“La canzone di Achille” di Madeline Miller: l’antica ed atroce guerra

Ho letto 246 pagine di La canzone di Achille di Madeline Miller e mi sono venuti in mente degli strani pensieri. Sono simili a quelli che avevo leggendo Il vento conosce il mio nome di Isabel Allende.

La canzone di Achille di Madeline Miller
La canzone di Achille di Madeline Miller

Chi sta con chi vince è un uomo. Chi sta con chi perde è un eroe. Oppure è l’esatto contrario. Questione di punti di vista. Anche questo, mi vien in mente: Uomo, sei la bestia assassina/ più scellerata del cosmo che/ esista, e solo il tuo Amor / ti può alla fine salvare.

Chi non sa nulla della storia di Achille, di Ulisse, della vicenda amorosa di Paride ed Elena che scatenarono quell’assurda guerra? Forse Nessuno (che fu il finto nome di Ulisse)… Come se ce ne fossero di razionali… di guerre, intendo! Quali furono le ragioni reali che spinsero gli Achei a invadere la città di Troia?

Sono storie e questioni antiche, che vengono insegnate fin dalla prima infanzia. Poi le due opere di Omero, l’Iliade e l’Odissea, raramente verranno lette, poiché si crede di conoscerle già, senza doversi prendere ulteriori brighe.

Strana cosa è la cultura. Tutti pensano di avere la propria. Quella degli altri non sembra appartenere a nessuno, se non a quelli. Ma se fosse invece una realtà unica: la mia, la tua e quella di tutti?

Ogni testa che pensa, ogni bocca che parla, ogni mano che scrive, ogni occhio che legge: questa è la cultura. La somma aggrovigliata di infinite esperienze. Un sogno che si fa e che subito dopo si cerca di scordare, perché si è impegnati a imbastire il successivo. Il cervello è un organo indolente, che sceglie di trattenere ogni cosa, dimenticandola provvisoriamente in qualche cassetto. E lì resterà per anni, finché non se ne sentirà il bisogno. E allora la si cercherà e non sempre la si troverà.

La cultura è un libro unico, è l’insieme di tutti i libri, le voci, le anime. È il guaito di un cane, il miagolio di un gatto, è una torretta antica che sporgendosi verso di te attira la tua attenzione. È una di quelle due opere di cui dissi. E di milioni di altre, che si ingarbugliano, per sempre, fra di loro. Com’è giusto che sia, almeno a quanto disse quel grande lettore, quel Jorge Borges.

La cultura umana è una selva terribile, le cui fronde si agitano continuamente, i cui polverosi sentieri perennemente si sommano nel dividersi e si allontanano nell’incrociarsi. La fantasia è una forma benedetta di realtà. La realtà è la sua deforme e accigliata consorella.

Ma quante sono le assurdità umane, in La canzone di Achille leggo: A quanto si dice, quando alla fine venne scostato il velo, mia madre sorrise. E fu così che mio padre capì che era idiota. Le spose non sorridono.” – e per forza! Se sposano dei tipi simili! Il sorriso della madre dell’io narrante, Patroclo, figlio di Menezio, originario di Opunte, era, per me, una specie di miracolo. E i miracoli, quando non sono compresi, vengono derisi. Il santo o sale sugli altari o entra in un ospedale psichiatrico. Tertium non datur.

“Ben presto, mi rivelai una delusione: piccolo e sottile. Non ero…” – non eri, mio Patroclo, o non sapevi fare tante cose?

Ne elenchi ben quattro ne La canzone di Achille, e la più deliziosa è questa: “La cosa migliore che si poteva dire di me era che non ero ragionevole.”: forse avevi preso da mamma!

A tuo padre Menezio capita di vedere il giovane Pelide e lo paragona a te e ti dice:È così che dovrebbe essere un figlio.” – che dovrebbe essere sempre un dono di Dio. Dipende dalla psiche del genitore.

Del resto, non si è nemmeno certi dell’esistenza di quel Divo Munifico. Si può solo sperare in Lui.

Faccio il solito spioler: tu, Patroclo, nella tua tragica esistenza, uccidi due persone, entrambi per errore, mentre stai cercando di sopravvivere. Chi è più antieroico di te? Tu non sei il responsabile dei due omicidi, sei un minuscolo martire, un testimone, ma per tutti sei un colpevole eroe.

Diverso da te, in tutti i sensi, è Achille, presso cui sei stato condannato a vivere: “Nella grande sala, la sua bellezza splendeva come una fiamma, vitale e luminosa e attraeva il mio sguardo anche contro la mia volontà.” – lo sai, Patroclo, che a me poco importa come fossero disegnati “La sua bocca” e “il suo naso”? Essi servivano come tutti gli altri a mangiare, parlare e a respirare, a sternutare. Semplici meccanismi, che a volte paiono più belli. Ma è solo una vaga e per nulla pia illusione, una fra le tante. La differenza fra te e me è che tu sei innamorato. Io, per mia fortuna e disgrazia, non più.

Ecco un’altra illusione, in cui tanti cascano (anche a me capitò): “Quei secondi, quei mezzi secondi, in cui i nostri sguardi si toccavano erano gli unici momenti della giornata in cui sentissi qualcosa.”: in cui quel che sentivi non cessava di rigirarsi nella tua Anima.

“La presenza di Achille era come un sassolino in una scarpa: impossibile da ignorare.” – l’unica cosa, in tali evenienze, è togliersi la calzatura e camminare a piedi nudi.

La scrittura di Madeline Miller è magica. Ogni atto ne La canzone di Achille ‒ è da lei descritto come un miracolo, talvolta infame, sempre misterioso: “Il frutto era perfettamente maturo, gonfio di succo. Senza pensare, mi portai alle labbra quello che mi aveva lanciato. La mia bocca venne invasa da una ruvida dolcezza; la buccia coperta di peluria sulla mia lingua. Un tempo avevo amato i fichi.” – io pure, e tuttora li adoro.

Fra Achille e te, Patroclo, le cui vostre rispettive virtù sono opposte, anzi, antitetiche, nasce un’assurda intesa, e voi due infanti iniziate ad amarvi. Diversamente da te, Achille non conosce la timidezza: “Diceva ciò che pensava e restava stupito quando gli altri non facevano lo stesso.” – non so rispondere a quel che tu ora ti chiedi: “Ma non è una caratteristica del genio andare sempre dritto al cuore?”

“E fu allora che ebbi la rivelazione: se avessi mentito sarei ancora un principe. Non era stato l’omicidio a esiliarmi, era stata la mia mancanza di astuzia.” – un simile errore non sarebbe mai occorso al primo mendace che mi viene in mente: Odisseo.

Non so ancora quanto mi sia in te identificato, né mai lo saprò. Di certo non vorrei mai emulare quei mitici eroi.

Uno che la sa lunga, il centauro Chirone dice ad Achille una delle tante verità, forse la più penosa: “Gli dei non sono tenuti a essere giusti…” – meno male che forse nessuno lo è, un dio. Ma ci rimane almeno la Speranza?

“Gli baciai il collo, il petto, sentii il sapore del sale.” – e ne sono felice per te!

“Le coperte si erano attorcigliate attorno a me. Lui le strappò via a entrambi.” – Madeline ben sa come si comporta, in genere, quel figlio di… Ninfa.

“I nostri respiri erano l’unica misura del tempo.” – pur anch’essa fallace.

Sua madre, o deus! Che tipo: “I suoi piedi non producevano alcun suono mentre percorrevano i pavimenti di pietra.”

A me non affascina alcunché di quella troiesca guerra, per cui ammiro Achille fin tanto che si traveste per evitarla, e disprezzo colui che, furbo come Nessun altro, riesce a smascherarlo. Mi capitò una volta di scandalizzare una coppia di amici, ormai smarriti, quando dissi loro che essa fu la prima partita truccata dell’umanità, pensando a come riuscì a evitare Paride i colpi di Menelao; e a come Achille riuscì a sconfiggere il suo nemico più valoroso. In realtà avevo detto una sciocchezza: ogni guerra umana, da che uomo è uomo, è un malefico gioco di dadi truccati.

Robert Pirsig, in Lo zen e l’arte di manutenzione della motocicletta, fa risalire il significato del termine valore al primo dei due poemi omerici. Ognuno può scrivere quello che gli pare. Io so che la donna che partorirà il primo uomo davvero valoroso deve ancora nascere. È un sogno assurdo, che chissà quando mai s’avvererà.

Achille seguirà gli altri Achei in questa vile invasione. Tu Patroclo lo accompagnerai in virtù di quel tuo tragico amore. Non voglio parlare o quasi di quel terribile evento; che già ci pensa così bene Madeline, usando la tua voce ne La canzone di Achille.

Cosa mi resta da dire, allora?

La frase più intelligente la dice Ulisse, che ho tanto ammirato nel secondo poema omerico: “Che gli dei ci salvino da noi stessi. Non siamo ancora in battaglia e già ci preoccupiamo della gloria” – oggi capita che si credano eroici anche gli inviati in quei disgraziati luoghi, nonché chi si diletta (assai ben pagato) a discettare, quasi fosse un filosofo, nei più quieti studi televisivi.

“Come aveva detto Odisseo, la luce di Achille era così fulgida che sarebbe bastata a fare eroi di tutti loro.” – tutti, fatta eccezione per le loro vittime, ben inteso.

L’eroe più brutale pare Agamennone, ma occorre sempre pensare al sacrificio, che egli stesso ordinò, di sua figlia Ifigenia, perché gli fu imposto da un ciarlatano[1], dopo di cui le navi finalmente poterono salpare per permettere a quelle bestie (chiedo scusa: a quegli umani) di compiere i loro eroici misfatti.

Oltre a te, Patroclo, io amo Briseide che, pur prigioniera, è un’umana che sa vivere: un esempio da imitare. Lei non può non amarti, né non essere da te riamata. Ringrazio Madeline di avermela fatta conoscere. Il resto è scritto nel vostro bel libro, cari amici. Anche tu, Patroclo, commetti un errore mortale. Lo fai a fin di bene, ma finisci per aggravare quel processo malefico. In questa nostra stramba esistenza capita spesso. Anche a una persona giusta, quale tu sei. Quando, a pagina 248 de La canzone di Achille, scambi un paio di battute con Briseide, io sento di volervi imitare entrambi, per tutta la vita, rigettando altri più schifosi e vani sogni.

“Tutti noi, dal soldato di rango più basso al generale, cominciammo a considerare Troia una sorta di casa.” – il che sarebbe cosa bella e giusta, se foste solidali coi vostri cosiddetti nemici.

Mentre il fine di ogni conflitto umano è il solito: “… e Odisseo concluse la spartizione.”

Madeline Miller citazioni
Madeline Miller citazioni

Il sacerdote Crise si umilia davanti ad Agamennone, poiché vuole riavere la figlia rapita dagli Achei. Mi colpiscono le tue parole, mio Patroclo, negativamente però, quando dici: “La sua offerta era generosa, il doppio del valore della ragazza…” – a frequentare questi imbecilli stai rischiando di perdere la tua naturale saggezza. Agamennone rifiuta l’offerta, essendo un tipo che aveva per lo più “il volto serrato come il pugno di un tirchio…”. E lì cominciano i guai: pestilenze evocate, si dice, da quell’irato sacerdote; e poi, per risolvere la situazione, sorge l’ennesimo dissapore fra Agamennone e Achille, che finisce nel peggiore dei modi. Forse l’unico possibile…

“… la parola che uso è hubris. La nostra parola che indica l’arroganza che si innalza fino alle stelle, una violenza e una furia terribile come quella degli dei.” – per questo i nostri umani lanciano i missili, per dare luce a sé, non tanto per distruggere scuole e ospedali, in cui è alloggiata quella banale e reietta umanità. Mi sarà mai perdonata quest’orrenda battuta?

Dice il savio Chirone ne La canzone di Achille: “… Ma lo sconosciuto è l’amico o il fratello di qualcun altro. Quindi, quale vita è più importante’” – quella che ogni giorno incontri per caso (o per necessità).

Dice un Acheo ferito:Non so chi odio di più, se i troiani o Achille.” – che al momento, per mero orgoglio, resta per orgoglio fuori dalla mischia. A chi combatte fa rabbia che esista qualcuno che intende starsene per conto suo, e odia il nemico che non accetta di soccombere.

La guerra non è naturale come un peto, ma puzza infinitamente di più. Ed è funzionale come lo è il cancro. A qualcuno finirà per recare dei vili vantaggi e dell’orrido onore.

Un’altra frase ingiusta di Achille: “I mirmidoni sono la nostra gente. Gli altri si salvino da soli.”

In modo non meno aberrante si compie poi il tuo sacrificio, amico Patroclo.

All’inizio del capitolo 31 de La canzone di Achille ha luogo uno strano prodigio: l’io narrante lascia il posto a un narratore esterno, ma si tratta di pochi capoversi, dopo di cui quell’io ritorna a narrare la storia, anche se, poi, dice: “… non ho più una voce con cui parlare – e io lo sto ancora ad ascoltare, come se niente fosse.”

Patroclo… dove sei ora? Chissà cosa stai pensando… Di me, di te, del mondo? Chissà come ti sembrano, ora, gli umani… Chissà se poi me lo dirai… quando c’incontreremo… un bel dì…

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Madeline Miller, La canzone di Achille, Marsilio, 2022

 

Info

Leggi un’altra recensione de “La canzone di Achille”

 

Note

[1] Nota dell’editor: non un ciarlatano ma un indovino, il mitico Calcante di Argo. Volere degli dèi fu poi salvare Ifigenia ma questa è un’altra storia e la si può apprendere da Euripide. Gli dèi operano in modo oscuro ma sanno quel che fanno.

 

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