La casa dei Tarocchi #17: ognuno ha la sua Stella
Scrive Giordano Berti nella prefazione a “Vit(amor)te” che senza dubbio “nelle arti tutto si rinnova sistematicamente a partire da ciò che preesiste: nella musica, nella danza, nelle arti visive, nella letteratura. Tra gli esempi più mirabili di questo continuo rinnovarsi, il Gioco dei Tarocchi è assolutamente emblematico”, e rimescolando le carte comprendiamo il Gioco della Vita.

Da dove arrivano i 22 passaggi di questa danza immaginale?
“Volendo datare un oggetto in una forma ben definita” scrive ancora Berti “si può dire con assoluta certezza che i Tarocchi nacquero nell’Italia del Nord nei primi decenni del Quattrocento. Erano un raffinato gioco di Corte, perché quelle immagini evocavano pensieri lontani dalla gente del popolo. Ben presto divennero un gioco d’azzardo e tuttavia i giuristi lo definivano in modo ambiguo dato che nel gioco dei Tarocchi si può vincere anche con pessime carte… come in guerra”.
La buona o la cattiva Stella
“Ognuno ha i suoi problemi” sussurra la Luna crescente al suo vicino, l’affascinante Signor Sole, mentre entrambi sono usciti sul terrazzo in un caldo tramonto d’estate. Lei stende i panni sul filo rosso che collega la notte al giorno. Mentre l’aria si fa più fresca, lui tergiversa un po’ prima di ritirarsi. Verità semplice e innegabile, signora mia, alla quale possiamo aggiungere la seguente massima: ognuno ha i suoi desideri, le sue costellazioni di complessi, le sue tracce di storia, i riverberi di memoria per una vita vissuta e per una non ancora immaginata.
Tra Sole e Luna io immagino una Stella, anche se nelle carte arcane questa precede entrambi e al contempo tratteggia i passi di una danza a due con il linguaggio mercuriale dei sogni, delle fantasie, delle fiabe e della poesia.
Mi ricordo quando sono stata folgorata sulla via dei Tarocchi. Ero in giardino, al mare; alla mia sinistra, il satellite d’argento splendeva ancora un po’ etereo nella sua semi-pienezza, mentre alla mia destra l’astro d’oro si attardava come per godere di lei il più possibile, prima di uscire in punta di piedi dal teatro diurno. Ho amato così tanto quel momento, nel quale mi sono sentita donna vitruviana in perfetto equilibrio tra gli opposti, che è nata una poesia, una sorta di canzone sull’amore tra i due astri. E dire che di alchimia non conoscevo nulla, all’epoca, e di versi ne creavo ancora pochi. Ero una ragazzina curiosa alla ricerca di se stessa. Qualche giorno dopo, incontrai e acquistai il mio primo mazzo di Tarocchi, una versione artistica simile ai Rider-Waite Smith, scoprendo con gioia le immagini della Stella, della Luna e del Sole. Tenni care quelle carte fino al momento in cui non si dispersero in mare in una notte stellata, poco dopo una festa in spiaggia con gli amici.
La Stella per me è il nodo tra Sole e Luna, è la figlia brillante, è la bellezza delle piccole malizie, è talenti e arti ma non artifici.
L’autobiografia di ognuno di noi comincia prima della nascita, quando i nostri genitori si guardano negli occhi e fantasticano del bambino o della bambina che non conoscono ancora. Il naso puntato al cielo, il sogno a occhi aperti che va alla ricerca delle luci trapassate e di quelle che potrebbero accendersi, padre e madre dipingono genealogie immaginali per comporre il figlio o la figlia che si librerà prima o poi da un foglio oscuro.
Le Stelle sono le Dive della notte, sono ballerine e attrici di uno scenario creato per meravigliare tutti noi senza toglierci la parola di bocca o l’idea dalla mente. Il loro scopo è accordarci al barlume della coscienza recuperato a fatica da un errante Eremita che ha incontrato la Senza Nome ed è finito a casa del Diavolo, per poi tornare a rivedere loro, le Stelle, dopo la Torre.
A guardarle da quaggiù, le luci dei pianeti, le scintille del fato, le sorelle Pleiadi, l’Orsa, Orione, tutte le Stelle che amiamo sembrano brillanti, eppure, chissà, ad anni luce di distanza alcune tra le più luminose potrebbero già essere morte – ma a noi non importa, se ancora le ammiriamo.

A seconda di quanto riusciamo ad avvicinarci alla nostra vera essenza, la Stella nella carta dei tarocchi di Marsiglia ci dona la sapienza delle acque. Lei non ha bisogno di nessuno per sentirsi in pace con se stessa e ha un esistenza autonoma, intatta; è Una-in-sé-stessa, si rigenera per partenogenesi. Riflessione ritrovata, essenza curata, diviene balsamo dei Saggi dopo il cammino compiuto fin qui: d’altronde, ci vuole un bel bagno purificante per riprendersi dopo una caduta dalla Torre.
Avvolta soltanto dal paesaggio, lei è la natura primigenia nuda, della quale al contempo è parte. Vergine nel senso antico del termine, contempla assonanze tra i principi opposti e dona brocche colme di se stessa al fiume, ottenendone in cambio il beneficio del cielo e della terra. Lei somiglia, così la posso immaginare, alla stessa ragazza che balla sul Mondo ma è la sua abluzione che conta adesso. La purificazione avviene prima della danza sacra, prima del quaternio che si concretizzerà nella ventunesima carta alla fine del giro composto da ventidue misteri. Il suo corpo si specchia in quello della sposa Sulamith nel Cantico dei Cantici, è l’anima umana pura che fa dire allo sposo: “Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi, o cari.” (Cap. 5) E ancora: “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata.” (Cap. 4).
Stelle cadenti
La fontana della Vergine potrebbe essere violata, come nella pellicola di Ingmar Bergman (1960), e potremmo veder stillare acqua nel luogo in cui è stato compiuto il crimine contro la purezza della Stella, ma se qualcuno osasse spegnere gli astri ne morirebbe a sua volta, inevitabilmente deprivato d’anima.
Se non avessimo acquistato la coscienza della Stella, questa stessa luce potrebbe rivelarsi crudele e divorante nei nostri confronti; sarebbe una starlette, étoile da cabaret, e somiglierebbe alla Lola-Lola che balla e seduce gli uomini nell’Angelo Azzurro di Heinrich Mann. Lola è a sua volta riflesso della Lulù di Frank Wedekind, perché come lei è caduta da un punto imprecisato del cielo, ha abbandonato lo spirito, si è fatta materia e meteora che strega e fa precipitare nello “scandalo” anche il piccolo borghese professor Unrat. Il vecchio, invaghitosi della danzatrice, si fissa al suolo, incantato dalla luce che Lola emana; lei lo confonde fino a portarlo – immagine d’Anima nera – alla distruzione, in uno scenario suggestivo, in una Europa ormai lontana nel tempo ma ancora viva sotto la pelle rugosa del patriarcato.
La Stella dunque ci può anche portare fuori strada. Sulla mappa del cielo sta a noi attribuirle un senso? Non è assolutamente scontato che si tratti di un disegno donato dagli dei affinché gli umani possano recuperare il senso della vita. Nella Stella è celata un’ambizione di significato ma potrebbe essere tutta una fantasia.
Der blaue Angel segnò il successo della Stella Marlene Dietrich (1930), la femme fatale dalla voce indimenticabile, icona del cinema contemporanea della Garbo, vera e algida Diva. Lei che, corteggiata dal nazismo e dai suoi rappresentanti, ne rifiutò le basi e i presupposti, diventando piuttosto icona degli alleati. Lei che, cantando Lili Marlene, fece sognare in veglie attente e strategiche le coscienze di tutti i soldati lontani dalle proprie fidanzate durante la Seconda guerra mondiale. Di Stelle Polari come Marlene ce ne sono decisamente meno, oggi, perché i lumicini sono ormai milioni di milioni.
La Stella sussurra il numero diciassette e si inchina alla terra e al fiume che scorre, Panta Rei. Non possiamo mai bagnarci nelle stesse acque; così ci insegna Eraclito e noi sappiamo che si tratta di una grande verità. Con le sue brocche, Stella regola il flusso, produce e riproduce riflessioni. Una Stella che genera acqua non si era mai vista? Eppure è l’icona che ci introdurrà alle Lame successive, la Luna e il Sole: non è forse anche lui una Stella, oltretutto? Questa carta ci ricorda il momento preciso in cui il Sole Invictus si prepara, sul finire del mese di dicembre, e tutto sembra andare verso una morte invernale, mentre invece è già inciso un feto di Primavera nella corteccia dell’albero e la sofferenza della foglia che cade è soltanto emblema dell’albero vivo.
La mia Stella Vit(amor)te ha un lato B.; è dipinta ad acquerello, pantone e penna Bic. Ha con sé pochi strumenti per narrare quel che la illumina, la connessione tra il desiderio profondo, l’inconscio terracqueo, e la possibilità di realizzazione del sogno che lei rappresenta: raccoglie una Stella Marina per appenderla nel firmamento.
Ricordo mia madre da giovane, quando teneramente cantava per me “Stella stellina stammi vicina”, ed è vero che ognuno di noi ha almeno una Stella custode che lo accompagna fin dall’infanzia. Io prediligo l’Orsa Maggiore, la scelgo con decisione; sarà perché la riconosco subito. Non avendo una buona memoria, sbadata come sono, ho bisogno di punti di riferimento chiari per potermi orientare. Invece, per quel che riguarda la Polare, è decisamente Vega la mia preferita.
“La costellazione della Lira/ nel vento fresco della sera/ suonando musica leggera/ la sua stessa Regina mira/ che tra le altre è Stella e sposa./ è Vega, sorella luminosa/ che sfila nel cielo da maggio/ a settembre. Il bianco raggio/ che fu Polare appariscente/ e sarà (ma non è al presente)/ nuovamente l’ambasciatrice./ Sono venticinque anni luce/ di fascinosa brillantezza/ di algida e preziosa bellezza./ Fra tredicimila e settecento/ anni – se il cielo non sarà spento –/ lei del Nord tornerà sovrana/ del futuro, Vega lontana.” – da Favolesvelte, Golem Edizioni

Stella. Sostantivo femminile. Corpo celeste dotato di luce propria. È capace di fare la Ruota. Stella sorella tra le Pleiadi, barlume di coscienza e desiderio. Desiderio, si sa, etimologicamente richiama la distanza dall’oggetto bramato, dal luogo ambito. Non potremmo desiderare, se già possedessimo tutto ciò che vogliamo.
Un grappolo di Stelle crea la tua costellazione, la speciale traccia che si intreccia lassù in cielo, anni luce che brillano qui e ora. Quale lume ti guida, te lo sei mai chiesto?
“Mi domando se le Stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua.” – Antoine de Saint-Exupéry
Nella Lama numero diciassette c’è anche un piccolo uccello nero che se ne sta appollaiato sull’albero in osservazione. È un punto di vista alternativo sulla questione della nudità che ricorda la Nuda Veritas di klimtiana memoria?
Ci vuole sempre un occhio esterno per confermare un punto di vista, d’altronde.
Nuda Veritas
Nel 1899, Gustav Klimt dipinge lei. La Stella con lo specchio bello di Venere, la coraggiosa capace di stare dritta e fiera nell’azzurro cielo acqueo di fronte ai fatti. Provocatoria, certamente, e scandalosa. Nella parte alta dell’opera, sul fondo oro prediletto dal pittore, leggiamo la citazione di Schiller: “Non puoi piacere a tutti attraverso la tua azione e la tua arte. Fai in modo di piacere a pochi. È male piacere a tutti.”
La Stella dichiara una semplice e nuda verità senza censura: essere noi stessi è quello che è – essere dono.
Written by Valeria Bianchi Mian
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