25 aprile: la storia della resistenza partigiana ed il ruolo delle donne
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

A ottant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, conflitto che ha segnato la storia dell’umanità, ricordare la Resistenza non deve essere soltanto un tributo storico ma un monito. Sia per il presente che per il futuro. Perché la lotta per la libertà, per l’uguaglianza e per la giustizia sono principi, oggi più che mai in un mondo attraversato da tensioni e derive autoritarie, che devono sussistere a prescindere.
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.” ‒ Antonio Gramsci
L’anniversario da celebrare oggi non può essere commemorato senza far memoria di ciò che ha rappresentato la Resistenza partigiana italiana nello scenario della Seconda guerra mondiale.
Ma cosa s’intende per Resistenza partigiana, si chiederanno i più giovani che hanno avuto contezza degli eventi storici soltanto attraverso i testi scolastici?
Movimento che ha contribuito a risollevare l’Italia da un tragico momento la cui portata storica è impossibile da cancellare, è stato un fenomeno che ha coinvolto un numero altissimo di uomini e donne impegnati a lottare per sradicare dall’Italia il nazifascismo. Persone, che ancora oggi incarnano il coraggio e la speranza di un’intera nazione che si è adoperata per il proprio riscatto.
“La Resistenza fu la risposta di un popolo che non accettò di essere complice. Fu la scelta di chi disse: da questa parte ci sto io.” ‒ Ferruccio Parri
Facendo un passo indietro, prima che la Resistenza si organizzasse in un organismo compatto, l’Italia è stata teatro di una delle più drammatiche pagine della sua storia, che ufficialmente si è conclusa l’8 settembre 1943, data dell’armistizio di Cassibile. Data che però non ha posto fine alla guerra, ma ha lasciato dietro di sé contraccolpi che si sono protratti fino al 1945.
Erano dunque drammatiche le condizioni in cui versava il paese prima che la Resistenza partigiana, a partire dall’autunno 1943, avesse una struttura unitaria. Impegnata in una situazione militare disastrosa con enormi perdite umane, l’Italia era a fianco della Germania nazista in un conflitto che non riusciva a trovare una via d’uscita.
Emblematica è la situazione militare nel Nord Africa, con una serie di sconfitte che vedevano il sogno italiano di colonialismo spazzato via da fattori quali l’incapacità militare e la inopportuna quanto scarsa lungimiranza. A cui seguiva la caduta di Mussolini, che dopo il Gran Consiglio del Fascismo, 25 luglio 1943, veniva arrestato su ordine del re Vittorio Emanuele III. Con il governo che passava in mano al maresciallo Pietro Badoglio, il quale avviava trattative segrete con gli Alleati per porre fine all’inutile massacro bellico. Trattative, che si concludevano con l’armistizio dell’8 settembre 1943; che però non poneva fine al conflitto, ma precipitava il paese in una situazione altrettanto drammatica, come o forse anche più del periodo precedente.
Rappresentativo della catastrofica fase storica era il collasso dell’esercito italiano, che vedeva i soldati in balia di se stessi, privati di ogni direttiva sulle tattiche militari da seguire, inconsapevoli di cosa stava accadendo. Spesso catturati dai tedeschi e deportati in Germania, se non addirittura vittime di fucilazione, come è accaduto ai soldati della Divisione Acqui stanziati presso l’isola di Cefalonia.
Nel frattempo, il re e il governo fuggivano a Brindisi, lasciando il paese in un caos politico senza precedenti, che vedeva gli italiani, militari, antifascisti e civili in preda al più completo disorientamento. A creare un ulteriore motivo di tensione e pericolosità sociale era l’occupazione militare tedesca sul suolo italiano, con la Wehrmacht che invadeva l’Italia settentrionale e centrale, instaurando, in nome di Benito Mussolini, un governo repressivo attraverso la neonata Repubblica di Salò (Lago di Garda). Stato fantoccio sotto controllo nazista che perseguitava antifascisti, ebrei e civili.
Era il 12 settembre 1943 il giorno in cui Benito Mussolini, detenuto presso il Gran Sasso, veniva liberato dai tedeschi, mentre le città italiane erano investite da bombardamenti massicci da parte degli Alleati. A cui seguivano azioni, quali gli sbarchi sulle coste della penisola italiana.
L’Italia era dunque in balia del caos più assoluto, nei giorni che seguivano la caduta del fascismo; con città sfregiate dalle incursioni aeree, che causavano numerosi morti e feriti, infrastrutture distrutte e la popolazione in sofferenza, a causa della grave carestia portatrice di fame e povertà.
Il disorientamento della popolazione era ovviamente totale, molti italiani, già antifascisti durante la guerra, davano inizio a manifestazioni e proteste le quali erano l’input alle bande partigiane per organizzarsi anche militarmente. Mentre altri, ancora legati al fascismo, venivano attratti dalla nuova entità politica rappresentata dalla Repubblica Sociale Italiana.
In molti prendevano la via della montagna, pianificando azioni, anche armate, per la liberazione del paese. Nascevano gruppi spontanei di ex militari, civili, politici di sinistra e cattolici, che si organizzavano per scendere in campo al fine di avversare la deriva autoritaria presente sul territorio, configurata dall’occupazione nazista dell’Italia. Che si traduceva in un fenomeno collettivo, il quale coinvolgeva uomini e donne di ogni estrazione sociale, ideologia politica e appartenenza geografica.
“La Resistenza fu un’isola di giustizia in un mare di sopraffazione. Chi vi partecipò non era un eroe, ma un uomo che aveva scelto di non voltarsi dall’altra parte.” ‒ Primo Levi, sopravvissuto ad Auschwitz
Schierati in funzione di una diversa matrice politica di appartenenza, coloro che imbracciavano il fucile appartenevano alle brigate comuniste, socialiste, azioniste, cattoliche e autonome. Che si prestavano a mettere in atto azioni per dare il via a una lotta di liberazione, il quale univa persone con ideali diversi sotto un unico obiettivo: liberare il paese, operando sul territorio. Nonostante il rischio di venire catturati dai nemici fosse altissimo.
“La Resistenza fu l’ultimo atto del Risorgimento, il momento in cui l’Italia ritrovò se stessa.” ‒ Carlo Levi
Erano molti i partigiani e le partigiane, che operando in condizioni difficilissime, conducevano una guerriglia incessante contro le truppe tedesche e fasciste e contro i loro presidi, e non ultimi sabotaggi per limitare la portata d’azione dei tedeschi. A cui si aggiungevano attacchi mirati e operazioni di intelligence per facilitare l’avanzata degli Alleati, nonostante la sproporzione di mezzi rispetto agli occupanti. Comunque sia, il contributo dei partigiani è stato fondamentale nel logoramento del nemico, accelerando la liberazione dell’Italia.
Tuttavia, ai sabotaggi i nazisti rispondevano con una repressione che si traduceva in brutali rastrellamenti e stragi, al fine di reprimere il movimento partigiano. Con episodi a testimoniare il vigente stato di brutalità del paese: l’eccidio di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e delle Fosse Ardeatine, l’uccisione dei 7 fratelli Cervi. Oltre a numerosi soprusi e stragi compiuti in molte città e villaggi. Crimini, che erano la risposta a uomini e donne, che nonostante le avversità e gli ostacoli in cui operavano, non si piegarono mai.
Ogni fucilazione, ogni massacro non faceva altro che rafforzare la determinazione di coloro che lottavano per altissimi ideali di libertà. Combattuta tra montagne, città e campagne la lotta partigiana non solo ha contribuito alla liberazione del paese dal regime fascista e dall’occupazione tedesca, ma ha posto anche le basi per la rinascita democratica dell’Italia. Ed è sotto l’egida del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che operavano e collaboravano le diverse entità partigiane in nome dell’unità nazionale. Sebbene, non sempre fra le diverse brigate partigiane i rapporti siano stati idilliaci; anzi, come spesso avviene nelle relazioni, di qualsiasi natura esse siano, i malumori erano presenti anche nel contesto della Resistenza partigiana.
“Noi non eravamo santi, eravamo uomini. E per questo la nostra lotta valeva ancora di più.” ‒ Beppe Fenoglio da Il partigiano Johnny
Dopo l’8 settembre 1943, dunque, data che segna l’armistizio di Cassibile con gli Alleati, e di conseguenza la resa dell’Italia, il paese era diviso in due: il Nord, occupato dai nazisti attraverso la formazione della Repubblica Sociale Italiana (RSI), e il Sud, controllato dagli Alleati e dal governo di Pietro Badoglio. L’anno della svolta e momento storico altamente significativo che vedeva l’Italia, da paese fascista in guerra diventare un paese occupato e in lotta per la liberazione dall’oppressore, sarà il 1943: da quel momento il paese intraprendeva un difficile cammino verso la democrazia. Democrazia conquistata a caro prezzo, e costata il sacrificio di coloro che si sono battuti per un interesse collettivo, e la cui portata è a tutt’oggi un bene prezioso da proteggere.
“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.” ‒ Sandro Pertini
La data simbolo della Liberazione, che segna l’apice della lotta partigiana, è Il 25 aprile 1945, in cui si alcune città si liberano da sole, ancor prima dell’arrivo degli Alleati. Milano, Torino, Genova e altre città insorgono, dimostrando che il popolo italiano ha ripreso in mano i fili del proprio destino. È il caso della Val d’Ossola (al confine con la Svizzera) dove i partigiani cacciano nazisti e fascisti dalla valle, e viene proclamata la Repubblica partigiana dell’Ossola, con capitale Domodossola, guidata da esponenti del CLN (comunisti, azionisti, democristiani). Anche se, purtroppo la sua autonomia avrà breve durata. Così, come accade per Alba, che si dà un proprio governo indipendente.
Sebbene sia stata indipendente soltanto per 23 giorni, solo 23 giorni descritti da Beppe Fenoglio, scrittore piemontese, nel suo libro Il partigiano Johnny, libro- testimonianza del grave momento storico. Anche Napoli, ricordata nel film Le 4 giornate di Napoli di Nanni Loi, è artefice del proprio destino; agiva e si ribellava a uno stato di cose che vedeva la popolazione in grave sofferenza per la situazione post bellica.
I drammatici eventi vedevano infine il loro epilogo il 28 aprile 1945 quando i partigiani, dopo aver catturato Benito Mussolini, presso Dongo, già in procinto di fuggire in Germania a bordo di un camion di truppe tedesche, veniva fucilato per mano partigiana. Mente la resa definitiva delle forze tedesche avveniva il 2 maggio 1945. Con la morte di Mussolini e liberazione del paese si concludeva per l’Italia il Secondo conflitto mondiale, guerra sanguinosissima che ha visto oltre 50 milioni di morti a livello planetario. Senza tenere conto delle vittime collaterali.
Mentre il paese Italia volgeva il proprio destino in direzione democratica, che trovava il suo punto di forza nel Referendum del 2 giugno 1946, che sanciva la nascita della Repubblica.
Alcuni appartenenti alle brigate partigiane, come Teresa Noce, Pietro Secchia, Teresa Mattei, genovese e più giovane partecipante all’Assemblea Costituente, contribuivano nel 1947 alla stesura della Carta Costituzionale, che affonda le sue radici nella Resistenza.
Purtroppo, dopo il 1945 saranno numerosi gli episodi di violenza compiuti per vendetta da alcuni partigiani nei confronti di ex fascisti. Storici come Renzo De Felice hanno parlato di ‘conflitto fratricida’, mentre parte della critica ha sottolineato l’inevitabilità degli atti compiuti dai partigiani, motivandoli con il carattere antifascista della Resistenza.
“La Resistenza fu la nostra guerra civile. E una guerra civile è sempre un male atroce, anche quando è inevitabile. Ma fu anche l’unico periodo in cui l’Italia ebbe un’anima comune, una volontà unitaria, una speranza condivisa.” ‒ Italo Calvino da “Il sentiero dei nidi di ragno”
Per commemorare e onorare la memoria di chi ha lottato, anche a costo della propria vita, per un’Italia libera è dunque doveroso che l’eco della loro voce continui a risuonare alto, anche per spronare le nuove generazioni a resistere e a combattere ogni forma di repressione. Crogiolo di coraggio, ideali e sacrifici, la lotta partigiana è un evento da rievocare e celebrare oggi, tempo di revisionismi e di populismi. Perché ricordare la Resistenza significa difendere i valori di libertà, giustizia sociale e democrazia nati dalle sue ceneri.
“Resistere non era solo prendere il fucile. Era anche dire ‘no’ quando tutti dicevano ‘sì’, era conservare la propria umanità nell’inferno.” ‒ Lidia Beccaria Rolfi, partigiana e deportata
Spesso trascurato, il contributo delle donne alla Resistenza è stato fondamentale. Tra il 1943 e il 1945, sono migliaia le donne italiane che hanno aderito alla lotta partigiana, sfidando non solo i nazifascisti, ma anche i pregiudizi di un’epoca che le voleva relegate al ruolo di mogli e madri. Seppur protagoniste di una resistenza silenziosa, sono molte le donne che hanno partecipato attivamente al movimento, contribuendo a tenere viva la rete di collegamenti tra le brigate, portando messaggi, armi e viveri in condizioni di pericolo costante. Alcune, in veste di staffette, infermiere, o in altri ruoli. Ma non solo staffette o infermiere le donne: molte di loro hanno impugnato le armi e guidato azioni di guerriglia, battendosi sul terreno. Come vere e proprie combattenti hanno dimostrato coraggio e un’audacia maggiore a quella di tanti uomini.
“Se resistete, noi resisteremo” ‒ da un volantino delle donne romane, 1943
Qualche nome va fatto, per ricordarle e affinché il loro operato sia a tutt’oggi un faro luminoso per tutto il genere femminile: Irma Bandiera, Mimma, fucilata dai fascisti, Carla Capponi, medaglia d’oro al valore militare, Teresa Mattei, genovese. Accanto a loro molte altre che non hanno esitato a imbracciare le armi; spinte da un ideale superiore di giustizia e libertà non hanno esitato a formare una brigata partigiana composta interamente da donne. Queste combattenti si occupavano di sabotaggi, attacchi contro i nazifascisti e operazioni di intelligence. Senza il loro contributo, la Resistenza non avrebbe avuto lo stesso successo.
Eppure, per decenni la loro storia è stata marginalizzata.
Finita la guerra, molte devono lottare per vedersi riconosciuto lo status di partigiane, che hanno subito stupri e torture, o peggio ancora sono state deportate a Ravensbrück. Nonostante il loro coraggio e sacrificio, molte partigiane sono state dimenticate o messe in secondo piano nel racconto della Resistenza.
Perché dopo il 1945 la presenza delle donne è stata dimenticate?
A parlare per loro è la narrazione che si è data degli eventi. Si tratta infatti di una narrazione tutta al maschile: La Resistenza è stata un’impresa compiuta da uomini. Preferendo così ricordarle, secondo un noto stereotipo di genere, come vittime piuttosto che come combattenti.
A confermarlo è anche il fatto che nel dopoguerra sono state poche le donne che hanno avuto accesso al mondo della politica. Con un ostruzionismo soprattutto da parte del PCI e della DC, che volevano le donne relegate a ruoli secondari. Sono state perciò sono eroine due volte le donne della Resistenza: contro il fascismo e contro un sistema che non le ha voluto protagoniste. È stato infatti soltanto negli ultimi decenni che si è riconosciuto il ruolo fondamentale che hanno avuto nel movimento. Ricordarle oggi, significa restituire loro la voce che la storia e il genere maschile hanno cercato di cancellare.
“Combattemmo non per odio, ma per amore. Per un’Italia che potesse finalmente guardare avanti senza vergogna.” ‒ Ada Gobetti, partigiana e costituente
Written by Carolina Colombi
Un bell’articolo scritto molto bene, che descrive una delle più drammatiche situazioni vissute dal nostro paese. Vorrei ricordare che una delle mie pro zie, con cui sono cresciuto e venuta a mancare da diversi anni, quando era poco più che adolescente è stata una Partigiana, che ha rischiato la vita sotto i bombardamenti degli alleati per portare ogni giorno cibo ai Partigiani che lottavano contro i nazifascisti in Versilia.
Buon 25 Aprile a tutti!
Canto delle partigiane ebree
Fuggiamo sorelle dalle mura di questo ghetto. Fuggiamo nelle verdi libere foreste.
Ecco sorelle, invece di catene, le mie mani impugnano un nuovo fucile.
Amato mio, baciami. Carezza la mia gola, stringi le mie spalle e sorridimi.
Vado in missione. Oh, da oggi sarò un corpo solo fusa col mio fucile.
Sorelle mie, donne! Siamo poche di numero, ma valiamo come fossimo milioni.
Nelle colline, nelle città e nelle valli, distruggiamo i ponti e sterminiamo le brigate dell’invasore.
I fascisti tremeranno, non sapendo quando e dove noi, partigiane ebree compariremo.
Siamo la tempesta punitrice che sale dalla terra offesa
La parola Vendetta è la condanna dei nostri nemici, se siamo pronte a scriverla col nostro sangue.
Combatteremo sino alla fine e non saremo GLI ULTIMI MOHICANI perché sopravviveremo.
Noi donne partigiane, noi ebree partigiane, porteremo il raggio di sole che spezzerà le tenebre,
Complimenti a Carolina per l’interessante articolo sul 25 aprile. La festa della liberazione voluta da Re Umberto II
In Sicilia non c’è stata la resistenza come viene intesa al nord. Qui il tutto si è concluso con lo sbarco alleato dal 9 luglio al 10 agosto. I siciliani seguivano l’evolversi della situazione con radio Londra. Pure qui c’era una antenna per ricevere il segnale.
11 settembre del 1999 nel quotidiano locale veniva riportato una intervista ad alcuni reduci di guerra inglesi dove affermavano che le operazioni beliche in Sicilia sarebbero durate meno di un mese ma era necessario fare rumore per minimo un mese.Cosa interessava realmente ai siciliani? Che la Sicilia diventava uno stato indipendente o nelle peggiori delle ipotesi uno stato americano. A tal proposito sono nati alcuni movimenti illegali come quello di Salvatore Giuliano che era stato incaricato di organizzare un esercito e lui stesso ricopriva il grado di colonnello. È stato fondato anche un partito che ha avuto anche numerosi rappresentanti nei primi governi repubblicani.
Il voto in Sicilia per monarchia o repubblica non è stato per niente democratico. La gente ignorante era convinta che era un voto per San Giuseppe e chi non votava per San Giuseppe??
La proclamazione della Repubblica è avvenuta quando ancora mancavano tre milioni e mezzo di schede elettorali. Quindi tutt’oggi non si conosce realmente l’esito e a tal proposito alcuni eredi di casa Savoia hanno richiesto il conto delle schede, cosa che per il momento non è stato concesso.
In questo interessante articolo sottolinei l’importanza della resistenza delle donne. Tuttavia mi avrei aspettato un cenno all’atto coraggioso delle donne di San Gregorio comune in provincia di Catania dove i tedeschi hanno minato le abitazioni così le persone erano intrappolate in casa se non era per il coraggio delle donne che erano le uniche a poter togliere le mine.