“Mussolini ultimo atto”, diretto da Carlo Lizzani: gli ultimi giorni di vita del Duce
Diretto dal regista Carlo Lizzani nel 1974, Mussolini ultimo atto è film appartenente al genere storico.
È infatti interpretazione fedele dei fatti accaduti, secondo la versione ufficiale, durante gli ultimi giorni di vita di Benito Mussolini (Rod Steiger).
È in un ultimo e disperato tentativo, per tenere in piedi quella sorta di istituzione definita la Repubblica di Salò che, raggiunta Milano, il capo del fascismo decide di riunire il Consiglio dei ministri.
Fondata nel settembre del 1943 all’indomani dell’armistizio di Cassibile, la Repubblica Sociale Italiana nacque per volontà dei tedeschi, seppur guidata da Benito Mussolini, con l’obiettivo di controllare militarmente i territori italiani non ancora in mano dei partigiani.
“Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini.”
Così si pronuncia il duce in un discorso a Radio Monaco nel 1943.
Manca soltanto una manciata di giorni alla liberazione e il nord è già in mano al CLN, il fascismo invece è ormai in totale decomposizione. E di ciò Mussolini ne è ben consapevole.
“Il Fuhrer non ha bisogno di un prigioniero. In me ha un alleato con più di centomila uomini pronti a combattere per la vittoria.”
Aggiunge il duce in un momento di lucida follia, illudendosi di riprendere il potere.
A momenti invece, in compagnia di Claretta Petacci (Lisa Gastoni), l’amante di sempre, che si rifiuta di abbandonarlo, si aggira come uno spettro nel rifugio che i soldati tedeschi gli hanno messo a disposizione in località Dongo, presso il lago di Como.
“Dobbiamo fare opera di mediazione o scorrerà molto sangue per le vie di Milano.” Sono queste le parole del cardinale Schuster che si batte affinché si compia un epilogo non cruento.
Ma lui, il duce, non più in grado di prendere in mano il proprio destino, e sempre più confuso, sentendosi braccato è preda di perplessità, di indugi di carattere paranoico, come si confà a un uomo rimasto solo, cosciente dell’inevitabile che lo aspetta.
E, a grandi sfuriate apparentemente eroiche, alterna momenti in cui torna a essere un uomo deciso solo a salvarsi la pelle; incalzato anche dal cardinale Schuster (Henry Fonda), che gli suggerisce di consegnarsi. Ma il duce rifiuta di arrendersi al CLN, e deciso a non cadere in mano partigiana, sembra disposto a consegnarsi agli alleati, ormai prossimi a raggiungere l’Alta Italia.
Quando però intravede la possibilità di poter essere catturato, indossa la divisa da soldato tedesco e, mimetizzandosi, si aggrega a una colonna di automezzi tedeschi diretta verso la Svizzera. È un’ultima e disperata fuga quella che il duce mette in atto tentando di scappare Oltralpe, lì dove potrebbe trovare riparo.
Ma, l’autocarro su cui viaggia colui che per vent’anni ha deciso del destino di un intero paese, viene fermato da un gruppo di partigiani.
Riconosciuto, l’uomo, mostrandosi adesso fragile e impaurito, viene arrestato e imprigionato in un casolare. La sua sorte è alquanto incerta e il CLN ne dibatte a lungo, ma perentorio arriva l’ordine di fucilare il duce.
Compito ingrato, nonostante tutto, che viene affidato al partigiano Walter Audisio, conosciuto come colonnello Valerio (Franco Nero). Gesto terribile che però, in tale contesto, appare un atto di giustizia nei confronti di tutti gli innocenti caduti durante il ventennio.
Lo stesso destino toccherà a Claretta Petacci, che per proteggere il proprio uomo cade sotto i colpi del partigiano.
“Già cominciano i compromessi, lo schifo che volevamo eliminare una volta pe tutte. O lo fuciliamo adesso o non pagherà mai più.”
Così si pronuncia il colonnello Valerio nel momento della decisione finale.
Il punto di vista attraverso cui il regista ha deciso di raccontare l’epilogo della vita del duce è neutro. E imparziale è anche l’occhio utilizzato da Carlo Lizzani per portare a conoscenza della caduta del regime e dell’occupazione tedesca dell’Italia, durante il quale l’Italia si è emancipata dal fascismo.
La vicenda personale di Benito Mussolini e il suo stato d’animo decadente sembrano riecheggiare, simbolicamente, il declino di una dittatura ormai agonizzante.
Ed è ancora con obiettività, che il regista mostra coloro che prima degli eventi finali si dichiaravano fedeli al regime, rivelandosi poi nel momento cruciale, pronti a saltare sul carro del vincitore, qualora se ne presenti l’occasione. Così come è accaduto nel contesto storico in questione, dove i gerarchi, i quali avevano giurato assoluta dedizione al fascismo, si sono palesati come pronti ad abbandonare il loro duce nel momento dell’estrema disfatta. Senza preoccuparsi del suo destino ultimo.
Inoltre, la narrazione filmica è stata guidata da Lizzani con un alto senso della misura; ha evitato ogni tipo di spettacolarizzazione, a differenza de Il processo di Verona, altro film diretto dallo stesso regista.
Seppur uomo dichiaratamente antifascista, l’obiettivo attraverso cui Lizzani dà conto dei fatti non è di parte, ma fedele agli accadimenti, tanto da realizzare non soltanto una pellicola di grande valenza storica, nell’accezione che tale definizione merita, ma un prodotto da archiviare come film documento. Che, oltre a informare lo spettatore sugli eventi storici di oltre settant’anni fa, gli permette di interrogarsi su ciò che è stato e che avrebbe potuto essere.
Per esempio, se è stato giusto condannare a morte un uomo che si è macchiato di colpe gravissime. Solo per citarne una: quella del genocidio perpetrato a danno degli ebrei.
Fatti storici, documentati, e messi in atto d’accordo con Adolf Hitler, altro feroce dittatore del XX secolo. È doveroso ricordare che sono stati molti i popoli vessati e martoriati in seguito al secondo conflitto bellico; con il tristissimo risultato di una guerra che ha provocato oltre 50 milioni di morti, senza contare le vittime collaterali, tutti innocenti di cui si è perso il conto.
Inoltre, dopo aver assistito alla pellicola, lo spettatore potrebbe essere portato a chiedersi: si sarebbe dovuto offrire a Mussolini un processo regolare? Ma, se così fosse stato, come si sarebbero evoluti gli accadimenti?
Se gli fosse stata risparmiata la fucilazione, la sua persona sarebbe stata in seguito utilizzata quale figura fantoccio, a scopi egemoni, da parte di una qualsivoglia potenza mondiale?
Questo però non è dato sapere perché la Storia ci ha raccontato un differente corso degli eventi.
Written by Carolina Colombi
Per info sul regista: http://oubliettemagazine.com/2013/10/07/e-morto-suicida-carlo-lizzani-alleta-di-91-anni-che-cose-accaduto-al-regista/