“Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato” docufilm di Walter Veltroni: evento simbolo della musica italiana

“Su quel palco c’era quella naturalezza che forse deriva dalla consapevolezza di non essere ripresi e quindi non c’era la necessità di fare del proprio meglio ma lo facevano per il piacere di farlo”. Dori Ghezzi

Fabrizio De André e PFM - Il concerto ritrovato
Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato

I loro universi musicali erano agli antipodi. Fabrizio De André e la Premiata Forneria Marconi sembravano non avere alcun punto di contatto in comune.

Nessuno avrebbe puntato un cent su quell’idea; né i discografici e neppure i loro manager che la consideravano un vero e proprio flop.

Invece, invece il loro connubio risultò essere un successo inaspettato. Dopo aver ascoltato gli adattamenti di alcuni suoi brani arrangiati dalla band, il cantautore disse che ‘valeva la pena di farli insieme’.

“Strana la vita, non finisce di riservarti mai sorprese. Per fortuna, come in questo caso, si tratta di una sorpresa davvero bella. Sono anch’io molto curiosa ed emozionata di rivedere quello storico concerto. Se ci penso mi sento già riproiettata in quei momenti travolgentemente belli, di 40 anni fa”. – Dori Ghezzi

Quelli a cavallo del ‘70 e ’80 furono anni di contestazione, anni in cui il pubblico si esprimeva senza reticenze e criticava anche aspramente i musicisti e il loro modo di fare musica. Un’epoca di grandi trasformazioni sociali e di un fermento ideologico, sfociato poi in momenti di grande drammaticità.

E fu proprio in questo periodo che Fabrizio De André e la PFM programmarono un tour: era il 1979.

La prima tappa fu Forlì. La seconda Genova, città che nel 1940 ha dato i natali al cantautore.

Oggi, nel 2020, per celebrare l’anniversario di Faber, così affettuosamente nominato da Don Gallo, prete genovese e grande estimatore di De André, a 80 anni dalla sua nascita è stato realizzato un documentario tratto proprio dal concerto tenuto a Genova.

Presente nelle sale cinematografiche italiane nei giorni 17, 18 e 19 febbraio 2020 per la regia di Walter Veltroni, realizzato da Except e distribuito da Nexo Digital, mentre media partner dell’iniziativa sono Radio DEEJAY, MYmovies, Rockol.it e Onstage.

“È un documento inedito di grande valore musicale e culturale, sottratto alla distruzione, che mostreremo integralmente. Attraverso le interviste dei protagonisti gli spettatori viaggeranno nel tempo e nello spazio, fino alle porte del padiglione C della Fiera di Genova, quel 3 gennaio 1979”. Walter Veltroni

Ma, per entrare con maggior dovizia nel personaggio De André, quello che il pubblico ha imparato a conoscere e ad apprezzare, è d’obbligo un brevissimo excursus sulle origini del cantautore genovese.

Fabrizio De André e PFM - Il concerto ritrovato
Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato

Nato e cresciuto in una famiglia borghese, fu all’inizio degli anni ‘60 il suo esordio sulla scena musicale, quale esponente della cosiddetta ‘scuola genovese’. Formata da cantanti in cerca di ispirazione e animati dal desiderio di essere fautori di un’importante innovazione nel panorama della musica leggera italiana.

Bruno Lauzi, Gino Paoli, Luigi Tenco e Umberto Bindi, tutti uniti da una forte passione per la musica furono fra questi. Ma De André, fin da subito, si distinse dagli altri.

Molti dei suoi testi, vera e propria poesia di contenuto alto, erano dedicati agli ‘ultimi’, a coloro che vivevano ai margini della società; testi che si declineranno poi in notevoli successi.

Composizioni struggenti, dal significato evocativo che le parole custodivano. Colme di una sorta di irriverenza, le sue canzoni erano motivo di una denuncia sociale dovuta alla scarsa attenzione prestata ai diseredati di tutto il mondo.

L’atmosfera di cui erano intrisi i suoi testi ricordava quella di alcuni cantautori francesi, in cui tematiche di carattere sociale si coniugavano con immagini poetiche.

Quella presa in prestito da Faber era una forma di trasgressione ‘educata’, se così si poteva definire il suo modo di fare poesia, nonostante alcune espressioni contenute nei testi delle sue canzoni siano forti.

Personaggio che andava oltre gli schemi del perbenismo, De André ha avuto il coraggio, primo fra tanti, di dichiararsi vicino agli ‘ultimi’.

Com’è noto, il cantautore non amava l’esposizione mediatica fine a se stessa e fu solo nel 1975, quando la sua carriera musicale era già consolidata, che si esibì in pubblico per la prima volta. Quando poi nel 1978 nacque l’idea di un progetto fra la PFM e De André, il cantante si mostrò titubante.

Ma, ascoltati gli adattamenti del gruppo rock, che seppe dare la giusta impronta musicale alle sue canzoni, accettò di buon grado la collaborazione.

Ma come nacque l’idea di un connubio fra Fabrizio e la band, idea che in un primo momento apparve come un’idea stravagante?

A raccontarlo oggi è la vedova del cantautore che, insieme ai componenti della band, all’artista Davide Riondino che ha preso parte del tour, al fotografo Guido Harari e ad altri, hanno ripercorso i momenti che hanno visto la realizzazione di un sodalizio che ha riscosso notevole interesse di pubblico e di critica.

Franz Di Cioccio con Fabrizio De André - Photo by Guido Harari
Franz Di Cioccio con Fabrizio De André – Photo by Guido Harari

È durante un loro breve viaggio su di un pittoresco trenino che, dal centro di Genova s’inerpica verso l’entroterra, che il gruppo fa memoria dei tempi andati, grazie al legame indissolubile di quell’amicizia che li ha uniti, rievocando attraverso parole e frasi l’atmosfera che ha animato il concerto. Emozioni e magia di un’esperienza che purtroppo non ha avuto poi un seguito. È dunque un viaggio emozionale di coloro che hanno partecipato al tour quello che introduce il filmato del concerto. Organizzato con entusiasmo e complicità, sia da parte del gruppo che del cantautore, sembrò un fatto quasi inverosimile che si realizzasse il progetto.

Cosa, però, oggi ancora più inverosimile è che del concerto sia rimasto un filmato. Ma perché inverosimile?

Come è noto Fabrizio non amava apparire e solitamente si imponeva affinché non venissero effettuate riprese video, e anche in questo caso impose la stessa condizione. Perché lui, personaggio schivo e riservato, un po’ specchio di quel carattere genovese che appartiene a molti nativi, era avverso all’idea di riprese filmate del tour nel suo complesso.

Soltanto per il concerto che si tenne a Genova, diventato col tempo un ‘concerto storico’, accettò riprese filmate. Che però fossero di modesta entità e con la troupe che doveva essere praticamente ‘invisibile’, come richiedeva il cantautore.

Di quel concerto, fortuitamente forse, è oggi rimasta una testimonianza inedita. Un filmato registrato su 3 video cassette, di cui nessuno, o quasi, sapeva nulla.

Ed è stato 40 anni dopo, custodita in un archivio e dimenticata da molti, che è stata rinvenuta la registrazione di quell’esibizione. L’autore di quest’operazione è Franz Di Cioccio e del regista Piero Frattari, i quali hanno provveduto a far restaurare i nastri che hanno dato vita al docufilm.

Focus del documentario è proprio il filmato che riprende integralmente il concerto, ripristinato e diventato oggi un documento di straordinaria testimonianza musicale.

“Era come se Fabrizio e la PFM avessero sempre suonato insieme”. – Dori Ghezzi

Un primo segmento del docufilm, come già detto, è dedicato alla narrazione di Dori Ghezzi e degli altri circa la nascita dell’idea del tour e dei momenti di fraterna amicizia in cui si è svolto. Una seconda, invece, è completamente riservata al concerto.

Qui, De André è ripreso in primo piano, mentre la band che lo accompagna è un po’ defilata rispetto a lui, che risulta essere il protagonista di un viaggio emozionale nella sua città natale. Ovviamente, in virtù dell’aspetto tecnologico un po’ arretrato, rispetto a quello in uso oggi dalla tecnologia, le immagini non sempre sono di qualità elevata, semmai qualche volta un po’ sfocate.

Del docufilm sono due gli elementi che più di altri si evincono: la presenza di un Fabrizio sereno e immerso completamente nella musica, tanto da essere tutt’uno con la sua chitarra, e la conferma della riuscita di quell’operazione discografica in cui credevano in pochi, ma che ha avuto un successo che ha impresso un segno importante all’universo musicale italiano. Inoltre, dal documentario scaturisce un’energia creativa così palpabile, tanto che ha prodotto una pagina indimenticabile della storia della musica leggera italiana.

Che aggiungere, infine, del docufilm?

Fabrizio De André e PFM - Il concerto ritrovato - In foto Dori Ghezzi
Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato – In foto Dori Ghezzi

Che è uno straordinario evento, ed è motivo di orgoglio per la città di Genova, così brutalizzata negli ultimi tempi da eventi drammatici e dolorosi.

È inoltre un docufilm da apprezzare nella sua interezza sia per il contenuto sonoro come per quello simbolico custodito fra le note delle canzoni di De André. Canzoni, a cui la PFM ha dato un valore aggiunto, grazie agli arrangiamenti che esprimono una professionalità musicale elevata della band.

A proposito dell’approccio registico è da ricordare, che quello realizzato in Fabrizio De André e PFM. Il concerto ritrovato è un approccio fortunato che ha permesso di confezionare un film di spessore non solo musicale, ma anche umano.

E ciò, grazie al sodalizio artistico tra eccellenti esponenti della musica dei nostri tempi, il quale ha dato al concerto quel tocco di complicità che si è stabilita fra due entità musicali diverse fra loro ma complementari, ben riconoscibile attraverso l’atmosfera ricreata nel docufilm “Fabrizio De André e PFM. Il concerto ritrovato”.

“Lavorare sul film è stata una gioia. In generale quando si ritrova qualcosa che salvaguardia la memoria e la trasferisce nel tempo è sempre molto bello, in questo caso si tratta veramente di un documento eccezionale, perché si è sempre creduto che non ci fossero immagini di questa tournée. Abbiamo costruito un documentario che è una specie di viaggio nel tempo. Lo spettatore viene riportato indietro nel ‘79, nel clima di quel tempo, nella scelta musicale che fu fatta e anche nel clima culturale”. – Walter Veltroni

 

Written by Carolina Colombi

 

 

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