“Ritratti di morte” di Pierluigi Porazzi: un thriller anamorfico
Show, don’t tell! Collocare la verità sotto gli occhi di tutti è il modo migliore per impedire a chiunque di vederla. Talvolta la verità è un’illusione ottica ‒ un’anamorfosi della realtà ‒ in cui un’immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo il soggetto originale riconoscibile solamente se l’immagine viene osservata secondo certe condizioni, per esempio un ben preciso punto di vista o l’uso di specchi deformanti. In un crimine la verità, talvolta, può essere scoperta cambiando angolazione ‒ una visione lucida e obliqua della realtà, dei fatti e degli elementi indiziari ‒ una semplice questione di prospettiva.
Questo è il nucleo concettuale su cui si impernia il nuovo thriller noir di Pierluigi Porazzi Ritratti di morte (La Corte Editore – Torino – 2023).
Pierluigi Porazzi, classe ‘66, novarese di nascita ma friulano d’adozione, è un giallista dalla scrittura potente, dotato di uno sguardo acuto verso la contemporaneità ‒ una cifra stilistica di questo autore ‒ che indaga la società italiana attraverso il punto di vista dei suoi personaggi con una narrazione, che pur facendo da sfondo, penetra vicende scabrose ed inconfessabili ‒ un racconto sociale insomma.
In questo settimo romanzo, Ritratti di morte, dell’affermato giallista friulano i suoi ormai noti e credibili personaggi letterari, l’abile detective Alex Nero ed il suo universo narrativo, già presente nel fortunato thriller d’esordio dell’autore L’ombra del falco edito da Marsilio, e l’ispettore Alba Leone, saranno coinvolti in una nuova indagine rocambolesca e dedalica simile ad un labirinto di specchi fra svolte improvvise, deduzioni, intuizioni, cul de sac investigativi ed i punti morti di soluzioni troppo scontate, insinuandosi così nei meandri della mente perversa di un nuovo assassino seriale e viaggiando nel passato e fra “sepolcri imbiancati”, ovvero i luoghi di una Udine oscura e corrotta tratteggiata con uno stile decisamente noir che oscilla fra realtà e crime fiction.
Udine, le cui atmosfere noir fatte di cieli ardesia, pioggia, tenebre, periferie degradate (un correlativo oggettivo dell’animo dolente di Alex Nero) si infiammano in truculente scene di gusto pulp e hard boiled. Nessuna immagine da cartolina -anzi- istantanee dall’Inferno.
Ma procediamo per gradi:
Primo indizio ‒ Ritratti di morte
Udine – Parco del Cormòr.
Un polmone verde nella prima periferia della città, incastonato fra le spire dell’autostrada, della tangenziale e centri commerciali. Nella memoria collettiva l’eco di un efferato delitto: è stato la scena del crimine dell’omicidio della giovane Silvia Gobbato (2013) praticante presso uno studio legale del capoluogo friulano.
Di giorno un luogo idilliaco, perfetto per praticare sport, portare a spasso il cane, far giocare i bambini e la canonica passeggiata in famiglia della domenica pomeriggio. Tutto già visto, ma, come ci insegna Porazzi nei suoi noir, l’apparenza inganna. La notte… beh, la notte offre riparo a qualche senzatetto ed immigrato e… ospita creature della notte. Il non-luogo perfetto per soddisfare i loro appetiti: battuage, dogging e scambismo. Un non-luogo perfetto anche per ambientare un thriller noir.
Fiction: Parco del Cormor – anno 2009 – esterno notte
Un animale notturno, un predatore di uomini, affida alla terra un corpo martoriato:
Monica Sarti, 19 anni, pittrice talentuosa. Ferite d’arma da taglio. Assassinio!
Le indagini sul delitto saranno affidate ad Alex Nero.
Caso archiviato. Un cold case.
Questura di Udine – 2023.
Nell’ufficio di Alba Leone si presentano Ginevra e Ivano Sarti, rispettivamente sorella e fratello di Monica Sarti, con una richiesta insolita: riaprire il cold case dell’omicidio della sorella. Sarebbero disposti anche a pagare l’ispettrice. Alba rifiuta sdegnata il denaro ma accetta di occuparsi del caso in via privata.
Alba nei giorni successivi incontrerà casualmente in questura Alex Nero, che, nel frattempo, sta raccogliendo in incognito informazioni sui progressi nelle indagini sul caso dell’omicidio di una studentessa universitaria di nome Karen.
Alba coinvolgerà Alex nelle nuove indagini sul caso Sarti: indagini parallele e riservate.
Secondo indizio ‒ Ritratti di morte
Fiction: Anno 2023 – Udine – centro città – un appartamento anonimo – primo pomeriggio.
Per Riccardo sarà una giornata indimenticabile. Passati i cinquanta ‒ si sa ‒ scoparsi una bellissima ventenne disinibita, una bambola soda dalla pelle di seta, gambe da Barbie e labbra turgide, beh… è un balsamo per l’ego e una carezza all’orgoglio e forse una “ricerca del tempo perduto” ‒ con buona pace di Marcel Proust.
Ma se ti chiami Riccardo Riva e sei uno stimato professore dell’Ateneo udinese, un padre di famiglia e la tua giovane amante è una tua studentessa appena maggiorenne, quella sferzata di nuovo per uscire dalla routine sonnolenta di un matrimonio potrebbe rivelarsi l’anticamera dell’Inferno. Lei, la sua ninfetta, citando Lolita di Nabokov, si chiama Karen. Un cliché, ma proprio qui la trama s’infittisce…
Riccardo si risveglia da un incubo, alticcio e stordito ‒ mai fidarsi del prosecco ‒ da un sonnellino post-coitum. Karen non è a letto con lui. Lei è lì, a pochi metri, distesa a terra, il corpo squarciato dai fendenti di un coltello. Le finestre e la porta d’ingresso dell’appartamento sono chiuse dall’interno ‒ altro cliché, un deja vu. Il professore, sotto shock e preso dal panico, pulisce alla bene e meglio l’appartamento ed il corpo della ragazza cercando di cancellare ogni traccia di DNA ed ogni elemento indiziario a suo carico ‒ Valeria, la studentessa universitaria coinquilina di Karen ‒ potrebbe rincasare da un momento all’altro. Riccardo non ricorda nulla come se fosse stato drogato ed è sconvolto a tal punto da dubitare della propria innocenza. Abbandona in tutta fretta, ma di soppiatto, l’appartamento. Nei giorni successivi sentendosi braccato dagli inquirenti e per cercare di minimizzare l’impatto dello scandalo che inevitabilmente travolgerà tutta la sua vita, Riccardo contatta un suo vecchio amico, l’ex poliziotto e infallibile detective Alex Nero, chiedendogli di indagare in via privata alla ricerca di elementi probatori che possano scagionarlo dall’accusa di omicidio. Alex accetta ma dal primo momento tutto sembra puntare contro il professore. Un’ineludibile colpevolezza ‒ tutto troppo semplice e scontato…
Terzo indizio ‒ Ritratti di morte
Il perturbante è il fulcro del rapporto estetico fra l’opera d’arte e l’osservatore. Perturbante è il raccapriccio che si prova innanzi alle sculture classiche del satiro Marsia scuoiato vivo dal dio Apollo o dinnanzi ai dipinti di martiri torturati, alle crocefissioni, alle visioni infernali di H. Bosch, Al martirio del Battista, alla Giuditta e Oloferne del Caravaggio o di Artemisia Gentileschi oppure alle spettacolarizzazioni “pop” della morte di artisti moderni o contemporanei quali F. Bacon, D. Hirst, M. Abramović e G. von Hagens con i suoi cadaveri plastinati. Ma si sa, il confine che separa il genio artistico dalla follia è una linea sottile come la lama di un rasoio, una frontiera fin troppo travalicabile in un mondo come quello contemporaneo fondato su disvalori quali la prevaricazione, il successo a tutti i costi, il culto narcisistico dell’immagine, l’arrivismo e l’egotismo. Frustrazione, umiliazione, invidia, rancore e una personalità disturbata: una miscela detonante.
Fiction: L’oscurità ha molte facce come i ritratti di morte ‒ da cui il titolo del romanzo ‒ realizzati dal serial killer chiamato l’Artista. I crimini efferati di un nuovo omicida seriale riempiono le colonne della cronaca nera udinese in un crescendo rossiniano di taglienti, penetranti pennellate ‒ nuances rosso sangue. Mors tua, vita mea alla lettera.
Le vittime sono studentesse della locale Accademia d’Arte. Sembra che la riapertura delle indagini del caso Sarti abbia risvegliato gli appetiti del “mostro” dopo anni di apparente inattività. Monica è una sua vittima? E Karen? I due omicidi sembrano non avere alcun rapporto e le loro parabole esistenziali paiono non intrecciarsi. Eppure… La polizia, i media, Alex e Alba stanno dando la caccia al predatore e sono sulle sue tracce.
Quarto indizio ‒ Ritratti di morte
Fiction: Le indagini di Alex e Alba tratteggiano l’identikit delle due vittime:
Monica e Karen due specchi riflessi, giovani creature affascinanti, anticonformiste, ribelli, “brave ragazze” e… “anime libere” ‒ ragazze bisessuali: una costellazione di amici, amiche, amanti di una notte, amanti platonici, respinti, what if o wannabe e liaisons dangereuses. Insomma una sorta di Lisbeth Salander in salsa udinese, senza hacker, arti marziali, delitti da vendicare…
L’indagine si rivelerà un rebus e un puzzle da ricomporre le cui tessere andranno cercate e ricomposte.
Alex è un duro e puro, un ex poliziotto dal fine intuito investigativo, una sorta di ronin, un samurai senza padrone, per cui il buio è il luogo ideale per far rivivere i fantasmi del passato. Una costante nota greve, e cupa ribatte alle sue spalle: la morte della moglie e della figlia assassinati dal serial killer chiamato “Il Teschio”. Si trascina dolente in una esistenza grigia e solitaria con al suo fianco il pastore tedesco Zarko. La sua inseparabile Glock ultimamente è sempre carica da quando la sua nuova compagna di vita Aiko, la vendicatrice samurai con cui convive, è sparita nel nulla braccata dagli scagnozzi di un boss della malavita locale che aveva tentato di uccidere per vendetta. Alex si sente osservato… il suo intuito non mente anche questa volta.
Quest’ultima fatica letteraria di Porazzi prova per l’ennesima volta che la provincia italiana ha spalle sufficientemente larghe da sorreggere plot narrativi noir potenti e complessi: la provincia udinese, la montagna friulana con i bestseller di Ilaria Tuti, Trieste con quelli di Veit Heinichen senza citare altri validi autori emergenti.
Ritratti di morte è a tutti gli effetti un thriller “anamorfico” in quanto questo romanzo opera una trasformazione illusoria che permette di proiettare la quotidianità della città universitaria di Udine e della provincia friulana in una realtà surreale, una tecnica perfetta per celare nell’opera significati nascosti. Sfoglia una pagina, cambia punto d’osservazione ed ecco che le vicende della cronaca nera locale fungono da ispirazione (su tutta l’opera di Porazzi aleggia ancora l’ombra dei cold case del serial killer “Il mostro di Udine”) intrecciandosi a crime fiction con boss, sicari, organizzazioni malavitose e corruzione alla maniera di W. Siti (Suburra) ed affascinanti contaminazioni esotiche pulp (vendicatrici samurai). La città di Udine è cambiata come sommersa da “una marea inarrestabile di delinquenza e degrado, che lascia sulle rive le tracce del suo passaggio” (P. Porazzi).
Come anticipato all’inizio dell’articolo su Ritratti di morte la cifra stilistica di Porazzi è la denuncia sociale ed ecco, capitolo dopo capitolo, prendono forma la denuncia del decadimento del welfare, la delocalizzazione aziendale da parte di multinazionali, la disoccupazione e soprattutto un’analisi senza sconti del mondo dell’arte contemporanea. Dimenticatevi le copertine patinate, i vernissage glamour, i critici competenti, il genio ed i mecenati illuminati… questo è un mondo in cui si consegue il successo tramite servilismo, furbizia, corruzione e marchette. Abbaia ed il sistema ti schiaccia, ti deride e ti emargina per sempre. Che forse sia una sottile, dissimulata e caustica staffilata al mondo letterario contemporaneo?
Cambiando angolazione le pagine del romanzo Ritratti di morte rifrangono una riflessione sottile sulla generazione tradita: “Noi che siamo nati tra gli anni Sessanta e Settanta. Ci hanno fatto credere di essere unici, che potevamo arrivare dove volevamo, bastava essere bravi e darsi da fare. Siamo cresciuti a cinema e musica, e ognuno di noi ha sognato almeno una volta di diventare un attore o un cantante famoso. E adesso siamo tutti frustrati, qualsiasi lavoro facciamo…”.
Ritratti di morte è forse un’opera letteraria di sogni bruciati per una generazione che vive una vita che è “la prigione dei suoi sogni” -con tutta l’ambiguità insita di questa frase?
Scorrendo le pagine del giallo il lettore cinefilo più attento apprezzerà alcuni omaggi dell’autore ai personaggi di Beatrix e O-Ren Ishii della saga di “Kill Bill” di Quentin Tarantino, ai dialoghi di scene iconiche di “Pulp Fiction”, al serial killer Buffalo Bill de “Il silenzio degli innocenti” -tratto da romanzo omonimo di Thomas Harris- al film “La casa dalle finestre che ridono” (1976) di Pupi Avati e alla Laura Palmer di “Twin Peaks” di David Lynch ‒ “Fuoco cammina con me”, “Chi ha ucciso Monica Sarti?”.
In Ritratti di morte si intrecciano, oltre alle vicende dei personaggi principali, quelle di una lunga serie di personaggi minori, il che rende il plot narrativo articolato e complesso ‒ ciò denota una indiscutibile maestria di Porazzi nel tessere trame che funzionano alla perfezione. Questa tecnica narrativa efficace nel testo di una eventuale sceneggiatura cinematografica o per una serie televisiva del giallo tuttavia risulta personalmente infida in ambito letterario e rischia talvolta di far perdere al lettore il filo narrativo. Soggettivamente potrebbe essere più efficace un numero minore di personaggi accompagnati da una più puntuale caratterizzazione psicologica e una maggiore attenzione all’aspetto emotivo rispetto all’azione tout-court. La città di Udine tratteggiata dall’autore offre una ambientazione viva ma non soffocante, talvolta un po’ surreale per la presenza di samurai, sicari e personaggi malavitosi forse più adatti ad ambientazioni metropolitane internazionali. Personalmente per evitare di dare alla città di Udine un’immagine indistinta rispetto a una qualsiasi realtà urbana del Nord Italia (che, tuttavia, funziona perfettamente per un pubblico di lettori internazionale), si potrebbe offrire una versione ancora più realistica del capoluogo friulano dando più spazio agli aspetti del vissuto quotidiano udinese anche con l’inserimento nella narrazione di espressioni dialettali e brevi e semplici dialoghi in lingua friulana ‒ i lettori friulani lo apprezzerebbero sicuramente- alla guisa del saggista, giallista nonché veneziano D.O.C.G. Alberto Toso Fei nel suo thriller esoterico d’esordio intitolato Il piede destro di Byron edito da Marsilio (Venezia, 2023).
Il romanzo non tradisce le aspettative dei lettori che già conoscono l’autore: un’opera ben scritta e strutturata, una prosa scorrevole distribuita in circa 300 pagine fra capitoli generalmente brevi che coinvolgono il lettore con cui l’autore gioca rendendolo parte integrante delle indagini.
Nei capitoli conclusivi del romanzo le indagini conducono i due detective verso la soluzione del caso fra incalzanti colpi di scena. Il thriller si conclude con un finale aperto (tipico del giallista friulano), spiazzante e del tutto inaspettato che lascia il lettore nella trepida attesa del prossimo romanzo.
A conclusione di questa recensione propongo alcuni frammenti molto belli tratti dall’opera di P. Porazzi ricomposti a creare un testo che incarni lo spirito più profondo di questo romanzo: “L’arte è sempre sacrificio e dolore. L’immortalità ha un prezzo” in un mondo in cui “la gente grida al capolavoro per ciò che rispecchia la propria mediocrità”… “sono le persone fragili a cambiare il mondo”.
Come lettore, con faceto e goliardico campanilismo, questo thriller del mio corregionale si aggiudica un meritato 9++. Promosso! Avanti così, Pierluigi!
Pierluigi Porazzi laureato in giurisprudenza, giornalista pubblicista, ha conseguito il titolo di avvocato e lavora presso la Regione Friuli Venezia Giulia. È una delle più importanti voci del giallo italiano e per Marsilio ha pubblicato i romanzi L’ombra del falco, Nemmeno il tempo di sognare e Azrael, premiato come miglior romanzo dell’anno nell’ambito dei Corpi Freddi Awards. Con La Corte ha già pubblicato La ragazza che chiedeva vendetta, Il lato nascosto e Mente Oscura, thriller psicologico che presto sarà tradotto anche in Francia.
“Entra nel petto mio, e spira tue/ sì come quando Marsïa traesti/ de la vagina de le membra sue.” ‒ Dante Alighieri (Divina Commedia – Paradiso 1.19-21)
“«Perché mi scortichi?» chiese; […].” ‒ Ovidio (Metamorfosi, Libro VI, vv. 385-391)
Recensioni bonsai:
ritratti di morte:
mors tua vita mea
alla lettera
–
monica, karen
son ritratti di morte:
l’anamorfosi
Senryū di Federico Ielusich
Written by Federico Ielusich