Jorge Luis Borges: citazioni tratte da “Sette sere”
Nasce il 24 agosto del 1899 a Buenos Aires in Argentina Jorge Luis Borges, scrittore, saggista e poeta caratterizzato da una ambivalenza importante: i suoi scritti, infatti, sono sia lucidi sia visionari. Muore a Ginevra il 14 giugno del 1986, città nella quale si recava spesso per una cura sperimentale agli occhi.
Sotto la curatela di Tommaso Scarano, nel 2024, è stata pubblicata per Adelphi la serie di conferenze intitolata “Sette sere” (titolo originale “Siete noches”), prezioso volume che presenta sette incontri che ebbero luogo presso il Teatro Coliseo di Buenos Aires tra il 1° giugno ed il 3 agosto del 1977; le conferenze furono registrate e successivamente trascritte. Le registrazioni sono presenti anche in rete.
“Nel corso delle mie molte, troppe conferenze, ho osservato che si preferisce il personale al generale, il concreto all’astratto. Perciò comincerò riferendomi alla mia modesta personale cecità. Modesta, in primo luogo, perché è totale a un occhio e parziale all’altro. Posso ancora riconoscere alcuni colori, posso ancora riconoscere il verde e il blu.” ‒ Jorge Luis Borges, “La cecità”
“La cecità” è l’ultimo incontro di quel 1977, preceduto, in ordine cronologico, da “La Divina Commedia”, “L’incubo”, “Le mille e una notte”, “Il buddhismo”, “La poesia”, “La Cabbala”. Sette titoli per sette sere nelle quali la successiva riprende la precedente in una squisita ed arguta analisi del tema portante: l’imago del poeta come tecnica per ricondurre alla memoria ciò che si è dimenticato.
Borges ne “La cecità” sostiene “Chi è poeta lo è sempre, continuamente sotto assalto della poesia” ed ancora ne “La poesia”: “La poesia è l’incontro del lettore col libro, è la scoperta del libro. […] È noto che in latino i termini «inventare» e «scoprire» sono sinonimi. E ciò concorda con la dottrina platonica, secondo la quale inventare, o scoprire, è ricordare. […] Quando scrivo qualcosa, ho la sensazione che quel qualcosa esista già.”
In ogni serata lo scrittore argentino trascina nel mondo letterario antico senza tralasciare il racconto di aneddoti privati che aiutano lo spettatore/lettore a mantenere l’attenzione sul tema, Borges mostra una grande capacità oratoria nell’equilibrio tra concreto ed astratto con abilità quasi ipnotica: ogni capitolo di “Sette sere” non si può lasciare interrotto, lo si legge con voracità ed entusiasmo come se si stesse assistendo dal vivo alla conferenza. Il consiglio è di leggerlo in sette sere diverse così da trascorrere una settimana con Borges lasciando alla mente il tempo di operare nell’opportuna sedimentazione delle informazioni e delle immagini che il poeta cieco ci dona oltre lo spazio ed il tempo.
Come introduzione al volume “Sette sere” si è pensato di selezionare alcune frasi tratte dai capitoli così da mostrare al lettore la maestosità dell’opera, si consiglia di non fermarsi a questi meri frammenti e di acquistare il libro per poterne fare esperienza integrale. In questa era di velocità e superficialità il vero rivoluzionario è colui che si attarda a leggere con cura e con una calibrata lentezza che permette la formazione dei ragionamenti e la rievocazione dei ricordi.
Prima di lasciarvi alla lettura delle citazioni tratte da “Sette sere” si vuole riportare una similitudine tra una storia che Borges racconta nel capitolo “Le mille e una notte” e una storiella yiddish presente nel volume “Racconti e storielle degli ebrei” di Efim Samojlovič Rajze (Bompiani, 2002). Le due storie sono pressoché identiche e differiscono del luogo in cui sono avvenute, della posizione esatta in cui si è trovato il tesoro e della religione, l’islamismo e l’ebraismo. La dinamica della vicenda è molto semplice: il protagonista sogna di recarsi in un luogo determinato per trovare un tesoro, arriva e non trovando alcuna moneta racconta il sogno ad un uomo del posto che, per canzonarlo, gli racconta di aver sognato a sua volta un luogo preciso ed un tesoro nascosto. Il viaggiatore riconosce casa propria nel sogno raccontato, rientra in patria e diventa ricco. Ne “Le mille e una notte” il viaggiatore dal Cairo si sposta in Persia, mentre nella storiella yiddish intitolata “Un sogno profetico” il viaggiatore si trova nell’Europa dell’est nel territorio dell’Impero Russo.
Citazioni tratte da “Sette sere”
“La Divina Commedia”
“Ricorderò anche il celebre verso che chiude il quinto canto dell’Inferno: «E caddi come corpo morto cade». Perché la caduta rimbomba? Rimbomba per la ripetizione del verso «cadere». L’intera Commedia è piena di soluzioni felici come queste. Quando ero giovane tutti disprezzavano la poesia narrativa, la definivano aneddotica, dimenticando che la poesia inizia come racconto, che alle sue radici c’è l’epica, il genere poetico originario, che è narrativo. Nell’epica c’è il tempo, nell’epica ci sono un prima, un mentre e un poi; nella poesia c’è tutto questo.”
“Un romanzo contemporaneo ha bisogno di cinquecento o seicento pagine per farci conoscere un personaggio, sempre che ci riesca. A Dante basta un momento. In quel momento il personaggio è definito per sempre. Dante cerca inconsciamente quel momento centrale. Io ho voluto fare lo stesso in molti racconti e sono stato ammirato per questa trovata, che è la trovata di Dante nel Medioevo: presentare un momento come compendio di una vita.”
“Ogni uomo si definisce per sempre in un solo istante della sua vita, il momento in cui si trova per sempre di fronte a se stesso. Si è detto che Dante è crudele con Francesca poiché la condanna. Ma questo significa ignorare il Terzo Personaggio. Non sempre il giudizio di Dio coincide con il sentimento di Dante. Chi non comprende la Divina Commedia dice che Dante la scrisse per vendicarsi dei suoi nemici e ricompensare i suoi amici. Niente di più falso.”
“L’incubo”
“I sogni sono il genere; l’incubo, la specie. Parlerò dei sogni, e dopo degli incubi. In questi giorni rileggevo qualche libro di psicologia. E mi sono sentito piuttosto defraudato. In tutti si parlava dei meccanismi o dei contenuti dei sogni e non si diceva, cosa che avrei desiderato, quanto sia stupefacente, quanto sia particolare il fatto stesso di sognare.”
“L’analisi dei sogni presenta una particolare difficoltà. Non possiamo analizzarli direttamente. Possiamo solo parlare del ricordo che ne abbiamo. E non è detto che il ricordo corrisponda esattamente a quanto abbiamo sognato. Un grande scrittore del diciassettesimo secolo, Sir Thomas Browne, riteneva che il nostro ricordo dei sogni fosse più povero della loro splendida realtà. Altri, al contrario, pensano che li arricchiamo: se si considera il sogno un’opera di finzione (e credo che lo sia) è verosimile che al momento del risveglio e, dopo, quando lo raccontiamo, seguitiamo a inventare.”
“Vi racconterò un ricordo personale. Un mio nipote, allora avrò avuto cinque o sei anni (le mie date sono abbastanza incerte) mi raccontava ogni giorno i suoi sogni. Ricordo che una mattina, era seduto in terra, gli domandai che cosa avesse sognato. Docilmente, sapendo che era un mio hobby, mi rispose: «Stanotte ho sognato che mi ero perso nel bosco, avevo paura, ma sono arrivato in una radura e c’era una casa bianca, di legno, con una scala che girava tutt’intorno alla casa, come un corridoio, e poi una porta, e da quella porta uscivi tu.» Si interruppe bruscamente e aggiunse: «Ma che ci facevi in quella casetta?»”
“Le mille e una notte”
“Uno degli eventi capitali nella storia delle nazioni occidentali è la scoperta dell’Oriente. Sarebbe preciso parlare di una coscienza dell’Oriente, continua, paragonabile alla presenza della Persia nella storia greca. Questa coscienza dell’Oriente, qualcosa di vasto, immobile, magnifico, incomprensibile, presenta momenti eccelsi.”
“Quella del sogno è tra i temi preferiti delle Mille e una notte. Mirabile è la storia dei due che si sognarono. Un abitante del Cairo sogna una voce che gli ordina di recarsi a Isfahan, in Persia, dove lo attende un tesoro. Affronta il lungo e periglioso viaggio e giunto a Isfahan, sfinito, si sdraia nel chiostro di una moschea per riposare. Non sa di essersi mescolato ai ladri. Arrestano tutti e il cadì gli domanda per quale motivo sia venuto in città. L’egiziano glielo spiega. Il cadì ride fino a mostrare i denti del giudizio e gli dice: «Uomo scervellato e credulone, tre volte ho sognato nella città del Cairo una casa in fondo alla quale c’è un giardino, e nel giardino una meridiana, e poi una fontana e un fico e sotto la fontana un tesoro. Ma non ho dato il minimo credito a questa fandonia. Non farti rivedere mai più a Isfahan. Prendi questa moneta e vattene.» L’uomo se ne torna al Cairo: ha riconosciuto nel sogno del cadì la propria casa. Scava sotto la fontana e trova il tesoro.”
“Il Buddhismo”
“I princìpi del buddhismo sono rimasti immutati dal V secolo avanti Cristo, cioè dall’epoca di Eraclito, di Pitagora, di Zenone, fino ad oggi che il dottor Suzuki li espone in Giappone. Sono sempre gli stessi. Attualmente il buddhismo è una religione incrostata di mitologia, astronomia, strane credenze, magia.”
“Il principe decide di abbandonare tutto; lui, che ha condotto un’esistenza così ricca. Secondo il buddhismo l’ascetismo va bene, ma dopo che si sia assaporata la vita. Inizialmente, nessuno deve negarsi nulla. Bisogna vivere la vita fino in fondo e poi capire che è un inganno; non prima, però, di averla conosciuta.”
“Dice il Buddha: «Così come il vasto mare ha un solo sapore, quello del sale, il sapore della legge è quello della salvezza». La legge che egli insegna è vasta come il mare ma ha un solo sapore, quello della salvezza. Certo, i seguaci si sono molto persi (o forse molto hanno trovato) in disquisizioni metafisiche. Non è questo l’obiettivo del buddhismo. Un buddhista può professare qualsiasi religione, purché segua la Legge.”
“La poesia”
“Qual è la nostra percezione? Avvertiamo più cose insieme (dire «cose» è forse troppo concreto). Sentiamo la campagna, la vasta presenza della campagna, il colore verde, il silenzio. Già il fatto che esista una parola per il silenzio, è una creazione estetica. Perché il silenzio è una qualità che si attribuisce, una persona è silenziosa, o una campagna è silenziosa. Assegnare il termine «silenzio» alla circostanza in cui non ci siano rumori nella campagna, è già un’operazione estetica, all’epoca certamente audace.”
“Che cos’è la morte di un uomo? Come ha osservato Plinio, quando muore un uomo muore un volto unico e con lui muoiono migliaia di momenti, migliaia di ricordi. Ricordi di infanzia e tratti umani, troppo umani.”
“Possiamo ricordare Plotino. Volevano fargli un ritratto, ma lui non volle: «Io stesso sono un’ombra, un’ombra dell’archetipo che è in cielo. Perché creare un’ombra di quest’ombra?» Che cos’è l’arte, pensava Plotino, se non un’apparenza di secondo grado? Se l’uomo è effimero, come può essere gradevole un’immagine dell’uomo?”
“La Cabbala”
“Oggi pensiamo che il libro sia uno strumento per giustificare, difendere, combattere, esporre o illustrare una dottrina. Nell’antichità si pensava che fosse un surrogato della parola orale, e lo si considerava solo in questo modo. Ricordiamo il passo in cui Platone dice che i libri somigliano alle statue: sembrano esseri viventi ma se le si interroga, non sanno rispondere. Fu per ovviare a questa difficoltà che inventò il dialogo platonico, che esplora tutti gli aspetti di un tema.”
“Quando pensiamo alle parole, pensiamo, cronologicamente, che all’inizio furono suono e solo dopo, lettere. Al contrario, la Cabbala (che significa «ricezione», «tradizione») considera le lettere precedenti ai suoni: strumento di Dio sarebbero state le lettere, non le parole rappresentate dalle lettere.”
“Il curioso modus operandi dei cabbalisti poggia su una premessa logica: l’idea che la Scrittura sia un testo assoluto, e in un testo assoluto niente può essere opera del caso.”
“La cecità”
“Voglio precisare una cosa che tendenzialmente si ignora, ma non so se sia generalizzata. La gente immagina il cieco chiuso in un mondo nero. C’è un verso di Shakespeare che giustificherebbe tale opinione: «Looking on darkness which the blind do see», «Guardando l’oscurità che vedono i ciechi». Se per oscurità intendiamo il colore nero, il verso di Shakespeare è falso.”
“Il mondo del cieco non è la notte che la gente immagina. E comunque parlo di me, di mio padre, di mia nonna, che sono morti ciechi; ciechi, sorridenti e coraggiosi, come spero di morire anch’io. Si ereditano molte cose (la cecità, ad esempio), ma non il coraggio.”
“Wilde si rese conto che la sua poesia era troppo visiva e volle correggere questo difetto; volle comporre una poesia che fosse anche uditiva, musicale, come quella, diciamo, di Tennyson o di Verlaine, poeti che lui tanto amava e ammirava. Wilde si disse: «I greci hanno sostenuto che Omero era cieco per indicare che la poesia non deve essere visiva ma uditiva».”
Written by Alessia Mocci
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