“La vasca del Führer” di Serena Dandini: la biografia di una reporter della Seconda guerra mondiale

“A cosa sta pensando questa donna molto bella e sensuale mentre si passa il sapone sulle spalle, aspettando che il collega David Scherman si decida a scattare quella foto sconveniente?”

La vasca del Führer di Serena Dandini
La vasca del Führer di Serena Dandini

È una storia al femminile quella raccontata da Serena Dandini nel suo romanzo biografico La vasca del Führer, edito nel 2020 da Einaudi editore per la collana Stile libero.

Lo spunto per realizzare una narrazione ricca e avvincente nasce, come racconta l’autrice, da un insolito ritrovamento: un’istantanea in bianco e nero di una donna che esce dalla vasca da bagno della residenza di Adolf Hitler presso Monaco di Baviera.

Fotografia rimasta sepolta a lungo nella soffitta della casa di Elizabeth Lee Miller, in Sussex.

Fotografa e giornalista Elizabeth Lee Miller nasce a New York nel 1907 e muore a Farley Farm House (Gran Bretagna) nel 1977.

“Qualunque sia la nostra relazione con la figura paterna, si sa, i conti non tornano mai, e neanche per Lee deve essere stato facile coniugare altri amori con un padre così imponente e illuminato. Theodore è orgoglioso dei progressi di Lee e ammira Man Ray…”

La data riportata sulla fotografia è del 30 aprile 1945, giorno in cui dopo aver ‘visitato’ il campo di Dachau al seguito dell’esercito americano, la Miller si immerge nella vasca da bagno appartenuta ad Adolf Hitler. Ed è proprio con l’immagine di questa donna straordinaria, cui l’autrice ha dedicato una biografia dettagliata, che prende il via la narrazione de La vasca del Führer.

“C’è molto traffico sulla Quinta strada, quella mattina d’inverno. Le foto dell’epoca ci mostrano una metropoli tumultuosa e ammaliante: una visione lontana nel tempo, eppure familiare agli appassionati di pellicole in bianco e nero”.

Esempio di emancipazione femminile, la Miller, in un tempo in cui per le donne non era d’uso impegnarsi in attività di stretto appannaggio maschile, ha vissuto la propria vita nel nome di un acceso anticonformismo e di un netto rifiuto per tutto ciò che era convenzionale.

Intrecciando amicizie e relazioni con intellettuali ed esponenti del mondo culturale del suo tempo: Pablo Picasso, il fotografo Man Ray, Jean Cocteau, Roland Penrose che diventerà suo marito.

Figura controversa ma dal fascino indiscusso, tanto che per molto tempo in qualità di modella per Vogue sarà al centro dell’attenzione anche per la sua folgorante bellezza.

Vittima di una violenza subita da piccola, Lee Miller si porterà appresso i segni di una ferita che mai si rimarginerà, nonostante abbia fatto in modo di scacciare i fantasmi che la perseguitavano.

“Abbiamo visto così tanti film sulla Seconda guerra mondiale che ci sembra di averla vissuta in prima persona…”

Elizabeth Lee Miller - Photo by Man Ray - 1930
Elizabeth Lee Miller – Photo by Man Ray – 1930

Ed è sulle tracce dei luoghi in cui la Miller ha consumato la sua esistenza, inseguendo le sue vicende private e professionali, le quali hanno suscitato nell’autrice il desiderio di raggiungere queste località e documentarsi a fondo.

Parigi in primis, al fine di raccontare fedelmente il vissuto della Miller e farla conoscere con maggior dovizia di dettagli. Obiettivo raggiunto pienamente grazie a uno sviluppo narrativo intenso, il quale ha portato alla luce la storia di una donna che ha attraversato il suo tempo da protagonista, marcandone il percorso con una forza dirompente.

“La statua vivente sorride beffarda e il suo sorriso ora lo riconosco: è quello di Lee Miller nella sua unica partecipazione cinematografica…”

Donna inquieta e spregiudicata, Lee Miller è da prima fotomodella, per passare poi a essere icona della moda. Oltre che fotografa e reporter di guerra, attività che la porta a viaggiare a lungo spostandosi in luoghi poco accessibili per l’epoca. Sempre consumando la sua vita oltre i canoni stabiliti dalle convenzioni sociali.

Fino a quando sente la necessità di immortalare alcuni momenti tragici di un conflitto che le è alieno.

Entrerà infatti con le truppe americane nel campo di sterminio di Dachau, e sarà una delle prime donne reporter a mettervi piede.

Per testimoniare con i suoi scatti fotografici l’orrore cui ha assistito nel momento in cui ha superato il cancello di quel luogo dell’orrore.

“Lee restituisce l’insensatezza e la crudele follia del regime che ha dominato la Germania negli ultimi anni, ma da questo momento ogni scatto che realizza le provoca un profondo stress emotivo che cerca di dissimulare con l’abituale spavalderia…”

Sono molti i tratti che identificano la Miller come una reporter coraggiosa e intrepida, ma quello che la contraddistingue dalle sue colleghe è il fatto di essere stata capace di cogliere, nonostante ne sia rimasta pietrificata, la vastità dell’immane tragedia. Fotografandola con una perizia tale da restituire immagini dai toni surreali: istantanee pronte a testimoniare il male che cova nelle menti e nell’animo degli uomini.

Anche se da quell’esperienza, che la coinvolgerà completamente da un punto di vista emotivo, pensando ai tanti innocenti caduti sotto la ferocia nazista, ne uscirà devastata.

Quelli che l’accompagneranno per il resto della sua esistenza saranno brividi di sgomento, accompagnati da visioni di cui non riuscirà a liberarsi: corpi senza vita accatastati gli uni sugli altri a cui è stata tolta anche la più piccola briciola di dignità.

“Il borgomastro della città si è suicidato con tutta la famiglia poche ore prima di cadere nelle mani dell’esercito americano…”

Serena Dandini
Serena Dandini

Con evidente partecipazione emotiva, che traspare dalle sue parole, l’autrice ha dato alle stampe un libro altamente significativo, che tramite il ritratto della Miller porta alla luce un pezzo di passato di cui si è fatta portavoce. Testimoniando, attraverso le parole, alcuni episodi che hanno attraversato l’Europa e poi l’America con lo scoppio della Seconda guerra mondiale.

Ed è grazie ad un registro di scrittura ricco ed esaustivo, oltre che dotato di grande espressività di linguaggio, che la Dandini ha sviluppato una narrazione essenziale ma dotata di grande ricchezza descrittiva, ed è ciò che dà la misura della sua abilità di scrittrice: capace di far vedere ai lettori gli eventi vissuti dalla Miller, grazie a un racconto accurato e fluente.

“Lee all’inizio non riesce a scattare: come tutti: all’inizio è impietrita dall’incredulità. Neanche una mente malata dotata di una fantasia macabra e perversa sarebbe riuscita ad architettare uno spettacolo del genere…”

 

 Written by Carolina Colombi

 

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