“La straniera” di Stefan Hertmans: la storia vera di una viaggiatrice dell’anno Mille, donna di straordinaria modernità

Sullo scorcio dell’XI secolo una donna intraprende, sola, un lungo e pericoloso viaggio.

Mille anni dopo un uomo ne ripercorre le tracce.

La straniera - Photo by Tiziana Topa
La straniera – Photo by Tiziana Topa

La donna è Vigdis Adelais, anima inquieta e tormentata. L’uomo è Stefan Hertmans, una delle penne più illustri della letteratura di lingua nederlandese, che nel romanzo storico La straniera (Marsilio Editori, 2019, pp. 329, trad. di Laura Pignatti) dà voce alle passioni e ai sentimenti di Vigdis e ne ricostruisce le peripezie.

Nella stesura della sua opera, Hertmans si basa su documenti conservati presso la Geniza Collection di Cambridge, soprattutto sul manoscritto T-S 16.100, noto come “la storia della proselita di Monieux”. La quale altri non è se non Vigdis Adelais.

Ella nasce nel 1070 a Rouen, in una famiglia di alto lignaggio. Il padre Gudbrandr è vichingo e la madre fiamminga. La piccola viene battezzata secondo il rito cattolico; le viene impartita un’educazione che rappresenta lo status symbol della classe patrizia e che prevede l’apprendimento della capacità di leggere e scrivere.

Nella primavera del 1088 Vigdis conosce David, giovane ebreo giunto nella città portuale per studiare presso la locale yeshivah, la prestigiosa scuola talmudica. Tra i due ragazzi è colpo di fulmine ma il matrimonio misto tra una cattolica e un ebreo è impensabile e impossibile.

L’amore proibito, però, ha sempre avuto un’attrattiva particolare.”

Quando la relazione clandestina viene scoperta, Vigdis viene rinchiusa in un convento. David non si arrende e organizza la fuga. Inizia così per la coppia un’odissea irta di pericoli e asperità. Nel 1090 gli amanti sono a Narbona, città natale di David.

Qui Vigdis si converte all’ebraismo e, dopo il battesimo, le viene imposto il nome di Hamoutal. I due giovani si sposano e la loro relazione è finalmente legalizzata e riconosciuta dalla società ebraica.

La quiete dura poco perché tre cavalieri inviati dal padre di Hamoutal si presentano a Narbona chiedendo della donna.

Il 15 marzo 1091 David e la moglie incinta fuggono di nuovo, questa volta verso Monieux, minuscolo borgo provenzale, sotto la protezione del rabbino Joshua Obadiah.

Nel 1092 Hamoutal partorisce Yaakov e, due anni dopo, Justa. Nel 1095 si accorge di essere incinta del terzogenito. La vita scorre tranquilla fino a quando il destino torna a bussare alla porta di Hamoutal e, durante una notte di furore e follia, David resta ucciso nel pogrom messo in atto dai crociati di passaggio.

Yaakov e Justa vengono rapiti.

Ebbra di dolore ma irremovibile, Hamoutal si mette alla loro ricerca, convinta che i piccoli siano diretti a Gerusalemme come prede dei crociati.

Inizia così un lungo e pericoloso viaggio per mare, un viaggio della speranza che la porta a Marsiglia, poi a Genova e quindi a Palermo per approdare infine sulle coste egiziane.

A Fustat Hamoutal sposa in seconde nozze l’ebreo Shmuel, tra i notabili della comunità israelitica locale, e partorisce il quarto figlio. Di ritorno da un viaggio Shmuel rivela alla moglie che Yaakov e Justa sono a Rouen, presso i nonni materni. Hamoutal non sente ragioni e si mette di nuovo in viaggio per reclamare il possesso dei figli. Ma ancora una volta ella andrà incontro a pericoli e sventure.

Arriverà sana e salva a Rouen? Riabbraccerà la sua prole? O finirà giustiziata per la sua abiura della fede cattolica?

È una storia vera, quella di Hamoutal, ma ha tutti gli ingredienti di un intreccio romanzesco. Un romanzo che Hertmans ha saputo trattare con un’oggettività storica che si scioglie in brani di intenso lirismo, come nelle descrizioni paesaggistiche o nel dar voce alle passioni.

E la passione è ciò che anima Hamoutal. È una donna coraggiosa, risoluta che per amore volta le spalle a una vita di agi e privilegi. Ma non le importa; il matrimonio con David vale qualunque sacrificio, qualunque rinuncia, anche a quella fede che le è stata inculcata fin da piccola, la fede in un Dio paziente e misericordioso che sempre ama e perdona i suoi figli.

Fa un salto nel vuoto, cieca ed elettrizzata, incauta e ignara. Lo fa per quegli occhi e quella barbetta, per quel sorriso e quell’atmosfera strana, […] per l’ignoto e l’avventura che fatalmente l’attrae, per quella nuvola di bagliori accecanti nella sua testa confusa.”

Stefan Hertmans
Stefan Hertmans

A Narbona Vigdis Adelais muore al mondo e nasce Sarah Hamoutal. Ella ha dunque una doppia identità: vichinga e fiamminga come testimoniano i due nomi di battesimo; cattolica ed ebraica; nordica e mediterranea.

Hamoutal è un’eterna fuggitiva. Sempre in viaggio, questo per lei si declina spesso come fuga: fuga dagli scagnozzi del padre, fuga dal furore antisemita dei crociati, fuga perfino dalla sua seconda famiglia, dalla quale si allontana di nascosto. Viaggiatrice instancabile, ella è una donna di straordinaria modernità, una ribelle pronta a sfidare la maschilista società medievale. La giovane trova la forza di autodeterminarsi abbattendo quel muro di imposizioni e scelte già scritte per lei dal clan.

Di donne ribelli vissute nel Medioevo ha parlato Maria Serena Mazzi, già docente di Storia Medievale presso l’Università di Firenze e Ferrara, e autrice del saggio che si intitola proprio Donne in fuga. La professoressa afferma che alcune donne ribelli dell’epoca sono famose, come Giovanna d’Arco, ma la maggior parte di esse resta nell’anonimato. Ribellandosi, esse hanno cercato di “modificare l’esistente rifiutando realtà inaccettabili e lottando con tutte le loro forze per resistere a ingiustizie e imposizioni”.

Attratto, irretito, quasi ossessionato da Vigdis-Hamoutal, Hertmans parte da Monieux per arrivare a Fustat, oggi Il Cairo, avvertendo la presenza quasi tangibile della donna. Vuole sapere tutto di lei, della sua storia e del contesto in cui visse, perciò ne ripercorre le peregrinazioni cercando di immaginare cosa ella abbia provato.

La straniera è un’opera dalla doppia anima – come si è detto della protagonista. Il filo del presente si intreccia con quello del passato dando luogo a un tessuto composito che oscilla in modo equilibrato tra le due epoche.

Hertmans inserisce brani autobiografici in cui riferisce delle sue ricerche e lo fa in modo così naturale che essi non stridono con il corpus storico nel quale sono incastonati. Doppia è anche l’anima dell’autore; io narrante nei paragrafi relativi alle proprie ricerche, egli si fa narratore onnisciente nel dire di Hamoutal.

È sempre usato il presente come tempo verbale, un presente storico che attualizza una vicenda assai lontana.

A Stefan Hertmans va il merito di aver disseppellito dalla polvere dei secoli una storia superba e di aver sottratto all’anonimato la figura di una donna che ha lottato con le unghie e con i denti. Una donna a cui va il nostro plauso: Vigdis Adelais-Hamoutal, la straniera ribelle.

 

Written by Tiziana Topa

 

Un pensiero su ““La straniera” di Stefan Hertmans: la storia vera di una viaggiatrice dell’anno Mille, donna di straordinaria modernità

  1. Complimenti Tiziana, ho trovato interessantissima e avvincente la recensione, e complimenti all’autore delle ricerche per aver ridato luce a questa storia. A riprova che il medioevo non è stata l’epoca buia descritta dagli storici illuministici.

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