“La rivoluzione gentile” di Gian Mario Anselmi: un libro su Chiara Ferragni

Non so quante centinaia di milioni di persone abbiano letto La rivoluzione gentile di Gian Mario Anselmi pochi mesi dopo aver assaporato (che non significa apprezzato, ché l’aspetto giudicante della questione non attiene il mio modo di intendere la lettura) l’antitetico Il vaso di Pandoro di Selvaggia Lucarelli. Mi rendo conto che sia giustificata l’ipotesi che io i libri non li gusto, bensì li divoro.

La rivoluzione gentile di Gian Mario Anselmi
La rivoluzione gentile di Gian Mario Anselmi

La rivoluzione gentile, il saggio di Anselmi, è stato da me inghiottito in due monconi di giornata, ma n’è valsa la pena perché ho imparato tantissimo. Per quanto riguarda l’antitetico e selvaggio saggio-libello non ricordo, forse il tempo è stato più o meno quello. Entrambe le opere m’hanno dato e ad entrambe sto cercando di restituire. Non sono pro o contro né l’uno né l’altro. È come se si visitasse una necropoli dedicata ai Curiazi e, subito dopo, una consacrata agli Orazi. Per quanto riguarda l’aspetto estetico, non me ne voglia nessuno, ma giudico più gradevole Selvaggia e Chiara con un cappotto e una berretta girata all’indietro, piuttosto che Gian Mario e Fedez in braghette da football. A prescindere dai colori della maglietta, e dalla qualità anatomica, sono fan del detto delle mie parti: povera bruttezza se non ci fosse che può piacere. E anche: La beltà sparisce e la bontà fiorisce. Riuscirà mai Selvaggia a essere quantisticamente più accomodante nelle sue disamine? Riuscirò io a parere brutto ma, in fondo, giusto in fondo, buono? L’unica risposta che accetto è quella che m’insegnò Totò: Questo è ovvio!

Nel saggio La rivoluzione gentile di Gian Mario non difettano i riferimenti letterari. Il primo capitolo è: “La leggerezza di Calvino e la bellezza di Chiara”. Io credo che, dalla Seconda guerra mondiale in poi, anche da prima, quel che manca al mondo è la leggerezza. Sto pensando a tutte le volte che mio papà s’è dovuto rintanare negli anni ‘40 nel rifugio sito preso le cantine, insieme ai condomini; mia mamma, che abitava in campagna, con la sua famiglia allargata (una trentina e più di persone) se ne scappava nella stalla, posta al centro dell’edificio principale. Il far precipitare dall’alto un messaggio di morte è una consuetudine che rende l’uomo simile al diavolo, a qualunque etnia appartenga. Ed ecco che noi necessitiamo della levità di un sorriso, più che di parole destinate ad azzannare il collo. Il che non significa che un minimo di mordacità non ci voglia nella vita, nello sgranocchiare un bel frutto. Quel che conta è l’intenzione: benevola o malevola. La leggerezza della Ferragni è del primo tipo. Poi c’è quel fatto del pandoro che non voglio prendere in esame perché, come suggerisce l’autore, è una questione giuridica che non spetta ai singoli. Da quel che ho capito leggendo il saggio, Chiara non ha un bisogno urgente di sovvenzionamenti, per cui un interesse in più o uno in meno non muta granché la sua vita. Nella vita si compiono degli errori più per sviste che per fredda e calcolata volontà. L’altro giorno un caffè m’è costato 1.251,5 euro. C’era un sole che Dio lo mandava, per cui mi abbagliai al punto di non scorgere un basso muretto, che tamponai col lato destro del muso della macchina. Evitiamo qualsiasi avventato giudizio, perciò.

Gian Mario accosta i due termini: “immagine” e “immaginazione”. Tento una mia traduzione del suo pensiero. Imago ha lo stesso etimo di mimos, imitatore. Il giovane, e chi desidera mai di cessare d’esserlo?, io no!, necessita di un modello da seguire, di un colui o di una colei che gli consenta di affrontare gli avvenimenti della sua esistenza. È da qui che nasce il mito degli “influencer”, di chi sa trasmetterti l’input di scegliere nel groviglio degli Enten/Eller di kirkegaardiana memoria. Si badi bene che non intendo affatto togliere al docente universitario il ruolo di istruttore dell’uso e del consumo dell’argomento trattato. In primis va letto il suo inclìto e dotto saggio e poi, se avanza tempo, il mio conato reattivo.

Leggendo pagina 29 de La rivoluzione gentile, dove tu, mio autore, ti concentri sul “blonde power”, mi ricordo che tutti i miti che citi, e anche quelli che non citi: Marilyn Monroe, Virna Lisi, Brigitte Bardot, Catherine Denevue, Madonna Ciccone e chissà quante altre, scelsero di tingere di biondo i loro capelli, in quanto la Natura aveva loro donato un crine più scuro. A occhio, la Ferragni è Chiara di nome e di fatto, senza bisogno di tanti accorgimenti. Potrei anche sbagliare, chissà… Una schiarita ai capelli non la si nega a nessuno. L’importante è presentarsi all’Altro come suggerisce il cuore e il cervello.

“Italian style is blonde” è davvero “Una rivoluzione!” – dopo i miracoli mori di tante belle donne!

Un verso di Calvino: “Tendono alla chiarità le cose oscure” – il che fa pensare che tendano alla scurezza le cose chiare, come se in entrambi i poli della questione si cercasse di raggiungere il giusto mezzo, a volte ex-agerando, uscendo dagli argini del previsto, oscurandosi, chiarendosi in eccesso, a secondo del fuggevole attimo. Capita agli umani. E lei, la tua e anche la mia, ormai, Chiara è essenzialmente umana. Anche Selvaggia, però.

Estrapolo questo passo: “… comprendere come la bellezza sia naturalmente seduttiva senza essere volgare…” – il volgo, inteso come massa è spaventevole da vedere, come imparai leggendo “Massa e potere” di Elias Canetti; ma ognuno dei suoi componenti è necessariamente bello, almeno finché qualcosa non lo guasta. E non sto pensando alla bellezza fisica, sempre opinabile, ma a quella etica, che è pure discutibile, per cui bisogna scegliere fra il bene e il male. Dorian Gray era bello, ma era buono? Il ritratto diventava brutto, ma era cattivo? Non v’è assonanza fra un criterio estetico e uno etico, ma vi può essere una presunta e talvolta assunta correlazione. Spesso è la bellezza che simula la bontà, mai il contrario. La bontà può mentire, a fin di bene. Da qui nasce il principio caritativo di cui parlava Bertino Echino, valido coi malati di mente e con chi sta soffrendo. Il mondo è di ardua interpretazione. Meno male che c’è un’influencer che ci può aiutare! Come vedi, anch’io eccedo un po’ con gli esclamativi. Anch’io stavo per scrivere, parlando di Umbertello Ecuccio: “uno dei più grandi intellettuali italiani”, nonché “fra i maggiori semiologi, teorici della comunicazione e filosofi del Novecento”, il mio più stimato maestro. Tu eccedi un po’ in tali valutazioni entusiastiche (dal sanscrito dhu, Dio: ognuno ha gli dei che si merita!), perché anche tu, e ci scommetterei il mio cespite pensionistico, anche tu credi nella religione dell’arte, che è quel legame e quella scelta che ti tiene aggrappato a quella che è senz’altro un’illusione, il “gioco” di cui parli a pagina 92 de La rivoluzione gentile. Fior di mistici esaltano la micidiale ludopatia che ottenebra la loro mente. Che pena mi fanno! Ogni tentativo di rischiarare la visione sia sempre bene accetta!

Chiara ha “una autoironia talora impercettibile” – io meno, ma io vengo dalla campagna!

Accenni anche “all’invenzione narrativa ‘come se’ fosse vera...” – e questa è l’arte. Prova a immaginare la Margherita di Velasquez e alle infinite variazioni sul tema operate da Picasso (tu citi entrambi gli eventi artistici). Il primo pittore spagnolo ha cercato di raffigurare la bambina come se fosse vera. Il secondo, impietoso, ha operato per rilevarne la verità: era sì una finzione, però che bella! Non ho mai avuto modo di vedere da vicino il capolavoro di Diego, e sarei stato ovviamente quasi annichilito davanti a tanta bellezza, ma ti assicuro che al Museo di Picasso di Barcellona le innumerevoli modulazioni sul tema di Pablo m’hanno donato una penosa sindrome di Stendhal!

Ogni autore, non solo lei, Chiara, ma anche tu, Gian Mario, conduce “ogni strategia narrativa – prima ancora che comunicativa…” – per farci il-ludere di essere lì con lei, lui, loro, l’immensa popolazione di artisti, e tutti lo siamo se solo intendiamo provare a esserlo. Ma dobbiamo cercare di fondare nella sincerità le nostre intenzioni, non far finta! Occorre essere sinceri per creare la fiction!

E qui siamo ancorati all’ossimoro: tra una chiara oscurità e un’oscura chiarezza…

“L’essenza delle cose non è un punto ma una traiettoria…”sono le parole di Alessandro Baricco – e ora anch’io cito, come talvolta fai tu, la meccanica quantistica, che insiste a dire che nessun punto è esattamente localizzabile, se non nella sua approssimativa osservazione. Ogni particella compie la sua minor azione possibile al fine di collegarsi con la vicina di pianeretttolo, scorrendo lungo la sua geodetica, direbbe Albert Einstein, che creò, insieme a Max Planck, tale visione del mondo, ma poi la sfuggì, rifugiandosi in un mondo più relativamente certo: una legittima scelta!

Ecque qua la più bella affermazione del tuo saggio: “… io narro per essere libero e ascolto il narrare altrui per essere libero insieme a tutti.” – anch’io, Maestro!

“Se il social è usato correttamente non isola affatto…” – questo vale anche per la parola, il gesto, per ogni forma di comunicazione. Vale per Chiara, per Selvaggia, Per Italo, per il Divin Marchese, per me, per te, e se ho inserito quel nobile, con o senza la particella prefissa ig-, è perché l’ho odiato per un decennio e solo da poco sto iniziando a sentirmi in colpa. Ho deciso di volergli bene. Il per-dono è la cosa più sacra che c’è. Spero tanto che m’abbia per-donato. Ti leggerò ancora, Donatien! Chissà se questo miracolo non avvenga anche fra quelle due graziosisssime signore!

A pagina 62 de La rivoluzione gentile elenchi tante di quelle serie televisive, che devo ammettere che le ignoro tutte, tranne l’ultima, che ho intravisto una volta a pranzo insieme a mia figlia Anna, che le conosce in modo seriale (eh eh) come fai tu, e poi studia tanto la letteratura, come fai tu, e che ora è a Salonicco, e che è appena stata a Sofia e a Plovdiv (a visitare Filippopoli), e che a Natale si sposterà a Bucarest. Mi domando sempre come faccia a fare tante cose insieme! Eppure ancora non ho digerito la tua severa disamina, Gian Mario, quando ti professai la mia ignoranza filmica. Mi facesti non ricordo quanto garbatamente capire che la mia cultura era un po’ limitata: ma ogni cultura lo è!

A pagina 76 colgo 5 espressioni con la particella “più”, di cui ne cito per esteso uno solo: “più importanti al mondo”. Tu per me sei il più importante e succoso docente borgh-ese dell’ateneo felisineo. Non so in quanto capiranno la mia boutade. Io stesso stento un po’. Sforzandomi, ci riesco!

A pagina 88 de La rivoluzione gentile accenni a Chiara Valerio. Il prossimo libro che leggerò sarà Chi dice e chi tace. Grazie!

Senti ora che cabala immaginifica sto inventando: “Letteratura, serialità televisiva, nuovi canoni estetici, Instagram e influencer …” – e pure lo sport, hanno tutti a che fare con “immagine” e “immaginario”. Pensa al nostro comune solidale, Gino Ruozzi, che è un fido bianco-nero, mentre io sono un baldo rosso-nero. Un accordo fra noi lo potremmo trovare solo nella palladiana Vicenza, una delle più mirabili città italiche, compresa fra quei due fiumi, perciò occhio quando parcheggi presso uno dei quattro versanti, non fare come me che, quando venne l’ora di rincasare, allorché non confusi tanto la sponda, quanto il fiume stesso, e non trovavo più l’auto, se non dopo un’agitata oretta. All’improvviso scoccò un divin miracolo (previsto del resto), il lieto fine!, anche perché la maglia del L. R. Vicenza non è affatto nera, ma è salvifica e bianco-rossa! L’auto era là dove l’avevo parcheggiata! Nella vita e nei social quel che urge è l’happy end!
A proposito di Milan, citi ora Kundera, secondo cui “ogni luce ha le sue ombre che possono comprometterla e la luce dolce del tramonto dell’esistenza non può che contemplare la ‘ghigliottina’…” – che recide l’onda beata mutandola in caduca particella. Riposi in pace!

A pagina 122 citi Luciano Floridi – che io, affettuosamente e algoritmicamente, definisco Prof. Lo sai che, quando lo incontrai alla stazione di Bologna, mi parve assai umano e gentile. Ci siamo anche augurati un vicendevole buon viaggio! Io temo sempre che mi si accusi di stalking reagente. Il discorso vale anche per Salvatore Patriarca, autore di quell’Elogio della banalità che cito tanto, e non sempre a proposito, come ora. Io sono uno dei loro follower.

Gian Mario Anselmi citazioni
Gian Mario Anselmi citazioni

“Sarebbe bello che potesse aprirsi su tutto un vero e profondo dibattito…” – il doppio aggettivo pare eccessivo e non lo è. Vero può essere apparente, profondo può essere falso. Okay, ho capito!

“Ma torniamo alla nostra ‘royal family’…”Chiara e Fedez. Metti l’espressione fra virgolette e in corsivo. Azzardo una piolata: tutte le famiglie del mondo andrebbero trattate in maniera simile.

Citi gli “opposti che si attraggono” – il che vale anche per Chiara e Selvaggia, vero?

È “tutto interconnesso” – correlato, aggrovigliato, per cui oso dire che anche tu e io lo siamo, anche quelle due adorabili, fantasmagoriche e fra loro opposte silfidi (intese come acute menti femminili). Lo sai, vero, che se due particelle vengono a contatto, per la loro pur incerta eternità, saranno collegate? Se uno spinge lo spin da un lato, l’altra replica il gesto orientandolo verso quello opposto: entangled for ever, dramatically.

“Noi guardiamo Clara che ci guarda perché facciamo parte dello stesso romanzo.” – indovina chi è il Cappuccetto Rosso e chi è il canide! Sono io, quest’ultimo, ma anche Ginone, secondo l’oroscopo cinese!

E con la precedente masêda, ammazzata/battutaccia, concludo il mio peregrinare fra le tue dotte pagine.

Un solo, gravissimo, difetto ho colto nel tuo tomo e non so (quasi) perdonarti. L’assenza di un indice analitico degli autori e delle opere citate che mi sarebbe stato utilissimo. Ma ce l’ho fatta lo stesso. Per cui: Grazie, Maestro!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Gian Mario Anselmi, La rivoluzione gentile, Piemme, 2024

 

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