Intervista ad Alessio Palumbo: il monologo “Amore Positivo” e l’arte di rompere i tabù
Alessio Palumbo, napoletano, classe 1987, nasce con l’arte nella pancia, la percepisce da dentro. Per anni crede che la musica, il sound design e il djing siano la sua strada, poi, riconosce che forse la sua catarsi passa non solo attraverso la melodia, ma anche attraverso le parole recitate.

Decide di diventare un attore. Ma non uno qualsiasi. Vuole fare attivismo attraverso il teatro. Così sceglie di percorrere, tra varie forme teatrali, anche quella tortuosa ma audace del teatro civile. Alessio vorrebbe che il suo corpo e la sua voce siano il corpo e la voce degli emarginati, dei deboli, il megafono delle loro lotte, dei loro diritti e sogni infranti.
Così nasce il suo monologo Amore Positivo, in scena al Festival Net – Nuove Esistenze Teatrali Festival, che si è tenuto a Napoli dall’11 al 13 aprile 2025. Il suo è un monologo d’amore per se stessi e per un’altra persona, che affronta, tra le varie tematiche, anche lo stigma dell’essere sieropositivi in un mondo che ha paura persino di pronunciare le tre condannate lettere: H-I-V.
Di seguito la sinossi del monologo.
Amore positivo è un monologo intenso che esplora il viaggio interiore di un giovane uomo costretto ad affrontare la sieropositività all’HIV e i limiti della società. Tra toni crudi, ironici e sensibili, il protagonista racconta la sua vita, dall’infanzia in una famiglia cattolica alla frenesia delle città di Milano e Napoli, dalle relazioni superficiali al trauma della diagnosi. In un’ambientazione spoglia, simbolica di una sala d’attesa, alterna momenti di stand up comedy a riflessioni intense, svelando vulnerabilità e determinazione a rinascere.
L’HIV diventa il punto di partenza per una riflessione più ampia su esistenzialismo e società della performance. Il protagonista, immerso nella frenesia di una realtà consumistica, racconta come la pressione sociale lo abbia portato alla frustrazione e all’alienazione. L’opera sfida la narrazione abilista, rifiutando l’idea di essere definito dalla malattia e rivendicando il diritto a vivere in modo autentico. Amore positivo è un grido di resistenza e speranza, dove il protagonista, grazie all’amore che riceve e che dà a se stesso, riesce a risalire dal buio della paura della morte verso la luce della vita.
Amore positivo si propone come un manifesto contro il pregiudizio, la superficialità, le gabbie del conformismo e della cultura dominante.
I.S.: Ciao Alessio, come va? Complimenti per l’intensità di Amore Positivo. È un monologo profondo e coraggioso. Qual è stata la scintilla che ti ha portato a scriverlo?
Alessio Palumbo: La scintilla è stata la necessità e la sollecitazione dall’esterno di scrivere un testo mio in occasione di un workshop con un regista abbastanza importante. L’opportunità mi ha spinto a mettermi in gioco, soprattutto in un periodo, come quello che stavo vivendo, segnato da momenti difficili dovuti ad un mio stile di vita abbastanza eccessivo ed a scelte che non mi rendevano sereno. Per cui ho cominciato a pormi delle domande. Ed è nato il bisogno di mettere per iscritto un percorso di salvezza.
I.S.: Possiamo dire, quindi, che è stato un moto interiore a guidarti nella stesura del monologo.
Alessio Palumbo: Credo che, quando un autore scrive, ci sia sempre un impulso personale, un’urgenza interiore che spinge a raccontare. Poi, certo, questa esigenza viene elaborata, romanzata, e prende forme diverse, ma alla base ci sono sempre dei denominatori comuni. Quindi sì, c’è sicuramente una parte vissuta, conosciuta, e soprattutto legata a un contesto che mi appartiene e che conosco abbastanza.
I.S.: Ho notato che il tuo stile di scrittura in Amore Positivo è molto particolare: c’è qualcuno o qualcosa che ti ha ispirato a scrivere in questo modo, a partire da quella spinta interiore che, come dicevi, nasce da un’esigenza personale e si trasforma in un racconto che riflette la realtà?
Alessio Palumbo: Eh sì, direi che tutti quegli autori e drammaturghi che ho letto, quelli che amano raccontare la realtà con parole taglienti e dirette, mi hanno sicuramente influenzato. I loro testi offrono all’attore la possibilità di esprimere uno stile il più autentico possibile, fondato sulla parola e sul significato profondo di ciò che si dice. Dare la giusta intonazione, il ritmo e il peso a ogni frase diventa essenziale per restituire tutta la potenza del testo.
I.S.: Quindi, il tuo fare teatro è un tentativo di restituire intensità e profondità al pubblico. Quando hai capito che la tua arte doveva diventare una forma di attivismo? E perché hai scelto proprio il teatro?
Alessio Palumbo: Credo molto, in generale, nella condivisione, nella possibilità di fare qualcosa che abbia un’utilità per la collettività o anche solo per una singola persona. Ogni volta che acquisisco una nuova conoscenza o realizzo qualcosa di bello, sento il bisogno di condividerlo con gli altri. Quando approfondisco certi temi e scopro cose che penso possano essere utili a qualcuno, mi impegno sempre a comunicarle. Il teatro, rispetto ad altre forme d’arte, è sicuramente più completo perché abbraccia ogni tipo di linguaggio: visivo, musicale, verbale e non verbale. Mentre altre arti, come la musica, si limitano all’aspetto sonoro, o la pittura a quello visivo, il teatro è in grado di racchiudere e comunicare tutta l’intensità di un messaggio attraverso una combinazione di diversi linguaggi. È, a mio avviso, l’arte che meglio riesce a trasmettere emozioni e significati.
I.S.: Ma quali sono le maggiori difficoltà nel fare teatro civile? Nel portare in scena temi che sono considerati ancora un tabù?
Alessio Palumbo: Una delle maggiori difficoltà è affrontare la responsabilità che si ha quando si scrive su argomenti tabù. Quando si affronta un tema che è poco discusso, significa che c’è poco materiale su cui basarsi. E, spesso, quando scrivi su qualcosa che non conosci completamente, magari perché non lo vivi in prima persona o non hai mai avuto modo di conoscere qualcuno che lo stia vivendo, ti devi basare solo sul tuo giudizio, su pochissimo materiale, a volte anche fuorviante. In questo caso, è fondamentale essere in grado di decifrare correttamente la situazione e fornire l’informazione giusta. Ma ciò comporta un rischio, perché ti trovi sempre nella costante incertezza di dire qualcosa che potrebbe, invece di sfatare il tabù, finire per rafforzarlo o creare malintesi.
I.S.: Il rapporto con l’amore è centrale all’interno della produzione: quanto può essere potente nella ridefinizione di se stessi dopo una diagnosi?
Alessio Palumbo: L’amore, come l’ho inteso io nel testo, è sicuramente quello per una persona, ma si può estendere a una forma geometrica riconoscibile dal mondo. In altre parole, l’amore può essere qualsiasi cosa: l’amore per se stessi, per un’attività, per un oggetto, o per un’altra persona. È qualcosa che ti fa aggrappare, che ti salva. In questo caso si parla di una diagnosi, ma nella vita di tutti i giorni ci sono comunque situazioni che ti rendono triste. Per cui Amore Positivo diventa una sorta di metafora della difficoltà umana che può essere letta da più prospettive. Credo che la passione, l’amore per sé stessi, per un animale, o per qualsiasi altra cosa, possa sicuramente aiutare a superare le difficoltà o almeno fornire una base di supporto da cui ripartire.
I.S.: Il protagonista attraversa un percorso di trasformazione. Qual è secondo te il momento chiave della sua rinascita?
Alessio Palumbo: Il momento chiave è sicuramente il raggiungimento della consapevolezza, dopo un percorso travagliato che culmina in una rinascita interiore. Anche se, come abbiamo detto, nel testo l’amore gioca un ruolo cruciale, è probabilmente l’amore per se stesso e per la vita che lo aiuta a emergere dalla sua situazione. Il momento decisivo è quando il personaggio si rende conto che, nonostante tutto ciò che è accaduto e le persone che lo circondano, può ripartire da sé stesso. È questo il punto in cui trova la forza di ricominciare.
I.S.: Nel testo si parla di consapevolezza, di rinascita ma anche di una nota dolente: la società della performance. Quella società che ti spinge a pensare al fallimento come un’esperienza totalizzante, un’onta che ti invade e pervade. Pensi che questa mentalità renda ancora più difficile affrontare la sieropositività?
Alessio Palumbo: La società della performance nel testo si riferisce alla società narcisistica che mette al primo posto l’immagine di sé, quella voglia di far vedere al mondo che stai facendo cose straordinarie. In questo contesto, i social media giocano un ruolo fondamentale, rendendo facile questa mentalità. Inoltre, c’è un sistema economico capitalistico che promuove l’idea del self-made man, alimentando un’ossessione per l’autoaffermazione, l’isolamento e la ricerca di un piacere egoistico che si riflette nello specchio, dove basta piacersi da soli. Questo potrebbe essere una delle cause che portano a situazioni come la sieropositività, in questo caso legata all’HIV, ma potrebbe anche riferirsi a qualsiasi tipo di fallimento o difficoltà che porta una persona a sviluppare atteggiamenti negativi verso se stessa. Quando sei così concentrato nel raggiungere un obiettivo che ti sembra lontanissimo e pensi di doverlo raggiungere rapidamente, la pressione che deriva dal tempo e dalle aspettative sociali può portarti a comportamenti autodistruttivi. Quindi, forse, la società della performance è una delle cause che contribuisce a queste difficoltà. Ma, come il testo suggerisce, questa è solo un’ipotesi, una riflessione che il teatro, come strumento di denuncia, può esplorare.

I.S.: E dove ti piacerebbe portare la tua esplorazione sulla sieropositività? Dove potremo vedere Amore Positivo in futuro?
Alessio Palumbo: Mi piacerebbe portarlo nelle scuole, in cui manca un insegnamento adeguato alla sessualità e all’affettività. Credo che Amore Positivo possa essere un testo che, in qualche modo, trasmette un messaggio di consapevolezza a chi si sta approcciando alla società e alle relazioni. Nel testo parlo di rapporti che spesso rimangono incompleti, e sarebbe importante mostrare ai ragazzi anche la realtà delle relazioni fugaci, a metà, che però possono comportare conseguenze complesse se non si utilizzano misure adeguate di protezione. Quello che conta è la consapevolezza di quello che si sta facendo, oltre alla qualità del tempo e l’intensità che metti quando incroci qualcun altro, anche se si tratta di un incontro fugace.
I.S.: Mi sembra un’idea molto audace e innovativa. Hai già in mente altri progetti teatrali?
Alessio Palumbo: C’è un pensiero di un regista, Castellucci, con cui ho avuto il piacere di lavorare, che, in sintesi, dice: il teatro non deve fare politica, ma deve parlare il suo linguaggio. La mia visione è portare in scena temi e tabù che possano aiutare la collettività ad analizzare e affrontare la realtà. Mi piacerebbe parlare, per esempio, di paternità mancata. Nella nostra società si parla molto della maternità, ma si omette spesso il desiderio dell’uomo di diventare padre, specialmente in un contesto precario, dove è sempre più difficile trovare un lavoro e creare una famiglia senza alcun supporto. È giusto parlare della maternità mancata, ma sarebbe altrettanto interessante affrontare e analizzare l’emotività maschile per un desiderio che sembra essere, a livello sociale, solo una prerogativa femminile.
I.S.: Siamo arrivati alla conclusione. Ho solo un’ultima domanda: se potessi tornare indietro e dire qualcosa al protagonista di questa storia, prima della diagnosi, cosa gli diresti?
Alessio Palumbo: Direi banalmente: fai le cose che ti piacciono veramente e non rinunciare a ciò che desideri fare. Cerca di non fare le cose per compiacere gli altri. A volte lo facciamo anche senza che ce lo chiedano, ma c’è questa tendenza a fare ciò che ci viene indicato, magari dai genitori o da altre figure, anche se non viene espressamente imposto. Spesso lo facciamo inconsciamente, perché siamo talmente immersi in un certo tipo di società e di modo di vivere che diventa difficile uscirne. È come se fosse tutto talmente interiorizzato che non ce ne accorgiamo nemmeno. Alla fine, credo che il segreto sia prendere consapevolezza di ciò che veramente ci fa stare bene e avere il coraggio di seguire quella strada, anche se a volte può sembrare più difficile o inaspettata.
Written by Ilenia Sicignano