“Il colombo d’argento” di Andrej Belyj: il misticismo rivoluzionario nella Russia dell’Ottocento

“Ancora e ancora, nell’azzurro abisso del giorno colmo di ardenti, crudeli bagliori, il campanile di Celebeevo lanciava i suoi fragorosi appelli. Sopra, nell’aria, i rondoni iniziavano a volteggiare frenetici qua e là. Il giorno della Pentecoste, dagli aromi soffocanti, disseminava intanto sui cespugli delicate rose canine.”[1]

Il colombo d’argento di Andrej Belyj

Il colombo d’argento” è uno dei grandi capolavori russi che lasciano la sensazione di un viaggio emotivo che inizia con una descrizione vivida e colorata della campagna, ma la semplicità e la purezza del villaggio dei contadini prende una piega più cupa e mistica.

Un paesino in cui tutte le vicende hanno inizio, un paesino in cui le campane suonano, le persone sembrano ferventi ortodossi dediti alla preghiera e al lavoro nei campi.

Ai margini del villaggio si aggira il protagonista Pëtr Dar’jal’ski, nei vagabondaggi meditativi che mette in forse già dalle prime pagine il suo rapporto d’amore.

Il giovane è un intellettuale che vive alla giornata, senza grandi ideali se non quello di sposare Katjia, una ragazza di nobile famiglia, dall’animo candido e dal bell’aspetto. Lui però è folgorato dalla sensualità carnale di Matrëna, la donna che vive col falegname, appartenente alla setta dei colombi, un culto esoterico che attende la venuta del Nuovo Spirito.

La descrizione della setta è molto simile a quella dei clysty, un gruppo eretico noto in Russia già prima del 1700, le cui cerimonie erano canti e balli frenetici che si concludevano in orge; si dice che anche Rasputin ne abbia fatto parte. In un contesto rurale ai margini della grande città di Mosca, personaggi eretici e grotteschi si alternano ad altri pacifici e umoristici, le descrizioni sono molto precise e vivide.

Le immagini scorrono di fronte ai nostri occhi come quadri, espressionisti e accentuati sia nella forma che nel colore. Niente viene raccontato per caso, ogni particolare lascia nel lettore prima un senso di appagamento nel conoscere ogni lato del personaggio, poi lo lascia interdetto di fronte alle forze mistiche e spirituali che lo turbano continuamente.

Pëtr Dar’jal’ski rimane vittima inconsapevole di un misticismo religioso e onirico che lo attrae verso una donna, ma non è l’aspetto di lei che lo irretisce, bensì quello che nasconde e scoprirlo lo porterà inevitabilmente a terribili conseguenze per la sua vita e per la sua anima.

Andrej Belyj

Andrej Belvyj, (letteralmente “il bianco”) il cui vero nome è Boris Nikolaevič Bugaev è stato uno dei più grandi scrittori simbolisti russi.

Nel romanzo “Il colombo d’argento” (edito da Fazi editore, con traduzione italiana di Carmelo Cascone) riesce a tradurre i suoi studi filosofici e mistici in realtà concrete, la religione e la ricerca del bene per la propria anima permeano l’intera narrazione.

Si può leggere a strati interessandosi soltanto alla narrazione e alle bellissime descrizioni, ma soprattutto è interessante approfondire gli argomenti filosofici che di volta in volta vengono toccati.

La natura sembra farla da padrone in un tempo ormai lontanissimo, meno conosciuto del periodo rivoluzionario russo, antecedente ad esso, ma non per questo meno intriso di rabbia e di violenza.

È un periodo arcaico dove i valori sembrano quelli ancestrali della famiglia e della morale di una vita semplice, ma guardando a fondo è già nato il seme della violenza, della rivendicazione sociale dei poveri sui ricchi, della ricerca di giustizia.

La rivoluzione di ottobre è già presente nei campi di grano dorato e sotto le facce rubiconde e non solo, dietro al candore si nasconde una nuova spiritualità e una dubbia morale che giustifica l’uso della violenza come bene superiore per una società più giusta. Il romanzo è un continuo fluire di immagini e di condizioni umane che di volta in volta si fanno sempre più negative e trascinano il protagonista e lo stesso lettore in un finale inevitabile e cruento.

 

Written by Gloria Rubino

 

Note

[1] Incipit del romanzo “Il colombo d’argento”

 

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