritevoli di un paradiso terrestre. Salvo poi farci incantare da un (nostro) filosofico daimon che c’induce a peccare, a scivolare sui gradini dell’esistenza, palesandosi ai nostri occhi dopo aver assunto, per dirne una, la forma di un ofide.

Una domanda che vorrei porre non tanto a Eva Cantarella, ma soprattutto al narratore che per primo formulò la storia di Adamo ed Eva non è se quei Due Primigeni fossero felici, ma come passassero normalmente il tempo libero in quell’Eden. In modo spicciolo, gli chiederei: facevano sesso? Non dico giungere a un coito mirato alla riproduzione, che manco serviva, ma a qualche amorevole bacio, ogni tanto una coccola, un po’ di sano petting e quant’altro. Nel farlo, eventualmente, si sentivano in colpa? Si sentivano spiati, immagino. E nessuna cantina o soffitta sarebbe stata in grado di celarli agli occhi infinitamente percettivi del Nume Pantocratore, a cui dovevano la vita, nonché eterna sottomissione. Forse fu per questo che la loro esperienza sarebbe divenuta di tipo culturale, fatta di sotterfugi, finzioni e poesia.

Se la Storia fosse, come credo che sia, un crogiolo di artefatte rappresentazioni mirate alla descrizione di quel che si vorrebbe fosse accaduto, essi sarebbero stati i primi autori storici. La falsificazione di tale teoria risiederebbe nel fatto che essi non sono mai esistiti, al di là di quello che ci viene insegnato fin dalla prima infanzia, e che troverà sempre qualcuno fedele a tale idea.

Gradirei sapere che ne pensi un Testimone di Geova della teoria (popperianamente falsificabile in quanto scientifica) che l’homo abilis (tale nei confronti degli altri primati), poi detto erectus, si sia evoluto in sapiens (mischiato al neanderthaliano), e poi, si disse, in sapiens sapiens (anche se tale ultima trasformazione viene oggi ritenuta oziosa dagli studiosi).

Che verrebbe da pensare ai cultori della razza italica a proposito della teoria che quel relativamente moderno homo si sia trasferito illo tempore dalle torride savane africane alle gelide terre del nord, fino a colonizzare, sparo alcune lande a caso: il Kuwait, la Lombardia, la Norvegia etc etc, risalendo al Polo Nord, per poi scendere a sud per l’altro versante del globo, spargendosi sia a ovest che a est? Quell’umana gente era munita di archi, di frecce, di pomici e di pulsioni sessuali. E di propositi culturali.

Non so davvero come affrontare Secondo natura di Eva Cantarella. Ogni pagina è densa di informazioni, alcune delle quali mi colgono impreparato! Assai m’intriga, per esempio, quel “coito intercrurale” che, lo confesso, ancora non ho sperimentato nel corso della mia scarna esistenza.

Non mi resta che abbarbicarmi alle varie sottolineature. Non solo le mie, anche quelle di chi m’ha preceduto (il libro Secondo natura è stato acquistato usato) e che mi pare (non so bene perché) che sia stata una donna. Il mio è sicuramente un pregiudizio sessuale.

Ella (o egli?) nel suo tempo di appassionata lettrice (per certi termini lo schwa è arduo da inserire) sottolineò: “La cosa è ancora più manifesta in un ambiente militare: in questo si tende a squalificare l’amore normale dell’uomo per la donna, esaltando un ideale fatto di virtù virili…” – i puntini sono nel testo che però appartiene a H. I. Marrou, storico (uomo) francese, e il discorso sorge perché egli sta tentando di dare un senso alla “pederastia” – la cui “essenza” è sorta, pare, da “un cameratismo di guerrieri” – tanto che si può quasi giurare che “L’omosessualità greca è di tipo militare…” – risultando per altro di una certa utilità in battaglia. Poco dopo, Eva Cantarella, il cui nome di battesimo mi dà da pensare, è talmente generosa nel narrare di tutto e di più, che mi ingiunge di suggerire alla lettrice/lettore del suo lettore di cacciare in un angolo il mio limitato testo (e anche il cellulare o il computer grazie a cui esso è diffuso) e di andare a cercare l’opera originale, non necessariamente cartacea, da cui possa attingere in diretta il suo effettivo pensiero. Tutto ciò l’ho scritto all’1% per schêrs (celiando) e al 99% per dabòun (davvero).

I capitoli de Secondo natura sono otto, quattro che riguardano l’antica Grecia (il suo medioevo, l’età classica, i rapporti delle varietà sessuali in riferimento alla filosofia e alla letteratura, e, dulcis in fundo, le donne omosessuali); e quattro che descrivono i costumi della più recente Roma, dall’età arcaica, fino all’impero, con la momentaneamente definitiva (la storia, nonché la sessualità, è un susseguirsi di ossimori duri da rodere) metamorfosi dell’etica sessuale in quel mondo che in parte fu e in parte resta ancor oggi in auge.

Sto scrivendo ‘ste frastornate righe la mattina successiva al termine della lettura del saggio Secondo natura, e dopo aver digerito, sognando, alcune delle evesche Conclusioni. L’unica mansione che mi resta da compiere è di spiluccare qua e là, ribadendo il fatto che è solo attingendo al testo originale che si potrà avere una pur frastornante idea dell’evoluzione della bisessualità nel mondo antico sito a est rispetto allo stretto di Gibilterra e a ovest della Russia. Nulla o quasi riguarda quel che è occorso in altri tempi e lande.

“Pur essendo un rapporto erotico, inoltre, il rapporto con un ragazzo non era puramente sessuale: esso era strettamente legato alla socialità, ai riti conviviali, a momenti d’incontro nei quali il pais non era solo l’oggetto del desiderio.” – tento una sintesi: era un atto in permanente evoluzione.

“Le regole del corteggiamento eterosessuale, infatti, prevedono come sbocco finale (quantomeno possibile), la capitolazione della donna. L’onore della donna non consiste nel rifiutarsi sempre e comunque, ma nel cedere al momento giusto.”: ogni forma di società determina quantisticamente (incertamente e provvisoriamente) quel dato momento, né prima né dopo. Pare una sorta di caccia alla volpe, che dev’essere sacrificata al momento clou, non quando pare al cacciatore. Il chiodo (clou) serviva per appendere la preda. Tale era l’opinione in voga a quei tempi, in quei luoghi. Ora non più, almeno credo. A me non gusterebbe una compagna cadavere, ma la desidero respirante quanto me. Non la rigetto, semmai la seppellisco. La solitudine sessuale può rappresentare, in taluni accadimenti, il meno peggio dei risultati finali. La particella esiste o cessa di farlo, dice Niels Bohr, allorché viene attestata o cessa di esserlo.

“… una legge” dell’epoca “vieta agli schiavi di essere l’amante di un ragazzo libero, o di corteggiarlo, pena cinquanta frustate…” – si badi qui al significato di amante: colui che punta a penetrare o a coccolare. All’uomo libero è liberamente concesso, purché il ragazzino abbia come minimo dodici anni (pais, fino ai vent’anni, secondo i calcoli di Pitagora). I termini successivi, di cui non specifico il tedioso dato temporale (covato però nel testo), sono: “neēniskos”, “neēnies” e “gerōn”.

A pagina 58 de Secondo natura, la lettrice/lettore precedente sottolinea il titolo di un sottocapitolo: 4 – L’età per amare e quella per essere amati. E pure questo: “Evidentemente, amare un fanciullo troppo giovane era considerato assai più riprovevole che amarne uno troppo vecchio.” – ogni età ha il suo peso specifico che, nel secondo caso, si può camuffare facilmente: il problema si fa cogente al sorgere dei primi foruncoli piliferi siti nel viso: tempus fugit inter pilos (piolata). La barba è il simbolo della raggiunta maturità (che sarà perciò negata alla donna). Da rimembrare che barba in tante lingue è sinonimo di saggio zio.

“A differenza di quanto accade oggi (quantomeno di regola) tra due adulti omosessuali, nella coppia greca – infatti – non esisteva interscambialità di ruoli.” – non troppo stupisce quell’evesco infatti. Non so come dirlo, ma “il modello virile della bellezza, infatti, comportava un fallo di piccole dimensioni e delle natiche ben formate dagli esercizi sportivi.” – infatti la scultura classica presenta peni un po’ ridotti. Il mito di Priapo erigerà in seguito divergenti motivazioni.

Lo ripeto e ora, Eva, inizio a darti del tu: ogni tua pagina è portentosa, poiché brilla di informazioni, di acume e di mirabili ironie.

“Così come quella femminile, la prostituzione maschile era di due tipi: la hetairēsis, appunto, e la porneia…” – per cui variavano (ma non troppo) le regole. V’era anche una differenza finanziaria: “Il pornos, infatti, e solo lui, era iscritto in appositi elenchi, e doveva pagare una tassa, detta il pornikon telos.” – similmente, nei fatti, oggi, in Italia, i commercianti e i coltivatori diretti sono iscritti nei rispettivi elenchi, mentre gli artigiani sono annotati in un elitario Albo.

“… agli effetti della sanzione, tra hetairēsis e porneia non vi era differenza alcuna…” – essendo contrapposte le rispettive figure. In Italia il contributo fiscale e previdenziale fra artigiani e commercianti non diverge che di pochi euro. I coltivatori diretti fanno storia a sé (divisi in quattro fasce reddituali).

In teoria (ma è la pratica che riesce difficile) anche la Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo, con una sentenza del 20 novembre 2001, dichiara tassabile la prostituzione ma solo dov’essa è ritenuta legale. Un giorno il discorso potrebbe toccare a ogni profitto diversamente legittimo. Ma andrebbe, immagino, compiutamente razionalizzato. A chi partecipa a produzioni porno (purché in regola) deve spettare il diritto-dovere alla contribuzione fiscale, previdenziale (e infortunistica).

In quel tempo, chi si prostituiva “perdeva, se cittadino, il diritto di partecipare alla vita della città…” – intesa in senso culturale (e giuridico). Mi chiedo perché, oggi, se un ispettore del lavoro s’imbatte in una persona extracomunitaria intenta al lavoro e priva del permesso di soggiorno, sia tenuto a chiamare la forza pubblica, per poi necessariamente segnalare il fatto all’Autorità Giudiziaria. E quale ipotetica esenzione debbano avere coloro che si prostituiscono, in genere, nelle vie periferiche. Una volta, a Reggio Emilia, erano rinomate le meretrici (da merēre, lucrare) di viale Montegrappa, in pieno centro storico, a un tiro di preservativo da via Emilia San Pietro. Oggi non più. Anzi: piú, cosí scrivi tu, Eva, o il tuo editore. La i e la u andrebbero sempre accentate in tale breve maniera, ma in pochi si dilettano a farlo.

“… ‘contro natura’, per Platone, è qualunque rapporto (omosessuale o eterosessuale che sia) non finalizzato alla procreazione.” – concetto etico,[1] si direbbe oggi, di stampo cattolico.

Sono stati celebri, e tanto irrisi, quei signori di Sant’Ilario d’Enza, appartenenti a una nota congrega religiosa, che, si dice, senza che però ne risultino prove, che usassero fornicare addobbati con un’ampia veste in cui era inserito un necessario foro all’altezza del pene.

“E non è tutto: oltre che dal marito, la donna deve essere controllata dallo Stato.” – oggi lo sono entrambi nella stessa misura (si è qui nel sottocapitolo dedicato ad Aristotele).

Licino crede “che tutti gli uomini debbano sposarsi. Ma, al tempo stesso, penso che si debba consentire loro di amare i ragazzi, coltivando cosí la parte migliore di se stessi.” – essendo l’amante inteso come personal trainer. Qui, Eva, non hai riportato il testo originale, ma compiuto un’esegesi.

“… per i greci il vero amore, la passione, quella che dà angoscia e tormento, era l’amore omosessuale.” – punto.

“L’omosessualità, nei circoli femminili, non è pedagogica: è un rapporto elevato, ‘colto’. È qualcosa che nobilita, come sempre fa (secondo quanto si suol dire) il rapporto d’amore. Ma non è altro che questo: amore, appunto.” – scambio abbastanza equilibrato, da quasi pari grado. Si sta parlando ora dell’epopea letteraria e umana di Saffo.

“Ma ben presto le cose cambiarono. I thiasoi scomparvero, e, con essi la possibilità offerta alle donne di coltivarsi: e, forse, anche quella di amare veramente.” – che peccato di Dio! Detto con cui s’intende affermare: Che spreco esistenziale!

Furono quegli afrodisiaci luoghi d’istruzione femminile giudicati un’inaccettabile fonte di peccato. La donna è tenuta a restare rinchiusa fra quattro mura, mentre “gli uomini, quando sono stanchi di stare in casa, possono uscire e distrarsi ‘con qualcuno che è philos’: vale a dire, chiaramente con un erōmenos.” ovverosia un adolescente di bel garbo.

Ora tocca a Roma, starei quasi a dire, istintivamente, purtroppo: “per un romano, infatti, l’espressione massima della virilità consisteva nel sottomettere gli uomini. Troppo facile e troppo poco, per un vero uomo, far soggiacere ai suoi desideri le donne.” – e questo, da Roma, al momento, è tutto. Ma un giorno cambierà, vedrai.

Infatti! Come amo questo tua espressione così sottilmente congiuntiva e astutamente coordinata!

A pagina 135 de Secondo natura scopro l’etimo di escort: “scortum” – prostituta, scorta che ti scorta. L’importante è saperla scorgere mentre brilla tra la folla, per poi eventualmente assumerla.

“Lo stupro, insomma, non consisteva nell’imporre un rapporto con la forza: consisteva, semplicemente, nell’avere un rapporto illecito, anche con la persona consenziente.” – anche se l’etimo pare riferirsi alla radice sanscrita tup-, stup-, affine a stud-, da cui anche ottundere: “consisteva, semplicemente, nell’avere un rapporto illecito, anche con persona consenziente.”da penetrare, in altre parole. Amo anche quel tuo avverbio di modo, semplice ed efficace.

Non sottolineo più nulla da pagina 139 a pagina 178, chissà perché.  Intuisco: perché ovunque, e a Roma in primo luogo, gli stupri sono sempre simili a se stessi.

Quei “ragazzi”, “Quando saranno meno dolci, meno belli, quando avranno assunto inesorabilmente un aspetto virile, non saranno piú corteggiati…” – e così imparano a maturare…

Tralascio la tua descrizione dei “personali tormenti” di Virgilio, che sono ricavabili tra pagina 180 e 181. Molto interessanti, davvero. E vanno letti sul posto.

Faccio un felino balzo a pagina 199:Certamente, un ruolo non indifferente giocò l’ellenizzazione.” – anche questo va letto e basta, perché ogni commento sarebbe superfluo.

Panta rhei, in quella Roma in cui converge di tutto, anche e soprattutto il Cristianesimo. Sorvolo su tantissimo, ma non sul sottocapitolo 2 – Le donne e l’omosessualità. Sulle sponde del Tevere e presto in tutto l’Impero, “Tutto quel che sappiamo dell’argomento – assolutamente tutto – è filtrato attraverso la parola degli uomini.” – e dopo ciò che altro conviene dire ancora?

“… la donna era, per natura, un essere pericoloso.”chi dice donna dice danno è uno dei proverbi tuttora in auge. Il che induce a perseguitare quel virus che non sortisce da un vir bensì da una fœmina (termine il cui etimo è condiviso da feconda)

Spaventa il femmineo DNA mitocondriale, assai più antico di quello maschile. Solo la madre è in grado di trasferirlo ai figlioli d’entrambi i sessi. E solo alla figlia sarà concesso di trasmetterlo.

“I greci chiudevano le donne in casa e le escludevano completamente dalla loro vita sociale. I romani, invece, le controllavano, in primo luogo, acculturandole: le educavano, vale a dire, rendendole partecipi della loro vita, ammettendole agli incontri, alle conversazioni, ai momenti di svago, a un certo livello di istruzione.” – e questo ha fatto sì che soror mea (sòrema in campano) si è laureata, mentre io amavo cazzeggiare romanamente. Alle antiquæ mulieres era vietato bere alcolici, inebrianti nettari di competenza unicamente virile.

Credo a quanto affermi fra pagina 211 e 212. Lo sai, cara, che ieri sera mi sono assopito nella fallace convinzione che avrei cominciato da questa pagina la presente reazione? Eppure non avevo bevuto che a pranzo (e non a cena) e in modo lambruscamente spartano. Poi ci ho ripensato, passata l’eco della mancata sbronza.

Come vorrei che ci fosse un’Eva Cantarella anche fra le studiose delle civiltà asiatiche, africane, amerinde e oceaniche. Ce ne saranno, dai! Qualcosa degli usi cinesi me l’ha insegnato la yankee Pearl S. Buck col suo incantevole romanzo La buona terra.

Le “tribadi” – ‘ste sconosciute – assurdamente erano portate a “credere di poter fare a meno degli uomini.” – e che fosse una follia pensare che “solo gli uomini potevano comandare e dominare il mondo.” – anche se gli esempi di donne al potere non mi sono mai parsi illuminanti e salvifici, come per esempio quello del saggio José Alberto Mujica, sant’uomo a cui vorrei baciare, a mo’ di Giuda, la guancia.

Gran bel giudizio è quello che colgo, come si fa con un fiore, tra pagina 243 e 244:I cristiani, è stato scritto, non hanno reso ascetico il mondo: è stato piuttosto il mondo in cui il cristianesimo si è trovato ad operare a rendere ascetico il cristianesimo.” – tanto che c’è chi giura che Gesù si sia ammogliato e a questo punto viene da chiedersi che accadesse in quell’alcova. Ma son fatti squisitamente privati!

A pagina 257 spieghi quanto “fosse inammissibilmente criminale, per gli ebrei, ogni spreco del seme…” in semine stat virtus. Volendo eccedere nella metafora: ecco perché la sua fertile fonte è covata nel giusto mezzo dell’uomo!

Il mondo romano, più di quello greco, è un bailamme di razze e di civiltà, di evoluzioni delle stesse.

Eva Cantarella citazioni
Eva Cantarella citazioni

Delle tue Conclusioni riporto una frase micidialmente vera che è appesa a un chiodo di pagina 276, dove discetti sull’“istituzione sociale”: “Perché essa funzionasse non erano richiesti solo controllo e autodisciplina: era richiesta, a volte, la cancellazione delle pulsioni individuali.”amen!

A pagina 303, nell’Appendice, leggo che il tuo “libro è stato tradotto in queste lingue…” – francese, spagnolo e inglese, con titoli rispettosi dell’originale. Lo stesso non si può dire delle varie opere di “Veyne P.”, i cui titoli sono stati un po’ sgonfiati nell’edizione italiana, con scarsamente penetranti allusioni al sesso e all’eros.

Desidero riportare i tuoi abituali propositi, del tipo: “… ho cercato di raggruppare, per argomento, i punti più controversi e, al tempo stesso, più rilevanti ai fini di una miglior comprensione del nostro difficile argomento…” – si noti quell’accento della u che scorre postdatato e aperto; “… Cose, tutte queste, che emergeranno da quanto vedremo di seguito…”; “… Ipotesi interessante, senza dubbio, ma assai difficile da condividere. E per più di una ragione…”; “Trattasi, evidentemente, solo di domande, che in questa sede non possono restare che tali. Ma che, sembra, meriterebbero un approfondimento…”; “… Sul che, ora, dobbiamo brevemente soffermarci…”; “… Ma da questo a sostenere che l’istituzione nella quale il desiderio sessuale reciproco trova maggiore spazio è il matrimonio il passo è veramente eccessivo…”; come tu stessa m’hai ripetutamente insegnato nel corso dell’intera opera, e come la mia esistenza m’ha narrato fino a oggi, la cultura riguarda ogni specie di campo che produce ogni specie di sostanze nutrienti. E la raccolta non è mai finita, ma sempre rinnovata a ogni abbrivio di stagione.

Parlando ancora dei greci: “In una situazione in cui le donne, data la loro segregazione anche e soprattutto culturale, non erano in grado di educare i figli, la formazione dei nuovi cittadini doveva essere affidata a una figura maschile. E data la dimensione totalmente pubblica dell’uomo greco, questa figura doveva necessariamente agire in spazi diversi da quelli familiari, ed essere quindi diversa dalla figura paterna.”ecco la ragione di quell’astrusa (per noi) cogenza pederastica.

E pensare che il tuo saggio m’è stato paternalmente imposto da filia mea (figliama) Anna, che l’ha testé accattato a Bologna, città inclitamente boara in cui la stessa sta studiando le Lettere Antiche!

“Ma allora, come comprendere i Greci? Solo attraverso la nozione di genere, risponde Calame. La nozione di genere ‘nella sua accezione di rappresentazione sociale costruita a partire dalle relazioni tra i sessi.” – e poi spieghi: “Relazioni, ovviamente, diverse da quelle odierne…” – questo è stato il più prezioso dei tuoi doni: in tal caso, che benefico orrore!, mia dolce Eva, tu m’hai chiaramente stuprato! E te ne sono grato. Le tue idee sono sapidamente penetrate e diffuse nella mia mente.

Quando finirà in me la voglia d’omaggiarti per tanta benefica e femminea violenza?

 

Written by Stefano Pioli

 

Note

[1] N.d.E.: il concetto è ribadito in molte scuole filosofiche di ieri e di oggi: l’astensione sessuale porta giovamento all’atto del pensiero perché libero dalle passioni carnali.

 

Bibliografia

Eva Cantarella, Secondo natura, Rizzoli, 1995

 

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