“Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Robert M. Pirsig: filosofia da centauri

Non t’accuserò, caro Robert, d’avermi sequestrato per quattrocento pagine zeppe di notazioni filosofiche e istruzioni per l’uso della motocicletta che solo un americano come te poteva mettere insieme in un romanzo on the road.

Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta
Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta

Anzi, ti perdonerò, anche perché tu nel frattempo sei passato, novantenne, a miglior vita. Ti confesso però che è stato faticoso avanzare nella lettura, non essendo io un motociclista (non so neppure andare in bicicletta), e poco sapendo di filosofia. Ho cercato tuttavia un significato altro, un sottotesto che potesse compensare e giustificare la mia lettura. Senza però trovarlo.

A un tratto, una folgorazione: i versi di Der Erlköenig, struggente poema di Goethe dove si narra di un padre che cavalca di notte col figlio morente in cerca d’una salvezza che non troverà.

Ora, essendo per l’intera narrazione a cavalcioni d’una moto col tuo figliolo Chris incollato alla schiena, sorge spontanea la proiezione e, di conseguenza, un’attenzione allarmata nei confronti del pargolo, che a quel punto il lettore non può che immaginare destinato alla morte.

E invece no, per tutto il tempo Chris non è altro che un piccolo rompipalle che ti disobbedisce col solo intento, sembrerebbe, di farti incazzare; protagonista assoluto resti tu, alle prese con le due ruote, il serbatoio, l’olio, il telaio, le catene, gli attrezzi e le regole per usarli.

Alle prese inoltre con l’alter ego Fedro, il fantasma testardo quanto te, che ti gira intorno e di cui ripercorri il tormentoso passato. Anche lui con lo stesso chiodo fisso della Qualità, che tu, appena ti distrai dai congegni meccanici della tua moto, ossessivamente ricerchi e cerchi di definire senza mai riuscirvi.

E allora la filosofia, che per anni hai studiato e (ahimè) insegnato, dovrà pure venirti incontro in qualche modo. E la scomodi tutta, dai classici greci agli idealisti romantici, e tutta la sbatti in faccia ai lettori non senza fare, talora, grossolane confusioni, con la furia di stanare da qualche parte uno straccio di pensatore, occidentale o orientale (i greci e i tedeschi non bastano), che abbia detto cosa sia questa benedetta Qualità.

E finalmente il Tao Te Ching sembra offrire una soluzione alle tue ricerche individuando nella qualità il principio generatore del Tutto. Ma a te neppure questo basta, e ti rimetti in moto.

In tale affannosa indagine ti capita d’incappare in qualche svarione, a volte con affermazioni che devono lasciare perplessi anche lettori meno avveduti di me.

Come quando affermi che il Rinascimento italiano è sorto per reazione alla scoperta dell’America, o che all’epoca di detta scoperta tutti, ma proprio tutti, credevano che la Terra fosse piatta, senza sospettare che almeno un contemporaneo di Copernico, il buon Cristoforo, lo scopritore della tua America, doveva pur saperlo prima di imbarcarsi sulla sua caravella.

Certo, lui aveva sbagliato i calcoli sulle misure della Terra, ma che fosse rotonda lo sapeva, come lo sapeva l’astuta Isabella, che fiutando il business gli finanziò l’impresa. È pur vero che in America non poche conventicole di terrapiattisti sono tuttora fiorenti, e via via crescenti. Ma passons…

Un altro scossone me lo provochi quando a un certo punto sostieni che il Medioevo è una sorta di zona oscura in mezzo a periodi di luce. Che io sappia il Medioevo è durato almeno mille anni. E vabbè…

Per un buon tratto di strada tu e Chris non siete soli, ma con John e Sylvia, una coppia di coniugi motociclisti mal assortiti e litigiosi, che viaggiano insieme a voi non si sa bene perché. Oltre che con te, non vanno neppure tanto d’accordo con tuo figlio.

Stranamente sono solidali tra loro solo nell’insofferenza verso la tua competenza in fatto di motori (di cui nulla capiscono), tenendoti misteriosamente a distanza proprio nei momenti in cui avrebbero bisogno del tuo sapere tecnologico. Si suppone tuttavia – per quel che ci è dato capire dell’amicizia tra centauri americani – che siate amici, anche perché è a loro che tu reciti il tristissimo poema di Goethe esprimendo al tempo stesso, incomprensibilmente, le paure circa la probabile follia di tuo figlio.

Poi però più nulla, sfrecciate tutti e quattro per circa duecento pagine sulle stesse strade con le motociclette una dietro l’altra per chissà quanti chilometri, facendo sosta per riposare, lavarvi, dormire, mangiare, rifornire, controllare… senza scambiarvi altro che il buon giorno e la buona notte. Fatto sta che quando a metà romanzo John e Sylvia decidono di far dietro front e tornarsene a casa, nessuno li rimpiange, né tu, né Chris, né tantomeno i lettori.

Robert M. Pirsig
Robert M. Pirsig

E della follia di tuo figlio continui a non dirci nulla, forse perché il pazzo sei tu, e questo può sospettarlo chi – come me – nulla capisce del perché ti ostini a coniugare le istruzioni per l’uso della moto con le istanze filosofiche d’ogni tempo e paese.

Io comunque ti seguo, con un residuo d’ansia per quel figlio forse malato con una spada di Damocle che gli pende sulla testa mentre viaggia con un padre che non sa dove va, perché va, né per quanto tempo continuerà ad andare.

A consolarmi, faccio per dire, saranno le ultime pagine, quelle del tuo vero incontro col povero Chris, che smette a un tratto di fare capricci per aprirti gli occhi, insieme al varco che vi separa, e metterti infine di fronte alle responsabilità del tuo passato, del tuo futuro e del suo.

Che nella vita reale sarà tragico, giacché a cinque anni dalla pubblicazione del tuo libro (leggo con un brivido solo ora dalla tua biografia), Chris, il tuo primo figlio, morirà accoltellato. Per la pena che questo dettaglio mi procura dovrei cancellare tutto e scrivere magari una nota sul misterioso rapporto tra finzione e realtà. Ma ciò richiederebbe una scienza che io non possiedo.

Mesi fa Adelphi, la casa editrice che ha pubblicato il tuo romanzo, mi ha comunicato che non pubblicherà il mio, per nulla attinente com’è alle sue scelte editoriali. Una risposta di routine che accetto senza troppo rammaricarmi. Avevo certo mirato troppo in alto.

Ma in fondo, Caro Robert, se è vero quel che hai scritto nella postfazione (le pagine migliori del tuo libro), che prima di trovare un editore altri 121 ti hanno snobbato, forse anche il mio testo può avere qualche chance di andare in stampa. Prima o poi. Nel frattempo non leggerò il tuo secondo e ultimo romanzo, anch’esso uscito per gli irraggiungibili, misteriosi tipi di Adelphi.

 

Written by Riccardo Garbetta

 

Info

Robert Maynard Pirsig (Minneapolis, 6 settembre 1928 – South Berwick, 24 aprile 2017) – continua a leggere su Wikipedia.

 

Bibliografia 

Robert M. Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi

 

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