Sardegna da scoprire #2: la Necropoli di Sos Furrighesos e le sue Costellazioni
“La Sardegna è fuori dal tempo e dalla storia.” – David Herbert Lawrence
Non amo particolarmente le necropoli.
Trovo sia molto più interessante e divertente visitare i resti di antiche città, con le strade, le botteghe, le case e immaginare come potessero vivere i nostri antenati.
Fatta questa premessa, così da levare ogni dubbio sulla mia infinita passione per la vita, vi parlerò di una tomba.
No, non vi sto prendendo in giro.
Ogni amante della Sardegna, ogni viaggiatore, ogni appassionato di archeologia ed ogni sardo che ami la sua terra e la sua storia, dovrebbe visitare, almeno una volta nella vita, la necropoli di Sos Furrighesos, in territorio di Anela.
Nel cuore della Sardegna, quindi, ben lontani dallo splendido mare e dalle bianche spiagge ma, vi assicuro, vale la pena affrontare questo viaggio.
Naturalmente è una necropoli conosciuta e ampiamente studiata.
Dunque, chiederete, cosa c’è da sapere?
Bene, io vi voglio descrivere quello che ho visto io, non quello che mi dicono di guardare gli eminenti studiosi che hanno condotto scavi e studi sul luogo.
Quello che colpisce, ma è una cosa consueta nelle necropoli sarde, è il silenzio assoluto che ti avvolge appena arrivi alle tombe.
Sembra che, oltre il confine sacro, neppure il canto degli uccelli o il frinire degli insetti possa passare.
Ed in questa realtà ovattata, fuori dal tempo, vedi la maestosa tomba del Re, coi sui strani gradini, che salgono, impressi nella roccia, destro sinistro, destro sinistro, fino alla nera bocca della tomba, coronata da una magnifica coppia di corna taurine rovesciata, incisa nella dura roccia.
Tranquilli, è una facile salita. Poi entri in quella che era la dimora del riposo eterno di un uomo, decisamente ricco e potente.
Se non leggi manuali o dotte spiegazioni, guardandoti in giro ci metti poco a pensare che, il proprietario della tomba, fosse proprietario di navi, Capitano e marinaio.
Si, perché stranamente, nessuno ha pensato di guardare il soffitto della Domus, dove fanno bella mostra di se le costellazioni così come le vedevano gli antichi sardi.
Io non sono un astronomo, ma la Croce del Sud e Orione, con la sua Cintura e la sua stellare ambiguità, sono riuscito a riconoscerle immediatamente.
Non è neppure la prima volta che vedo le stelle del cielo Shardana impresse nella roccia. Ce n’è un bellissimo esempio a Castelsardo, per fortuna nascosto agli occhi dei più.
Poi, sulla parete, tre incisioni. Animali, dicono gli archeologi.
Ma chissà perché a me sembrano tanto tre navi, due da trasporto, grasse coi grandi remi, una di scorta, con la doppia prora, così come sono descritte le navi Shardana.
Tutte e tre, sulla prora, hanno la protome cornuta portafortuna (avrei voluto dire apotropaica, per sfoggiare un po’ di cultura, ma sono solo un viaggiatore del tempo, non cadiamo nel ridicolo!).
Certo, siamo lontani dal mare, ma mi pare di sentirne l’odore salmastro, li dentro.
Prendiamoci tempo ad osservare tutto per bene, il letto sepolcrale, la “cameretta” per i familiari, le incisioni scalpellate da qualche mano criminale (vi ricordate le famose scritte di cui ho parlato nell’articolo su Sa Mandra Manna di Tula? Ce ne sono segni anche qui, scalpellati, nascosti, ma presenti).
Dopo essermi perso in questa stanza, sognando le avventure che doveva aver vissuto il Capitano, passo all’altra domus, collegata da un breve corridoio.
Questa è molto più antica, col pavimento costellato di coppelle e le pareti di “labirinti” e corna taurine stilizzate.
Written by Salvatore Barrocu
Photo by Chiara Tenzin Yangchen
Info