“Il canto di Mr Dickens” di Samantha Silva: il felice prodotto di una discepola fedele

Nell’imminenza del Natale 1843 fu pubblicata la prima edizione di Un canto di Natale di Charles Dickens, una storia natalizia breve ma destinata a diventare la più popolare e amata di tutte. La prodigiosa trasformazione del gelido Ebenezer Scrooge in un uomo di carne e sangue e ricco di umana pietà offre a tutti speranza di redenzione.

Il canto di Mr Dickens di Samantha Silva
Il canto di Mr Dickens di Samantha Silva

La scrittrice e sceneggiatrice Samantha Silva, fervente ammiratrice di Dickens, prova a immaginare la genesi di questa intramontabile favola edificante. Il canto di Mr Dickens (Neri Pozza, 2022, pp. 288, trad. di Daria Restani) è un romanzo storico che intreccia i fili della vita di Dickens, dei suoi familiari e amici con evanescenti figure di fantasia, nel proscenio di una Londra misteriosa.

La penna della Silva, imbevuta di autentico spirito dickensiano, ricrea l’aria di gioiosa attesa, il calore umano e l’anelito alla fratellanza che si respirano nell’originale. Il canto di Mr Dickens è il felice prodotto di una discepola fedele, non di una mera copista.

A poche settimane dal Natale 1843, nel suo studio Charles Dickens è euforico: ha appena terminato la stesura dell’ultimo numero di Martin Chuzzlewit. Nella camera da letto la moglie sta per dare alla luce il loro sesto figlio. Quello che potrebbe essere un giorno di letizia diventa uno dei peggiori della vita dell’uomo. Nel salotto della sua lussuosa dimora lo attendono angosciati gli editori Chapman & Hall, i quali gli comunicano il fallimento del Chuzzlewit e gli commissionano una storia di Natale.

Dickens rifiuta piccato ma una clausola contrattuale lo obbliga ad assolvere l’incarico. Trovare l’ispirazione non è facile; la storia non bussa alla sua mente, il foglio rimane bianco. L’incontro con la misteriosa Eleanor Lovejoy e con il suo piccolo Timothy cambierà il sentire di Dickens, trascinato in un illuminante viaggio tra ombre e spettri.

Mr Dickens è abituato al successo; la scrittura lo ha reso ricco, la capacità di parlare ai cuori gli è valsa la fedeltà dei lettori, grati per la luce che i suoi romanzi hanno acceso nelle loro vite. Egli pregusta l’ennesimo trionfo; il nuovo numero di Martin Chuzzlewit peccherà come sempre di perfezione; una nutrita folla, smaniosa di acquistarlo, si radunerà come sempre all’ingresso della libreria. Non può che essere così. Eppure l’insolito tepore di quel novembre sembra presagire un’anomalia nell’infilata di allori conseguiti dall’Inimitabile Boz che rischia di precipitare tra le fauci della miseria.

L’insuccesso del Chuzzlewit potrebbe scavare una fossa finanziaria nel suo cospicuo patrimonio; di certo apre una voragine nell’anima di Charles, un buco nero che risucchia la sua serenità e la sua fede nella magia delle parole. Come per incanto, esse uscivano dal nulla, dalle persone, dalle più lievi sfumature di umore e sentimento; cose indicibili, che però richiedono di essere dette, non sarebbero mai state dette senza di lui, o comunque non come le aveva dette lui.

La Musa nega i propri favori a Dickens e lo priva di quell’esperienza quasi mistica di cui per anni si era beato. La vena creativa si inaridisce, il cuore smette di pulsare affetti e si copre di brina – come quella che congela Scrooge. L’animo già esacerbato di Dickens si inasprisce ulteriormente in seguito all’abbandono della moglie, che non riconosce più il marito in quell’uomo di pietra. Inghiottito dalla solitudine, egli non ha altra compagnia che se stesso; ma è un se stesso sconosciuto quello che ha davanti. Non c’è nessuno che faccia da specchio per restituirgli l’immagine dell’uomo che pensava di poter essere; Dickens è morso dal terrore di non riuscire mai più a scrivere.

Il canto di Mr Dickens - Photo by Tiziana Topa
Il canto di Mr Dickens – Photo by Tiziana Topa

Da cosa trarre ispirazione se non ha una fonte di sentimenti, persone e voci cui attingere? Carlo Goldoni dice che il mondo è un bel libro ma poco serve a chi non lo sa leggere. Dickens sa leggerlo, o meglio, sapeva farlo. Londra è la sua grande risorsa; nel corso di lunghe passeggiate, gli occhi attenti vi hanno còlto un caleidoscopio di tipi umani, di emozioni e di realtà. Il mendicante e il venditore, il miserabile e il borghese sono stati tolti dalla strada e trasposti nelle pagine dei romanzi di Dickens. Egli li ha resi immortali.

Allora Charles torna a rannicchiarsi nel ventre di Londra e, in una notte disperata, si immerge nell’intrico di viuzze, strade e ponti fino a smarrirsi. Sì, Dickens è un uomo smarrito: ha perso l’orientamento in città, nella scrittura, nella vita e perfino dentro sé. Quella notte però accade il miracolo e il viandante nel mare di nebbia trova una guida.

Eleanor, la donna con la mantella dal colore della mezzanotte, è inafferrabile; si mostra e si ritrae. Pur evanescente come nebbia, ella emana una luce chiara e calma, una quiete che invita alla verità ma senza il desiderio di giudicare. L’Inimitabile Boz si scopre nudo; Eleanor è una sorta di angelo psicopompo che lo accompagna oltre i confini della coscienza che egli ha di sé stesso fino a una nuova conoscenza del Dickens che è stato, che è e che sarà.

Egli rivede il bambino che svolgeva un lavoro disumano per guadagnare la somma necessaria al rilascio del padre, in carcere per debiti. Il senso di rifiuto e di abbandono provato dal piccolo Charles ha generato dentro di lui uno stagno putrido rimasto immobile per tutto quel tempo.

Il sasso lanciato smuove la melma ed egli si vede chiaramente nella sua interezza; vede un uomo assediato dalla famiglia, dai parenti, dagli amici dei parenti, tutti in cerca di denaro dall’Inimitabile Boz, il cui nome è una garanzia di affidabilità. È ricco ma accusa una desolante povertà di amore, come se l’undicenne che si sentiva solo al mondo non fosse mai cresciuto. Tuttavia l’amarezza della vita non aveva spento una luce nel cuore di quel bambino: la gioia del Natale, che egli amava con tutto sé stesso. La sua vocina infantile ancora risuona in qualche anfratto dell’anima dell’adulto che deve tendere l’orecchio a quel canto festoso e lasciare che lo spettro dei ricordi faccia da scintilla all’immaginazione.

Samantha Silva
Samantha Silva

Eleanor è depositaria di un’arcana saggezza che aiuta Dickens a riabbracciare quella remota parte di sé; egli ritrova così la sua identità di uomo e di scrittore. Impara che proprio dentro le persone in cui vediamo il male splende una luce buona; che i pregiudizi e la diffidenza rendono ciechi e sordi; che non si è mai veramente soli in questo mondo. Impara che il perdono scioglie il gelo più ostinato.

Timohy compie il labor limae in quest’opera di ricostruzione; la fiduciosa innocenza di quella gracile creatura, non meno sola di quanto sia stato lui stesso, restituisce le parole a Dickens. Un canto di Natale è un regalo per Timothy, il commovente tiny Tim, per sé stesso e per l’umanità tutta.

Voleva sferrare un colpo violento in difesa dei poveri, sollevare il velo sottile che separa un essere umano dall’altro per issare al suo posto la bandiera della fratellanza, dell’altruismo, della carità; voleva restituire il Natale a quel bambino la cui storia aveva dato inizio a tutto. Ma, per la prima volta, capì anche quella che era sempre stata la verità più profonda: lui voleva che quelle persone lo amassero.

 

Written by Tiziana Topa

 

 

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