Vito Garofalo: un inatteso evocatore di anime e di colori

Se vi collegate al suo sito, Vito Garofalo si presenta come ‘comico’ e ‘pittore’, ‘artista a 360 gradi’.

Vito Garofalo opere
Vito Garofalo opere

Nelle attività come comico, tante sono le esperienze nel teatro di strada, clownesco e sperimentale, nel cabaret, nel circo e in televisione. Per quanto riguarda il cabaret ricordiamo le sue presenze al Cab 41, in via fratelli Carle, locale unico nel panorama torinese; in televisione è andato in onda a ‘Zelig Off’ con Roberto Carnevale e, interpretando il personaggio del Mimo Demenziale, a ‘Tu si que vales’ del 2015. Ricordo inoltre i suoi spettacoli ‘Porta chi vuoi’ con la regia di Francesco Damiano e ‘Il giro di Vito’ con quella di Bruno Furnari.

L’approdo di Vito Garofalo alla pittura avviene tardi, in un periodo per lui difficile, segnato da problemi familiari e personali, che gli causano profonde sofferenze. Carattere pronto e generoso nel dare agli altri, molto timido e schivo nel chiedere, cerca sempre le risposte in se stesso, nel proprio intimo e, in un rapporto quasi medianico, con chi questo mondo lo ha lasciato.

Il suo modo di evocare e ritrovare quello che ha perso e che si è allontanato con la morte, Vito Garofalo lo ha trovato nel dipingere, una scoperta all’inizio nascosta, coltivata nelle ore più profonde delle sue notti con una dedizione continua e ostinata, perché Vito sa bene che, senza esercizio e senza sacrificio, nulla può essere raggiunto. Specie all’inizio ma anche oggi, presentando le sue opere, Vito chiede spesso consigli, ascolta, si confronta e, ragionando con saggezza, si perfeziona.

Per lui l’arte, come ogni momento della sua vita, non è un modo di chiedere ma di donare e in molti casi le sue opere sono state offerte a manifestazioni con scopi benefici, legate ad associazioni di volontariato come l’U.G.I., Unione Genitori Italiani, Onlus che sostiene ricerca e assistenza per i bambini affetti da tumore, o come il C.S.E.N., ente benemerito per il suo impegno per la disabilità nello sport.

Chi ha già letto qualche mio articolo, sa che evito sempre di entrare troppo nella storia personale di un artista; nel caso di Vito, voglio aggiungere che la generosità e la beneficenza sono grandi doti sempre, ma lo sono particolarmente quando chi dona non è una persona ricca, anzi, tutt’altro.

Dunque Vito Garofalo, come un medium cerca di entrare in contatto con le anime di un mondo che è reale come in nostro ed è a esso coesistente, un mondo che lui cattura sulla tela con colori vivaci, forti, densi.

Tinte così corpose che l’artista per primo, facendo correre le dita sulle sue opere, toccandole fisicamente, accarezzandole con la passione e la tenerezza di un amante o di un padre, riesce a percepire profonde emozioni, che vanno oltre a quelle che si provano con i soli occhi: un percorso tattile importante e inatteso.

Per me, che ho un istintivo imbarazzo sacrilego a mettere i polpastrelli su una tela, basta posare lo sguardo sulla ruvida tridimensionalità del disegno, quasi tendente al bassorilievo, e spostarmi davanti all’opera, per cogliere il cambiamento continuo di contorni e ombre; un qualcosa di palpitante che davvero riporta all’evocazione di quelle che Vito chiama sempre ‘anime’, e che per lui sono spiriti vivi e familiari. Immagini che ci riportano alle grottesche rinascimentali, altre volte al cubismo, ma che sempre sono una creazione nuova e personale.

Evocazione, ho scritto, e sovente è proprio il modo di lavorare dell’artista, quando comincia a stendere il colore con la spatola o direttamente con la propria mano, a generare e scoprire così le forme primordiali che, continuando la pittura, saranno poi le anime che ritroviamo nell’opera finita.

Al primo impatto con i quadri dell’artista, quello che colpisce sono il colore e il movimento circolare, un continuo roteare che fa pensare a una ruota della fortuna che mai si arresta, portando qualcuno verso l’altro e precipitando altri verso il basso, nel perenne mutare delle sorti umane.

Ogni tela ha la sua storia e comunica messaggi diversi.

Nell’acrilico su tela del 2020 ‘Il tennis’, le due anime che si fronteggiano sono creature mutate, con un braccio diventato racchetta. Un giocatore è umano, il suo avversario è più grande, dal colorito verde e una cresta di gallo sulla testa. La pallina da tennis splende gialla, alta nel cielo come un sole estivo.

La rete è formata da una striscia di altre anime tra cui, in basso, possiamo riconoscere una tartaruga o un serpente: la partita finirà e ne conosceremo l’esito, quando la pallina cadrà nella rete. Tutto è semplice, fanciullesco, naïf, e al tempo stesso ricco di simboli e di suggestioni presenti e passate. La partita diventa allegoria della vita, dove a essere messi in gioco sono le speranze e i desideri più profondi di noi stessi.

Una sfida che può non avere vincitori, perché nel momento in cui la pallina sarà catturata nella rete, anche i due giocatori ne diventeranno prigionieri, parte di quel limite sottile e assoluto, che in ogni istante può punire un colpo errato.

Altra opera su cui voglio soffermarmi è ‘Dedicato ad Ale’ del 2021. Alessandro è un ragazzo fragile, a cui Vito si dedica con affetto e attenzione, rendendolo partecipe, con la sua perspicace empatia da comico di strada, dell’incanto dell’arte, di come forme e colori possano tramettere emozioni, messaggi e felicità.

Con questa tela, l’artista mostra al ragazzo e a tutti noi, la bellezza che lui vede in una persona per molti limitata, ma invece straordinariamente ricca di doti e della capacità di regalare agli altri gioia e sentimenti assoluti.

 

Grazie alla collaborazione con il Museo MIIT di Torino, le opere di Vito sono state esposte e apprezzate non solo in Italia, ma in tutta Europa e negli USA. Un percorso che Vito Garofalo ha iniziato tardi, ma nel quale sta bruciando velocemente le tappe.

 

Written by Marco Salvario

Photo by Marco Salvario

 

Info

Sito Vito Garofalo

 

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