“Solitudine, se vivere devo con te” poesia di John Keats: conversare con uno spirito affine
Il poeta, sin dall’incipit, si rivolge alla Solitudine, personificandola, con un tono che ha quasi dell’esasperazione, della stanchezza, della disillusione esistenziale.
“Solitudine, se vivere devo con te”
“Solitudine, se vivere devo con te,
Sia almeno lontano dal mucchio confuso
Delle case buie; con me vieni in alto,
Dove la natura si svela, e la valle,
Il fiorito pendio, la piena cristallina
Del fiume appaiono in miniatura;
Veglia con me, dove i rami fanno dimora,
E il cervo veloce, balzando, fuga
Dal calice del fiore l’ape selvaggia.
Qui sarei felice anche con te. Ma la dolce
Conversazione d’una mente innocente, quando le parole
Sono immagini di pensieri squisiti, è il piacere
Dell’animo mio. È quasi come un dio l’uomo
Quando con uno spirito affine abita in te.”
Il poeta, sin dall’incipit, si rivolge alla Solitudine, personificandola, con un tono che ha quasi dell’esasperazione, della stanchezza, della disillusione esistenziale: il poeta sembra presentire quanto meno la possibilità che un domani dovrà convivere con la Solitudine.
Ciò che desidera è una convivenza serena, certamente lontano dalla confusa mediocrità e bassezza, anelando ad un “locus amoenus” (topos tipico della poesia greco-latina) rasserenante e ricco di ispirazione.
Ma tutto questo non basta.
Per John Keats sarebbe perfetto poter amabilmente conversare “con uno spirito affine” (v. 14), ambedue protetti da quella sorta di alveo sacro che viene ad essere la Solitudine.
Quest’ultima, di fatto, non è più soltanto una personificazione ma, allo stesso tempo, diviene una sorta di “temenos”, di “spazio sacro”: un rifugio da tutto ciò che opprime e ferisce l’anima.
La Solitudine è poi assimilabile, con un parallelo letterario e cinematografico, ad “giardino segreto”, un giardino per l’anima in cui si può dischiudere dinanzi a noi non il mondo, ma un mondo di (auto)consapevolezza e crescita interiore.
Riportiamo la poesia in lingua originale:
“O Solitude! If I must with thee dwell
Let it not be among the jumbled heap
Of murky buildings; climb with me the steep,-
Nature’s observatory-whence the dell,
Its flowery slopes, its river’s crystal swell,
May seem a span: let me thy vigils keep
‘Mongst boughs pavillion’d, where the deer’s swift leap
Startles the wild bee from the fox-glove bell.
But though I’ll gladly trace these scenes with thee,
Yet the sweet converse of an innocent mind,
Whose words are images of thoughts refin’d,
Is my soul’s pleasure; and it sure must be
Almost the highest bliss of human-kind,
When to thy haunts two kindred spirits flee.”
Written by Alberto Rossignoli
Bibliografia
John Keats, “Poesie. Testo originale a fronte”, Oscar classici, Mondadori, Milano 2015
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