Significato dei sogni #10: la schizofrenia e lo stato oniroide di Carl Gustav Jung
“La fenomenologia del sogno e quella della schizofrenia sono quasi identiche, naturalmente con una certa differenza; perché l’una si verifica solitamente durante il sonno, l’altra invece sconvolge lo stato vigile o cosciente.” ‒ Carl Gustav Jung
Decima puntata della rubrica “Significato dei sogni” nella quale si presenta un estratto tratto dal libro “La schizofrenia” di Carl Gustav Jung, e precisamente dal capitolo “Psicogenesi della schizofrenia”. Il libro offre alcune conferenze tenute da Jung sul tema della schizofrenia come deteriormento intellettivo ed affettivo caratterizzato da allucinazioni, deliri e blocchi emotivi. Di notevole importanza l’osservazione sull’interazione tra ambiente e psiche.
La rubrica vuole mettere l’accento sulla necessità di una costante riflessione su una parte della nostra vita paritaria alla veglia: il mondo onirico. Oggi, frastornati dai social network e dall’impiego del tempo in superflui scroll di fotografie altrui e proprie, si sta mettendo da parte ciò che l’inconscio ci comunica con i sogni e questo sta portando alla totale perdita della comprensione di se stessi a favore dell’esaltazione di una personificazione, di una immagine che si vuole mostrare al prossimo ma che non ha alcuna base reale ed intima, nonché originale in quanto la tendenza è di assomigliare sempre più ad una sorta di “prodotto commerciale”.
Nelle precedenti puntate ed in particolare nella prima si è presentato un estratto tratto dal primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno” del libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; nella seconda un estratto tratto dal primo paragrafo intitolato “Il rapporto tra sogno e veglia” dello stesso capitolo; nella terza puntata si è presentato un estratto tratto dal secondo paragrafo intitolato “Il materiale onirico. La memoria nel sogno” dello stesso capitolo; nella quarta si è selezionato un estratto da “Relazione, imago e proiezione” del febbraio 1959, tratto dal capitolo “Attività medica e analitica” del libro “In dialogo con Carl Gustav Jung” di Aniela Jaffé, che mostra il sogno in rapporto con l’ex partner; nella quinta si è ripreso il discorso con Sigmund Freud con un estratto estratto tratto dal quarto paragrafo intitolato “Perché si dimentica il sogno dopo il risveglio” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella sesta si è selezionato un estratto dal primo capitolo intitolato “Sogni lucidi e la loro impostazione filosofica” del libro “Sogni lucidi” dalla parapsicologia e scrittrice britannica Celia Green; nella settima si è presentato un estratto tratto dal secondo capitolo “L’uomo e l’esperienza” del libro “Sogni, profezie e apparizioni” di Aniela Jaffé affrontando la tematica della precognizione della morte; nell’ottava si è ripreso il libro “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud con un estratto tratto dal terzo paragrafo intitolato “Stimoli e fonti del sogno” del primo capitolo “La letteratura scientifica sui problemi del sogno”; nella nona un estratto tratto dall’introduzione del libro “Alchimia” di Marie-Louise von Franz.
La letteratura prodotta nel corso dei millenni sui fenomeni chiamati “sogni” è molto variegata, e si è pensato in questa rubrica “Significato dei sogni” di invitare alla lettura di alcuni testi scritti dai maggiori esponenti della stessa, augurando al lettore di trarne beneficio.
Estratto dal Capitolo “Psicogenesi della schizofrenia”
“[…] Ho detto che il sintomo primario sembra non avere alcuna somiglianza con un qualunque disturbo funzionale; ma non ho ancora menzionato il fenomeno del sogno. I sogni possono produrre immagini analoghe di grandi catastrofi. Essi possono manifestare tutti gli stadi della disintegrazione personale, così che si può dire senza esagerare che il sognatore è normalmente un pazzo, oppure che la pazzia è un sogno che ha preso il posto della coscienza normale.
Dire che la pazzia è un sogno divenuto realtà non è metafora.
La fenomenologia del sogno e quella della schizofrenia sono quasi identiche, naturalmente con una certa differenza; perché l’una si verifica solitamente durante il sonno, l’altra invece sconvolge lo stato vigile o cosciente. Anche il sonno è un abaissement du niveau mental, che porta a una più o meno completa dimenticanza dell’Io. Il meccanismo psichico che determina l’estinzione e la disintegrazione della coscienza durante il sonno è dunque una funzione normale, che quasi obbedisce alla nostra volontà.
Nella schizofrenia sembra che la funzione venga messa in modo per provocare uno stato simile al sonno, in cui la coscienza è ridotta al livello dei sogni, o in cui i sogni acquistano un grado d’intensità che uguaglia quello della coscienza.
Ma anche se noi sapessimo che il sintomo primario viene prodotto con l’aiuto d’una funzione normale sempre presente, ci resterebbe ancora da spiegare perché invece della conseguenza normale, cioè il sonno, compaia uno stato morboso. Bisogna tuttavia sottolineare che propriamente non è il sonno a venire prodotto, ma qualcosa che disturba il sonno, vale a dire il sogno. I sogni si formano a causa di un’estinzione non completa della coscienza o a causa di uno stato alquanto eccitato dell’inconscio, che ha un effetto perturbatore sul sonno.
Il sonno viene disturbato se troppe parti della coscienza restano ancora in attività o se contenuti inconsci sono presenti con un’eccessiva carica d’energia, perché in tal caso essi superano la soglia e creano uno stato di relativa coscienza. I sogni del primo tipo hanno carattere personale e sono in accordo con le leggi d’una psicologia personalistica; quelli del secondo tipo hanno un carattere collettivo, in quanto essi contengono parti particolari immagini mitologiche, leggendarie o generalmente arcaiche. Per spiegare simili sogni bisogna occuparsi di simbologia storica o primitiva.
Entrambi i tipi di sogni si rispecchiano nella sintomatologia della schizofrenia. Questa presenta, proprio come i sogni, una mescolanza di materiale personale e collettivo. Ma al contrario di quanto accade nei sogni normali, il materiale collettivo sembra essere predominante. Ciò diviene particolarmente evidente nei cosiddetti stati oniroidi o episodi deliranti e nella paranoia. Sembra predominare anche nelle fasi catatoniche, per quel che possiamo intravedere nelle esperienze interiori di simili pazienti.
Quando il materiale collettivo prevale in condizioni normali, esso produce sempre sogni importanti. I primitivi li chiamano grandi sogni e attribuiscono loro un valore per l’intera tribù. Lo stesso accadeva presso i greci e i romani, presso i quali questi sogni venivano riferiti all’Areopago o al Senato. Questi sogni si verificano spesso nei momenti o periodi decisivi della vita: nell’infanzia, dal terzo al sesto anno di vita; nella pubertà, dai quattordici ai sedici anni; nel periodo di maturazione, dai venti ai venticinque; nell’età media, dai trentacinque ai quaranta; e prima della morte.
Essi fanno la loro comparsa anche in situazioni particolarmente importanti psicologicamente. Sembra che questi sogni vengano principalmente in momenti o periodi in cui l’uomo dell’antichità o il primitivo avrebbe ritenuto necessario eseguire certi riti religiosi o magici, per ottenere in tal modo risultati positivi o per impetrare il favore degli dèi.
Possiamo tenere per certo che importanti occasioni o preoccupazioni personali spiegano i sogni personali. Ci troviamo su un terreno meno sicuro quando si tratta di sogni collettivi, con le loro immagini spesso arcaiche e inquietanti, che non si possono ricondurre a fonti personali. La storia dei simboli offre tuttavia i paralleli più sorprendenti e chiarificatori, senza i quali non potremmo comprendere il notevole significato di questi sogni.
Questo fatto mette in evidenza quanto la preparazione psicologica dello psichiatra sia insufficiente. Senza un’approfondita conoscenza dei simboli storici e etnici è naturalmente impossibile valutare correttamente l’importanza della psicologia comparativa per la teoria dei deliri. Avevamo appena iniziato, nella clinica psichiatrica di Zurigo, l’analisi qualitativa della schizofrenia, che ci rendemmo conto della necessità di una simile informazione complementare. Naturalmente cominciammo con una psicologia medica totalmente personalistica, specialmente del tipo rappresentato da Freud. Ma scoprimmo ben presto che la psiche umana nella sua struttura di fondo è tanto poco personalistica quanto il corpo. Essa è ben piuttosto qualcosa di ereditario e di universale.
La logica dell’intelletto, la raison du coeur, le emozioni, gli istinti, le immagini e le forme fondamentali dell’immaginazione hanno tutte in verità una maggiore rassomiglianza con le kantiane categorie a priori o con le eide di Platone, che con le scurrilità, le minuzie, gli umori e le peculiarità del nostro spirito personale. Specialmente la schizofrenia presenta un’enorme quantità di simboli collettivi, le nevrosi invece molto meno, dato che esse, salvo poche eccezioni, presentano una psicologia prevalentemente personale. Il fatto che la schizofrenia frantumi i fondamenti della psiche spiega il prevalere dei simboli collettivi, perché questi costituiscono la struttura di base della personalità.
Da questo punto di vista possiamo concludere che lo stato mentale schizofrenico, nella misura in cui presenta materiale arcaico, ha tutte le caratteristiche di un grande sogno; in altre parole, è un evento importante, che presenta le stesse qualità numinose che nelle culture primitive vengono assegnate a un rituale magico. In effetti il malato di mente ha sempre goduto della prerogativa di essere colui che è posseduto dagli spiriti o perseguitato dai demoni. Il che ‒ sia detto incidentalmente ‒ è una corretta interpretazione della condizione psichica d’un simile individuo, perché egli viene sopraffatto da figure e forme di pensiero autonome. Inoltre la valutazione primitiva della malattia mentale sottolinea una caratteristica speciale, che non dovremmo trascurare: essa attribuisce all’inconscio personalità, iniziativa e intenzionalità, interpretazione anche questa corretta di fatti evidenti. Dal punto di vista primitivo è del tutto chiaro che l’inconscio ha preso possesso dell’Io per un suo proprio impulso. Secondo questa concezione, non è l’Io ad essere indebolito; piuttosto è l’inconscio che viene rafforzato dalla presenza di un demone. Il primitivo, dunque, non cerca la ragione di un disturbo mentale in una debolezza primaria della coscienza, ma piuttosto in una disordinata forza dell’inconscio. […]”
Per continuare la lettura in modo proficuo e con attenzione si consiglia di distogliere gli occhi dal computer o dal cellulare e di recarsi nella propria libreria per cercare il libro tra gli scaffali impolverati; se non si possiede il volume in casa si consiglia di acquistarlo (rigorosamente in cartaceo).
Leggere è un compito importante, la carta è di grande ausilio rispetto al formato digitale non solo per la concentrazione necessaria all’atto della riflessione e comprensione ma anche per instaurare un rapporto fisico con l’oggetto-pozzo che conserva amorevolmente le considerazioni degli esseri umani del passato, in questo caso di Carl Gustav Jung.
Un ulteriore consiglio: un bel quaderno (cartaceo) con penna (o matita) posto sul comodino per annotare i sogni al risveglio (con data ed orario). È importante non perdere l’uso della scrittura sia per la manualità delle dita sia per la stimolazione del cervello astratto e creativo.
Inoltre, è possibile partecipare al nostro nuovo studio sulla casistica del sogno in contatto con la tecnologia dei social inviando un’e-mail ad oubliettemagazine@hotmail.it nella quale allegare un file .doc con un sogno connesso alla tecnologia (smartphone, internet, pc, social, et cetera). Il sogno raccontato sarà salvato in forma anonima e servirà per la compilazione di un testo in comparazione alla letteratura del passato.
“Si scavi una tomba profonda per il velenoso Drago,/ E a lui nel suo abbraccio stia ben avvinta la donna:/ Mentr’esso coglie le gioie del letto nuziale,/ Ella muore, ed insieme son ricoperti di terra./ Ciò uccide il corpo del Drago e di sangue/ Lo tinge: questa è la vera strada dell’opera tua.” ‒ Epigramma del cinquantesimo Emblema dell’Atalanta fugiens
Bibliografia
Carl Gustav Jung, La schizofrenia, Bollati Boringhieri, 1977
Michael Maier, Atalanta fugiens, Edizioni Mediterranee
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