Intervista di Beatrice Tauro ad Antonella Pagano: vi presentiamo “Cantò come Dea”

Raccoglierò le lacrime di tutte le donne, ne farò stelle per i firmamenti delle nostre città e dei paesi, calotte di cielo benevolo, coltri bellissime, suggerimenti di vita, abbracci”.

Antonella Pagano
Antonella Pagano

Ho conosciuto Antonella Pagano in occasione di un evento letterario e fui subito colpita dalla sua eccentricità e originalità. In quella kermesse la poetessa, come ama definirsi, portò alcune sue opere dipinte su drappi di seta, parole che scivolavano su stoffe preziose, come preziosi erano i suoi versi.

È una artista a tutto tondo, Antonella: poeta, sociologa, animatrice culturale, amante delle parole ma anche delle azioni, di tutto ciò che si può realizzare con le mani come espressione della propria creatività.

Ha al suo attivo numerose pubblicazioni sia di natura letteraria che sociologica.

Abbiamo incontrato Antonella Pagano per parlare della sua ultima fatica, Cantò come Dea”, Edizioni Nemapress.

 

B.T.:Cantò come Dea” è la sua ultima produzione letteraria, un libro difficilmente categorizzabile, che spazia dal saggio al racconto intimo, in un continuo intreccio di riflessioni filosofiche, sociologiche, di rimandi a citazioni importanti che hanno contribuito a descrivere la storia dell’Umanità. Come definirebbe questo suo testo?

Antonella Pagano: Non amo pensare alle ‘Parole’ come qualcosa da categorizzare, e sa perché? Perché altrimenti non sono o sono altro. Le parole sono di per sé. Le parole poetiche, in prosa o in filosofia o pedagogia o astrofisica o matematica hanno in più l’esponente che discende da quella parte dello scibile umano, esponente fra l’altro assai caduco, attesa la velocità con cui il pensiero umano evolve, oggi più di ieri anche grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale che, beninteso, non sostituisce l’umana. Anche l’Editrice si è posta questo falso problema, poi ha deciso di inserirlo tra i Saggi. Nella sua domanda trovo categorie: saggio, per esempio. Quanto caduca è la saggezza umana? Orbene, ci sono valori assolutamente immutabili: la vita, la libertà, il diritto di parola, poi, tutto il resto, è qualcosa di meno. Se si possiedono questi valori, parlare di diritto alla vita, rispetto verso la stessa, verso il pianeta, gli animali, il cibo, le acque, è superfluo, ne sono già costituenti! Come dire, è ammettere di essere ignoranti e di avere bisogno dell’abbecedario per riconoscere le vocali, le consonanti, gli esclamativi! Cara amica, mentre La ringrazio infinitamente per avermi voluto intervistare, le dico che ho tanti anni, ho vissuto e sperimentato la vita, ho compiuto tanti errori e imparato alcune verità incontrovertibili; perché di verità ce ne sono: l’amore filiale, l’amore di madre, l’amore sponsale, l’Amore… la creatività, il genio umano e la bellezza, così come lo sputare verso il cielo che… in una frazione di secondo… torna all’autore, la forza di gravità che accorcia e deforma il nostro profilo, l’aumento infinito dei battiti cardiaci che prima o poi finisce per usurare il magnifico meccanismo che è il cuore… tutto il resto? Lo sottoponiamo ad un giudizio assolutamente caduco nella nostra evoluzione di persone caduche. Ancora? Nella sua domanda c’è: intimo, direi autobiografico, di biografia che, però, non è mai del tutto singolare, anzi, sempre plurale. È l’attraversamento di comunità sociali ora di paese, ora di città, ora regionale ora nazionale… pur sempre granelli terrestri. Filosofeggiare, analizzare in forma verosimilmente sociologica? La vita e gli studi portano i loro abbecedari, vocabolari, aggiungono alle nostre sillabe quelle di altri pensatori, parole altre che sposano le nostre che, in verità, non sono mai del tutto nostre atteso che, nella maggior parte dei casi, siamo nati e vissuti in famiglia, famiglia di consanguinei, tribù, orfanotrofi, collegi, piccoli borghi. Tutte le sillabe sono oltremodo preziose per la composizione del vocabolario che potremo dire ‘più nostro’ e che sollecita l’attività perenne delle nostre sinapsi verso la meta evolutiva, anch’essa fatta di tappe. Fino a giungere a “Cantò come dea”, dove la cifra comunitaria tesse ancora il mio ordito e le mie trame, le mie sillabe e le mie parole.

 

B.T.: Nelle primissime pagine dell’opera lei fa una carrellata di alcune donne che si sono distinte nel corso del tempo per il loro coraggio, per la determinazione nell’azione, per il loro affermarsi in un mondo di uomini. Da Giovanna d’Arco a Samantha Cristoforetti, da Maria Montessori a Malala Yousafzai. Le definisce “sorelle”. Possiamo parlare di un sentimento di sorellanza che unisce le donne? E quanto questo sentimento si contrappone a quello di “fratellanza”?

Antonella Pagano: Crescere, crescere in dimensioni, peso, altezza, non è evolvere. Guardi quante cadute sul pianeta segnano, con ferite assai sanguinolente, la scalata evolutiva dell’essere umano. Mi lacera il cuore e m’affetta l’anima guardare tutte le ferite da cui fiotta il sangue di tanti uomini, donne, bambini! E allora, mentre s’affetta l’anima mia, lancio lo sguardo verso le luci che offrono all’uomo sguardi e vocabolari belli. Che io abbia dedicato le pagine a Donne non significa che non guardi anche ai fari maschili, ho semplicemente contribuito ad equilibrare gli spazi…ne hanno tantissimo i maschi e meno le donne. E poi, come non parlare di una maternità planetaria come quella della Cristoforetti? In cui il Cosmo è il maschile ciclopico e possente? Con un tasso incalcolabile di mistero? Con una misura infinita di possibilità? Con percorsi immaginifici di incalcolabile numero? E come non pensare ad una ragazzina che si preoccupa di far rilevare al mondo che le sillabe che arrivano alle donne di alcune regioni del pianeta sono troppo poche? E che i vocabolari hanno bisogno delle loro parole? E che le loro parole hanno bisogno di aria? Come non dire del coraggio di Malala? E come non dire della Montessori che idea la scuola a misura di bambino e la situa nel quartiere più povero di Roma mentre oggi, noi terrestri che abbiamo finanche coniato il termine: Diritti Umani, Diritti dei bambini, facciamo sì che ne possano fruire solo bambini di classi agiate? Siamo schizofrenici! E come non indicare Giovanna d’Arco dalla fulgida spada? Condottiera incrollabile cui ogni aggettivo è stato irriverentemente, superficialmente attribuito?… e ci son voluti anni ed anni prima di richiamarne la magnificenza? Le mie sillabe devono costantemente abbeverarsi alla luce… ché di ombre e oscurità ne sappiamo far troppe. Pensi oggi con le fake news… non è forse una nuova forma di oscurantismo? Anni ed anni per conquistare la libertà di stampa per poi allenarsi a spargere veleno! La vita di quanti uomini è stata spesa per fare luce sui fatti che successivamente sono stati ammantati di oscurità? Fatti antichi e nuovi. Sorellanza e fratellanza non si sovrappongono, non si elidono vicendevolmente, non sono in tenzone, sono le due forze che la nostra realtà esprime per fare la vita, per esprimere la vita, per cooperare nel segno della vita, per la vita, per la più bella realtà del nostro pianeta, la vita.    

 

B.T.: Nel capitolo “Sappia la bella parola farsi bell’azione”- che richiama al principio zoroastriano “buoni pensieri, buone parole, buone azioni” –  lei si racconta in un afflato autobiografico, utilizzando una interessante metafora, quella del telaio che tesse la vita di ogni essere umano. Una vita, quella rappresentata dal telaio, che si declina in maniera diversa a seconda delle coordinate geografiche in cui si nasce e si vive?

Cantò come Dea
Cantò come Dea

Antonella Pagano: Non ho letto Zoroastro, confesso, e a questo punto dovrò farlo; in verità ho coniato questo pensiero quand’ero molto giovane. A Matera, città in cui sono vissuta dai 14 anni fino ai 50; ricordo finanche il momento in cui lo esternai. Durante la prima edizione di “Ianuarius”, gennaio, la porta, il pomeriggio in cui riunivo artisti di tutta la Basilicata nella più antica, nobile e immensa dimora della Civita, Casa Ferraù-Bernardini. La Signora Annarosa me l’apriva e lasciava che potessi ospitare la fittissima schiera di artisti che mi raggiungeva da ogni angolo lucano. Divenne la festa della parola, della scultura, della pittura, della danza, della fotografia, della recitazione e finanche delle opere d’arte realizzate in cucina, con la cioccolata, la zucca, l’anguria, il ravanello e via di seguito. Io che ho sempre dipinto, disegnato, ricamato, lavorato ai ferri, all’uncinetto, fatto giardinaggio…, probabilmente intesi non abbandonare la parola all’immobilità d’una pagina, le volli dare materia, ecco farne metafore d’Arte… nasceranno in questo modo anche i miei libri d’Artista, gli ‘Abbracci della poesia’ con copertine preziose e pagine di seta manoscritte che si possono finanche indossare, nascerà così la giacca ‘Pensiero’ e l’abito nuziale ‘Pensiero d’Amore’. Percepivo la nascente decadenza, quella deriva umana, sociale e culturale che negli anni a seguire si sarebbe palesata a tutti. Con le forze e le abilità di donna, cittadina, madre e frequentatrice degli artisti lucani, volli impegnarmi ancora di più. La frase che mi ripeteva mio padre: il servizio ha dignità regale… mi intrigava. La mia, nacque, dunque, proprio in quella casa-dimora colma di Bellezza. Là dove, per un intero pomeriggio e serata, le sillabe di tanti si mescolavano alle opere d’arte… uscì dalle mie labbra e compresi appieno quale fosse il senso della mia vita. La partorii là, nell’incontro con tanti amici artisti. E non è mai invecchiata, anzi, ne sento costantemente tutta la freschezza. Oggi, vieppiù. Un invisibile nemico sta imponendo la riscrittura dell’abbecedario, del vocabolario, del diritto, della pedagogia, della sociologia, della filosofia, dell’architettura e della ingegneria e s’impone l’urgenza! L’invisibile nemico impone alle sinapsi un turnover straordinario, uno stress test utile all’evoluzione e noi non abbiamo saputo imporci. C’è riuscito l’invisibile. L’innominato manzoniano è, oggi, l’innominabile che ha osato indossare la porpora e finanche la corona.

 

B.T.:Non si armerà mai la mano che avremo educato alla Bellezza” è una sua affermazione molto potente all’interno del libro. Ce la può spiegare?

Antonella Pagano: Noi italiani, in modo e quantità speciali, abbiamo ideato e creato gran parte della Bellezza artistica mondiale, dunque l’animus è speciale. Ma era speciale anche l’animus dei primitivi, penso ai magnifici graffiti della Grotta dei Cervi a Porto Badisco, Otranto. Oltre 3.000 pittogrammi risalenti al neolitico! Estasi assoluta! Insomma, noi siamo Bellezza e siamo anche abitati dalla Bellezza; pensi ai nostri organi, il nostro sistema circolatorio, il nostro cervello! Qualcuno ha detto che è bello ciò che al contempo è buono e giusto, e allora? È facile pensare che se siamo educati al bello, quindi al buono e al giusto, difficilmente scoccheremo la freccia verso il cuore dell’Altro, difficilmente deturperemo un’opera d’arte, mai neppure penseremo di picchiare un bambino, uccidere una donna, un anziano, mai avremmo schiacciato il bottone rosso che sterminò Hiroshima, mai penseremo ad una guerra, mai e poi mai ad un eccidio. Eppure, nell’uomo albergano desideri imperfetti! Vive in famiglie imperfette, in scuole con docenti che insegnano per mestiere, in società i cui governanti sono ladri e bugiardi, con deliri di onnipotenza, modelli imperfetti, parole imperfette, sillabe sporche, parole sporche. Io son tra coloro che sono stati educati alla bellezza e che la coltivano; penso alle sillabe innamorate, alle parole buone, tanto buone come il pane, parole che nutrano, che: basta poco e la fragranza colma la stanza. Mi si dirà, troppo semplice per te dire questo, atteso che sei stata educata così. Ma gli altri? Gli altri siamo ciascuno di noi. Abbiamo la volontà e l’intelligenza e la coscienza e le mani e la vista e l’udito e le gambe e il genio, tutti abbiamo tutto questo.

 

B.T.: Per stare sulla stretta attualità, mi ha colpita molto un passaggio nel quale lei scrive “In, con e tra la gente; in, con e tra gli altri. È questa l’umanità. L’umanità che incontra l’umanità”. Come si concilia questo abbraccio dell’umanità con la situazione di distanziamento sociale e fisico che l’inaspettata pandemia ci sta infliggendo?

Antonella Pagano: Mia carissima Amica, l’Uomo non nasce da solo per partenogenesi da un qualcosa. Uno spermatozoo corre incontro ad un ovulo e in quel preciso istante prende il via il progetto più straordinario che si possa pensare: la vita umana. Hai voglia le commissioni non etiche a far la guerra alle etiche. In quel preciso istante 2 si fan 4 e, immediatamente dopo, 4 si fan 8 e poi 16 e poi 32 in una moltiplicazione straordinariamente affascinante che ci regalerà le mani, gli occhi, le orecchie, la lingua e poi al quinto mese…un altro straordinario miracolo imprimerà il battito al muscolo cuore. Io, lei  e tutta l’umanità prende ad essere in quell’incontro che proietta le due cellule nel viaggio moltiplicativo, anzi moltiplicAttivo. Non siamo mai stati 1 cellula, mai stati soli, da sempre. Nell’incontro esplichiamo noi stessi. Quando incontriamo lo sguardo di nostra madre impariamo l’io e il tu. Pian piano scopriamo che lo spazio attorno ci propone tanti Tu, diversi, bassi, alti, bianchi, neri, con i capelli lisci e con i capelli ricci, rossi e gialli come il grano a giugno, e vivremo la festa del popolo terrestre o vivremo la guerra dei popoli terrestri. Tutti oggi parlano di quelli che fino ad un mese fa erano valori del tutto disattesi da una bella fetta di terrestri… Umanità? Collaborazione? Cooperazione? Condivisione? Slancio verso l’altro? Amabilità? Dedizione? In questi giorni sono in tanti a dire che ne usciremo e saremo migliori. Ipotesi, utopie che da sempre circolano nel mondo degli uomini. Il pianeta è passato attraverso la peste, l’ebola, il colera, le guerre, i terremoti, eppure le guerre continuano, si calpestano i diritti anche dopo quelle prove in cui la morte è entrata prepotentemente a dirci la pochezza. Dunque non so se saremo migliori dopo o se solo chi già era ed è migliore perfezionerà la sua condotta. So per certo che in tanti hanno dato una spinta alla propria creatività e la scienza ne sta beneficiando con invenzioni molto brillanti e anche molto utili alla salvezza e al miglioramento dell’offerta medicale. So che tantissimi artisti si sono dati nella gratuità e nella infinita immensità dello spazio si son parlati come se le migliaia di km non esistessero. So che si sono costruiti mega-ospedali in 15 giorni, mentre non ci si riusciva in 40 anni a causa della difficoltà di trovare l’equilibrio nella spartizione delle bustarelle. So che il virus ha fatto riscoprire l’inutilità dei blasoni a fronte della indispensabilità di un solo respiratore, della sanità pubblica a fronte di stati che non l’hanno; mi piace che si siano posti i riflettori sui medici, sugli infermieri e tutto il personale della sanità cui, nella consuetudine, non si dedica attenzione. So di come si è tornati a stare insieme in una casa che è costata tanti soldi ma che non veniva vissuta…tutti in palestra, all’aperitivo, all’ennesima cena fuori. So che i figli hanno ritrovato i genitori! Wow! E i vecchi genitori han perso i figli poiché dapprincipio il virus ha prediletto la conoscenza, la saggezza, la memoria, il ricordo, le carni vissute nei sacrifici… ed ha dato loro l’eterna scomparsa. So che i cellulari e i tablet finalmente sono quello per cui son nati e non il veleno delle nostre giovani menti, so, so tutto questo e tanto altro, ma so anche che oggi più che mai occorre un esercito di intellettuali autentici, quelli veri, non quelli mercenari e prezzolati infarciti di erudizione venduta a peso d’oro. Nobili Intellettuali che si pongano quali condottieri del Pensiero per aiutare la gente affaticata dallo stress dell’isolamento. Pensatori nobili, uomini e donne veramente adulti… che di trasmissioni salottiere se ne han piene le tasche; passerelle squallide in cui si giudica a seconda del compenso, passerelle per falliti professionalmente che trovano nel salotto televisivo la cornice per la propria insipienza, la corona per la propria piccineria e finire per essere simili al virus che ci sta falcidiando. Ci ritroveremo, certo che ci ritroveremo, avremo qualche segno sul volto, cicatrici sul cuore, ma ci ritroveremo. Avremo un’altra malinconia da governare, ma ci ritroveremo. Avremo meno? Avremo più! Ma ci ritroveremo. E se la distanza ci avvicinerà, sarà vicinanza più vera.

 

B.T.: Nella sua poliedrica carriera artistica ha, tra le altre cose, realizzato un “Alfabeto di terra” di cui si parla anche nel libro. Ce ne vuole parlare?

Antonella Pagano
Antonella Pagano

Antonella Pagano: La mia viscerale attenzione, il mio incondizionato amore per il pianeta che ci ospita così generosamente tessono la mia sensibilità verso la Terra pianeta e la Terra madre dei frutti che ci alimentano. Mi sento profondamente sua figlia perciò il rispetto è immenso. Credo che sia lei a coniare le mie parole perciò è venuto naturale scriverle su di lei. Ho utilizzato salsa di pomodoro, estratto di basilico e rosmarino e pennelli di pelo naturale per scrivere sillabe, parole, poesie e preghiere. E l’ho fatto sui Calanchi, quella parte di territorio che tutti leggono come glabro e assolutamente privo di vegetali ed animali e che, invece, così non è. Ho compiuto questo rito, in parte anche filmato perché il messaggio potesse viaggiare. È arrivato finanche all’International Film Festival di Fano dove s’è classificato ai primi 8 posti in una gara cui hanno partecipato circa 1800 videomaker da tutto il mondo. Ho visto i Calanchi e le sillabe proiettate sul telo del Teatro della Fortuna di Fano… li ho visti palpitare, li ho visti vivi come io li sento da sempre, ho sentito le acque ruscellare sui fianchi delle Lame e brillare sui plateau, ho visto brillare le conchiglie fossili che affiorano parlandomi del Pliocene. Ho restituito alla terra ciò che essa mi ha donato. Il rito di gratitudine per tutto quanto continua ad insegnarci, benché noi si continui a violentarla, ignari che violentando lei violentiamo noi stessi e le generazioni a venire, i nostri figli. Figli, diciamo di amarli mentre avveleniamo i loro fiumi, i loro mari, mentre sversiamo sul terreno generoso ogni sorta di veleno. Quelle minuscole, quelle maiuscole, quelle preghiere scritte in rosso di pomodoro e verde di basilico e rosmarino rinviavano a me il loro suono, il loro odore, la loro vibrazione e il comporsi in parole e preghiere… Sarà il primo Alfabeto da cui germoglierà l’Alfabeto di pane e poi di acqua e d’aria e via di seguito, a rammentarci che abbiamo solo piccolissimi poteri e che non abbiamo ancora trovato, nell’infinità degli universi, un altro pianeta che abbia le caratteristiche vitali giuste per il genere umano. Alfabeti che insegnino ai signori della terra che il denaro e il petrolio proprio non son buoni per alimentarci, e neppure per dissetarci. Che abbiamo bisogno di buon grano e di buona acqua per fare il pane. Il rito l’ho compiuto proprio là, in Basilicata, là dove si sta compiendo l’ennesimo scempio con l’estrazione del petrolio… sversando nel terreno le acque di lavorazione che hanno inquinato le falde acquifere. E l’ho fatto nel 2007, molti anni prima che qualche trasmissione televisiva cominciasse a far venir fuori il flagello della terra lucana, si quella terra lucana che per secoli, guarda un po’, è stata il granaio d’Italia.

 

B.T.: Non possiamo non concludere questa nostra chiacchierata con la citazione della sua splendida poesia “Raccoglierò le lacrime di tutte le donne” che nel libro viene tradotta in ben dieci lingue per renderla accessibile ad una platea quanto più vasta possibile. Quale sentimento l’ha animata nello scrivere i toccanti versi di quest’opera?

Antonella Pagano: Mia cara, le prime sillabe sono nate nel cuore tanti tanti anni fa. I Diritti umani che hanno sempre sostanziato le mie azioni, la scarsa attenzione ai Diritti della parte femminile del Creato e dei cuccioli del genere umano, la realtà che andava disegnandosi tutt’attorno a me, sollecitavano l’ azione, l’impegno autentico, poiché il Bene è figlio dell’Impegno e il male è figlio del disimpegno. Quell’impegno è divenuto centrale anche nella professione, ecco la mia riscrittura della carta dei Diritti delle bambine e dei bambini, già tradotta in esperanto, e che presto vorrò pubblicare e divulgare, atteso che le Carte e le Convenzioni esistenti sono miopi e superate. Nel mio passato lavorativo, inoltre, c’è che presso l’Amministrazione Provinciale di Matera sono stato il Tecnico del “Centro per la Parità e le Pari Opportunità” unico in Italia all’epoca, nato in successione cronologica immediatamente successiva all’incontro del 1995 a Pechino. Si riunirono là tutti i continenti e gli stati che diedero corpo alla nuova visione. Peraltro, il mio essere dentro il mondo associazionistico, anche quello precipuamente femminile, faceva sì che fossi in contatto con il mondo, la quale cosa rinviava a me la concretezza, la realtà reale. E poi, ascoltai le donne, una sorta di sportello, per intenderci; raccolsi confessioni che mossero l’anima e strizzarono il cuore, e mi fornirono la chiave per suggerire alla pubblica amministrazione possibilità efficaci d’intervento. Le lacrime e i lividi di tutte le donne che ho incontrato e ascoltato hanno ispirato il poema. In “Cantò come Dea”, quel poema esce per la terza volta, dopo due prime edizioni, una speciale per Milano. Questa terza è  tradotta nelle sei lingue UNESCO e altre 4 parlate da milioni di terrestri. È anche tradotto in Esperanto, la lingua ideale che avrebbe dovuto disporre l’intera Umanità sullo stesso pentagramma linguistico pur nel rispetto delle specificità; infine ho desiderato fare l’esperienza dell’audiolibro sicché l’ho realizzato e autoprodotto, come per tutto. Sono gioiosa nel riferire che l’intero libro è stato sposato dall’UNESCO come PROGETTO. È bene io precisi che il poema, benché passi verso per verso a raccogliere le lacrime di tutte le donne, chiude con l’anelito di fiducia nell’incontro tra  maschile e femminile, un incontro operoso che li veda alla costruzione della città a misura di uomo e di donna, di bambina e di bambino, di nonno e di nonna mentre il poeta dipinge l’arcobaleno più bello e la pittrice scrive le parole per illustrarci l’alleanza. Direi che abbiamo semplicemente bisogno di rifondare l’alleanza tra tutti noi terrestri, tra tutti noi, tra noi e la terra, tra noi e il cielo e tutti insieme con le giovani generazioni e con le generazioni a venire.

 

Written by Beatrice Tauro

 

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