“Hallowe’en Party” di Agatha Christie: sangue chiama sangue
Nel 1969 Agatha Christie diede alle stampe un nuovo capitolo delle indagini di Hercule Poirot. In Italia il romanzo fu pubblicato nel 1970 da Mondadori per la collana I classici del giallo. Il titolo Poirot e la strage degli innocenti non era fedele a quello scelto dalla Christie; questa versione è stata mantenuta fino al 2020. Hallowe’en Party (Mondadori, 2023, pp. 226, trad. di Chiara Libero) è l’ultima edizione.
Essa restituisce al romanzo il titolo originale; la traduzione è rinnovata.
Woodleigh Common è un sonnacchioso paesino alle porte di Londra. Nella bella casa di Rowena Drake alcuni ragazzi stanno festeggiando Halloween quando viene fatta una scoperta agghiacciante: la tredicenne Joyce è stata assassinata. Ariadne Oliver, la nota giallista, presente al party, si precipita dall’amico Poirot e lo convince a interessarsi del caso: poco prima della morte, infatti, Joyce si era vantata di aver assistito a un omicidio, ma nessuno le aveva creduto. Possibile che invece la ragazza, famosa per essere una gran bugiarda, dicesse la verità? E che il colpevole abbia deciso di chiuderle la bocca per sempre?
Non c’è pace per Ariadne Oliver. Sangue chiama sangue; quello che la scrittrice fa scorrere nei romanzi sembra evocarne altro. Rosso, vivo; reale. Ne La sagra del delitto la donna ha organizzato una festa con caccia all’assassino; e un omicidio è stato davvero commesso. Ariadne è ospite dell’amica Judith Butler; nel silenzio di Woodleigh Common Londra sembra lontana. È un villaggio senza particolari attrattive; abitanti dal reddito medio-alto; qualche bella casa e, addirittura, una strega.
È il pomeriggio del 31 ottobre, il giorno di Halloween. Apple Trees è in fermento; Rowena Drake, la padrona di casa, ha organizzato una festa per bambini e ragazzi. Ariadne ha accompagnato Judith a dare una mano nei preparativi; luci colorate, vasi di fiori e grosse zucche arancioni. Un andirivieni di adulti e adolescenti; ognuno contribuisce all’allestimento del party, previsto per quella sera. Ariadne è una giallista di grido; chi meglio di lei potrebbe suggerire idee brillanti? Qualche trovata per rendere più macabro l’evento.
In biblioteca si terrà il gioco delle mele; una grossa cesta sfila davanti agli occhi della scrittrice. Tutti conoscono la sua passione per quel frutto; anche Joyce Reynolds. Curiosa e loquace, non si fa sfuggire l’occasione per apostrofare Ariadne. È lei la celebre giallista? Perché il suo detective è finlandese? La bambina ha letto un romanzo ma non le è piaciuto; a suo giudizio non c’era abbastanza sangue. E nei delitti deve scorrerne tanto. Una volta lo ha visto un omicidio, Joyce. Ma nessuno crede a quelle parole; sarà una delle sue solite vanterie. E invece lo ha proprio visto; insiste stizzita.
Perché non è andata alla polizia? Perché all’epoca non si era resa conto che si trattasse di un omicidio. La discussione si spegne; ognuno torna alla propria occupazione. Alle 7.30 inizia la festa; tutto procede alla perfezione. Come sempre, l’organizzazione di Rowena è impeccabile; il suo piglio deciso sembra guidare l’intero villaggio. La serata si conclude con il gioco dello snapdragon in sala da pranzo.
Judith e Ariadne si attardano a Apple Trees; danno una mano a rassettare. Il giorno dopo, a Londra, nell’appartamento di Hercule Poirot squilla il telefono; è Ariadne. Trafelata, lo prega di riceverla. Poirot esita; le visite dell’amica spesso diventano interminabili sfoghi di angosce, inarrestabili fiumi di lagnanze. Difficile accompagnarla alla porta senza essere scortese.
Nella voce di Ariadne un evidente turbamento; come ignorare la sua richiesta? Un gran frastuono di campanello ne annuncia l’arrivo; è fradicia di pioggia. Odia l’acqua, afferma categorica; non aveva mai pensato cosa possa provocare. È sconvolta; le idee disordinate, le parole confuse. Con la sua solita flemma, Poirot la incoraggia; racconti pure. Cominci dal principio, n’est ce pas? È successo a una festa, la sera precedente; Ariadne era tra gli invitati. Un party di Halloween; il ballo, la cena, vecchi giochi popolari. Deve essere accaduto durante lo snapdragon. Nessuno riusciva più a trovare la piccola Joyce; forse qualcuno l’aveva accompagnata a casa? La mamma era arrabbiata; la bambina non era uscita da Apple Trees. Era in biblioteca; è stata trovata lì, inginocchiata a terra. Sembrava stesse giocando; la testa immersa nella bacinella, tra le mele.
È stato orribile; Ariadne giura che in vita sua non ne mangerà più una. Perché si è precipitata da Poirot? Perché è un caso tutt’altro che semplice; proprio per questo egli è l’unico in grado di risolverlo. Perché c’è un particolare, per tutti insignificante; ma Poirot saprà coglierne il senso. Joyce si era vantata di aver assistito a un omicidio; nessuno le aveva creduto. Forse non era una bugia; forse è stata davvero testimone di un delitto. Se così fosse, il caso sarebbe ben più complicato.
A Woodleigh Common Poirot raggiunge una vecchia conoscenza; trova il sovrintendente Spence in giardino. È invecchiato, appesantito; sono passati anni dalla loro collaborazione. L’uomo è al corrente della morte di Joyce; ma ha chiuso con la polizia. La forma mentis del detective persiste sotto quella dell’uomo; poliziotto si resta per sempre. Poirot è certo che il collega non avrà difficoltà a raccogliere notizie, teorie e sospetti; saprà anche dirgli quali sono i cattivi soggetti nel villaggio. L’ipotesi dell’aggressione sessuale viene subito scartata; bisogna scavare nel passato. Cercare un assassino rimasto impunito; qualcuno che si è sentito scoperto ed è tornato a uccidere. Poirot visita Apple Trees; studia Rowena con occhio critico.
Ne coglie l’innegabile avvenenza, ma anche alcuni tratti psichici. La donna emana una grande padronanza di sé; ma non riesce a mascherare un certo fastidio. Poirot non fa fatica a intuire il motivo; è una perfetta padrona di casa. Lo è sempre stata; i suoi eventi hanno sempre avuto successo. Per questo è inaccettabile che quella festa sia stata assai meno che perfetta; è stata infangata da un omicidio.
Quella tragedia sarebbe potuta accadere ovunque; ma non doveva accadere a Apple Trees. È una macchia al prestigio di Rowena; una spina pungente che le provoca sofferenza. La Drake si sta arrovellando; a Poirot non sfugge quanto ella si affanni a comprendere. Non le interessa sapere perché sia stata uccisa Joyce; ben altro vuole capire.
Chi ha peccato di negligenza? Chi è stato incapace di prevedere l’imprevedibile? Poirot esamina la scena criminis; doveva esserci molta acqua, nevvero? L’assassino deve essersi bagnato; nessuno ha notato questo dettaglio? Un ospite che indossasse abiti fradici. Spesso il movente di un omicidio è la vittima stessa; la sua personalità, la sua vita possono condannarla a morte.
Chi era Joyce Reynolds? Quelli che l’hanno conosciuta non ne parlano in modo lusinghiero; Joyce era una bugiarda matricolata. È voce unanime; era vanesia, millantatrice, si riempiva la bocca di frottole. Raccontava perfino di un viaggio in India; e, ogni volta che ne parlava, aggiungeva dettagli fantasiosi. Voleva mettersi in mostra; per questo inventava o gonfiava i fatti. Si è vantata di aver assistito a un delitto? Di sicuro voleva farsi notare da Ariadne.
Spence procura a Poirot un elenco; i nomi delle probabili vittime di omicidio. I casi sospetti degli ultimi tre anni; due ragazze, un giovane falsario. Una lady anziana e ricchissima, la signora Llewellyn-Smythe. Pur cardiopatica, ella non rispettava le prescrizioni mediche; un malore fatale era prevedibile.
La sua morte non è stata inaspettata; ma improvvisa sì. Eppure nessuno ha sollevato dubbi; nessuno ha premuto per aprire un’inchiesta. Strano; come è strana la scomparsa della ragazza au pair che la assisteva. Sparita dall’oggi al domani; per sottrarsi a una denuncia? Probabile; l’azione legale era nell’aria. La giovane era l’unica erede della signora; stava per mettere le mani su una enorme ricchezza.
“Per le devote cure e la gentilezza”, recitava il testamento; peccato che il codicillo era stato falsificato. Non c’era dubbio; la perizia calligrafica parlava chiaro. Una morte troppo tempestiva; una ragazza scomparsa con altrettanta tempestività: tutto molto sospetto. E un architetto paesaggista che lavorava per la signora. Il presente affonda le radici nel passato; una vecchia colpa proietta una lunga ombra.
La pista è giusta; Poirot imbocca questo sentiero e va fino in fondo. Lì è la Verità; quella che per lui viene prima di tutto, che non ammette pietà. Perché spesso la pietà ha provocato altri crimini. L’equilibrio della società, dell’umanità, si fonda su un principio razionale; non la compassione verso il colpevole ma la giustizia verso le vittime. Domande; sopralluoghi; un infaticabile lavorio delle cellule grigie portano Poirot alla Verità. Egli ha la certezza che un grave pericolo incombe su qualcuno; che qualcosa sta per accadere. È il momento di stringere il cerchio intorno all’assassino; la strage degli innocenti volge alla fine.
“Non vi è mai capitato di mangiare una bella mela rossa e succosa e poi di trovarvi dentro un vermiciattolo vicino al torsolo? Tanti esseri umani sono proprio come quella mela.”
Agatha Christie non varia quasi mai la struttura dei suoi romanzi; ma ognuno vive di vita propria. Hallowe’en Party ha una doppia anima. Irrompono alcuni temi sociali in auge negli anni ’60. L’emancipazione delle ragazze dal controllo della famiglia; di genitori e fratelli, ora più indulgenti. La piaga dei delitti sessuali, della violenza di genere; della violenza in genere. L’altro aspetto è la persistenza della tradizione popolare, del folklore; una atmosfera gotica inafferrabile eppure palpabile.
Hallowe’en Party è ricco di suggestioni metaletterarie e letterarie. Se Narciso avesse incontrato lady Macbeth? In qualche modo il romanzo rende possibile questo impossibile connubio. Narciso avrebbe potuto uccidere in nome della Bellezza? Narciso, sacerdote che officia un sacrificio rituale; agnelli immolati alla dea. Una dea vanitosa, compiaciuta di sé; esige onore e onori di sangue. Nel sangue la Vita; eterna vita alla dea.
Sangue indelebile sulla mano di lady Macbeth; a memoria e condanna.
“Sono nati così. Sono figli di Lucifero. Uccidere per loro è come bere un bicchier d’acqua, se gli conviene farlo. Quando vogliono una cosa, la vogliono e basta. E per averla sono pronti a tutto. Possono essere belli come angeli.”
Written by Tiziana Topa