Intervista di Maggie S. Lorelli allo psicologo Sergio Anastasia: l’innamoramento è amore?
Per molto tempo si è creduto che amore facesse rima con cuore, perseguendo un ideale romantico ben rappresentato dalle fiabe, i romanzi e buona parte dei film hollywoodiani dedicati a questo sentimento.

Per alcuni studiosi, invece, il motore dell’amore è il cervello.
La divulgazione della neurobiologia dell’innamoramento ha aiutato le persone a non nutrire aspettative irreali nei confronti della prima fase di una relazione, quella in cui gli ormoni sono in subbuglio, anche se considerare solo le componenti biochimiche che sottendono all’innamoramento, ridimensionandone l’aspetto inebriante e fascinatorio, rischia di essere riduttivo.
Cerchiamo di capirne qualcosa in più con l’aiuto di Sergio Anastasia, psicologo e psicoterapeuta, consulente per gli Ospedali Policlinico e Niguarda di Milano, ideatore e fondatore di #aboutlove, progetto per la promozione della cultura dell’affettività e della non violenza.
M.S.L.: Da dove possiamo partire per spiegare il fenomeno dell’innamoramento?
Sergio Anastasia: Dobbiamo innanzitutto scindere l’innamoramento da quello che comunemente intendiamo per amore, o relazione d’amore con un’altra persona. L’innamoramento potrebbe essere assimilato a una reazione di coinvolgimento, entusiasmo e dedizione che instauriamo, anche istantaneamente, con oggetti, avvenimenti, immagini, attività che sollecitano il nostro sistema percettivo. Si può trattare di un fenomeno transitorio, in quanto questi ‘attivatori’ non necessariamente diventano parte integrante della nostra vita. In questo senso l’innamoramento può scattare più volte nell’arco della stessa giornata, o di una settimana, spesso anche in simultanea, in corrispondenza di stimoli molteplici.
M.S.L.: Può accadere quindi anche di innamorarsi di più individui contemporaneamente?
Sergio Anastasia: Accade spesso. Proprio nel momento in cui cominciamo a sentire delle emozioni nei confronti di una persona, possono presentarsene alla porta delle altre ugualmente “attraenti”. Questa sorta di innamoramento plurimo si genera dall’interno della persona sulla base di stimoli esterni concomitanti e in apparente contraddizione, quasi per consentire alla persona stessa di mantenere il proprio stato di attivazione per lo più stabile e potersi permettere di non procedere in direzione di un’eventuale relazione nei confronti di nessuno dei due o più oggetti della sua attenzione.
M.S.L.: L’amore può nascere anche in assenza di quel terremoto biochimico che è l’innamoramento?
Sergio Anastasia: Senz’altro. Spesso l’innamoramento viene confuso con quella fase che definisci degli “ormoni in subbuglio”, che instilla l’errata convinzione che attraverso quell’oggetto, fenomeno, persona o relazione il soggetto possa risolvere i propri quesiti esistenziali e trovare soddisfazione ai propri bisogni affettivi, o addirittura che possa, attraverso una serie di proiezioni interiori, realizzare un sogno. Tutto ciò dà luogo a una modalità che non è emotiva o affettiva, e che non ha niente a che vedere con la sfera del profondo, del mistero, che pervade l’universo interiore. Riguarda invece una dinamica che definirei “eccitatoria” di tipo reattivo, performativo, tale da indurre sensazioni di potenza, di competizione, di virilità, tipicamente “fallica”.
M.S.L.: Può accadere che due persone si innamorino l’una dell’altra sulla base di spinte interiori diverse e ciò generi un cortocircuito comunicativo?

Sergio Anastasia: Può accadere. Spesso la mancanza di chiarezza dentro di sé riguardo a questi aspetti e la vergogna nel comunicarli all’altro nel timore di ferire, essere feriti o abbandonati, fa sì che nascano incomprensioni e fraintendimenti. Il punto è riuscire a comprendere quale sia il motore di una relazione e saper scegliere, affermando la propria soggettività e provando ad uscire dalle sovrastrutture socialmente determinate, vivendo il nuovo amore sulla base di ciò che si prova e che si desidera realmente. E con questo non mi riferisco alle cosiddette relazioni di poliamore, né sto promuovendo la figura degli ‘amici con benefit’, come alternative alla relazione d’Amore intesa come relazione esclusiva con un partner. Tutt’altro. Sto dicendo che avere delle chiavi di lettura che provengano dall’esterno e non dal profondo di sé stessi, rischia di essere equivoco e di generare sempre gli stessi errori. Ciò che conta è osservare che l’innamoramento è un fenomeno multifattoriale, non necessariamente fisico, o romantico, ma più propriamente ‘mentale’.
M.S.L.: Cosa intendi per “mentale”?
Sergio Anastasia: Col termine ‘mentale” non mi riferisco esclusivamente a risposte cerebrali, legate alla rete neurale, ma a reazioni complesse che, per semplicità, chiameremo “nuclei emotivo-affettivi”. Ciò che alcuni psicoanalisti, Antonino Ferro su tutti, definiscono “l’apparato per poter pensare” e poter provare emozioni, sentimenti e attivare “connessioni mentali”, aggiungo io. Di fronte a qualcosa che suscita la nostra attenzione e cattura i nostri sensi, si attiva dentro di noi una serie di connessioni mnemoniche, che sono per lo più inconsapevoli. Pensiamo, ad esempio, a quelle situazioni in cui è un sapore o un profumo a far scattare in noi antichi ricordi sopiti.
M.S.L.: Come la gioia che scaturisce non appena Proust assapora un pezzetto di madeleine imbevuta nel tè!
Sergio Anastasia: Esatto, ma può trattarsi di un qualsiasi stimolo sensoriale dovuto a un oggetto, a una situazione o a una persona che produca in noi, anche in modo casuale, interesse e partecipazione. Questi stimoli si vanno a sovrascrivere a questi ricordi, attivandone degli antichi e generandone di nuovi. A partire da tali reazioni involontarie, si produce un movimento, non necessariamente fisico-corporeo, ma anche soltanto affettivo nei confronti dello stimolo stesso. Questo tipo di avvicinamento può essere molteplice, multiforme e temporaneo. Nel caso si tratti di un evento più significativo e duraturo, scatta un triplice bisogno connaturato all’essere umano. Il primo è di voler immediatamente trasformare lo stimolo percepito al proprio interno in qualcosa di oggettivo e a noi noto. Ciò allo scopo di esercitare un illusorio controllo sui propri sentimenti. Il secondo bisogno che la persona innamorata manifesta è quello di voler comprendere dal punto di vista cognitivo ciò che accade. È questo il motivo per cui, quando si parla di innamoramento, il significato che ciascuno tende ad attribuire a questo termine può essere estremamente variabile tra persona e persona. Il terzo bisogno è quello di costruire delle narrazioni possibili attorno agli eventi, che comprendano le diverse spiegazioni, spesso anche contraddittorie, ammantandoli di un significato. Questi tentativi di ‘spiegazione’ non considerano che l’innamoramento è una condizione impermanente, ovvero capace di evolversi, e persino cessare.
M.S.L.: Vuoi dirmi che l’innamoramento è un autoinganno? E, se così fosse, perché dovremmo prenderci in giro?
Sergio Anastasia: Talvolta le spiegazioni che le persone si danno servono a cercare di rendere vivo un sentimento che magari è svanito, o viceversa di ammantare uno nascente di significati falsi che permettano loro di difendersi e starne alla larga. In virtù di queste spiegazioni illusorie si stringono alcune relazioni, se ne mantengono vive delle altre, o ci si impedisce di viverne altre ancora, magari proprio quelle che potrebbero essere più gratificanti.
M.S.L.: Non sempre ci raccontiamo delle belle favole. A volte le donne si lasciano scappare dei veri principi per inseguire dei brutti ceffi pur sapendo che le faranno soffrire. Come si spiega?

Sergio Anastasia: Come dicevamo, il punto è che le motivazioni per le quali ci si innamora di qualcuno sono molto varie, spesso contraddittorie e raramente “comprensibili” in maniera univoca. Il più delle volte, la persona oggetto del nostro interesse evoca in noi una situazione spiacevole o traumatica del passato, più o meno prossimo, che cerchiamo di “riscrivere” e modificare, rivivendola nell’attualità. In altre parole, come ci spiega lo psicoanalista britannico Bollas, è come se, ponendoci nuovamente dinanzi a situazioni del passato, ricercassimo la possibilità di capire ciò che in precedenza non ci è stato dato di comprendere, o che ci ha fatto soffrire. Il risultato di un tentativo così velleitario è che, anziché scoprire ciò che caratterizza realmente quella specifica situazione, valutando se valga la pena portarla avanti o meno, la persona finisca per reiterare inevitabilmente una situazione di sofferenza, così come l’ha vissuta nel passato. Si tratta del meccanismo che Freud definiva “coazione a ripetere”, e che noi dovremmo imparare a riconoscere e fermare, prima che sia troppo tardi.
M.S.L.: Un consiglio? Noi donne te ne saremmo grate.
Sergio Anastasia: Bisognerebbe, anziché lasciarsi andare impulsivamente a una relazione o a un’attività, solo perché caratterizzata da entusiasmo, farfalle nello stomaco o istinti primitivi anche di tipo sessuale, darsi il tempo di capire cosa stia accadendo dentro di noi, per evitare appunto di non essere mossi da sensazioni illusorie. Ascoltando sé stessi e analizzando le possibili interpretazioni che possano sorgere del nuovo fenomeno che ci coinvolge, anche quando queste appaiano molto diverse fra loro. Uno dei principi ineluttabili del funzionamento psicologico è, infatti, ahimè, la contraddittorietà. Basti pensare qui che la psiche funziona esattamente come il corpo: per ogni questione, equilibrio, forza, movimento, esiste il suo esatto contrario. Nella realtà oggettiva queste istanze sono spesso quantificabili. Nella realtà interiore, psicologica, invece, si tratta di fenomeni qualitativamente differenti, a volte simili e spesso concomitanti. È questo il motivo per il quale, in questo ambito, le questioni si complicano ulteriormente e la logica, a volte, difetta o non è sufficiente.
M.S.L.: Come si può pretendere di tenere a freno uno stato così impetuoso come quello dell’innamoramento e costringerlo nelle maglie della ragione?
Sergio Anastasia: Non è alla ragione che bisogna fare appello. Spesso si costruiscono con la ragione dei castelli di carte basati sul niente. È nel corpo che bisogna collocare il proprio centro. Mettersi in ascolto di sé e delle proprie risposte a livello profondo. Come farebbe un decoder, che intercetta un segnale etereo e lo trasforma in dati, informazioni, “oggetti” reali.
Written by Maggie S. Lorelli