“La morte si nasconde negli orologi” di Emiliano Deiana: onde di pagine e onde di grano
“Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica”, così disse una volta Gesualdo Bufalino.

Lo stesso concetto faccio mio narrando un poco questo romanzo capace di fare dei nostri occhi, sudari. Per lacrime smarrite o meno, vendicative o no, vive di mare e colline.
Onde di pagine e onde di grano. Salive bianche in zampillo di balena.
L’Autore ci conduce dove mai avremmo voluto trovarci oppure, forse, nel luogo per noi finalmente nostro. Ci costringe, con l’abilità di poche righe, a essere Irene di molti anni addosso, lei che scrive l’intera propria vita su un lenzuolo. Non ricama glicini o rose sulla stoffa, scrive e somma momenti.
In questo romanzo scarsa è la differenza tra un dipinto filato e una cascata di parole inchiostrate, dalle perfette forme in silenzio su un ago ferente. Più facile chiamarlo penna?
La fatica nella lettura de La morte si nasconde negli orologi è innegabile. E qui sta la perfezione di un romanzo, che ci è catapulta oltre ogni ormai mansueta espressione narrativa in circolazione.
Deiana osa e sfida con immagini visibili a chi rinuncia alla propria cecità, al non voler sapere, al non voler udire. Ci fa annusare letamai e viole, ci costringe a essere stormo di uccelli tanto solitari a intonare un canto di numeri.
Leggendo ci stupiremo, all’Autore arresi, del suo amore verso di noi quando ci lascia uno spazio tra le righe, una pausa per il nostro riposo, o un affanno irrefrenabile dopo potenze di immagini. L’Autore ci accoglie in quel silenzio bianco: spesso un piccolo generoso anfratto per respiri. Nostri quanto di Deiana.
E adesso un po’ smentisco Bufalino, perché se è vero che la lettura di questo romanzo può spezzarci le vene, intatte dubito siano rimaste quelle di chi l’ha redatto.
Creare la figura di Ruth, per esempio, così come le azioni e le voci di tutti (davvero tutti) i personaggi del romanzo, credo sia stata per l’Autore una lunga peregrinazione dentro se stesso e un’audacia non da tutti. Mi torna in mente ancora Bufalino “Morire. Non fosse che per fregare l’insonnia”.
Creare una Locanda delle confidenze e delle diffidenze. Un preciso orologio nascosto in una valigia di donna, identico al lenzuolo di Irene. Un treno col suo innocente soffio di bolle di sapone, serpente verso il mare.

“Ma che colore è il mare?” ogni lettore se lo domanderà, rispondendosi come preferisce. Deiana lascia dubbi, non regala serenità se questa cerchiamo. Eppure c’è, vistosa: in una gonna, una sigaretta verso labbra, una corda, un ciliegio, un’armonia di venti e piogge. Un nano e un violino. Un pianoforte sempre in ombra se negro è chi lo suona.
Le tempeste di Deiana sono nel suo romanzo, quanto tutte le Letterature da lui amate, o le musiche imbizzarrite: indomabili ticchettii del Tempo.
Concludo, perché devo, tralasciando volutamente molti pensieri che avrei voluto portarvi.
Concludo affermando: leggendo La morte si nasconde negli orologi si precipita in un corpo a corpo col libro da lasciare sgomenti certamente, ma vestiti di una fierezza per una battaglia con voi stessi, lasciati i binari.
Deragliare è un piacere.
Written by Savina Dolores Massa
Bibliografia
Emiliano Deiana, La morte si nasconde negli orologi, Maxottantotto edizioni, 2020