“Mariano Di Gesù al Princess Hotel” di Giuseppe Sorgi: alienati della miseria dell’ignoranza
Una inconoscibile ratio si nasconde dietro ogni azione; silenziosa, muove i fili dell’esistenza umana. Lo chiamiamo Caso, Destino o Provvidenza; quale ne sia il nome, questo Grande Burattinaio ci spinge verso ciò che deve essere. Metti due perfetti sconosciuti; si incrociano appena, scambiano qualche parola di cortesia. Potrebbe finire lì; se invece il Caso – o Destino o Provvidenza – ci mette lo zampino, quell’incontro è il preludio di un’avventura ad alto tasso adrenalinico.

Giuseppe Sorgi autore, regista e attore teatrale, si diverte a vestire i panni del Grande Burattinaio; nel suo primo romanzo, Mariano Di Gesù al Princess Hotel (Salani Editore, 2025, pp. 252), due innocui turisti si improvvisano detective. Il prestigioso albergo di Edimburgo è teatro di tre morti sospette; in una manciata di giorni, Mariano e Jole arrivano alla soluzione del caso.
È il 24 giugno; all’aeroporto di Fiumicino, Jole osserva divertita il viavai dei passeggeri. Quel brulicare le placa la paura del volo; è diretta a Palermo. Quarantatré anni, single; è una veterinaria. Ha compiuto quel tragitto un’infinità di volte; eppure la natura di quel viaggio ancora non le è chiara. È un’andata o un ritorno a casa? Come un allarme, risuona una stentorea voce femminile; il volo partirà con un’ora di ritardo. Jole prova un moto di gioia; ancora un po’ di libertà, prima di finire soffocata nel carcere familiare. Lo sguardo si sofferma su una signora in soprabito marrone; sembra muovere i passi a ritmo di musica. Un pensiero molesto assilla Jole; deve accompagnare i genitori a Edimburgo, per festeggiare le loro nozze d’oro. La sorella ha fatto bene ad andarsene; inutili le critiche, inutile la rabbia. Dopo quella fuga, Jole ha cercato di incarnare il ruolo di figlia devota; è stato uno sforzo vano. Lo ammette; le invidia il coraggio di aver tagliato i ponti.
Mariano di Gesù al Princess Hotel ci porta a Bologna; Monica ha paura. D’altra parte quelle minacce parlano chiaro; finalmente ha imboccato la strada giusta. Sono passati trentotto anni dalla morte del padre; dopo una luminosa carriera, il comandante Timothy Halley di colpo era stato licenziato. Caduto in depressione, fu trovato senza vita nel suo letto; il vero motivo del licenziamento era rimasto un mistero. Monica aveva solo un anno; orfana, fu affidata agli zii materni. La famiglia viveva a Bologna; l’unica figlia, Letizia, poco più grande di lei. La bambina era cresciuta in un clima sereno; nella memoria, nessun apparente residuo della tragedia. Sulla vicenda del comandante Halley calò il silenzio; fino a quando Monica cominciò a soffiare via la polvere. All’inizio la molla era la curiosità; il vero movente affiorò più avanti. Era la rabbia; un lancinante senso di tradimento. La ricerca aveva aperto scenari imprevedibili; Monica avrebbe voluto fermarsi, ma ormai era impossibile. Aveva cercato, scavato; il vaso di Pandora si era dischiuso tra le sue mani.
Ci spostiamo a Milano con Mariano Di Gesù al Princess Hotel. Mariano è l’ultimo di quattro figli; prima di lui, tre sorelle. Scoperta la tardiva gravidanza, la madre fece un voto; chiese alla Madonna il maschio tanto desiderato. Le promise il nome del bambino; il cognome avrebbe chiuso quel cerchio devozionale. Il voto fu esaudito; venne al mondo Mariano Di Gesù. La grazia rivelò una macchia; presto emersero i sintomi della ‘malattia’. Così la madre chiamava quella spiccata effeminatezza; in dieci anni, Mariano acquisì una propria forma di femminile mascolinità.
La Madonna gli aveva donato un’intelligenza vivace, un carattere forte; e la benedizione di un padre straordinario. Il Notaio Di Gesù auspicava per il figlio una mente aperta; sperava che diventasse un uomo consapevole, libero. La madre non voleva che il ragazzo continuasse gli studi; quella vergogna andava nascosta. Il Notaio invece ne appoggiò la scelta; Mariano frequentò il liceo, classico e pubblico. L’ambiente domestico era ostile; la repulsione della madre, il malanimo delle sorelle erano un supplizio. Zia Elvira aveva una spiccata predilezione per lui; grazie al suo aiuto, il nipote vinse il concorso come docente. Aveva ottenuto il lavoro dei sogni; ma non sperava di trovare qualcuno con cui condividere la vita. Mariano e Rodolfo si sono appena sposati, dopo tanti anni insieme; invecchiati e sempre curiosi, sono in partenza per un congresso.
Mariano di Gesù al Princess Hotel torna a Bologna. Mettere insieme i pezzi del rompicapo era stato faticoso; Monica aveva dovuto fare i conti con incolmabili lacune. L’assoluta mancanza di informazioni aveva finito per insospettirla; si era ritrovata a compiere un estenuante viaggio. Quell’indagine le aveva strappato la giovinezza; per di più, era emersa una verità inconcepibile. Probabilmente il padre non si era suicidato; tanto bastava. Conosciuto Davide, aveva deciso di chiudere con il passato; il suo amore le aveva riempito la vita.
Sette anni dopo, Monica riceve un mazzo di fiori; “il profumo della verità” è accompagnato da un documento scottante. La stessa sera, il Colonnello Taylor la avvisa; qualcuno desidera parlare con lei. La donna chiede tempo per riflettere; riaprire quel capitolo è angosciante, rischioso. Se si tirasse indietro, non sopporterebbe il peso della propria meschinità; né il ronzio di quella verità che chiede di essere urlata. Il senso di dignità le impedisce di ignorare; mollare sarebbe un gesto di rispetto verso la famiglia. Monica sa che Davide ha ragione; per questo non gli parla delle minacce. Parte senza avvisarlo; confida il segreto solo a una persona. La casa è silenziosa; l’uomo fiuta il pericolo. Un biglietto lo rincuora; è un sollievo effimero. Letizia si macera nel rimorso; non è stata capace di fermare la sorella. Rivela al cognato quel poco che sa; pur sconvolto, Davide rimane lucido. Lasciata la figlia in mani sicure, controlla i voli; raggiungerà la moglie.
È il 25 giugno. Mariano di Gesù al Princess Hotel fa un salto a Glasgow; il treno delle 18.55 porterà il Colonnello Taylor a Edimburgo. In albergo non avrà alcun contatto con la donna; poi si metteranno in viaggio, verso la stessa destinazione.

Torniamo a Milano; tra la folla di Linate troviamo Jole. È grata alla signora dal soprabito marrone; l’ha protetta dall’attacco della madre. Nell’imminenza del decollo, è assalita dalla paura; sente crescere anche il malumore provocato dai genitori. Tre ore e quaranta minuti di turbolenze terribili; in fase di atterraggio, si scioglie in un pianto silenzioso. Il padre conforta la propria bambina; va tutto bene, e la mamma è stata forte.
A Edimburgo, il Princess Hotel dà il benvenuto agli ospiti; promette ed esige eleganza. Indispettita, la madre di Jole strepita all’indirizzo di un malcapitato; a suo dire, il tizio pretende per sé la camera destinata alla figlia. Con marcato accento inglese, l’anziano signore puntualizza; quella stanza, lui l’ha prenotata. La querelle si risolve; con gran sollievo, Jole alloggerà lontano dai genitori. Al ristorante, una giovane coppia sta litigando; Mariano osserva la donna. È bella; se ne sta immobile, le mani in grembo e lo sguardo fisso. Vibrato un pugno sul tavolo, l’uomo lascia la sala; inclinata la testa, la donna erompe in singhiozzi.
Di Gesù continua a osservarla; qualunque sia il motivo, la ragazza piange di dolore. Quello dei giovani va ascoltato; va compreso, trasformato in qualcosa di buono. Animato da questa convinzione, Mariano si avvicina; con garbo, le porge un fazzoletto del corredo di zia Elvira. Le iniziali ricamate sono una buffa coincidenza; oppure un suggerimento della vita. Con lo sguardo le offre aiuto; la ragazza si aggrappa a quel salvagente. Parla, è ascoltata; il disagio prende il sopravvento. Non vuole sentire le parole di quell’estraneo; sono le stesse che altri le hanno ripetuto troppe volte. “Se mi dovesse accadere qualcosa, pensi a una carezza”; la sibillina raccomandazione suona come un presagio.
Mariano di Gesù al Princess Hotel balza al 26 giugno. Jole non ha ancora visto i genitori; decisa a raggiungerli, si imbatte in un gran trambusto. Nel corridoio, un impiegato le sbarra la strada; un ospite è deceduto. Mentre l’uomo la informa, la madre la chiama sconvolta; in preda al panico, Jole si precipita verso la stanza dei suoi. È nella camera accanto che deve dirigersi; un corpo giace riverso sul pavimento. Il sollievo prevale sulla paura; Jole riconosce l’anziano signore. È a faccia in su; per terra sono sparse scatole di farmaci.
Il medico non ha dubbi; il decesso è avvenuto per una causa naturale. Rodolfo è impegnato con il lavoro; Mariano non ha affatto voglia di ammuffire in camera. Desidera andare alla scoperta di Edimburgo; su invito di una guida, si unisce a un gruppo di italiani. Sul pullman, chiede il permesso di accomodarsi; la giovane acconsente. Jole mette a fuoco la donna seduta al suo fianco; si riconoscono a vicenda.
Perché la sconosciuta parla di sé al maschile? Si presenta come Mariano Di Gesù; non gli sfugge l’imbarazzo di Jole. Non è per niente offeso; anzi, risponde con l’ironia. Durante la pausa pranzo, una telefonata interrompe il clima conviviale; a malincuore, Mariano deve rientrare in albergo. Il cadavere è a terra; la porta non presenta segni di effrazione. A giudicare dalle condizioni della camera, non c’è stata colluttazione; Mister Di Gesù è chiamato a riconoscere la vittima. Gli tornano in mente le parole della ragazza; si interroga, Mariano. Gli agenti hanno rintracciato il marito; alloggia nello stesso albergo.
Dalla camera di Davide, nessuna risposta; nemmeno quando squilla il telefono. A mali estremi estremi rimedi; dopo alcuni colpi, la porta cede. L’uomo è seduto su una poltrona; gli occhi bassi, la camicia sporca di sangue. L’arma è a pochi centimetri dalla mano; sul tavolo, un foglio con un breve messaggio.
Il telefono riprende a squillare; dopo la risposta di Rodolfo, è l’ispettore Munro a comunicare la notizia. Mariano conosce quella storia; sa che il dolore è ereditario. Che si tratti di un omicidio-suicidio? O magari è una montatura; d’altronde tre morti nello stesso albergo sono sospette. Mariano è sconcertato; ignora quanto accaduto al Colonnello. Nel comunicare il fatto, Jole ripensa alla stanza; le pare che qualcosa non fosse al suo posto.
La vicenda di Mariano Di Gesù al Princess Hotel prosegue; è il 27 giugno. Alla Centrale di Polizia, Letizia continua a tormentarsi; ha assolto un compito tremendo. Interrogata, ha riferito solo l’indispensabile; per il momento l’ispettore si accontenta. Sul punto di congedarsi, chiede dell’italiano che ha parlato con la sorella; vuole conoscerlo. Di Gesù si presenta in Centrale con una novità; Munro interrompe quel profluvio di parole. Mariano offre aiuto a Letizia; in quell’incubo, la donna ha bisogno di appoggiarsi a qualcuno. Le parole escono a fatica; soffiano sul passato, sull’indagine di Monica. Sembra che Letizia stia sragionando; per quanto incredibile, ciò che racconta risponde al vero. È tentata di mollare; non ha più senso scoprire cosa è successo.
Mariano non è d’accordo; c’è una bambina che ha diritto di sapere la verità. Jole riceve un messaggio; Mariano ha urgente bisogno di parlarle. Visibilmente agitato, le rivela quanto appreso; è necessario agire in fretta. Entreranno insieme nella camera del Colonello; forse il dettaglio fuori posto ha a che fare con le tre morti. Il sopralluogo sembra un buco nell’acqua; proprio l’assenza accende il ricordo di Jole.
È il 28 giugno; mentre la donna prende un asciugamano, qualcosa cade per terra. Sul pavimento, una busta con l’intestazione del Princess; al tatto, Jole ne indovina il contenuto. Esortata da Mariano, la apre; è come immaginava. L’auto è in un angolo appartato del garage; dopo il portabagagli, i due setacciano l’abitacolo. Niente; d’istinto, Jole gira la chiave. Lo schermo del navigatore visualizza un itinerario; a quanto pare, qualcuno li spinge a partire. L’auto sfreccia verso nord; una vettura sospetta sembra seguirli. Jole e Mariano finiscono in aperta campagna; meglio tornare indietro.

Un faccione rubicondo con occhi gentili; questo l’ultimo ricordo di Jole. La donna si sveglia in un elegante salottino; Mariano è disteso su un divano. La stanza è chiusa a chiave, le imposte bloccate; Jole prende a tempestare la porta di pugni. Dei passi, uno scatto nella serratura; un uomo li conduce in un altro salotto. Ad attenderli, sette persone; sei uomini e una donna.
Sanno che i due italiani indagano sui fatti del Princess; per questo li hanno attirati alla villa. È una lunga storia, quella; iniziata nel 1947, si è ripetuta fino al 1985.
Munro ha solo ventiquattro ore per risolvere il caso; tra la Scozia e l’Italia, una carezza schiude una nuvola di Verità. Mariano Di Gesù al Princess Hotel è il romanzo che non ti aspetti; avvincente come un poliziesco, il plot è vivacizzato dalla vis ironica. Ma non finisce qui; il tono scanzonato sa assumere un accento intimista. Mariano è un fine psicologo; osserva, ascolta. Gli basta poco per arrivare all’anima delle persone; per tirarne fuori l’oscuro grumo irrisolto. Un’antica parola è il suo motto; Maieutica.
“È così difficile emanciparsi da se stessi […]. Maieutica, insegnava Socrate. Purtroppo non la insegna più nessuno, questo è tempo di cloni e per giunta cafoni. E comunque Socrate finì condannato a morte.”
È amara la visione di Mariano; nell’attuale panorama umano, troppi scorci desolanti. Una specie sciocca, la nostra; distruttiva e infestante. Alienus; estraneo. Come gli abitanti di altri mondi; come tanti abitanti di questo mondo.
“[…] di questi tempi lo siamo forse un po’ tutti. […] Già. Alieni agli altri, a noi stessi. Alienati della miseria dell’ignoranza.”
La parola d’ordine è più che mai preziosa. Mariano docet: Maieutica!
Written by Tiziana Topa
Bibliografia
Giuseppe Sorgi, Mariano Di Gesù al Princess Hotel, Salani Editore, 2025, pp. 252