“Navi a perdere” di Carlo Lucarelli: un’inchiesta ancora senza soluzione
“Navi a perdere” è un romanzo inchiesta, scritto esattamente come Carlo Lucarelli parla.
Se avete mai visto “Blu notte”, una trasmissione dove descriveva dei delitti, capite di cosa sto parlando.
Non vorrei essere irriverente, ma il suo modo di esprimersi lo definirei… un coitus interruptus del linguaggio!
Eccone un esempio: “Capita che le navi affondino, come capita che la gente muoia all’improvviso, mentre fa qualcosa d’importante. Va bene, capita. Ma restiamo ai fatti”.
Ecco, è questo modo di descrivere asciutto, oserei dire asettico; monotono, ripetitivo che, di fatto, è un po’ lo stile che tutti riconosciamo in Lucarelli.
Se il libro fosse solo questo, credo che l’avrei chiuso sempre troppi ripensamenti; invece l’ho letto tutto e con attenzione, perché ho trovato delle vere e proprie perle, frasi che mi hanno colpita, catturata. Tanto che avrei voluto fosse stato scritto tutto con quella penna felice, meno giornalistica. Ma posso capire perché abbia voluto inserire quei pezzi: perché la storia narrata è purtroppo vera.
Vi metto un assaggio di una di queste frasi, quando sta descrivendo una foto di una nave arenata: “Chissà se lo sente quel ragazzo il sospiro metallico di quella balena. Il rantolo vuoto che le attraversa la pancia”.
Questo libretto, seppur breve, poco più di un racconto, contiene molto.
Ci mostra questa tratta di navi che trasportano scorie radioattive che, d’improvviso, affondano o si arenano.
Coincidenze troppe anomale per esserlo.
Accadimenti troppo particolari per non attirare l’attenzione.
E poi, ma tu guarda il caso, il capitano che stava indagando su queste situazioni, muore. Un infarto, pare.
Quando Ciampi consegna la medaglia alla memoria dovuta perché Natale di Grazia ha cercato di sventare traffici clandestini operati da navi mercantili, parla lui stesso di pressioni ricevute dall’uomo.
Lucarelli si permette, a ragion veduta, di fare paragoni, come con Giovanni Falcone. Oppure con le morti di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
E ancora il confronto con tante anomalie del nostro Paese, concludendo con un: “Navi a perdere. Gente a perdere”. Che tanto per alcuni non fa nessuna differenza.
Ho trovato intensa la descrizione che Lucarelli fa di De Grazia, ma anche di grandi uomini come Falcone:
“Ecco, in questa storia, se fosse un romanzo, il capitano Natale De Grazia sarebbe l’Uomo Che Cerca.
E non importa se questa storia non è un romanzo, perché di uomini così ce ne sono anche nella vita vera, e per fortuna. Sono quelli che quando ci arrivano, a trovare quello che cercano, cambiano le cose e cambiano il mondo”.
Una ricostruzione di eventi pochi conosciuti, accurata e che vale la pena di leggere. Non solo per conoscere qualcosa in più, che male non fa, ma anche per il modo in cui è stata scritta, per le riflessioni che ci fa sorgere.
Perché è un’inchiesta che ancora non ha soluzione, ma che, come scrive Lucarelli: “Gli Uomini Che Cercano, finché continuiamo a farci le loro domande, non muoiono mai”.
© 2018 Einaudi – Stile libero big
ISBN 978-88-06-20403-7
Pag. 74
€ 10,00
Written by Miriam Ballerini