“Il ritorno è lontano” di Alessandra Sarchi: tendere alla salvezza

Non comprendere del tutto il titolo di un libro, quale questo Il ritorno è lontano di Alessandra Sarchi, è un evento salvifico.

Il ritorno è lontano di Alessandra Sarchi
Il ritorno è lontano di Alessandra Sarchi

Il ritorno è lontano, in ogni suo capoverso, è teso verso la salvezza. Ed è meravigliosamente imperfetto. Qualcosa gli mancherà sempre. Sarà ogni lettore a offrire (e a soffrire con) la sua interpretazione e a passare poi il testimone a un amico, a un consanguineo, come farò io. È dalla propria imperfezione che sorge la solidarietà con l’Altro.

Il ritorno è lontano è uno scritto stupendo e discutibile (foriero di discussione). Non vedevo l’ora di scrivere la mia reazione. Non so da dove cominciare, penso dall’inizio, ma ho le idee confuse, perché la capacità di Alessandra di eccitare la psiche, l’anima del lettore è insuperabile, e io voglio ex-agerare, uscire dagli argini, andare oltre, se ce la farò. Questa scrittura è precisa nei più che minuti particolari, forte, suadente, gentile, robusta, tremenda, dolce, raffinata, inevitabile.

Rinvengo dei riferimenti con la mia vita e con quella delle persone a me care. Ed è come aver scoperto l’America, che era lì, bastava solcare il mare nella direzione giusta. Solo un libro, per anni, m’ha indotto a pensare che i fatti narrati non mi riguardavano. Era l’opera più complessa e per fortuna incompleta del Divin Marchese, il cui titolo m’obbrobria. Poi ho capito che era la mia negazione che lo stava affermando dentro di me. E ho cominciato ad accettarlo, per meglio fronteggiarlo. Quindi, con te, mi sta andando abbastanza bene, Alessandra, dai che partiamo,

Cominciamo dall’esergo? C’è una quaterna di versi di Franco Fortini, il cui ultimo è: “Il ritorno è lontano”. Le altre parole del componimento sono illuminanti. Non volendo fare ulteriori spoiler, le taccio. Do al compatriota (appartenente alla nazione dei lettori) un avviso: non fare come me che l’esergo lo leggo all’inizio ma ci penso, quando va bene, a lettura conclusa. Casomai dacci un occhio al termine dell’ultima pagina, quando il suo senso è maturato dentro di te ed è più assimilabile.

A pagina 12 de Il ritorno è lontano m’imbatto in una parola che mi casca a pochi metri dai miei piedi come un ramo rinsecchito: “dendrologia” – lo studio degli alberi, le creature di legno, i Pinocchi della natura, che non dicono mai bugie, ma offrono di sé tutte le spiegazioni, che basta leggere le loro cellulose, se si vuole. Nina, la figlia dei due protagonisti, sta ora studiando in un’università tedesca, dove tale branca della scienza è studiata, pare, più che altrove.

Nina è una ventenne dei primi 2000. La dendrologia sociale, esaminando i nostri anelli, può suddividerci in tante categorie. Io sono un boomer; mio figlio è della generazione y; Nina e mia figlia Anna sono della generazione alpha. Enzo Biagi diceva di appartenere a una generazione che aveva perso tutte le guerre. Dai boomers in poi noi non le abbiamo né vinte, né perse, né pareggiate, siamo sempre stati in tribuna, o davanti a un teleschermo.

Verso il termine di pagina 35 de Il ritorno è lontano, in quattro righe una sì dopo l’altra, colgo le parole: “Nina e l’albero”, “Nina con l’apparecchio ai denti”, “Nina coi capelli corti”, “Nina l’anno della maturità”: le quattro espressioni sono perfettamente allineate. Che Nina sia la protagonista del romanzo? Senz’altro è la più sognata, la più lontana, colei che tornerà, non si sa quando.

“… aveva scorto in lei non solo il rifiuto per il mondo così com’era ma la disperazione di chi pensa che…” – e non me la sento di aggiungere altro, se non che il soggetto della frase è l’autrice, pardon, è l’interprete-personaggio del libro, la madre di Nina, nonché moglie di Paolo. È Sara.

Tra le pagine 40 e 41 de Il ritorno è lontano è svelato un segreto che la madre di Sara, la trionfante Vittoria, aveva svelato alla nipote esaminando le foglie, che non voglio trasmettere al mio lettore, se non dandogli un microscopico indizio: “Che tutte le cose sono collegate, quelle più piccole a quelle più grandi, e così all’infinito.” – mi raccomando, non si sparga la voce, si mantenga il più assoluto riserbo sulla questione. Lo garantisce la meccanica quantistica: all is entangled, tutto è correlato. Due particelle, per caso e per necessità, vengono a contatto fra di loro e, da ora, sono consorelle, per la loro brevissima eternità: la prima ancheggia da un lato, l’altra (immediatamente) ondeggia dall’altro. Pare che nel brulicante brodino iniziale, si fosse tutti azzeccati l’uno all’altro, intimissimi amici, per sempre correlati. E che da allora siamo tanti, controversi, fratelli.

“Era un segreto con un risvolto oscuro e inspiegabile.” – la luce non basterà mai per tutti, occorre razionarla. È qui che nasce il kaosino

“… ma le fotografie per definizione catturano un istante destinato a essere superato da quello seguente e dai miliardi che verranno dopo.” – sempre che regga la baracca.

A pagina 56 l’autrice mi mette a dirimpetto “Otri” e “uteri” – il che scatena la mia curiosità. C’è un luogo, su linea, dove rinvengo gli etimi, con lo spirito di chi va a funghi, alcuni dei quali potrebbero essere tossici. Pare, ma non è detto, che vi sia attinenza fra le due parole. Di fatto gli uteri otrizzano qualcosa d’essenziale per la vita, ma il discorso rimane sempre aperto, a mo’ di otre, appunto. Stavo pensando a una signora che una volta disse a mia madre che le avevano tolto tutto, era stata operata d’isterectomia e d’annessiectomia. Ed è la storia di Sara, che tanto ha sofferto per ciò. Anche se ora riesce a pensare che ormai a che le potrà più servire un utero, un otre?

In genere, non sempre, un capitolo vede protagonista Sara, con Paolo, il suo fido e calmo marito; nell’altra è protagonista Nina, o da sola, coi suoi pensieri, o con l’amica del cuore, Alice, o con Gregor, un amico caro, che poco la capisce ma che tanto cerca di farlo.

Talvolta le due consanguinee si fronteggiano in smart-loving, sullo schermo del computer, in video-lontananza. Il periodo che ebbe indizio con la pandemia ha reso la cosa tanto immediata che pare quasi banale. Un po’ come il telefono quando risposi alla prima telefonata sentivo tremarmi la voce. Ero un ragazzino, più o meno come oggi.

Nelle due ultime righe di pagina 59 de Il ritorno è lontano, rinvengo due parole consorelle, che tali sono da una vita, ma non ci avevo mai pensato: “forte” e “conforto”: chi è forte può sentire l’intimo obbligo di donare un po’ della propria energia all’Altro. Diversamente è un egoista. A forza di ‘ste docenze sto diventando un uomo virtuoso, ma la strada è ancora lunga poco meno di 200 pagine.

Alessandra Sarchi citazioni
Alessandra Sarchi citazioni

“Nella settimana che avevano trascorso insieme, Nina si era fatta carico di tante incombenze…” – aveva fatto da mammina alla sua mammona. Le aveva dato con-forto con la sua com-presenza. Poi era volata via, Conoscendola, avrà preso il treno, per inquinare di meno quest’aria che, se non ci fosse, saremmo condannati all’inferno e all’inverno (nucleare, anche).

“Ma quale Sessantotto, mamma? Hai provato ad ascoltare le loro parole, ti pare che abbiamo lo stesso vocabolario del Sessantotto?” – ognuno ha il dizionario che si merita, cara… tua nonna mi fa pensare a quelle immagini che girano su linea, di chi era a Woodstock o all’isola di White, alla fne degli anni ‘60, o a passeggiare in via Emilia, poco dopo, con le minigonne e le magliette sdrucite e poi si leggono frasi del tipo: ecco com’erano le vostre nonnine!

Povera, cara, Sara: “Aveva passato la sua vita adulta a sentirsi inadeguata, mentre sua madre e sua figlia, al contrario erano…”: armate contro il mondo dei soprusi, degli abusi, dei soliti ignobili noti! Anch’io sento in me tanta assenza di eroismo. Leggendo la tua storia, cara, mi sento con-fortato. Qualcun altro si sente inadeguato come capita a me.

M’è simpatica questa Alice nel paese delle disgrazie, che riesce a farmi sorridere con le sue iniziative volte a rilassarsi un po’, che è quanto serve alla sua amica Nina, non sempre ce la fa, ma lei ci prova ogni volta.

“… un silenzio solido, opprimente. Lo sentiva solo lei, come l’odore che saliva dal suo corpo, di foglie marce, e un cane randagio che la attraversava l’anima.” – sono (anche) le metafore che fanno di una scrittrice una Scrittrice.

“Si è staccata da noi. E questo significa che abbiamo fatto bene il nostro dovere. Che siamo stati bravi genitori…”speròm, dai

“Averlo detto a Nina l’aveva reso di colpo reale.” – era sorta la particella, da onda vaga che era. La sua decisione era tanto malferma quanto inderogabile.

“L’ingiustizia non è un’invenzione solo umana, come piaceva pensare a Nina, che voleva affrontarla e perfino guarirla, è insita nella natura di tutte le cose, di tutte le relazioni fra…” – consanguinei? Mondo comune mezzo gaudio! Se capiti a Reggio, va’ ai Musei Civici ad ammirare il quadro Così va il mondo di Cirillo Manicardi, che poi comprendi che siamo tutti poveri, ma ad alcuni sta andando meno bene che ad altri, per cui dovremo donar loro, come si disse prima, il nostro con-forto. Questo riesco a capire, sul resto del problema sto ancora studiando, ma sono un po’ svogliato, guardo spesso fuori dalla finestra, mi capitava anche ai tempi del liceo.

“Ogni cellula, ogni animale sempre pronto a schiacciarne al…” – e qui interrompo la parola, la frase; anche tu lo fai, talvolta, quando ti difetta l’animo e la voce, Alessandra, Sara… Vi capisco e provo per voi simpatia.

“Nina la vide…” – chi? “Alice”, “dieci anni dopo” – e questo è un altro problema, illudersi di conoscere il futuro, specie quello altrui. Io credo di essere diventato quel che era per me inevitabile ma allora non sapevo ancora nulla… al massimo, nel chiuso della stanza, cantavo: Sono un poeta/non ho la pancia ho l’epa/ e… di più non so!

“Poi volevo allontanarmi da casa, da mia madre e da mio padre…” – ti capisco, cara, io non riuscivo a farlo, sennò t’avrei seguita.

“… come si traduce quel frullo di ali che fa staccare il peso da terra alla mente…”Alles und Nicht? Ogni cosa e Niente? Non esiste una via di mezzo? Ein Mittelweg?

“Anche le piante hanno un carattere. Cosa credete?” – chiede Nina ai genitori e anche a lui, Pietro, la new entry. Già scrissi chissà quante volte che i nomi, come i Tarocchi, a volte ci prendono e a volte no. Sara è una Signora. Paolo è uno che sembra Piccolo ma è grande, non volendo dare nell’occhio. Nina, è la piccola Anna, l’acuminata Grazia. Pietro è la Pietra su cui fondare una speranza che, se non si sta attenti, fa slittare, può cadere in testa a qualcuno… State accorti!

Un’espressione scolpita a pagina 150 m’immobilizza per un indefinibile attimo: “fermato nel per sempre dell’infanzia” – quell’avverbio composto e a-temporale lo farò mio! A thing of beauty is a joy forever! John Keats, ti presento Alessandra (Sarchi)!

Pietro è stato dato in affido a Sara e a Paolo. È insopportabilmente bello e arduo da gestire, quello che si definisce un caratteriale, di sette anni, uno che ne ha passate troppe e che va capito e penosamente sopportato/supportato.

A pagina 158 de Il ritorno è lontano scopro l’ennesima banalità: il tarassaco è detto “piscialetto” per un suo salutare perché. La vita non è solo una finzione, ma è anche una minzione… necessarie entrambe per scorrere in avanti!

“Sempre la stessa storia: la disuguaglianza nasce dal possesso nelle mani di poche delle risorse che invece sono di tutti e di nessuno,” – quante semplicità mi stai insegnando, cara. Non è che non le sapessi, ma tendo a dimenticarle. Chi gestisce il potere è colui che ha rubato con più destrezza e che per almeno cinque anni sarà l’Anarchico a cui tutto è permesso. Sarà sempre così? Che ne pensi, fraterno PPP, Pier Paolo Pasolini?

A pagina 171 de Il ritorno è lontano Nina fa il suo solito comizio, sul fatto che noi bipedi implumi avremmo da imparare dai licheni (sto manomettendo la sua lezione). Sarà anche vero, ma occorre cercare un accordo con gli stessi, non attribuire la priorità a nessuno: o si è tutti di ognuno, o non si vale nulla.

Sono d’accordo col tuo Gregor: “Esageri. Secondo me c’è posto per tutti.” – ma secondo me fai bene ad ex-agerare. Tu e le tue due precedenti consanguinee, siete fantastiche nel correre, ed emozionanti nello sbandare. Ne avete di energia! Gregor e Paolo sono più stabili. Yin e Yang, e non si capisce più chi è freddo e chi è caldo, chi è frenetico e chi no. Siamo in un Kósmo tanto ordinato quanto entropico e mischiato. Bramiamo la consapevolezza e finisce che ci incavoliamo.

Pensaci un attimo: calmo e caldo hanno la stessa etimologia…

“La triste verità, mio caro, è che…” – che non esiste finché non appare, fino a che quell’onda non ne incontra un’altra, e poi, entrambe, si materializzano.

Nina, quando ammetti che quel che dice Gregor: “È interessante, non ci avevo mai pensato.” – mi doni la speranza che chi sa essere più intelligente di me saprà capirmi. Ognuno intel-legge quel che può. Uniamo le nostre parole, leggiamoci a vicenda!

“… quella mancanza di conoscenza, una volta tanto, non la turbava. Si sentiva viva in mezzo alla vita.”entangled!

“Anche Sara non finì la frase.”: evviva!

“… dovevo trovare un guinzaglio alla paura che m’inseguiva come un cane randagio. Tu eri andata via.” – la vita è una fuga dai propri ricordi? Sì, ma non solo.

Ora Sara e Paolo hanno il Pietro da gestire: non sarà facile, non sarà impossibile. In tanti hanno fallito, loro ci stanno provando.

“… Gregor. Qualche volta lui le aveva trasmesso la stessa quiete piena di vita che le davano gli alberi.” – l’importante, cara, è capire che ognuno di noi è un albero, e anche una bestiolina che cerca di allontanarsi dalla sua ombra, per poi tornare, quando ne sentirà la salvifica attrazione.

Nel frattempo nella storia è successo dell’altro, che va letto e archiviato con cura.

“Sara era abituata a catalogare in ufficio immagini di cose o persone…” – che sono eventi analoghi, se ci pensi. E l’albero genealogico, dove lo metti?

Dedico questa mia lettura a Stefano Sturloni, autore di Lasciate che vi parli di foglie. Educatori e bambini alla scoperta di un mondo insospettabile.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Alessandra Sarchi, Il ritorno è lontano, Bompiani, 2024

 

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