“Conversazioni in Giardino” di Paolo Artale: dialogo tra un io lirico e la Natura
La raccolta poetica Conversazioni in Giardino di Paolo Artale è organizzata in due parti: Suite di Primavera e Conversazioni in Giardino tout-court.

Ciascuna di queste due è ulteriormente suddivisa in ulteriori sottosezioni per i cui titoli si rinvia all’indice del volumetto. Le singole poesie, invece, non hanno titolo. Seguono le Note dell’Autore, alcune informazioni bio-bibliografiche sullo stesso e infine l’indice.
La silloge si presenta come un dialogo tra un io lirico e la Natura; la Natura, referente della comunicazione, è costituita da tutti i suoi elementi, dai più grandi ai più piccoli, dai più noti ai meno noti. Il dialogo spesso diventa un monologo o ancor meglio un soliloquio: l’io lirico racconta, descrive i fenomeni naturali fornendone la propria interpretazione, il proprio punto di vista.
Resta in effetti in tutto l’arco del volume una dialettica costante, ironica, di distacco tra l’intento colloquiale conferito dai titoli e la resa erudita, dettagliata, ricercata dell’espressione poetica.
La tensione colloquiale è nel tono, per cui bisogna fare silenzio, avvicinare le orecchie alla voce narrante per ascoltarla raccontare i fenomeni che vede in natura e che traduce con un passo stilistico ritmico e lessicale tutto peculiare, omettendo le lettere maiuscole a inizio frase, lasciando doppio spazio tra una parola e l’altra, inserendo i due punti a inizio verso, eliminando la punteggiatura e addirittura la sintassi tradizionale, cosicché diventa davvero difficile talora comprendere, oltre che il singolo termine, l’intera frase; spesso i versi si fanno spezzati, a volte più lunghi; talora si nota un’alternanza del formato di scrittura, ora tondo ora in corsivo.
Nel complesso si può notare comunque un’evoluzione nell’arco della stesura: pare esserci un lento recupero del tradizionale fraseggio, seppur non vistoso e non troppo asimmetrico rispetto alle parti precedenti.
Andando più nello specifico, si notano delle scelte lessicali filologicamente studiate e inattese; ad esempio in una lirica si legge: “la parola si spinse (sic) verso noi per imparare la/ distinzione degli albèdi”; il contesto è botanico, ma ci si aspetterebbe più facilmente alberi; albèdi è un latinismo e deriva da albus, a, um, che vuole dire ‘bianco’; indica sia la parte bianca degli agrumi ma anche, in ottica, la quantità di riflessione luminosa; nel contesto in cui il termine si trova, io intenderei entrambi questi ultimi due valori; più avanti si legge “oggi sono congiunte le peltate”, ovvero le foglie (sottintese nel testo) che assomigliano alla pelta, ovvero allo scudo; colpiscono le anomalie lessicali e morfologiche presenti a distanza di pochi versi: ad esempio a pagina ventotto si nota l’impiego prima di “soprattutto”, poi della forma “sopra tutto”; ancora oltre risulta notevole, nell’espressione “solerte composizione/ di proprietà nèssile” il latinismo di quest’ultimo aggettivo, derivante da nexilis, ‘intrecciato, annodato’. Evidente la radice del verbo necto, connettere, dal cui participio nexus, a, um viene l’italiano nesso (esiste in realtà anche il sostantivo nexus, ‘nesso’). Il termine tecnico, erudito, botanico, preciso comprende spesso anche una sfumatura traslata o di altro ambito di significato.
La luce è un tema molto diffuso, sia come motivo, sia come campo semantico di una serie di termini legati alla nozione del “chiaro”, etimologicamente ricollegabile, ancora una volta, all’attributo albus, a, um; anche l’immagine più fresca diventa raffinata nella costruzione del verso: “sublimano more questa luce d’agosto”. Qui l’inversione pone attenzione alla nobilitazione realizzata dalle umili more nei confronti della luce più esperibile da tutti, quella del massimo mese estivo.

E così, partendo dalla bassa terra ed elevandola con le immagini più raffinate, il poeta pone sotto il segno della claritas il suo dialogo con tutte le sezioni di un giardino. Solo in questa dialettica, in questo scambio, ciò che ci circonda emerge dal buio profondo del cuore tellurico, dal lavoro compiuto dalle acque silenti e dai sassi plastici.
Concludendo, questo libello costituisce una lettura impegnativa, ma comunque interessante e sicuramente apre alla possibilità che parlare della Natura non sia mai un’operazione banale, generica, necessariamente romantica; può essere anche, invece, un’operazione specifica, specialistica, didattica e didascalica; non per questo, però, meno creativa e suggestiva.
Ad maiora, semper!
Written by Filomena Gagliardi
Bibliografia
Paolo Artale, Conversazioni in Giardino, Edizioni Contatti, 2022, ottantanove pagine