Intervista a Paolo Scardanelli: vi presentiamo “Belletti e il Lupo”

“Il lupo che temiamo di trovare alla porta è invece in noi? Noi siamo i nostri recessi meno conosciuti e più profondi; talvolta ce ne rendiamo conto e, in uno scintillare di consapevolezza agiamo. Tracimiamo gli angusti contenitori della ragione e dell’etica e feriamo il mondo, con ferite così profonde e dolorose da essere imperdonabili; allo sguardo dell’uomo etico.”

Paolo Scardanelli intervista Belletti e il Lupo
Paolo Scardanelli intervista Belletti e il Lupo

Paolo Scardanelli è uno scrittore che sa indagare nei sentimenti reconditi dell’animo umano, un continuo domandarsi cosa smuove le scelte dell’individuo, collocato in una determinata società e un determinato ambiente.

Pensiero, parola ed azione in un susseguirsi che determina l’essenza dell’individuo, in un infinito gioco di causa effetto.

Questo e tanto altro contraddistingue lo scrittore Paolo Scardanelli che si è reso disponibile a rispondere a qualche domanda pertinente la sua ultima pubblicazione Belletti e il Lupo, edito Carbonio Editore e non solo.

 

S.T.: Geologia, filosofia, giallo: qual è il collante che accomuna e rende inscindibile questi tre elementi che la contraddistinguono?

Paolo Scardanelli: La visione d’insieme che, se intuita, ci mostra i nostri destini. La geologia indaga la forma della terra, la filosofia la natura dell’animo, il giallo le dinamiche di sopraffazione, così insite nella natura umana.

 

S.T.: Qual è il momento in cui la scrittura si è palesata nel suo cammino e il movente che la smuove in questa direzione?

Paolo Scardanelli: Dapprima intorno ai vent’anni, compiutamente tra i venticinque e i trenta. Il movente è quello della rappresentazione scritta della mia personale, e condivisa coi grandi scrittori, pittori e musicisti, visione del mondo. Quella che i tedeschi chiamano Weltanschauung.

 

S.T.: Belletti e il Lupo è stato recentemente pubblicato da Carbonio Editore. Che cosa rappresenta per lei il Lupo nella società odierna?

Paolo Scardanelli: Il Lupo è appunto colui che, incurante di etica e morale, unici argini al fuoco che ci ribolle dentro e costituisce, applica la sopraffazione come legge di vita. Il de Sottis lo incarna, a mio modo di vedere, abbastanza bene. “Uomo estetico” che piega l’etica alle sue malintese idee di superomismo. A Milano, dove attualmente vivo, c’è una nutrita presenza di Lupi e lupetti, che vorrebbero avere il coraggio d’alzare la mano e colpire, ma che a essi manca, e allora si rifugiano in doppiezza e menzogna, unica loro consolazione.

 

S.T.: Quando pensa a Belletti, ormai lo vede come un personaggio reale?

Paolo Scardanelli: Certamente. Lo vedo camminare nella stanza col suo passo pesante, la testa nascosta tra le volute di fumo del suo sigaro, immerso nei suoi pensieri. Il suo essere “uomo etico”, di contro all’”uomo estetico” che il de Sottis incarna, è fondato, radicato direi, nella natura stessa dei suoi pensieri. Se ne percepisce il rumore incessante, che accompagna i consapevoli per tutta la loro esistenza, per ogni angolo di questo minuscolo mondo.

 

S.T.: Conciliazione degli opposti o semplicemente opposti in contraddizione perenne?

Paolo Scardanelli: Conciliazione degli opposti in perenne contraddizione. È la meccanica umana. La contraddizione è il fuoco perenne che ci arde dentro e che rappresenta la nostra condizione. La conciliazione di questa sorta di scissione originaria, nata con l’esistente, può essere realizzata, certo; penso alle grandi figure dei Santi, ai grandi veri artisti, e, se permette, modestamente a me stesso. La saga dal titolo L’accordo tratta proprio di questo: della possibilità rara e utopica, ma allo stesso tempo concreta, come scrivo, che i rari momenti di simbiosi completa col mondo, nei quali superiamo opposti e contraddizioni in un unico afflato che ci fa intendere il senso vero, possano esistere. Io li ho chiamati “l’accordo”; purtroppo, esso accordo non è destinato a durare. Da qui scoramento e dissidio interiore. L’Eden non ci può appartenere, costituzionalmente.

 

S.T.: Nel romanzo ha evocato caratteri di genere gastronomici, locali, casa, luoghi d’incontro come dialogo e posto di conversazione: che ruolo ha il cibo nella caratterizzazione dei personaggi e dei luoghi?

Paolo Scardanelli: Il cibo e il vino, la convivialità in generale, sono vitali in ogni senso; essi ci consentono di condividere i frutti della terra trasformati dall’uomo in partecipazione. I personaggi vengono caratterizzati dalle loro preferenze gastronomiche, e Belletti ne è il paradigma. E i luoghi devono assolutamente essere emanazioni dei caratteri e delle inclinazioni dei personaggi.

 

S.T.: Vivere per addizione è un po’ la caratteristica di chi ha lasciato il proprio luogo d’origine per abbracciarne nuovi: non perdere le proprie radici ma arricchirle con quelle che nasceranno in nuovi luoghi. Qual è il suo pensiero a riguardo?

Paolo Scardanelli: Sono d’accordo con lei. La vita è accumulazione: di esperienze, di amori, di lutti, di dolori. Sta a noi la capacità di trasmutare il crogiuolo delle esperienze in qualcosa di superiore, di universale, di comunicabile agli esseri che popolano questa sfera piccola e improbabile. Attraverso la conoscenza e la coscienza interiore. Certo, passare da Lentini a Milano, è un prodigioso balzo in avanti, ma non è tutto oro quello che luccica. Le più grandi culture del passato si sono fondate sullo scambio di merci e di idee e conoscenza. Arricchire ciò che si ha, come dire, in dote, per nascita, censo e religione è fondamentale per crescere e aspirare a vette sempre più alte. Questo il dovere conoscitivo e ontologico di ciascuno.

 

S.T.: «Gli uomini si nutrono della luce per meglio illuminare l’oscurità». Questa frase è stata estratta dal suo romanzo, vuole aggiungere altro?

Paolo Scardanelli: Poc’altro, mi pare che parli per sé. Ciò che è in noi è materia oscura e magmatica. Jung, e non solo lui ovviamente, provò a decodificarla in termini di realtà; si perdette nelle spire prodigiose del Libro Rosso, che venne inizialmente chiamato, non a caso, Liber Novus, dal 1913 al 1930, che noi abbiamo conosciuto solo nel 2009. “Immaginazione attiva”, la definì lui. Alla fine, riemerse dagli abissi dell’inconscio e nulla fu come prima. Non dimentichiamo che, come dice qualcuno, in Principio era il Dolore.

 

S.T.: Conferma un seguito a Belletti e il Lupo? Altri progetti in vista da condividere con i lettori?

Paolo Scardanelli: Belletti appare nel primo volume della serie de L’accordo – Era l’estate del 1979, come commissario incaricato delle indagini dell’omicidio del patriarca di una importante famiglia di Catania, Nino Algino. Si sospetta di Andrea Algino, uno dei due figli. Da lì poi e tornato parecchi anni dopo all’interno de In principio era il dolore. Un Faust di meno, seguendo un caso di portata internazionale che mise a dura prova la sua proverbiale fede nella ragione; quando c’è Belzebù di mezzo… Quindi decisi uno spin off, che avevo già embrionalmente in mente, completamente a lui dedicato: ecco il Lupo. Un divertissement sul genere che mi ha molto coinvolto. Come potrebbe altrimenti la scrittura, potente scandaglio dell’animo nostro?

Non escludo ulteriori monografie future a lui dedicate, anche se al momento non c’è nulla di concreto. Nel frattempo, continuo a lavorare alla serie de L’accordo, al momento giunto al quarto volume. È pronto il quinto, e sto lavorando al sesto e al settimo. Vedremo dove mi condurrà la mia personale Recherche.

 

Written by Simona Trunzo

 

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