“Caravaggio – L’anima e il sangue” di Jesus Garcés Lambert: il pittore che ha illuminato il buio
“Penso che non ci sia niente nelle tenebre e che ci sia tutto nella luce. Scelgo la luce.”
Anche oggi, nel 2018, la Magnitudo film e la produzione Sky hanno dedicato un film ad una figura di enorme valenza artistica; e lo hanno fatto sul percorso già intrapreso con Raffaello, il principe delle arti.
Questa volta è stato Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio, a essere raccontato attraverso il docufilm Caravaggio – L’anima e il sangue.
Titolo emblematico che dà la misura della forte soggettività dell’artista.
A realizzare il lungometraggio è stato Jesus Garcés Lambert, regista e filmaker di caratura internazionale, noto per le riprese di importanti documentari Sky.
La sceneggiatura è stata affidata a Laura Olivieri, cui la sceneggiatrice ha dato un taglio accattivante e coinvolgente.
Distribuita dalla Nexo Digital, Caravaggio – l’anima e il sangue è pellicola in cui viene scandagliata la complessa esistenza di uno dei grandi geni artistici di tutti i tempi, ricostruita tramite un ampio carteggio.
Quella compiuta nel film è una digressione narrativa attraverso le opere e l’esistenza del Merisi, oltre che nei luoghi che hanno visto dipanarsi la sua vita: Milano, Firenze, Napoli e Malta.
Il tutto per offrire una visione d’insieme allo spettatore, che sia sì spinta per conoscere il maestro di una grande innovazione pittorica, ma anche del Caravaggio uomo, detentore di una personalità controversa e dalle numerose sfaccettature.
“Nel refettorio Santa Maria delle Grazie deve aver studiato l’Ultima cena di Leonardo da Vinci. È probabile che Peterzano suggerisse ai suoi allievi di ispirarsi al capolavoro leonardesco. E, Caravaggio quando dipinse qualche anno dopo l’opera La canestra di frutta, oggi all’Ambrosiana di Milano, si ispirò alla natura morta che compariva sul tavolo dell’Ultima cena…”
Mediante salienti passaggi il documentario si snoda in un percorso espositivo delineato con cura, durante il quale vengono presentate le sue opere più significative; percorso che porta lo spettatore a immergersi nel tempo che fu dell’artista, e a calarsi in quei giorni lontani, facendoli propri. E, a partecipare così alla realtà in cui si sono compiuti giorni, troppo brevi, di un pittore che con la sua creatività ha impresso all’arte un segno durevole nello spazio e nel tempo.
A dare voce al Sé interiore di Caravaggio è stato Manuel Agnelli, musicista degli Afterhours, che con una voce atipica si è prestato a tradurre i diversi stati d’animo dell’artista, declinati poi negli atteggiamenti esteriori propri della sua caratterialità. Escamotage interessante per raccontare i moti di un animo travagliato, e sollecitato dall’istinto di persona facinorosa.
Si può asserire che il filo conduttore del docufilm sono i viaggi, quelli che Caravaggio ha compiuto nella sua vita, spostandosi da l’uno all’altro luogo per fuggire dal carcere. Ma il suo era anche un viaggio metaforico che lo portava anche a fuggire da se stesso.
La vita del pittore è stata definita come leggendaria, ma a ben guardare di leggendario la sua esistenza non ha poi avuto molto; è stata, semmai, un coacervo di situazioni non troppo apprezzabili, condotte con l’inclinazione a vivere in un perenne senso di inquietudine, che lo portava a esprimersi con gesti aggressivi e al di fuori di schemi abituali.
“Il mio nome di battesimo è Michelangelo, ma ho preferito quello del luogo in cui s’intrecciano le vicende della mia famiglia, Caravaggio. Sono fuggito, sogno di libertà che non ho saputo proteggere da me stesso, dai miei eccessi. Ora che la libertà mi è stata sottratta è tutto ciò che vorrei…”
Michelangelo Merisi era nato a Milano nel 1571, ma era cresciuto a Caravaggio, paesotto della bergamasca, da cui il suo appellativo. Sulla data di nascita sono sorti alcuni dubbi, a causa della documentazione andata perduta nel tempo. Potrebbe, quindi, essere nato nel 1573.
Intorno al 1590 ha raggiunto Roma, città nella quale si è consumata parte della sua vita.
I suoi inizi pittorici, commissionati da collezionisti dell’epoca, sono cosa di poco conto, forse perché irriverenti; in seguito, però, se ne distaccherà per concentrarsi anche su opere di carattere sacro. Tanto da attirare su di sé stupore e giudizi favorevoli per la sua evoluzione.
In breve tempo diventerà il pittore più discusso del suo tempo, a causa anche del suo carattere turbolento.
Nel 1606, dopo aver ucciso un uomo, durante una lite, fuggirà da Roma per trasferirsi a Napoli, città più congeniale al suo temperamento. Quindi a Malta e poi in Sicilia, per tornare in seguito a Roma.
Infine, nel 1610 a Porto Ercole dove, in ancor giovane età, morì.
Definito ‘pittore maledetto’, anche se forse era soltanto un ‘visionario’, inteso come un uomo precursore dei tempi, Caravaggio ha operato una rivoluzione in campo artistico, traslando attraverso la sua pittura, il senso del dolore e il dramma, di cui era pervasa l’esistenza di un’umanità dimessa e travagliata di molti dei soggetti da lui rappresentati. Erano gli ultimi, prostitute e gente umile i suoi soggetti preferiti, che con le loro espressioni di terrore e di sofferenza, colmate di colori dai toni scuri andavano a riempire gli spazi chiari delle tele.
“Roma è la capitale delle scuole di pittura, ma è un posto anche dove gli spendaccioni e i figliol prodighi spendono quello che possiedono…”
Caravaggio ha impresso alla pittura del suo tempo un vigoroso impulso, sconfessando le formule dei maestri del passato, in nome di un approccio intimo e diretto con la realtà e di una pittura priva di enfasi retorica.
Ha sviluppato un crudo verismo che gli causò molte critiche: numerose dei suoi lavori vennero infatti rifiutati dai committenti.
Comunque, la sua arte ha generato opere giudicate simbolo di un’epoca e, in virtù del loro contenuto drammatico, inalterate nel tempo, e perciò attuali per l’intramontabile significato simbolico custodito in esse.
Focus di tutte le opere caravaggesche fu la luce, elemento principale di grande innovazione. Tanto da spingerlo a ricreare nel suo studio, come si evince dalla pellicola, una vera e propria camera oscura, con un raggio luminoso che passava attraverso un foro per illuminare i soggetti che concretizzava poi nelle sue opere. Ottenendo infine effetti chiaroscurali accesi da lampi di luce radente, che aumentavano il senso plastico dei corpi e ne sottolineavano il dinamismo; mentre i colori, in cui venivano esaltate le tonalità bianche e rosse, erano decisi e violenti, fino a stagliarsi nitidamente sullo sfondo.
Quello rappresentato nel documentario è un Caravaggio senza alcun filtro, con tutte le sue contraddizioni e la complessità del suo animo in cerca di un qualcosa che non riuscì a trovare.
È il ritratto di un uomo dalle molte sfaccettature e dalle mutevoli e umorali emozioni: il dolore, la ricerca della libertà, l’ossessione, problematiche tutte di appannaggio dell’artista.
Una dicotomia, quindi, quella appartenuta al Caravaggio. Fra il personaggio, tormentato e maledetto, e il pittore, esempio di raro talento.
Perché lo sguardo del regista si è soffermato a esplorare, con un attento procedimento analitico, i suoi capolavori più importanti con grande interesse ai dettagli, effetto scenico ottenuto anche grazie all’altissima risoluzione adottata per la realizzazione di Caravaggio – il sangue e l’anima.
Sono quaranta le opere di cui si dà conto nella pellicola, capolavori tutti che permettono al docufilm una scenografia meticolosa e accurata, tale da regalare allo spettatore una singolare sensazione: quella di percepire la realtà rappresentata nelle tele del Caravaggio come parte di scene reali, pezzi di vita vera.
Percezione quasi palpabile che sembra bucare lo schermo e diventare frammenti di una dimensione che va oltre il film, e si fa tutt’uno con coloro che hanno l’opportunità di fruire di tanta bellezza.
Scene e sequenze dense di un assoluto simbolismo, quelle rappresentate dal film, e collocate in un’ambientazione essenziale e scarna, tale da essere specchio degli stati d’animo di Caravaggio uomo, ma anche pittore.
Anche in questo caso, come per le precedenti produzioni dedicate ad altri eccellenti artisti, il film è spaccato di un universo artistico che supera il tempo. Ed è stato, con l’intervento di illustri addetti ai lavori, che si è arricchito di un lavoro già eccellente.
Anche questa volta, come per Raffaello, il principe delle arti, sono intervenuti a dare la loro preziosa collaborazione, fondata su una lunga esperienza, esperti di storia dell’arte: Claudio Strinati, Mina Gregori e Rossella Vodret, che con i loro contributi hanno raccontano la figura dell’artista in correlazione alle sue opere.
Si può quindi affermare, senza possibilità di smentita, che Caravaggio – L’anima e il sangue è una lezione d’arte dal vivo.
“Ho sbagliato tante volte e tante altre lo rifarò, ma ogni volta capisco che il mutamento è vita. La pittura mi serve a ritrovarmi migliore opera dopo opera. Nei miei dipinti vedo me stesso, i miei fallimenti. Ma così, almeno, li vedo chiaramente. Quasi mi ci specchio…”
Written by Carolina Colombi
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