“On the Beach” album di Neil Young: riflessioni sul vuoto della fama

1974: “On the Beach” è il capolavoro oscuro di Neil Young che ha sferrato un colpo alla fama per abbracciare l’Anima.

On the Beach album di Neil Young
On the Beach album di Neil Young

Cinquant’anni dopo la sua prima uscita, “On the Beach” di Neil Young si conferma un’opera imprescindibile, una pietra miliare che ha segnato un momento cruciale nella carriera del cantautore canadese. Joseph Burnett, produttore e critico di lungo corso, si dedicò a questo quinto album solista, un lavoro che rappresenta una sorta di cupa transizione dall’era di “Harvest”, intriso di momenti tanto cupi quanto grandiosi.

“On the Beach” è forse il disco più difficile da catalogare nell’ampio repertorio di Young, proprio per la sua natura sfuggente, che si sottrae a qualsiasi classificazione di genere.

È come se questo album fosse emerso dalle pieghe più oscure del cuore e della mente di Young, un’opera che ha preso forma con una naturalezza sorprendente, grazie anche alla collaborazione intuitiva di musicisti come Rusty Kershaw, Ben Keith, Tim Drummond e Ralph Molina.

Nonostante la qualità artistica, “On the Beach” non riscosse un immediato successo commerciale, lasciando interdetti i fan più legati alla semplicità di “Harvest”. È solo con la ristampa del 2003 che l’album ha ottenuto il giusto riconoscimento, diventando uno dei favoriti tra gli appassionati di Young.

L’album racchiude perfettamente il tumulto creativo e personale che segnò la vita di Neil Young negli anni Settanta. Due anni prima, “Harvest” aveva proiettato Young nell’Olimpo del rock grazie a una miscela irresistibile di country e folk, portandolo al vertice delle classifiche.

Ma la fama ebbe un effetto devastante su di lui.

Poco prima di intraprendere il tour di “Harvest”, Danny Whitten, il chitarrista della sua band Crazy Horse, morì di overdose. Un evento che gettò un’ombra nera sul tour, con Young che affrontava concerti in un crescendo di alcolismo e frustrazione, sempre più in contrasto con un pubblico che non riusciva a capire la direzione più dura e cruda della sua musica.

Le sessioni di registrazione di “On the Beach” furono segnate da un’atmosfera diversa, quasi surreale. L’incontro con Rusty Kershaw, e le famose “honey slides”, potenti dolci all’hashish, crearono un clima di totale abbandono. Uno dei produttori racconta di come fosse difficile persino vedere i musicisti attraverso la coltre di fumo che avvolgeva lo studio. Il risultato fu un album intriso di cupezza, con Young che riversava nella musica tutta la sua angoscia e la sua rabbia, accentuate dalla fine della relazione con Carrie Snodgress e dall’abuso di alcol e droghe.

“On the Beach” non è un album scacciapensieri. A parte l’apertura più vivace di “Walk On”, l’album è un susseguirsi di riflessioni amare sul vuoto della fama e sulle relazioni fallite. La rilettura di “See The Sky About To Rain”, con il suo ritmo lento e il pianoforte elettrico funereo e il minimalismo di “For The Turnstiles”, sono testimonianza di un Young al massimo della sua disillusione. E poi c’è “Revolution Blues”, con un groove quasi funky sostenuto da Rick Danko e Levon Helm dei The Band, dove Young incarna lo spirito oscuro di Charles Manson in un’invettiva feroce contro le star del rock, anticipando di decenni temi oggi ancora attuali.

Il lato B dell’album rappresenta probabilmente il vertice assoluto della carriera di Young. La title track è un blues straziante, una riflessione implacabile sul mondo in rovina di Young. “Motion Pictures” è un addio minimalista a Snodgress, con una voce stanca e accompagnamenti ridotti all’essenziale. L’album si chiude con “Ambulance Blues”, una lunga ballata psichedelica che ripercorre il passato di Young in Canada e attraversa il presente con uno sguardo disincantato sulla politica e la critica musicale.

“On the Beach” non è solo un album, ma un viaggio nelle profondità dell’animo di Neil Young, è un’opera terapeutica, che continua a risuonare con una potenza emotiva rara. La sua grandezza risiede proprio nella capacità di tradurre in musica le emozioni più complesse e dolorose, senza edulcorarle, ma anzi esponendole in tutta la loro crudezza.

La sua influenza si estende ben oltre il contesto storico in cui è stato creato, rivelandosi un album di straordinaria attualità, capace di parlare a generazioni diverse e di risuonare con chiunque abbia mai provato un senso di smarrimento o di alienazione.

Oggi, cinquant’anni dopo, possiamo dire che “On the Beach” è molto più che un album di transizione: è un manifesto di resistenza emotiva, un’opera che continua a sfidare e a ispirare. Non è solo un capitolo della storia del rock, ma un vero e proprio monumento alla vulnerabilità e alla sincerità artistica, che ha saputo attraversare il tempo senza perdere nulla della sua forza evocativa. Neil Young, con questo disco, ha non solo segnato un’epoca, ma ha anche lasciato un’eredità che continuerà a essere esplorata e apprezzata per molte generazioni a venire.

 

Revolution Blues

Be’, viviamo in una roulotte ai margini della città
Non ci vedi mai perché non andiamo in giro
Abbiamo venticinque fucili solo per contenere la popolazione
Ma adesso abbiamo bisogno di te, ecco perché sono in giro
Quindi sii bravo con me e io sarò bravo con te
In questa terra di negoziati io non sono al di sopra dei sospetti
Non mi metterò contro di te ma neanche ti sosterrò

Be’, è così bello starsene qui a dormire sul tuo prato
Ricordi il tuo cane da guardia? Be’, temo se ne sia andato
Era una tale lagna sentirlo guaire tutta la notte
Sì, ero io con le colombe che le liberavo vicino alla fabbrica
Dove hai costruito il tuo computer, amore
Spero tu colga il nesso perché non posso accettare un rifiuto
Non ti fregherò, solo non ti credo

Be’, mi faccio delle gran risate impugnando la mia carabina
Li faccio saltellare finché le munizioni non finiscono
Ma non sono ancora felice, sento che c’è qualcosa che non va
Ho il blues della rivoluzione, vedo fontane insanguinate
E dieci milioni di dune-buggy venir giù dalle montagne
Be’, ho sentito che Laurel Canyon è pieno di famose star
Ma le odio peggio dei lebbrosi e le ucciderò nelle loro auto.

 

Written by Cinzia Milite

 

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