“Parabole della montagna” di Ezio Del Favero: Illusione o Verità?
Parabola deriva dal greco parabolé (confronto) e ha assunto il significato di narrazione di quel che deve essere il senso dell’esistenza. Per questo essa è istruttiva, poiché si collega con il delfico conosci quel te stesso che ti è così vicino che a volte non riesci a riconoscerlo. La forma utilizzata non deriva mai da una nuda severità, ma da una fervida fantasia.

Amicizia, amore risalgono al sanscrito kam’a, passione, sentimento che può essere positivo (attraente, gravitazionale) o negativo (repulsivo, disperdente).
La parola odio ha una radice indoeuropea (wad) che indica la tendenza ad allontanare da sé, respingere, disperdere sempre più lontano, in quell’entropia a cui pare condannato il cosmo.
Nella vita occorre scegliere, enten/eller, aut/aut. La scelta non sarà mai definitiva, ma composta di momenti, orientamenti fugaci, sterzate improvvise, inversioni a u. Il mio personal magister, Padre Aldo Bergamaschi, di cui frequentavo le messe all’unico scopo di ascoltare le sue sapienti omelie, diceva che tale è la conversione: una metanoia, un cambiare rotta a volte, non sempre, definitivo. Fenomeno che, quando accade, ha del miracoloso, come inversamente miracolosa è un’eventuale e successiva sbandata che ti riconduce alle tue disgraziate origini.
Un ragazzo ora fa amicizia con una “pietra antidiluviana”, e cosa ci si può aspettare da lei, se non fissità e saggezza? Eppure quell’essere immoto insegna al giovane come muoversi nella vita.
Una montagna è triste perché non rivedrà più quel tenero volatile che ora la consola: i suoi consanguinei verranno da lei, e non deve dunque disperare. Lui sparirà, trasformandosi in qualcosa di essenziale: l’Altro.
“Un vecchietto, raggrinzito e calvo con la barba bianca” è il diavolo, eppure, anch’egli sta svolgendo il suo grave e sempiterno compito. L’importante è stare accorti, quando lo si incontra.
“Non ucciderti se non per difenderti o per necessità.” – il consiglio più frainteso della Storia. Chi l’ha ignorato è diventato un profeta tanto immenso quanto ignorato. “Ama le piante più umili e rispetta gli alberi…” – questo risulta più comprensibile e umanamente realizzabile. “Tutti gli esseri viventi sono tuoi fratelli!” – che siamo tutti dei gran figli di…?
Dice una ciarliera Rupe: “Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro!” – altra frase fraintesa, valida se, come dice Goethe: “I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi.” – fenomeno che capita di tanto in tanto.
Se un bastone diventa d’oro occorre esultare e celarlo alla vista, poiché finirebbe col creare invidie e scatenare violenze. Occorre portare rispetto, ma al contempo prudenza.
Se una “Principessa” inizia a produrre dell’olio di gomito o è impazzita o è rinsavita. In entrambi i casi lei e il suo esempio vanno seguiti.
Se uno stregone toglie i fiori dal mondo, prova a chiedergli se può renderli. Un bel consiglio è: chiedi e (forse) ti sarà dato. E quel che sarà sarà.
A volte basta essere una giovane quercia per giungere coi propri rami laddove le sue più alte compagne non possono arrivare.
“… proteggere è il sinonimo che si avvicina di più al verbo amare…” – serve però energia. Chi ce la donerà? Intanto proviamo a rinvenirla in noi stessi.
L’uomo e la natura sono uniti fra di loro? Macché. Io e me siamo collegati? Gnân per ‘na pêgra, neanche per una pecora, direbbero nelle nostre montagne. E noi siamo, in fondo, quella pecora!
“… il segreto della felicità…” – consiste nel lasciarla fluire.
Partire, viaggiare è un po’ morire, morire è un po’ partire, viaggiare, trasmettere le proprie informazioni energetiche che conducono Altrove.
Fuggire sopra una montagna è una soluzione personale. E se fosse collettiva? C’è posto per tutti? Quando sarò di nuovo adulto scomparirò da solo nella foresta, ma non completamente, per cui lascerò una scia luminosa (utile a chi mi vorrà seguire).
Donare il proprio cappello a chi non l’ha significa rinfrescare la propria mente. Nel caso vi siano sei persone e cinque cappelli, a turno ognuno dovrà provare quella magica esperienza.
“Non voglio perdere la mia individualità, il mio esistere come fiume!” – tutto scorre, avanti, sopra e sotto, ma indietro, chi ci andrà? È il mistero del tempo: “In nessun caso potresti restare lo stesso…”. Ma che importa? Altri verranno dopo di te.
“La bambina aveva il potere di capire il linguaggio della natura…” – e la natura aveva il potere di capire il linguaggio della bambina. I miracoli per esistere devono soltanto accadere, grazie a uno scambio d’energia.
Basta donare una parte di sé e si acquista gloria (magari sposando uno zar), oppure si verrà ricordati come santi. La vita è un gioco così complicato che ancora sta ri-scrivendo le proprie regole (fondate sulla Prima, qualunque essa sia).
O si vive sprofondando le proprie radici nella dura terra, oppure si svolazza come un Edelweiss: immobilità o moto continuo. L’importante è tenere aperti i collegamenti.
Ogni nonno ha avuto una sua infanzia e una fogliolina magica tutta per sé, che poi sorvolerà ridacchiando sulle nostre teste. Anch’io ne custodisco una da qualche parte.
Da una pesca nasce un bimbo. E se fosse un po’ pigro, poco desideroso di mettersi in luce? Dagli una motivazione. Questo è il compito di un adulto. Donare i propri sogni, pur rispettando le scelte degli eredi.
Stavo pensando, leggendo questa parabola, che ogni pupazzo di neve è un insieme coeso di fiocchi, in più va aggiunto un berretto, una sciarpa e infine una carota.
Le disgrazie finiscono quando si è frantumato l’ultimo vaso a disposizione. Dopo di che la scontrosa principessa si potrà finalmente sposare.
Che disgrazia nascere frassini ed essere sempre malvestiti, quattro stagioni su quattro! A questo punto non rimane che farsene una santa ragione.
Essere maltrattati non fa mai piacere. Quando le cose cambiano, occorre ancora scegliere. Consiglio di seguire la strada più semplice e breve, anche se è in leggera salita.
“Aveva capito che anche l’uomo non aveva il diritto di modificare la Natura.” – ci penserà lei a farlo, tranquillo!
Una fata consuma i suoi poteri quando tendono al male. Può anche decidere di diventare una strega. Allora (forse) li riacquisterà. Oppure potrà tornare alla sua vecchia professione. E tutto si risolverà.
“L’accoglienza e l’ospitalità, presto o tardi, vanno sempre riconosciute.” – basta attendere la vita altrui.
Se s’incontra una volpe e un orso, è bene ascoltare con saggezza le loro ragioni. E poi decidere per il meglio.
Non esiste nulla di estirpabile. Tutto lo è, anche gli estirpatori.
Quando tradisci un impegno, l’impegno tradisce te. E se ne vola via.
È bene essere stabile. Diversamente, “sarà bene appoggiarsi a qualcuno di solido.” – Don Luigi Giussani diceva che la verità è una luce, ma è soprattutto una rupe a cui aggrapparsi. Ma anch’essa si può spostare, un chicco di ghiaia alla volta.

“Quando uno sta aiutando un altro, entrambi guadagnano in forza” – grazie di avermi soccorso e di avermi permesso di soccorrere te. “Chi nuota seguendo la corrente non arriva alla sorgente.” – e il tempo più non ritorna. Oppure sì?
La silloge di Ezio Del Favero conduce il lettore a reagire, in un modo sconclusionato e preciso, nonché sconclusionatamente preciso.
Sono fiabe che non sarebbero spiaciute a Rodari, che nascono sempre da conflitti, violenze, incidenti di percorso, fraintendimenti, in cui ogni volta si teme di aver smarrito per sempre il sentiero che alla fine si ritrova, grazie a un ravvedimento che sorge nell’anima di qualcuno. E che durerà, si spera, tutta la vita. Preghiamo (solo chi vuole, però)!
Che sia tutta una Pia Illusione oppure la Sacra Verità, è presto per dirlo. Entro un paio di secoli, o forse un po’ dopo, giungerà, trionfale, la risposta.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Ezio Del Favero, Parabole della montagna, Elledici, 2022