Friedrich Nietzsche e Sri Aurobindo: il Santo e l’Anticristo

“Chi non è capace di comandare a se stesso, ha da obbedire.”Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

Friedrich Nietzsche e Sri Aurobindo
Friedrich Nietzsche e Sri Aurobindo

Friedrich Nietzsche ‒ l’Anticristo ‒ nasce il 15 ottobre 1844 e muore il 25 agosto del 1900.

Sri Aurobindo ‒ il Santo ‒ nasce il 15 agosto 1872 e muore il 5 dicembre del 1950.

Il primo è tedesco, il secondo indiano; entrambi sono filosofi e poeti, stimano Eraclito e propongo il concetto dell’uomo oltre l’uomo.

“Coloro che sono incapaci di osservare liberamente, pienamente ed intelligentemente la legge che si sono imposti devono essere assoggettati alla volontà altrui.”Sri Aurobindo, Pensieri e Aforismi

Di seguito si potrà leggere l’interessante intervista alla psicologa e sciamana Selene Calloni Williams, esperta del pensiero di Nietzsche ed Aurobindo, così da poter indagare sulle somiglianze che intercorrono fra i due grandi pensatori.

 

A.M.: Selene, ti ringrazio per la tua disponibilità. Con quale dei due filosofi ti sei approcciata inizialmente?

Selene Calloni Williams: Ho iniziato a frequentare il pensiero di Aurobindo più di quarant’anni fa or sono, quando vivevo in Oriente, a quel pensiero ho dedicato la mia tesi di laurea e quasi tutte le mie ricerche successive, mentre ho conosciuto Nietzsche più tardi. Ho letto Nietzsche alla luce della mia conoscenza del pensiero di Aurobindo e poi riletto Aurobindo alla luce della mia conoscenza del pensiero di Nietzsche. Ci si potrebbe soffermare sul fatto che Aurobindo, per via della sua formazione scolastica avvenuta in Inghilterra, è, tra i grandi maestri dello yoga orientale, il più fortemente influenzato dalla filosofia occidentale e che la visione dello Zarathustra di Nietzsche conduce dritto e, direi, energicamente alla figura dello Shiva indù, il dio che danza.

In anni non lontani tra loro, in due luoghi del mondo assai distanti, due uomini parlano del medesimo mito esprimendosi attraverso le medesime forme: la filosofia e la poesia. Aurobindo conosce il pensiero di Nietzsche e anche la chiave di lettura che di quel pensiero dava il nazismo. Egli è acerrimo nemico del nazismo e pare voglia riscattare il mito del superuomo dalla strumentalizzazione finalizzata alla lotta fra i popoli. Così egli si esprime nel suo aforisma che fa riferimento allo Zarathustra di Nietzsche:

“Nietzsche ha visto il superuomo come un’anima di leone che esce dallo stato di cammello; ma il vero emblema araldico e il segno del superuomo è il leone seduto sul cammello ritto sulla vacca dell’abbondanza. Se non puoi essere lo schiavo di tutta l’umanità, non sei in grado di esserne il signore, e se non puoi rendere la tua natura simile alla vacca dell’abbondanza di Vasishtha affinché l’umanità intera possa mungere dalle sue mammelle a sazietà, a che vale la tua leonina superumanità?”

Ciò che lega Nietzsche ad Aurobindo sono somiglianze di respiro, di potenza e di solitudine, di saggezza e di follia, di temperamento, di tensione rivoluzionaria.

 

A.M.: Sei a conoscenza di curiosi parallelismi?

Friedrich Nietzsche citazioni
Friedrich Nietzsche citazioni

Selene Calloni Williams: Sì, ne citerò qualcuno. Entrambi amano una donna e vogliono farne ‒ per usare le stesse parole di Nietzsche che confessa le proprie aspirazioni riguardo a Lou Salomé in una lettera a Malfida von Meysenburg ‒ «una discepola, un’erede, una continuatrice del mio pensiero». L’uno, il santo (Sri), si dice che ami solo spiritualmente. L’altro, il diavolo, il filosofo autore di un pensiero che, manipolato, si presta a un’interpretazione filo-nazista e che, poi, reinterpretato, rimane sempre capace di drogare, ama, o vorrebbe amare, anche carnalmente. Il primo riesce, con Mirra Alfassa, detta poi Mère, nei propri intenti, il secondo, coerente con la legge della dannazione, con Lou Salomé, non vi riesce.

Se Aurobindo ispira ai suoi discepoli la devozione che ispirano i santi, Nietzsche emoziona in modo viscerale, ma è nemico del pathos e così, come un vero maestro, finisce per sparire dalla scena lasciandoti a tu per tu con l’emozione vibrante.

Od anche: il padre di Nietzsche era un prete di campagna. Aurobindo definì il proprio padre «un ateo terribile!».

Ed ancora: poco più che ventenni, ancora studenti, entrambi cadono da cavallo, non è un dettaglio trascurabile, ma un episodio che può svelare un destino o una volontà all’opera.

Negli anni, il destino colpisce entrambi agli occhi portandoli a una progressiva perdita della vista che rende loro difficoltoso il leggere e lo scrivere.

 

A.M.: Dunque Nietzsche ed Aurobindo condividono la tensione rivoluzionare ma anche l’esortazione ad una rivoluzione dei sensi?

Selene Calloni Williams: Nietzsche ed Aurobindo descriveranno quel loro figlio, il superuomo, con la stessa forza, la stessa passione, la stessa ansia rivoluzionaria, gli stessi toni profetici. Basti osservare queste due citazioni, Nietzsche ne Così parlò Zarathustra scrive: “Io voglio insegnare agli uomini il senso del loro essere: che è il superuomo e il fulmine che viene dalla nube oscura uomo.”

Aurobindo ne Pensieri e Aforismi scrive: “L’evoluzione non è terminata; la ragione non è l’ultima parola della Natura, né l’animale raziocinante la sua forma suprema. Come l’uomo è emerso dall’animale così all’uomo emerge il superuomo.”

La manifestazione del superuomo è una ribellione dei sensi alla morale razionale. È necessaria una trasformazione vera del nostro modo di essere che possa mettere radici in un cambiamento fisico. Questa metamorfosi prende avvio dalla rivoluzione dei sensi, dalla ribellione nervosa al condizionamento morale, dall’apertura del respiro che rompe gli argini dell’indottrinamento e prosegue nel rilassamento del sistema percettivo il quale, finalmente, può restituirci la capacità di vedere, sentire, morire, soffrire, gioire, vivere con intensità ed entusiasmo.

Sia nella visione aurobindiana che nel pensiero di Nietzsche, la libertà creativa dell’uomo e la predestinazione sono due elementi coesistenti in una sintesi in cui non vengono reciprocamente annullati, ma eccitati al punto che la libera creatività dell’uomo prescelto si esprime nella sua capacità di assumersi piena responsabilità per il proprio destino e nell’amare senza condizioni il destino, nel darsi a esso fino in fondo. La libertà creativa è capacità di darsi al destino senza mai divenire fatalisti.

Si può affermare che il nichilismo completo di Nietzsche e il surrender di Aurobindo sono vie parallele, animate dalla stessa aspirazione e capaci di giungere alla medesima meta: una nuova specie.

 

A.M.: Che cosa intendi esattamente per surrender e nichilismo completo?

Selene Calloni Williams: In Così parlò Zarathustra Nietzsche scrive: “Tu devi voler bruciare te stesso nella tua stessa fiamma: come potresti voler rinnovarti, senza prima essere diventato cenere!” e prosegue: “Va’ con le mie lacrime nella tua solitudine, fratello. Io amo colui che vuole creare al di sopra di sé e così perisce.”

Il darsi alla morte da parte dell’essere è la chiara affermazione di ciò che l’essere è realmente: vacuità, direbbero i tantrici buddhisti, surrender, affermerebbe Aurobindo, «un cadavere grasso, e succulento d’aspetto, immenso tanto da abbracciare l’Universo» suggerirebbero, con le parole dello stupefacente Rito Chöd tibetano, Padmasamchava e Ma gcig o, più filosoficamente e meno simbolicamente, esperienza al di là di soggetto e oggetto, in termini buddhisti, e puro evento, in un’espressione più usata nella filosofia occidentale e ancora concupiscenza o desiderio nel linguaggio di Dioniso e del tantrismo shivaita. Ed è proprio il surrender o samarpana il metodo dell’oltreuomo.

Surrender è, nella visione aurobindiana, il totale abbandono dell’essere alla potenza del divenire, o volontà dell’accadere, che rende l’essere non essere e, in quanto tale, lo sancisce re dell’accadere stesso. Surrender significa, in linguaggio aurobindiano, perdere tutto e, immediatamente, essere tutto. Il surrender è il punto ove la visione del tantrismo buddhista dell’essere come vacuità e la visione del tantrismo shivaita dell’essere come concupiscenza o desiderio si incontrano. Nel surrender, infatti, l’essere concupisce la propria sparizione nel corpo della divinità, che è la potenza dell’accadere, la volontà di divenire. Dissolvendosi nell’infinito, l’individuo umano risorge, oltre la storia, al di là dello spazio e del tempo, in una identità con la divinità, identità che, pur essendo in se stessa assoluta, preserva l’individualità delle parti quale piacere, beatitudine del reciproco donarsi.

Tutto ciò trova espressione nella filosofia occidentale del metodo del nichilismo attivo, completo o estatico di Nietzsche. Ne Dialogo con Nietzsche, Gianni Vattimo, scrive: “[…] egli si proclama «il primo nichilista completo, che ha vissuto in sé fino in fondo il nichilismo»: la perdita delle illusioni può significare per la volontà o l’assoluta incapacità di volere ancora, o il riconoscimento gioioso e creatore del fatto che non esistano ordine, verità, stabilità fuori dalla volontà stessa, e che il nichilismo è derivato proprio dall’aver voluto a tutti i costi trovarli.”

L’essere stesso si dissolve in quanto realtà oggettiva, rimane un principio di consapevolezza soggettiva, ovvero una pura coscienza che crea il mondo. Non esiste una storia oggettiva, esiste solo ciò che io immagino, o voglio, direbbe Nietzsche, sia accaduto. Niente di più consono potrebbe esserci nella visione vedica di Sri Aurobindo, la quale concepisce la realtà come Saccidānanda: l’esistenza (sat) è coscienza (cit) ed è gioia (ānanda).

La chiave del passaggio dall’uomo all’oltreuomo, dal vecchio al nuovo mondo, è nella capacità di restare al centro di boati, urli ed esplosioni nella più assoluta immobilità e imperturbabilità che nascono dalla consapevolezza che nulla può toccare nessuno e nessuno può colpire la vacuità: nemmeno la vacuità può nuocere alla vacuità. Il metodo per il raggiungimento della consapevolezza della realtà dell’essere come vacuità, o non essere, è il surrender di Aurobindo o il nichilismo completo di Nietzsche. Questo metodo consiste nel perdere tutto, nel lasciare tutto, nel dare tutto. Al fondo dell’ultimo respiro la trasmutazione avviene: tutto è immediatamente dato a chi tutto ha perduto.

 

A.M.: Perdere tutto. Lasciare tutto. Echeggia nella memoria l’ἄφελε τα πάντα (Áphele tà pànta) di Plotino ed il Vangelo di Matteo (16, 25 “Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.”)…

Sri Aurobindo citazioni
Sri Aurobindo citazioni

Selene Calloni Williams: Sì, certo, Plotino, i Vangeli, il surrender, il nichilismo completo insegnano un metodo per vincere l’ostacolo dell’oggettività dissolvendo la necessità di certezze. Nel processo che ci porta a perdere tutto, la prima cosa a cui dobbiamo rinunciare è che la certezza mentale possa essere una verità universale. Non solo l’individuum è dividuum, ma anche l’uomo che, essendosi pienamente emancipato dal bambino, si è liberato dalle fissazioni al passato, è il miglior rappresentante dell’eterno bambino. Entrando nel dettaglio: pare che esista tra il vecchio uomo e l’oltreuomo, tra il vecchio e il nuovo mondo, una sorta di terra di mezzo o mondo di transito; per passare è necessario compiere un bardo. Nella tradizione del tantrismo tibetano la parola bardo designa una transizione nella quale si attua un processo di morte e rinascita finalizzato alla liberazione. Uno dei più importanti testi del tantrismo tibetano, il Bardo Tödröl, il cosiddetto Libro Tibetano dei morti, descrive la transizione che avviene tra una morte e una successiva rinascita fisica, ma costituisce parallelamente un insegnamento alla morte e rinascita mistica nella quale, dissolto lo spavento che fa da sostanza all’ego (morte mistica) sopraggiunge lo stato della liberazione spontanea (rinascita mistica).

Nel mondo di transito, follia, confusione, disgregazione e quanto di più temuto dalla mente va riabilitato come sostanza stessa del processo di liberazione e espressione della fede dell’anima immortale in se stessa. Secondo il Bardo Tödröl nella morte la nostra coscienza è destinata ad aprirsi, a srotolarsi di fronte ai nostri occhi per mostrarci tutti gli aspetti della natura della quale siamo fatti. Così la morte (sia la cosiddetta morte fisica, sua la morte mistica che produce i grandi cambiamenti della vita) è destinata a far vedere all’uomo quegli aspetti di sé, quelle energie, quei sogni, che egli non ha mai accettato come parti di sé. Di questi argomenti tratto in molto più esplicito nei libri che ho pubblicato, quali ad esempio “Mantra Madre”, “Daimon”, “Shinrin-Yoku”,  “Psicogenealogia e costellazioni familiari ad approccio immaginale” et cetera, ed anche nei corsi che conduco di Teatro Immaginale e Costellazioni familiari per la Scuola di Psicogenealogia di cui si possono conoscere i dettagli nel mio sito (link nelle info).

 

A.M.: Inizialmente hai citato la similitudine tra la visione di Zarathustra e di Shiva. In che senso l’esistenza è una danza?

Selene Calloni Williams: Prendiamo ad esempio due citazioni, la prima tratta da Così parlò Zarathustra: “Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare” e la seconda da La vita divina: “L’esistenza del mondo è la danza estatica di Shiva che moltiplica all’infinito il corpo di Dio, sanza che lascia questa bianca esistenza esattamente com’era, com’è e come sarà per sempre; il suo solo fine è quello di danzare.” Prendiamoci un attimo per interiorizzarle.

La cultura orientale, a differenza di quella occidentale, è imbevuta della visione del tempo come moto circolare e non lineare o consequenziale, quale lo vuole, invece, la ratio aristotelica. Ma la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale è assai di più di una affermazione del tempo quale circolarità o ciclicità degli eventi. Essa è la testimonianza dell’immortalità di ogni esperienza, la quale è fine a se stessa e non legata da rapporti di causalità agli eventi che la precedono o la seguono. L’esistenza appare, dunque, come una danza estatica in cui tutti i movimenti sono necessari, eppure nessuno è previsto in anticipo ma nasce, e nasce per sempre, nell’attimo in cui si compie e poi per sempre muore.

 

A.M.: In chiusura ci puoi lasciare due citazioni sulle quali meditare?

Selene Calloni Williams citazioni infinito
Selene Calloni Williams citazioni infinito

Selene Calloni Williams: Con vero piacere. La prima è tratta da Così parlò Zarathustra: “… e solo quando mi avrete tutti rinnegato io tornerò a voi.

La seconda da Pensieri e Aforismi: “Non provare ripulsione per le perversioni del mondo; il mondo è un serpente ferito e velenoso che, contorcendosi, avanza verso una sicura muta e una sicura perfezione. Aspetta, perché è una scommessa divina, e da questa bassezza Dio emergerà radioso e trionfante.”

 

A.M.: Selene, mi sento in dovere di ringraziarti ulteriormente per il tempo che ci hai dedicato. Saluto anche io con due citazioni tratte dai medesimi libri ed invito i lettori ad approfondire non solo il pensiero dei nostri due protagonisti (Nietzsche ed Aurobindo) ma anche tutta la tua produzione che spazia dalla filosofia, come ci hai ampiamente dimostrato, allo yoga giapponese. Dunque, saluto con una frase tratta da Così parlò Zarathustra: “Voi solitari di oggi, voi che prendete congedo, voi dovrete una volta essere un popolo: da voi che avete eletto voi stessi, deve nascere un popolo eletto: ‒ e da esso l’oltreuomo.” e con Pensieri e Aforismi: “Quando soffro di dolore, di dispiacere o di sventura, dico: «Così, vecchio Compagno di giochi, ricominci a maltrattarmi?» E mi siedo per godere il piacere del dolore, la gioia della tristezza e la fortuna della sventura; allora egli si vede scoperto e porta via i suoi fantasmi e i suoi spauracchi.”

 

Info

Sito Selene Calloni Williams

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